Monthly Archives: novembre 2016

Domani 1° dicembre 2016

Cost dem e part 1 dic 2016
- La pagina fb dell’evento.

Politiche di accoglienza

stemma RAS Consiglio-regionale-SardegnaDocumentazione attività della Regione Autonoma della Sardegna
Giunta regionale RAS. Delibera del 25 novembre 2016, n. 63/1 [file .pdf]
Adesione Progetto finanziato dal Ministero Dell’Interno a valere sul Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione 2014-2020 – Obiettivo Specifico 1 – Obiettivo nazionale 1 – “Potenziamento del sistema di prima e seconda accoglienza” – Tutela della salute dei richiedenti e titolari di protezione internazionale in condizione di vulnerabilità psico-sanitaria anche attraverso il rafforzamento delle competenze istituzionali.
- All. 1, 63/1 [file .pdf].
- All. 2, 63/1 [file .pdf].

Politiche giovanili. Progetto CultuRAS 4

palazzo sorcescoDOCUMENTAZIONE
Giunta regionale RAS. Delibera del 25 novembre 2016, n. 63/35 [file .pdf]
Intese Fondo nazionale politiche giovanili n. 96/CU del 21.7.2016: Approvazione Progetto “CultuRAS 4 – Interventi in materia di politiche giovanili, volti a promuovere-iniziative culturali e formative e appositi centri o spazi e/o forme aggregative dei giovani” – attività di orientamento e placement, nonché attività dirette alla prevenzione del disagio giovanile e al sostegno dei giovani talenti”, nell’ambito degli Accordi tra Pubbliche Amministrazioni in materia di Politiche Giovanili tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale e la Regione Sardegna – Direzione Generale della Pubblica Istruzione.
- All. 63/35 [file .pdf].
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Giunta regionale RAS. Delibera del 25 novembre 2016, n. 63/20 [file .pdf].
Progetti di mobilità giovanile internazionale, di promozione dell’interculturalità e della cittadinanza europea; promozione degli scambi giovanili.

Lingua sarda

DOCUMENTAZIONE
Giunta regionale RAS. Delibera del 25 novembre 2016, n. 63/37 [file .pdf]
Integrazione regionale dei contributi statali erogati agli Enti locali per la tutela delle minoranze linguistiche storiche. Criteri di ripartizione delle risorse. € 500.000, Bilancio Regionale 2016, Cap. SC03.0239, Missione 05 Programma 02.L.R. 15 marzo 2012, n. 6, art. 2, comma 13.
- All. A, 63/37 [file .pdf].
- All. B, 63/37 [file .pdf].

Democrazia partecipativa. Buone iniziative della Regione Sarda

Democrazia partecipativa RAS testata3_1Esercita la cittadinanza attiva: il programma dei due Laboratori di Sardegna ParteciPA che si terranno giovedì primo e venerdì due dicembre prossimi alla MEM – Mediateca del Mediterraneo, in Via Mameli 164, Cagliari

- Il primo laboratorio ha come argomento Strumenti della democrazia partecipativa: Protocollo d’intesa con la Regione Toscana sulla condivisione delle esperienze in tema di democrazia partecipativa e deliberativa. Ed è riservato alle Direzioni Generali degli Assessorati e Uffici di Gabinetto dei componenti della Giunta Regionale (vedasi in fondo alla pagina).

- Il secondo laboratorio avrà come argomento La Carta dei diritti e dei doveri dei cittadini per la partecipazione ai processi di democrazia deliberativa e avvio dell’attività dello sportello ParteciPA- Città Metropolitana Cagliari già in discussione sul tavolo Esercita la cittadinanza attiva, su questa piattaforma.

