Monthly Archives: giugno 2015

La Giunta regionale: “Via libera alla Zona franca di Cagliari”. In realtà trattasi di punto franco, ma è importante che si faccia

navicella-nuragica-1(Dal sito della RAS) Industria, approvato piano operativo Zona Franca di Cagliari
“È un provvedimento importante – ha detto l’assessore Piras – perché ci consente di individuare e studiare un modello di Zona franca che vorremmo estendere, come previsto dal nostro Statuto, agli altri cinque punti franchi della Sardegna: Olbia, Porto Torres, Oristano, Arbatax e Portovesme”.

CAGLIARI, 30 GIUGNO 2015 – Via libera al Piano Operativo della Zona Franca di Cagliari. La Giunta, su proposta dell’assessore dell’Industria, Maria Grazia Piras, ha approvato la delibera che consentirà alla società Cagliari Free Zone di realizzare gli interventi inseriti nel progetto, che ha già ottenuto il nulla osta dell’Autorità doganale di Cagliari. Il Piano Operativo prevede la realizzazione dei servizi comuni e la collocazione logistica degli spazi da adibire a servizi generali. Si tratta di infrastrutture che consentiranno l’avvio delle prime attività.
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ape-innovativa2- Di seguito riportiamo la nostra nota del 20 agosto 2014 in argomento “zona franca”, meglio “punto franco”. Oggi c’è un fatto nuovo, la decisione in merito della Giunta regionale e dunque, come promesso, ci torniamo, ma non abbiamo nulla da aggiungere, se non ribadire quanto già detto, sopratutto una riflessione: per fare un punto franco di successo occorre la costituzione di una compagine fortemente integrata e unita. Avrebbe detto in altri tempi Raffaele Paci: occorre l’amalgama. E’ una condizione possibile? Cioè è possibile che Massimo Zedda (Comune), Paola Piras (Camera di Commercio), Vincenzo Di Marco (Autorità portuale), ma anche Maria Del Zompo (Università) e pochi altri, trovino la formula magica della compatezza? Vedremo…
Torniamo allora a quanto già detto. Ancor prima, l’11 novembre 2013, avevamo scritto “(…) Per quanto si riferisce alla zona franca, parliamo dei punti franchi doganali (non quindi delle fantasie demagogiche di Cappellacci o della pessima e inutile leggina approvata di recente dal Consiglio regionale), cioè di quelli che potrebbe essere già operativi (per il punto franco di Cagliari il ritardo assomma a oltre dodici anni) e che inspiegabilmente non si fanno, per colpevole inerzia di molte Istituzioni a partire dalla Regione. I punti franchi porterebbero benefici in termini di occupazione e di incremento di attività economiche innovative, se attuati con modalità intelligenti, come, per esempio, dimostra l’esperienza di Barcellona (ampiamente studiata dai nostri politici in innumerevoli viaggi-studio). Per quanto riguarda Cagliari (ma discorso analogo può farsi per gli altri 5 punti franchi previsti dalla normativa vigente) perchè la zona franca possa concretizzarsi con questa valenza occorre che si impegnino più soggetti, raccolti in una compagine sociale a cui partecipino la Regione, l’Autorità portuale, la Camera di Commercio, l’Università e, infine, il Comune capoluogo, che dovrebbe assumerne la guida politica. Cosa si è fatto al riguardo? Quasi nulla, se si eccettuano alcune iniziative, pur apprezzabili, dell’attuale autorità portuale, Piergiorgio Massidda, giunto peraltro al capolinea del suo incarico. Per il resto i possibili partner si ignorano, quando non sono l’un contro l’altro armati (…)”. Dopo circa sette mesi, verificatosi il cambio politico della Giunta regionale, riconoscevamo quanto segue, premessa (seppure con eccessiva lentezza) del provvedimento odierno della Giunta regionale.
Una PUNTA ‘E BILLETTU su ZONA FRANCA e PUNTI FRANCHI. PRESTO CI TORNEREMO! – segue –

con gli occhiali di Piero…

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413IL GATTO – 2
L’animale più selvatico di tutti era il gatto.
Camminava da solo, e per lui tutti I posti erano uguali.
(Rudyard Kipling)

Oggi martedì 30 giugno, martis 30 de lampadas 2015

aladinewsGli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: La Scuola Popolare dei lavoratori di Is Mirrionis. ITI (Interventi Territoriali Integrati) a Is Mirrionis.
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Grecia: non lasciamola sola

