Osservatorio Beni Comuni Sardegna
Firmate per la tutela dei beni comuni!
Comitato beni pubblici e comuni Stefano Rodotà
Il Comitato di Difesa dei Beni Pubblici e Comuni “Stefano Rodotà” si pone l’obiettivo di riportare al centro del dibattito Nazionale la questione dei “BENI COMUNI”, attraverso il progetto di legge di iniziativa popolare, depositato in Cassazione il 18 Dicembre 2018, riprendendo il testo originale del disegno di legge Rodotà.
E’ in quest’ottica che invitiamo tutti i cittadini ad aderire all’iniziativa e a promuovere la raccolta firme. Per i residenti nel Comune di Cagliari i moduli per la raccolta delle firme sono disponibili presso le sedi comunali decentrate sul territorio (ex circoscrizioni comunali), che rimangono aperte al pubblico nei giorni e negli orari più avanti segnalati.
L’iniziativa a Cagliari è sostenuta dalle riviste online Aladinpensiero, Democraziaoggi, il manifesto sardo.
Documentazione pertinente:
il testo di legge d’iniziativa popolare
I materiali informativi, sono disponibili al seguente link: http://www.aladinpensiero.it/?p=95675;
La data per la pubblicazione all’albo pretorio del Comune è (fino al) 30/07/2019;
La data di scadenza per la raccolta firme è 30/07/2019.
CAGLIARI: orari apertura uffici per la raccolta delle firme. [segue]
Partecipazione popolare. Oggi più agevole in Spagna (e in Catalogna) che in Italia (e in Sardegna)
Università. Inizia la conferenza del prof. Oriol Nel.lo sull’esperienza di “trasformazione della città con la partecipazione dei cittadini”, progetto di rigenerazione dei quartieri di Barcellona. Buone pratiche che speriamo siano intelligentemente applicate anche nella nostra città.
Per l’Osservatorio Beni Comuni della Sardegna presenti Paolo Erasmo e Franco Meloni.
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Bravo il prof. Nel.lo Oriol, coordinatore del piano di rigenerazione dei quartieri di Barcellona, che ha saputo in poco tempo rappresentare un progetto complesso. Equità, Diritto alla città, Partecipazione dei cittadini, sono i capisaldo del progetto. Per i cittadini con i cittadini, che vengono dotati di strumenti concreti di gestione della cosa pubblica. Si tratta della pratica della “sussidiarietà orizzontale” che trova nei “beni comuni urbani” uno dei “luoghi” più favorevoli di intervento. Dobbiamo però prendere atto che la “politica” oggi contrasta la partecipazione popolare vedendola come “disturbo”.
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Tra gli intervenuti nel dibattito [Manuela Abis, Ester Cois, Anna maria Colavitti, Franco Meloni, Francesca Ghirra e altri, con gli organizzatori Bibo Cecchini e Ivan Blečić] il prof. Francesco Indovina: il progetto che ci ha presentato Oriol è politico. Non riduciamolo a tecnicalità.
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Chi vuole sentire ancora il prof. Oriol può partecipare stasera alla presentazione di un suo libro sulla partecipazione urbana, alle 17.30 al Centro Sociale Ex-Me via Antonio Sanna 17 a Pirri. Attenzione Ex-me non Ex-ma.
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Il volume “Transformar la ciutata amb la ciutadania”, punto di partenza della conferenza, è disponibile qui:
http://media-edg.barcelona.cat/wp-content/uploads/2017/03/20140501/Transformar-la-ciutat-low.pdf
Trasformare la città con i cittadini
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Il volume “Transformar la ciutata amb la ciutadania”, punto di partenza della conferenza, è disponibile qui:
http://media-edg.barcelona.cat/wp-content/uploads/2017/03/20140501/Transformar-la-ciutat-low.pdf
Oggi mercoledì 10 maggio 2017
Sistema ITS
Incontri in Sardegna: http://www.regione.sardegna.it/j/v/2269?s=336867&v=2&c=12458&t=1
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Il senso del lavoro oggi. Famiglia, giovani, generazioni a confronto sul presente e sul futuro del lavoro
13 MAGGIO 2017 – 9.00 – 13.30 Palazzo Rospigliosi, Roma
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Punta de billete per domenica 14 maggio 2017. Approfondimenti.