Nel comunicato stampa la Regione Sardegna sostiene che vuole allargare ed approfondire la partecipazione diretta all’elaborazione delle proprie politiche. Per questo si è prima dotata della piattaforma Sardegna ParteciPA ed ora vuole incontrare i cittadini e le cittadine attraverso laboratori di discussione e deliberazione, che elaborano proposte per le quali la risposta è garantita. In questo ambito la Regione ha riconosciuto alcuni diritti ai cittadini ed alle cittadine sarde con una apposita Carta che pone anche alcuni doveri per chi partecipa.

Il laboratorio è diretto a discutere la Carta, eventualmente a modificarla, per renderla esecutiva. Il Laboratorio si compone di quattro momenti, tutti concatenati fra loro: la presentazione del progetto Sardegna Partecipa, l’illustrazione delle attività dello sportello ParteciPA – Cagliari, un intervento in videoconferenza di Rodolfo Lewanski, docente di Democrazia partecipativa ed Analisi delle Politiche pubbliche all’Università di Bologna, autore del libro “La prossima democrazia: dialogo, deliberazione, decisione”, la presentazione della Carta della Partecipazione da parte del dott. Stefano Sotgiu dell’Associazione Civica Sassari, infine il laboratorio di discussione e deliberazione.

Questo laboratorio è dedicato a tutti: istituzioni, associazioni, imprese, comitati di cittadini, cittadini singoli.
Potete consultare qui la locandina. Seguono informazioni sul primo laboratorio.

Prosegue il Festival L.E.I. Lettura Emozione Intelligenza

logo LEICompagnia B presenta
Festival L.E.I. – lettura, emozione, intelligenza
. – Prosegue oggi. Ecco il programma.

Oggi mercoledì 30 novembre 2016

Logo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghdemocraziaoggiGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413
No comitato sardoNO sardo
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democraziaoggiIl 4 dicembre difendiamo la Repubblica
Tonino Dessì su Democraziaoggi.

I bambini futuro del Paese. Ma dove?

Le infrastrutture che servono, in un paese come l’Italia, non sono solo l’alta velocità o i ponti. Le emergenze non sono solo i terremoti o i profughi. Ci sono anche le infrastrutture immateriali, si chiamano educazione, cultura, intelligenza. Tutti ambiti in cui negli ultimi decenni abbiamo perduto molto, e senza sufficienti capacità di recupero e di sviluppo.
rocca 2014 25
DENATALITÀ
ma il bambino dove lo metto?

di Fiorella Farinelli, su Rocca.

Stiamo perdendo tante cose, in Italia. Anche tanti, troppi, bambini. Nel 2015 – quinto anno consecutivo di una fecondità sempre più debole: solo 1,35 bambini per donna – i nuovi nati sono stati 488mila, ben 15mila in meno rispetto al 2014, mai così pochi dall’ultimo dopoguerra, quasi la metà rispetto agli anni Sessanta/Settanta. Ci sono ricette utili, capaci di invertire la rotta? Tante, ovviamente, almeno quante sono le facce di questa specialissima e poliedrica perdita. Che riguarda l’oggi, ma anche il domani, se non altro perché meno bambini significano inevitabilmente, nei prossimi anni, meno giovani, e dunque di sicuro anche in futuro sempre meno bambini. Delle tante ricette possibili per incoraggiare un andamento demografico più equilibrato, dunque, quali stiamo scegliendo? Solo nella stessa compagine politica ora al governo, ne vivono almeno due. Da un lato chi punta sui bonus bebé, dall’altro chi al centro mette il rilancio dei servizi educativi 0-6, gli asili nido fino ai 3 anni e le scuole per l’infanzia dai 3 ai 6. Due posizioni evidentemente molto diverse – la prima ha l’occhio soprattutto al consenso immediato, magari anche elettorale, di chi ha già bambini piccoli; la seconda, più lungimirante, è finalizzata invece a rassicurare chi i figli li vorrebbe ma ha paura di deciderlo che, se lo farà, non mancheranno per nessuno, e in nessuna parte dei paese, luoghi educativi di qualità e a costi accessibili per aiutarli a farli crescere bene.