Grecia Non lasciamola sola
Luigino Bruni ft micro
di Luigino Bruni
Riguardo la situazione della Grecia, mi viene sempre più in mente la parabola del Servo spietato: “Il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?” (Matteo 18).
All’Italia, alla Germania gli altri Paesi Europei perdonarono molto al termine della II guerra mondiale, quando il loro debito umanitario, etico, economico, era infinito (nazismi, fascismi, olocausto, distruzione del patrimonio artistico di centinaia di città europee, …). J.M. Keynes, non dimentichiamolo, anche per l’esperienza degli effetti dei debiti eccessivi della prima guerra mondiale (nazismo), intercedette e ottenne un enorme sconto dei debiti di guerra, e ciò ha consentito i miracoli economici tedeschi e italiani del dopoguerra. Non dimentichiamo poi che l’Europa nacque mettendo in comune quelle risorse, carbone e acciaio, che avevano alimentato le guerre mondiali, anche per dire ‘mai più la guerra’, grazie all’unità economica.
Ora siamo noi nei panni dei servo spietato che dimentica il grande debito a lui condonato, e si comporta da aguzzino verso chi gli deve una somma molto più piccola (la Grecia).
Guardo con simpatia la sottoscrizione popolare europea (come un grande telethon) per raccogliere dai cittadini quei miliardi necessari, vista la miopia e incapacità di stati e istituzioni internazionali (il FMI ha un enorme peso, controllato quasi interamente dagli US, che potrebbero fare molto di più in questa vicenda, se volessero). L’Europa dei cittadini salverà l’Europa dei non-governi.

Oggi lunedì 29 giugno, lunis 29 de lampadas 2015

aladinewsGli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: La Scuola Popolare dei lavoratori di Is Mirrionis. ITI (Interventi Territoriali Integrati) a Is Mirrionis.
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con gli occhiali di Piero…

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501414IL GATTO

Rousseau – Vi piacciono I gatti?
Boswell – No.
R. – Ne ero sicuro. E’ un segno del carattere. Agli uomini dispotici non piacciono i gatti, perchè il gatto è libero e non si adatterà mai ad essere schiavo. Non esegue nulla su vostro ordine, come fanno gli altri animali.
B. – Neppure la gallina obbedisce agli ordini.
R. – Sì invece, se riuscite a farvi capire da essa. Il gatto vi capisce benissimo, ma non vi obbedisce.

(J.J.Rousseau, 28 giugno 1712 – 2 luglio 1778)
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MEL BROOKS compie oggi 89 anni. Autore televisivo, si decise al cinema per impulso della moglie, Anne Bancroft (scomparsa il 6 giugno di dieci anni fa).
Frankestein Junior (1974) è il suo capolavoro.

Laudato sì

imageLa “conversione ecologica” dovrà coniugarsi con un’industria dell’accoglienza
di Paolo Matta

Il rischio strisciante è quello di un approccio inquinato dal pregiudizio. L’enciclica Laudato sì di Papa Francesco, a una prima lettura, potrebbe essere confuso con l’ennesimo grido di appello lanciato a difesa della natura, scambiato persino col rituale manifesto ecologista, se non provenisse dall’alta cattedra petrina.

Bene si è espresso, a commento del documento papale, l’attuale Patriarca di Venezia. «Non si tratta, in alcun modo, di un’Enciclica scontata, tutt’altro! Il Papa, infatti, non si limita a indicare i dissesti ecologici e ambientali che sono sotto gli occhi di tutti, ma ricerca la radice dei problemi che li hanno prodottiConsiglio di leggere senza pregiudizi il testo – prosegue – soffermandosi in particolare sul terzo e quarto capitolo: “La radice umana della crisi ecologica” e “Un’ecologia integrale”. I titoli dicono già la volontà d’andar oltre la generica e scontata denuncia, impegnandosi in una reale fondazione del discorso a livello antropologico ed etico. Sottotraccia, emergono i grandi temi della dottrina sociale cristiana e tra essi il bene comune, la destinazione universale dei beni – e, soltanto dopo, il diritto alla proprietà – e poi i principi di solidarietà e sussidiarietà».

Enciclica che entra di diritto nella dottrina sociale della Chiesa al fianco di altre lettere dedicate a temi squisitamente morali (controllo delle nascite, aborto) o di taglio economico-sociale (rapporto capitalismo-povertà, giustizia sociale, equità salariale). Preoccupazione di Francesco, in tutta la sua elaborazione, è stata quella di delineare una ecologia “cristiana”, profondamente radicata nel nuovo umanesimo che questo Pontefice non si stanca di proporre in ogni occasione, pubblica o privata.