Democrazia partecipativa – Partecipazione popolare – Sussidiarietà orizzontale – Beni comuni – Beni comuni urbani
Transformar la ciutata amb la ciutadania. Transformar la ciudades con la ciudadanía – Trasformare la città con i cittadini- Importante iniziativa all’Università.
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La cura dei beni comuni dai classici ai servizi ecosistemici
Marco Frey – 8 maggio 2017, su LabSus.
Il tema dei beni comuni è da alcuni anni molto à la page, in quanto associato alla garanzia dell’accesso a diritti fondamentali e a nuove forme di partecipazione attiva dei cittadini in una logica di sussidiarietà orizzontale. Si tratta di una questione intrinsecamente interdisciplinare, avendo una chiara matrice giuridica, ma chiamando in causa al [...]
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Arregordarì – Punta de billete – Ricordati – Save the date.
Lunedì 29 maggio, dalle ore 17.30, in un’aula della Facoltà economico-giuridica-sociale dell’Università di Cagliari: Giornata di approfondimento su Sussidiarietà orizzontale e Beni Comuni. A cura dell’Osservatorio dei Beni Comuni – Cagliari.
Oggi lunedì 8 maggio 2017. Diario e tanto altro ancòra
Oggi lunedì 8 maggio riunione dell’Osservatorio Beni Comuni della Sardegna, alle ore 18 sede CSS (Confederazione Sindacale Sarda) in via Roma 72 Cagliari.
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Oggi lunedì 8 maggio, ore 17, riunione del COMITATO per SA DIE DE SA SARDIGNA presso la sede della Fondazione Sardinia, piazza San Sepolcro Cagliari.
Le associazioni: Fondazione Sardinia, Istituto Gramsci della Sardegna, la Società Umanitaria, la Cineteca Sarda, Inprentas, Fondazione Giuseppe Siotto, Tramas de Amistade, AladinPensiero, Is Picciocus de Palabanda, Confederazione Sindacale Sarda, Fondazione Alziator, Unesco Club Cagliari, Riprendiamoci la Sardegna, Osservatorio sui Beni Comuni della Sardegna, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Assotziu Scida, Iscandula e singoli personaggi.
Dalla lettera del direttore della Fondazione Sardinia
Cari Amici del Comitato per sa die de sa Sardigna,
mentre leggiamo le prime riflessioni su quanto insieme abbiamo vissuto nella mattinata di venerdì scorso, 28 aprile (vedasi un articolo di Giacomo Meloni pubblicato sul sito della Fondazione e su il manifesto sardo), è opportuno svolgere un ragionamento comune su quanto abbiamo deciso, attuato e da completare. Abbiamo pubblicamente assunto l’impegno di svolgere un passo ufficiale presso il Consiglio Regionale per chiedere che venga esitata e approvata la proposta di legge per proclamare il “Procurade …” di F. I. Mannu inno nazionale della Sardegna (…).
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RICERCHE SOCIETÀ UNIONE EUROPEA
E-democracy: il futuro della democrazia viaggia su Internet
Maria Cristina Marchetti – 6 maggio 2017, su LabSus.
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Alla faccia dell’atesimo, il numero dei cattolici è in crescita
Su LinKiesta.