«L’Enciclica non parla di ecologia ambientale slegandola da quella umana. Francesco esprime un pensiero ecologico che mai cede alla deriva ideologica, rimanendo sempre in dialogo con tutta la realtà», sono ancora parole del Patriarca di Venezia.

Questa, in sintesi, la conversione ecologica invocata da Papa Francesco nell’Enciclica. Un testo ampio, lungamente riflettuto, non «da un Papa in solitudine, ma con la collaborazione di molte persone», ha detto il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, nella conferenza di presentazione.

E al di là delle mille definizioni che verranno correlate a questa iniziativa del Papa, quella di condivisa appare la più pertinente. Perché un’Enciclica è sempre stata una sorta di motu propriodel Successore di Pietro, seppure sottoposta al vaglio dei vari dicasteri. Bergoglio, già con la Lumen fidei scritta a quattro mani con Benedetto XVI, rompe anche questa impostazione monocratica, condividendo la Laudato si’ con una rete di co-estensori dell’enciclica, per la prima volta citando in una nota dell’enciclica il maestro spirituale islamico sufi Ali Al-Khawwas.

«Un documento di rilevanza ecclesiale, preparato in modo nuovo. Da circa un mese, approfittando dei moderni mezzi di comunicazione il Papa ha operato per una promulgazione dell’Enciclica insieme ai vescovi di tutto il mondo, grazie all’invio, via mail di diversi passi del documento in varie fasi», ha riferito ancora padre Federico Lombardi.

Ancora troppo fresco l’inchiostro di questa Lettera per esplorazioni in profondità e argomentazioni a commento. Fra i tanti, ci sono pagine che sembrano scritte per la Sardegna o, più semplicemente, applicabili alla nostra realtà locale. Quando si parla di salvaguardia del territorio e dell’ambiente, ma soprattutto del rapporto turismo-cultura-grandi eventi e residenzialità quotidiana.

Quella invocata conversione ecologica dovrà allora coniugarsi con un’industria dell’accoglienza che – oggi più che ieri – conosce prospettive e domande differenti: la riscoperta e valorizzazione, a mo’ di esempio, del “turismo lento“, fatto di cammini, itinerari, percorsi naturalistici e insieme spirituali, può essere una prima, immediata risposta e applicazione concreta di questa intuizione di Francesco. Ancora, in gran parte, tutta da scoprire.

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Una lettura critica dell’Enciclica

di Paolo Cacciari

Eddyburg.it 23 Giugno 2015. I molti meriti di un documento di eccezionale rilievo che non arriva però «a condividere l’“ecologia profonda” teorizzata dagli ecofilosofi – per primo da Arne Naess – portatori di una critica radicale all’utilitarismo antropocentrico, oltre che al “pragmatismo utilitaristico”». Dopo mezzo secolo dalla Primavera silenziosa della Carson (1964), dai Limiti della crescita del Club di Roma (1968), dalle teorie sulla dinamica dei sistemi complessi di Bateson, di Capra e di Commoner, per non ricordare gli scafali ricolmi di studi delle agenzie scientifiche internazionali sul collasso dei principali cicli bio-geo-chimici del pianeta, le scienze ecologiche varcano i sacri sogli della Chiesa romana. L’enciclica di Bergoglio è innanzitutto un omaggio – esplicito in molti passaggi – alle scienze naturali e ai movimenti sociali che le hanno sorrette.

La parte centrale è un meticoloso compendio di tutte le battaglie ecologiste in corso: “Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza” (§ 13, § 166). Il popolo ambientalista, quindi, non può che rallegrarsi ed entusiasmarsi nel constatare che un papa si preoccupa dei “corridoi ecologici”, del traffico automobilistico privato nelle città, della rotazione delle colture… solo per ricordare alcuni degli esempi tra i tanti trattati nell’enciclica Laudato sì. Irrisi come catastrofisti retrogradi, romantiche anime belle e via dicendo, è venuto il momento della rivincita per tutte quelle persone, quei comitati, quelle associazioni che hanno fatto della difesa della qualità dell’ambiente naturale e della salute la ragione principale del loro impegno civile.

Il “saccheggio della natura” (§ 192) ha inghiottito l’umanità in una “spirale di autodistruzione” (§ 163). “Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia” (§ 161). “L’umanità del periodo post-industriale sarà forse ricordata come una delle più irresponsabili della storia” (§ 165). “Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli” (§ 53). E potremmo continuare citando giudizi che non ammettono scuse sui “crimini contro la natura” (§ 8) commessi dagli umani contemporanei.

Ma c’è di più. Bergoglio va molto oltre il tradizionale ambientalismo in auge nei paesi ricchi e lo stesso movimento politico “verde” troppo spesso portatori di una visione della questione ecologica separata da quella sociale. Crisi ambientale e sofferenza degli esclusi, dei poveri, degli “scarti umani” sono visti dalla enciclica in “intima relazione” (§ 16). Ambiente umano e ambiente naturale si degradano o si salvano assieme.

Bergoglio sente la necessità di accostare sempre al sostantivo “ecologia” l’aggettivo “integrale”, nel doppio senso di ecologia integrata alle dimensioni umane e sociali e di ecologia opposta a quella “superficiale” (§ 59) di facciata, evasiva, che non incide sulle cause del degrado ambientale e che non tiene conto delle connessioni funzionali tra tutte le forme di vita del pianeta: “Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta” (§ 2). Biologia e Libro della Genesi sono in sintonia: “Noi stessi siamo terra”. Da qui la constatazione che: “L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune” (§ 164).

Niente di meno che una “conversione ecologica globale”(§ 5) e una “conversione comunitaria” (§ 219) capaci di “eliminare le cause strutturali” del degrado ambientale che si trovano nelle relazioni sociali, nei comportamenti individuali, nel sistema normativo, nelle “forme del potere derivate dal paradigma tecno-economico” (§ 53) dominate e performante la cultura delle persone. Insomma, Bergoglio pensa che: “Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale” (§ 114) che investe tutti i campi dell’agire umano e – prima ancora – della capacità del genere umano di pensarsi su questa terra, di dare un senso alla vita di ogni essere umano. “Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso” (§194).

Non sono richiesti piccoli aggiustamenti. Con buona pace dei sostenitori della green economy, delle smart cities e degli altri business verdi, Bergoglio sferra una spallata definitiva all’ambigua parola d’ordine della “crescita sostenibilità” che tiene banco nelle agenzie dello sviluppo economico da decenni: “La crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine” (§ 194). “Quando si parla di ‘uso sostenibile’ bisogna sempre introdurre una considerazione sulla capacità di rigenerazione di ogni ecosistema nei suoi diversi settori e aspetti” (§ 140).

La valutazione degli impatti ambientali va svolta seriamente. Il principio di precauzione va applicato rigorosamente. “Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro” (§ 194). Non ci può essere compromesso tra i valori intrinseci degli esseri viventi (tutti: piante e animali non umani compresi) e loro valorizzazione economica, monetaria. Il dilemma tra salute e denaro a cui quotidianamente il sistema industriale costringe ognuno di noi come produttore o come consumatore o come abitante è respinto al mittente e risolto senza tentennamenti a favore della preservazione della vita.

Le forti e inedite parole del Papa sicuramente serviranno a scuotere molte centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo, non solo tra i credenti cristiani, portandole a rafforzare le fila di quanti si battono per la giustizia ambientale e sociale, a partire dalle mobilitazioni in vista della Conferenza delle parti prevista a Parigi in dicembre per riscrivere il protocollo di Kioto. Ma – mi chiedo – riusciranno a far breccia anche nelle menti e nei cuori dei potenti della terra?

I repubblicani di Washington hanno già fatto sapere che lo stile di vita degli statunitensi non cambierà certo per le suggestioni che provocano le Laudi a Dio di un santo vissuto qualche secolo fa da questa parte dell’Atlantico ad Assisi. E temo che non si faranno commuovere nemmeno le plutocrazie finanziarie che tengono i fili dei governi nazionali attraverso il debito, il ricatto occupazionale, i media e quant’altro è in loro possesso. Non solo per la loro insensibilità etica e morale, ma perché penso che le tesi della enciclica, nonostante la loro novità e forza, siano ancora al di sotto del bisogno.

I punti di attacco che papa Bergoglio indica per avviare la necessaria “rivoluzione culturale” sono due: il superamento del “paradigma tecno-economico”, più e più volte nominato (§ 53), e la fuoriuscita dal “paradigma utilitaristico” (§ 215) dalla “ragione strumentale (individualismo, progresso indefinito, concorrenza, consumismo, mercato senza regole)” (§ 210). Il primo riguarda l’organizzazione politico-economica della società mondializzata, il secondo l’antropologia sociale. In tutti e due i casi il capo della Chiesa sembra non volere arrivare al nocciolo della questione e giungere a nominare la bestia che scatena l’apocalisse: la logica economica del capitalismo e il suo presupposto antropologico: l’individualismo possessivo dell’homo oeconomicus.