Come si evolve la fede. Nel mondo i cattolici sono 1,3 miliardi, una persona su sei. La metà vive in America, ma in Africa il numero di battesimi è cresciuto del 20 per cento in un anno. Qui le vocazioni sono aumentate del 7,7 per cento (nello stesso periodo in Europa sono scese del 10 per cento)
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La Chiesa del futuro è nelle mani dei manager
Buone pratiche per la gestione delle parrocchie, iniziative creative per coinvolgere i fedeli. Mentre Papa Francesco è a Milano, la Chiesa organizza una tre giorni sul suo futuro. Cronaca di una tre giorni di lavori sul management pastorale. Una questione più seria di quanto si creda
di Dario Ronzoni su Linkiesta.
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Inverno in Grecia: testimonianze per la memoria
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Domani martedì 9 Maggio, ore, 16 Facoltà Studi Umanistici, aula B. Motzo, via Is Mirrionis 1,
Incontro con l’Autore Cristoph U. Schminck-Gustavus.
Inverno in Grecia. Guerra, occupazione, Shoah 1940-1944, Golem Edizioni
Coordina Prof. Francesco Atzeni
Introduce Prof. Claudio Natoli.
- Tutta la programmazione in Unica.it.
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IL 9 E 10 MAGGIO I SEMINARI FORMATIVI SU “GIOCO D’AZZARDO E RESPONSABILITÀ DEI MEDIA”
La Delegazione regionale Caritas Sardegna in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti della Sardegna e con l’UCSI Sardegna, promuovono due seminari formativi per giornalisti e operatori della comunicazione sul tema “Gioco d’azzardo e responsabilità dei media”. I due seminari si svolgeranno il 9 maggio, dalle ore 14 alle 17 a Cagliari, nella sala conferenze del Seminario Arcivescovile (via Mons. Cogoni 9) e il 10 maggio a Olbia, dalle 14 alle 17 nella Biblioteca comunale Simpliciana (piazzetta Dionigi Panedda 3).
- Seguono dettagli -
Tuteliamo, valorizzandoli, i beni comuni urbani restituendoli ai cittadini ai quali appartengono per poterne usufruire senza consumarli
Cagliari, salviamo la Fiera e Bonaria dalla furia dei cementificatori
L’opinione di Gianfranco Anedda: “Gli spazi oggi destinati a parcheggi (prima e dopo la Fiera) possono essere migliorati piantando alberi per invogliare alla sosta e anche per destinarla ai giochi dei bambini”. Su Castedduonline di oggi domenica 7 maggio 2017. ———————————-
Gianfranco Anedda è politicamente distante da noi. Lo dimostrano anche alcuni suoi giudizi sulla mancata realizzazione a Cagliari di una Milano 2, che, riteniamo noi, sarebbe stata un errore e che giustamente non si è fatta. Detto questo concordiamo con la critica che lui fa dell’attuale situazione di spreco delle aree e strutture, che noi di Aladinews definiamo “beni comuni urbani” e che invece vorremo fossero rese disponibili per i cittadini, anche associati ad una gestione delle stesse, attivando il principio costituzionale (art. 118) della sussidiarietà orizzontale. Per quanto riguarda la Fiera, le nostre riflessioni e concrete proposte sono da tempo nero su bianco: http://www.aladinpensiero.it/?p=66041
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- Nella foto il monumento alla cultura dei nostri amministratori (con le dovute eccezioni).
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Ne parleremo domani lunedì 8 maggio nella riunione dell’Osservatorio Beni Comuni della Sardegna, alle ore 18 sede CSS (Confederazione Sindacale Sarda) in via Roma 72 Cagliari.
“Guerra dei Commons”. IL CASO ROMA: sfratto a volontariato e associazionismo. Ma la Corte dei Conti ci ripensa
di Fiorella Farinelli, su Rocca.
Una grandinata di sfratti, da gennaio a oggi, sulle associazioni di volontariato e sugli enti non profit della città di Roma. Tra le prime vittime, due Centri di promozione culturale e di aggregazione giovanile, il primo asilo multietnico della città, le tre più importanti scuole popolari di musica, la Casa dei diritti sociali dell’Esquilino per l’integrazione di immigrati e rifugiati, l’Istituto Vaccari di riabilitazione dei disabili, il Centro di Neuropsichiatria Infantile di San Lorenzo collegato alla Sapienza. Via dalle sedi avute in concessione o in comodato dal Comune, a meno di pagare risarcimenti milionari per presunti danni erariali.