Ho l’impressione che in alcuni discorsi precedenti e nella esortazione Evangelii Gaudium dello scorso anno (vedi Tornielli e Galeazzi, Papa Francesco. Questa economia uccide, Piemme, 2015), papa Bergoglio fosse andato più in là. Nella nuova enciclica vengono evidenziate le aporie fondamentali del mercato e delle tecno-scienze, ma non mi pare che se ne colga la loro origine nel sistema di relazioni sociali e umane che il capitalismo (mai nominato nell’enciclica, in nessuna delle sue forme più o meno liberiste) determina. E’ certo importantissimo affermare che: “L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi di mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente”. E che: “occorre evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui.” (§ 190).

Ma la debolezza del ragionamento di Bergoglio sta nel non chiedere esplicitamente il superamento dei meccanismi di dominio che la concentrazione del potere economico determina sul genere umano. Bergoglio sembra molto più preoccupato dell’attività di una generica e impersonale “tecnocrazia” che non della plutocrazia che domina il mondo ai vertici di poche centinaia di multinazionali che controllano l’80% della produzione di ricchezza del pianeta.

Non sono solo la “rendita finanziaria che soffoca l’economia reale” (§ 109), nemmeno il “profitto economico rapido” (§ 54) e il “consumismo compulsivo” (§ 203) che impediscono di transitare verso una società responsabile, più equa e armoniosa, ma i principi e le logiche stesse che reggono l’economia di mercato capitalistico: la mercificazione delle risorse naturali e l’alienazione del lavoro umano, l’accumulazione monetaria e la privatizzazione dei profitti, la concentrazione dei poteri. Senza queste precisazioni, senza nominare quali sono i gruppi ai vertici delle istituzioni economiche e finanziarie, private e pubbliche, che formano “la minoranza che detiene il potere” (§ 203), il sacrosanto bisogno di costruire “un’altra modalità di progresso e di sviluppo” (§ 191) rischia di rimanere una perorazione astratta.

Così come, sul versante più culturale, Bergoglio sembra volersi collocare a metà strada: oltre l’ambientalismo main stream, ma senza arrivare a condividere l’“ecologia profonda” teorizzata dagli ecofilosofi – per primo da Arne Naess – portatori di una critica radicale all’utilitarismo antropocentrico, oltre che al “pragmatismo utilitaristico” (§ 215). Bergoglio afferma che siamo in presenza di un “antropocentrismo deviato” (§ 119) e “dispotico” (§ 68), derivante da una cattiva interpretazione del Libro della Genesi. “Una interpretazione inadeguata dell’antropologia cristiana ha finito per promuovere una concezione errata della relazione dell’essere umano con il mondo. Molte volte è stato trasmesso un sogno prometeico di dominio sul mondo (…). Invece l’interpretazione corretta del concetto dell’essere umano come signore dell’universo è quella di intenderlo come amministratore responsabile” (§116).

Una espressione molto vicina a quella che Gandhi usava per definire l’economia fiduciaria: trustee ship. “Oggi la Chiesa non dice in maniera semplicistica che le altre creature sono completamente subordinate al bene dell’essere umano, come se non avessero un valore in sé stesse e noi potessimo disporne a piacimento” (§ 68). Ma, aggiunge Bergoglio: “Questo non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità”. Più avanti nella Laudato sì si chiarisce il concetto ancora più esplicitamente: “il pensiero cristiano rivendica per l’essere umano un peculiare valore al di sopra della altre creature” (§ 119).

La preoccupazione della Chiesa romana continua ad essere quella di non “cedere il passo a un biocentrismo” (§ 118) e ad una “divinizzazione della terra” (§ 90), come fu già con Ratzinger che, nella Caritas in vertate, si scagliava contro gli “atteggiamenti neo pagani” di chi pensa che la natura sia un tabù intoccabile. Non si tratta, ovviamente, di adorare “lo frate sole”, “sora luna e le stelle”, “sor’aqua” e “frate focu”, ma di riconoscere – come fa la bioeconomia – che il sistema economico e sociale umano è un sottosistema dipendente da quello naturale. Trattare la biosfera con una certa sacralità non nuocerebbe affatto alla causa della sua conservazione.

La critica che Bergoglio muove all’antropocentrismo non arriva al superamento della visione gerarchica specista del creato. Quell’edificio a piramide ben descritto da Max Horkheimer (Crepuscolo, 1933) “la cui cantina è un mattatoio e il cui tetto è una cattedrale”. Nel Compendio della dottrina sociale della Chiesa, del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, c’è ancora scritto: “Credenti e non credenti sono generalmente d’accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all’uomo, come suo centro e a suo vertice”.

Nonostante notevolissimi passi avanti anche lessicali (il modo tradizionale di scrivere “uomo” in rappresentanza di tutta l’umanità è stato abolito a favore della locuzione “essere umano”, più rispettosa delle donne) e nonostante gli influssi di Francesco d’Assisi, l’“etica ecologica” e la “spiritualità ecologica” (§ 216) di Bergoglio, non si avvicinano ancora all’“etica della terra” auspicata da Aldo Leopol (Almanacco di un mondo semplice) e nemmeno al bio-umanesimo dei movimenti latinoamericani che hanno ispirato la costituzione dell’Ecuador e dotato Pacha Mama di diritti inviolabili.

La transizione dall’attuale economia predatoria alla auspicata “cultura della cura” (§ 231) dei beni comuni del creato e il superamento dei paradigmi tecno-economici oggi prevalenti (la crescita per la crescita, il consumismo come compensazione alla perdita di senso del lavoro) potranno avvenire solo se si abbatteranno le relazioni di potere asimmetriche che si determinano nei rapporti tra le persone: tra le ricche e le povere, tra quelle incluse ed quelle escluse, tra quelle libere e quelle subordinate. Democrazia è un’altra parola che non compare nell’enciclica. Eppure è difficile pensare ad un percorso di liberazione umana che non abbia la centro le istanze dell’autogoverno e dell’autodeterminazione, secondo l’incontenibile desiderio di libertà che vi è in ognuno essere umano. Un conflitto permanente è in corso. Va riconosciuto e aiutato, perché, ha ragione Bergoglio: “mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza” (§179).

Le buone pratiche di sostenibilità individuali e familiari sono prese in grande considerazione dalla enciclica. Per due motivi: primo, “La felice sobrietà (…) vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante” (§ 223, § 224), aiuta a diminuire le ansie competitive e a trovare il tempo per realizzare i propri autentici bisogni; secondo, creano “reti comunitarie” (§ 219) che aiutano a formare le trame di relazioni della nuova società. In questo contesto Bergoglio giunge anche a sperare che sia “arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti del mondo” (§ 193). Una decrescita vista solo in termini meramente redistributivi, anche se viene auspicato che possano sorgere “nuovi modelli di progresso (…) la qual cosa implica riflettere responsabilmente sul senso dell’economia e sulla sua finalità” (§ 194).

In definitiva, l’irruzione della questione ambientale nella Chiesa mette a nudo le contraddizioni di un sistema economico naturalmente insostenibile e umanamente insopportabile, per il carico di sofferenze e ingiustizie che comporta. Chiama cattolici e non ad attivarsi per superare le cause strutturali e culturali che determinano questo pericoloso stato di cose. Lascia aperte le porte per sperimentare le vie di uscita possibili. E non si potrebbe chiedere di più.
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Da SardegnaSoprattutto

Laudato sì

imageINCONTRO-DIBATTITO ALLA FACOLTÀ TEOLOGICA SULLA “LAUDATO SÌ”
Promosso dalla Associazione “Sorella Terra”, nella Sala Conferenze della Facoltà Teologica della Sardegna in via Sanjust a Cagliari, venerdì 3 luglio, alle ore 18 si terrà un incontro dibattito sulla nuova Enciclica di Papa Francesco “Laudato sì”.

Oggi domenica 28 giugno, dominigu 28 de lampadas 2015

aladinewsGli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: La Scuola Popolare dei lavoratori di Is Mirrionis. ITI (Interventi Territoriali Integrati) a Is Mirrionis.
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C’era una volta la democrazia… qualcosa è rimasto. Dalla costante resistenziale sarda una ragione per continuare a crederci

cq mascheredi Nicolò Migheli

Con dedizione ammirevole Renzi prosegue nell’opera di distruzione di quanto costruito dalla democrazia italiana. Riforma costituzionale, riforma del lavoro e della scuola sono i tasselli del medesimo progetto autoritario. Le èlite  si sono ribellate, così come ebbe a scrivere Christopher Lasch. Caduto il muro di Berlino, passata la paura del comunismo, perché non ripristinare i rapporti di potere esistenti prima della crisi del Ventinove?