Nei primi elenchi, ci sono i nomi più noti e le esperienze più consolidate della cooperazione sociale e dell’iniziativa culturale della città. Un tessuto vitale e articolatissimo di attività all’insegna della gratuità, del volontariato, della solidarietà. Scuole di italiano per migranti, luoghi in cui si assistono i senza fissa dimora, si aiutano i malati di Sla, si supportano gli anziani fragili, si fa musicoterapia, si coltiva il trasferimento intergenerazionale della memoria, si offrono attività sportive, si fanno letture, teatro, incontri culturali. Presìdi essenziali di socialità e di impegno civile che contrastano degradi e povertà, esclusioni e marginalità, nel centro e nelle periferie. Correnti di aria buona anche nei luoghi più difficili, ospedali, carceri, centri di accoglienza, casefamiglia. A intimare gli sfratti sono la Corte dei Conti, e la stessa amministrazione capitolina, che pure è la prima responsabile di irregolarità, sciatterie amministrative, mancati controlli di qualità, forse anche qualche concessione clientelare, su cui si è accesa l’attenzione della Corte. Tra le prime 200 associazioni coinvolte – ma di potenziali destinatarie ce ne sono altre 700 – ci sono anche le colonne della solidarietà sociale romana, Caritas, Sant’Egidio, Centro Astalli. Alcune hanno ricevuto solo la notifica di sfratto, altre sono già state costrette dalla forza pubblica ad andarsene o hanno abbandonato la partita. Attività che cessano, nuovi vuoti che si spalancano in una città assediata da mille diverse difficoltà cui le istituzioni pubbliche non pongono rimedio.
la guerra al privato sociale
Anche se lo scandalo di «Mafia Capitale» ha avuto tra i suoi effetti collaterali quello di alimentare nell’opinione pubblica i peggiori sospetti sull’intero mondo del privato sociale, oggi in città sono in molti ad intuire che questa volta non si tratta di uno dei ricorrenti episodi di una sempiterna «Affittopoli». Al centro non ci sono infatti i soliti immobili di proprietà pubblica dati in affitto chissà perché a canoni scandalosamente bassi, né i fenomeni di corruzione o di traffico di influenze che assediano diffusamente, e non solo a Roma, la gestione del patrimonio immobiliare pubblico. Sebbene parte della stampa e della politica confondano più o meno volutamente i due diversi ambiti, è sempre più evidente che la guerra che si sta combattendo nella capitale è di tutt’altra pasta. Perché riguarda in primo luogo la legittimità o meno della destinazione a fini sociali e culturali, e non al reddito, di una parte, in verità modesta, dello sterminato patrimonio immobiliare del Comune di Roma (989 spazi su un totale di 50.499). Non a caso c’è chi la chiama «la guerra dei commons», la guerra sui beni comuni, la stessa che si sta combattendo in altre città, dovunque sia diventata particolarmente aggressiva – e politicamente sostenuta – l’idea che il patrimonio immobiliare pubblico debba essere tutto e senza eccezione alcuna destinato unicamente a «fare cassa», ad essere cioè affittato o venduto a prezzi di mercato. Per ripianare i debiti delle amministrazioni pubbliche, si dice, ma anche per una precisa strategia politica, e in via di principio.
bene pubblico come bene di tutti
Ad essere minacciata, infatti, è l’idea stessa del bene pubblico come bene di tutti, il cui utilizzo deve essere ispirato all’interesse generale. Quindi anche alla promozione della cultura, alla solidarietà sociale, al benessere dei cittadini. Una guerra difficile, nei tempi agri che stiamo vivendo. Che si intreccia alle contrarietà, più o meno esplicite in una fase di restaurazione del centralismo statalista, a quanto definito nell’articolo 118 della Costituzione, dove si dice che i poteri pubblici devono favorire le «autonome iniziative dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale». Un principio importante quello della «sussidiarietà», perché il pubblico da solo non è in grado di fare tutto quello che occorrerebbe e di farlo bene, perché volontariato e associazionismo sono una risorsa fondamentale della partecipazione civile e democratica, perché pubblico e privato sociale dovrebbero collaborare, con regole e progetti condivisi, al perseguimento del «bene comune». È scritto, oltre che nel testo costituzionale, anche negli statuti della maggior parte dei Comuni italiani.
In discussione, quindi, a Roma e in altre città, ci sono di questi tempi cose della massima importanza, che vanno ben al di là delle buche da riempire e dei rifiuti da smaltire. Ed è una buona notizia, in questo quadro, che in un certo numero di realtà locali, da Napoli a Bologna, si siano di recente approvati nuovi Regolamenti sull’utilizzo sociale della proprietà pubblica, e sulla collaborazione anche in questo campo tra istituzioni pubbliche e privato sociale.
la solita delega alla magistratura
Succederà prima o poi anche a Roma? Si risolverà positivamente, a colpi di ricorsi e di sentenze, l’attuale guerra dei commons? Qualche spiraglio si comincia a intravvedere, ma ancora non è detto. Tra le caratteristiche negative della situazione romana c’è stata finora la straordinaria reticenza di una politica locale che, da gennaio a oggi, non è stata capace di assumersi la responsabilità di una discussione pubblica su una vicenda così importante. Da una parte – quella che si è alternata al governo della città negli ultimi due decenni – per paura di essere messa in croce come responsabile di ciò che è successo e sta succedendo. Dall’altra – quella attualmente al governo – per poter rimbalzare su chi è venuto prima tutte le colpe e le difficoltà dell’oggi.
Ma comune a entrambe sembra essere la solita tendenza a lasciare che sulle situazioni più difficili da sbrogliare sia la magistratura – in questo caso quella contabile – ad avere la prima e l’ultima parola. È stata proprio l’incapacità della politica di riconoscere apertamente come giusta e appropriata la decisione (1996, giunta Rutelli) di destinare a fini sociali e culturali 989 proprietà pubbliche e di affidarle a questo scopo ad associazioni in cambio del pagamento di un canone pari al 20% dei prezzi di mercato, a produrre l’enorme vuoto entro cui la Corte dei Conti – o meglio un suo viceprocuratore – ha imbastito il suo processo. Il cui esito è stato, appunto, l’intimazione alle associazioni assegnatarie di risarcimenti pesantissimi calcolati su un ipotetico mancato introito del Comune secondo i prezzi di mercato moltiplicati per gli anni della concessione. Cui si è aggiunta un’altra richiesta di risarcimento, questa volta ai dirigenti pubblici del Comune (e non, bizzarramente, alle amministrazioni politiche che sono state responsabili delle scelte fatte e di quelle non fatte) per non aver aggiornato i canoni e per non aver perfezionato alcuni iter burocratici: col risultato che, per difendersi, anche i dirigenti pubblici hanno cominciato ad inviare alle associazioni le notifiche di sfratto. Senza la capacità o la volontà politica, da parte di chi amministra oggi la città, di mettervi freno.
un ravvedimento della Corte dei Conti
Sembrava inestricabile, dunque, la vicenda. E destinato a perdere il movimento nato in questi mesi in difesa delle associazioni e del valore dei «beni comuni». Fino a qualche giorno fa in cui, grazie a un ricorso ben congegnato dai legali che lo assistono, è stata la stessa Procura generale della Corte dei Conti a dover prendere le distanze dal suo viceprocuratore. Con una sentenza che, sebbene limitata a due soli casi di sfratto, ha però riconosciuto ciò che serve per venire a capo dell’intera situazione. Cioè che le irregolarità e le sciatterie amministrative, che certo ci sono state da parte del Comune, così come i comportamenti non corretti che possono esserci stati da parte di alcune associazioni, seb- bene punibili e da punire, non cancellano però ciò che nel 1996 venne deciso e che non è stato mai modificato dalle successi- ve amministrazioni della città, cioè la destinazione a fini sociali e culturali di un certo numero di proprietà immobiliari pubbliche del Comune.