La fine della società industriale classica e la finanza apolide sono state la condizioni “oggettive”. Ce lo chiede l’Europa e ce lo chiedono i mercati. Parole che tutto nascondono e alla fine si rivelano come il vero vitello d’oro dei nostri tempi. Non esiste società, esistono individui e interessi, a quella teorizzazione devono corrispondere le controriforme. Mettere le mani nella scuola, irreggimentarla come agenzia di formazione dei sudditi. Ci stanno riuscendo. A loro occorrono un insieme di individui ignoranti, appesi alle false notizie e al pensiero magico, manipolati fin da piccoli. Persone convinte di possedere il bastone napoleonico di maresciallo nello zaino, per poi accorgersi che se non si è nati nella famiglia giusta, se non si hanno risorse economiche per frequentare le migliori scuole internazionali, il destino sarà da precario.

Anche la meritocrazia si rivela un panno rosso agitato davanti ad occhi imbufaliti. In Gran Bretagna nonostante il decantato merito, i cognomi più importanti, quelli che ad ogni generazione coprono le caselle del potere reale, sono sempre gli stessi da centocinquant’anni. In Italia la finestra di opportunità che ha permesso alle generazioni del dopoguerra la mobilità sociale si è definitivamente chiusa. D’altronde andiamo verso una società dei senza lavoro, dove computer e robot produrranno quel che serve. Per rendersene conto basta osservare le casse elettroniche dei supermarket dove al cliente viene richiesto di fare il cassiere.

A che servono quindi le persone istruite formate ad una autonomia di giudizio? Bastano poche conoscenze informatiche e il resto è inutile, anzi può essere pericoloso. La stessa politica è diventata una finzione. Si racconta come il luogo della decisione, alle elezioni presenta programmi che poi vengono invariabilmente disattesi perché occorre seguire indicazioni imposte. In realtà i politici sono diventati i ventriloqui di burattinai che risiedono in organizzazioni internazionali non elette. Quelle che governano la nostra esistenza.

Renzi non fa eccezione. Il presidente del consiglio se non esegue i diktat di Bruxelles e Francoforte e Washington corre il rischio di essere rimosso. L’arma dello spread è dietro l’angolo. Tutta l’ostilità a Tsipras forse nasconde un cambio di governo orchestrato dalla troika. A differenza del greco, Renzi è organico a questo modo di pensare, è sufficientemente cinico. Lui crede nella finanza e a Palazzo Chigi si circonda di consulenti che vengono da quel mondo.

Di liberté, egalité e fraternité sopravvive solo la prima, l’unica che serva realmente alla èlite. La libertà assoluta di fare quel che si vuole. L’eguaglianza di opportunità abolita di fatto, basta avere bisogno di una visita medica specialistica per averne conferma. Se si paga si ha la precedenza. La fraternità sostituita dal conservatorismo compassionevole e dalla carità che i volenterosi vorranno praticare. Anche la coesione sociale a poco serve, meglio un insieme di individui concorrenti che sfoghino risentimenti e rancori vicendevolmente. La messa in ombra dei principi illuministici porta con sé un comunitarismo xenofobo, anche questo voluto perché per nulla contrastato.

Si assiste alla nascita di un neo feudalesimo con la finanza come imperatrice, e rappresentanti locali in ogni territorio nella veste di valvassori . Di nuovo i notabili che amministrano pochi fondi distribuendoli a pochi cittadini della loro cerchia trasformati definitivamente in clientes. La disaffezione alle elezioni – diventate recita- è funzionale al mantenimento ed alla conferma del potere. Ci sarà sempre una minoranza che li eleggerà. Le generazioni che hanno conosciuto altri tempi ed altri impegni, assistono sconfortate al tramonto di una democrazia fatta di contropoteri e contrappesi. Sopravvivranno solo forme plebiscitarie, la scelta tra gruppi di potere momentaneamente concorrenti per ridiventare alleati nella sostanza dell’agire.

Ci si chiede se il PD ci sarà ancora dopo questa mitragliata di misure impopolari. Ci sarà, e sarà quel che è diventato: un raggruppamento elettorale da mobilitare per le scadenze che confermeranno quei pochi di cui sopra. «Un partito franchising, come le gelaterie» dichiara Gianni Cuperlo.