controllo, confronto, impegni reciproci
Non solo. Nella sentenza c’è anche la richiesta all’amministrazione capitolina, oltre che di procedere alle regolarizzazioni di ciò che negli anni non è stato perfettamente regolarizzato, anche di verificare la qualità effettiva, e la coerenza con la destinazione d’uso dei locali, delle attività svolte dalle associazioni. Che è quello che occorre per evitare, come spesso succede in questi casi, di fare di ogni erba un fascio, i migliori e i peggiori, i generosi e i furbastri, quelli che hanno sempre pagato regolarmente e quelli che hanno approfittato delle inerzie del Comune. E quindi di procedere, come spesso succede, a sanatorie valide per tutti, e indipendentemente dai contesti.
Perché le associazioni beneficiarie delle concessioni non sono tutte eguali, e tutte egualmente meritevoli di continuare a godere di locali ad affitto agevolatissimo, e perché l’Amministrazione ha il dovere di controllare puntualmente ciò che si fa, e di fare veri e propri bilanci sociali delle attività basati su indicatori oggettivi. Che è quello che il movimento dei «commons» sta chiedendo da settimane all’amministrazione capitolina anche in modo propositivo e costruttivo. Sedersi a un tavolo comune, definire regole condivise, stilare elenchi di priorità, progettare insieme, assumere impegni reciproci. La partecipazione democratica passa notoriamente anche da qui. Dal confronto, dall’utilizzo delle competenze che servono, dalla ricerca di intese tra soggetti istituzionali e sociali. È più complicato, certamente, e probabilmente anche più lungo, che rispondere con un clic o con un Sì/No a un referendum, ma di questi processi in democrazia non si può proprio fare a meno. Vedremo se anche a Roma ci si può riuscire. Se è capitato che una parte della Corte dei Conti smentisca un’altra sua parte, può capitare anche questo. C’è da sperarci.
Fiorella Farinelli
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Roma, la Corte dei Conti dalla parte della società civile: non c’è danno erariale
Redazione Labsus – 20 aprile 2017
Importante novità sui beni comuni a Roma. La Corte dei Conti assolve i dirigenti comunali che non avevano sfrattato le associazioni assegnatarie di beni del Comune per fini sociali e culturali. Il collegio del Lazio rigetta l’accusa di danno erariale.
È del 18 aprile u.s. la sentenza 77/2017 della Corte de Conti del Lazio (il nostro commento) che dà una svolta decisiva a quella che a Roma ha preso il nome di “Guerra dei Commons”, cominciata nell’aprile del 2015 con l’approvazione della delibera 140 che definiva le “linee guida per il riordino del patrimonio indisponibile in concessione“. Un provvedimento approvato dalla giunta Marino che serviva a migliorare la gestione del patrimonio indisponibile capitolino e che ha avuto come principale conseguenza quella di mettere alla porta moltissime realtà cittadine con l’accusa di “danno erariale”.
La Corte dei Conti smentisce così il suo Procuratore e riconosce le finalità sociali e culturali di questi spazi che legittimano il pagamento di un canone ridotto al 20% del prezzo di mercato, poiché “la scadenza del termine senza che fosse intervenuta la concessione definitiva o senza che la stessa fosse stata rinnovata, non cambiava la natura del bene e la sua utilizzabilità alle stesse condizioni agevolate attuate con il provvedimento originario con conseguente impossibilità di praticare, per esso, un prezzo di mercato.”