In una deriva europea di questo tipo, si capiscono ancor di più i movimenti indipendentisti catalani e scozzesi. Loro aborrono il comunitarismo escludente, coniugano i principi illuministici all’interno della loro nazionalità. L’indipendentismo come possibilità di essere ancora democratici. E noi sardi? Tutte le decisioni in mano nostra.

Con la Dinamo Sassari la Sardegna Campione d’Italia! 2015, iI basket fa volare la Sardegna come lo scudetto del Cagliari di Gigi Riva (1970)

Dinamo SassariSardegna-bomeluzo22Questa volta siamo primi. Cando si tenet su ‘entu est prezisu bentulare. Grazie Sassari!
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sedia di VannitolaLa sedia
di Vanni Tola
Sassari, Dinamo Basket Campioni d’Italia
UNA FOLLA IMMENSA ALLA GRANDE FESTA PER LA DINAMO

Fotocronaca di una grande festa di popolo. Piazza d’Italia e le vie circostanti invase da migliaia di sassaresi accorsi per festeggiare la Dinamo. Cinque piazze cittadine, con maxischermo, hanno trasmesso la partita finale del Campionato. La squadra arriva in ritardo perché il pullman è stato bloccato lungo il percorso da Olbia verso Sassari da gruppi di tifosi che volevano salutare i campioni. Ingresso della Dinamo in piazza d’Italia su un pullman scoperto dell’Atp. Presenti il presidente Pigliaru, il presidente Ganau, il Sindaco di Sassari, gli sbandieratori sassaresi e una sterminata folla. Era perfino difficile realizzare riprese video e scattare foto, migliaia di braccia alzate e di telefonini impedivano di vedere la gradinata che ospitava la squadra. Cantata più volte dai tifosi la canzone sassarese “Faccia di Truda” di Giuseppe Manca, diventata una sorta di “inno ufficiale” dei sostenitori della Dinamo. Sul monumento della piazza campeggiava uno striscione del fans club Dinamo di Oliena . “ Solo le pecore? Noo, anche lo scudetto. Ciao Milano”.
Dinamo Festa VT- La Festa su YouTube, con la colonna sonora “Faccia di Truda” (di Vanni Tola).

Oggi sabato 27 giugno, sabudu 27 de lampadas 2015

aladinewsGli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: La Scuola Popolare dei lavoratori di Is Mirrionis. ITI (Interventi Territoriali Integrati) a Is Mirrionis.
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ape-innovativaLogo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413
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Avviso ai naviganti

aladinlampada-microIl sito non sarà aggiornato nei prossimi due giorni. Buon fine settimana a tutti!

Oggi venerdì 26 di giugno, cenabara 25 de lampadas 2015

aladinewsGli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: La Scuola Popolare dei lavoratori di Is Mirrionis. ITI (Interventi Territoriali Integrati) a Is Mirrionis.
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Paola Piras commissario della Camera di Commercio di Cagliari

Paola-Piras-ft2(Dal sito della Regione Sardegna) Commissariata la Camera di Commercio di Cagliari. Il presidente Pigliaru firma il decreto di scioglimento del consiglio
La professoressa Piras guiderà la Camera fino all’insediamento dei nuovi organi di legge per la nomina dei quali avvierà entro 120 giorni le procedure di rinnovo. Cagliari Camera di Commercio
CAGLIARI, 25 GIUGNO 2015 – Il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, ha firmato il decreto di scioglimento del Consiglio della Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Cagliari.
Con medesimo decreto è stato nominato commissario straordinario Paola Piras, professore ordinario di Diritto amministrativo all’Università di Cagliari, con esperienza amministrativa nei settori pubblico e privato. La professoressa Piras guiderà la Camera fino all’insediamento dei nuovi organi di legge per la nomina dei quali avvierà entro 120 giorni le procedure di rinnovo.
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ape-innovativaA Pigliaru subito un rimprovero sulla sua incapacità di uscire dall’autoreferenzialità universitaria. Dovrebbe smettere per tutto il mandato di fare il professore, anche staccandosi temporalmente dal suo ambiente di primo riferimento, per fare solamente il signor Presidente della Regione Autonoma della Sardegna. A Paola Piras, che comunque è brava e competente e capace di straordinario impegno ed esercizio di equilibrio, quali sono richiesti in questa occasione, i migliori auguri di buon lavoro. Ne ha necessità lei, ne abbiamo necessità noi cittadini, richiamando quanto abbiamo già detto sulla situazione della Camera di Commercio di Cagliari.