asili-nido senza risorse

Due posizioni, due scelte, che in tempi di finanza pubblica generosa possono anche essere complementari, come avviene in effetti in altri paesi. Ma nell’Italia di oggi? Oggi, solo per uno sviluppo omogeneo degli asili nido su tutto il territorio nazionale ci vorrebbe un investimento di almeno 1 miliardo e mezzo, forse di più. Risorse che non ci sono, o che si preferisce destinare ad altro. Basterebbero, per cominciare, anche investimenti più modesti, analoghi a quelli che fece nel 2007 il governo Prodi con il suo «piano nazionale asili-nido» di 800 milioni, in parte statali in parte regionali. Ma, nella legge di stabilità, non se ne vedono tracce, o sono troppo labili – 100 milioni su una voce, 80 sull’altra, 150 su un’altra ancora – niente che assomigli a un programma organico e di lungo respiro. L’Italia si presenta come un cavallo asmatico, anche su questo. Eppure è proprio qui che rischia di perdere mordente l’ambizioso provvedimento di delega al governo nato con la Buona Scuola (scadenza ormai prossima, nel gennaio 2017, ma Renzi assicura che ci sarà prima del 4 dicembre) in cui si prevede, tra l’altro, il funzionamento integrato e «in continuità» tra asili nido e scuole per l’infanzia. Nonché il rispetto – final- mente – delle indicazioni europee di un sistema di nidi con una «copertura» della domanda potenziale pari al 33%. I conti, però, si fanno in fretta. E raccontano una realtà difficile. Oggi in Italia ci sono 1 milione e 620mila bambini sotto i 3 anni, i posti negli asili nido sono solo 360.134 (il 22,4% della copertura) e per arrivare al traguardo ne occorrerebbero 534.600. Tantissimi nel Sud, dove solo l’11% della domanda potenziale trova posto (il 2% in Calabria). Non solo. Cittadinanzattiva, l’associazione di responsabilità civica che ogni anno pubblica un monitoraggio puntuale dei nidi, spiega che in molte realtà del CentroNord le tariffe sono così alte – grazie al regime di «servizio a domanda individuale» dei nidi che impone agli utenti di coprire una parte consistente dei costi, e grazie soprattutto alle sofferenze nei bilanci degli Enti Locali – da essere sempre più proibitive per i numerosi nuclei familiari che non nuotano affatto nell’oro (anche più di 500 Euro mensili, in alcune città del Nord, contro i 100 della Svezia e i 150 della Germania). Tutt’altro che «competitive», queste tariffe, con la decisione, per le mamme che guadagnano meno di 1000 Euro, di rinunciare al lavoro. Con in più il problema che, dove i nidi sono di più e di migliore qualità, i Comuni non ce la fanno più a sostenerne il costo, e infatti nell’ultimo anno hanno speso il 3% in meno rispetto al precedente scaricando sempre di più il servizio sui nidi privati convenzionati (il 58% del totale ormai, solitamente di qualità peggiore dei nidi pubblici). Dove invece ce ne sono pochi, non ci sono proprio le risorse – né le leggi e i regolamenti – per programmi di significativa compensazione del tantissimo che manca.

come si fa senza le nonne?

Che cosa vuol dire, in questo quadro, realizzare quella «continuità» educativa tra asili nido e scuole per l’infanzia dettata dalla Buona Scuola, se non la novità, in verità discutibile, di una regia unificata dei due settori da parte di un ministero, la pubblica istruzione, che di asili nido pub- blici, cioè quelli istituiti e gestiti dai Comuni, finora non si è mai occupato? Solo l’affermazione che sì, anche gli asili nido, d’ora in avanti faranno parte di quel paradiso di qualità ed efficienza che si chiama sistema di istruzione? Un po’ più di cen- tralismo, in verità, potrebbe essere utile, visto che sui nidi ci sono 18 diverse leggi regionali con poste di bilancio diversissime. E va bene anche prevedere che sia le educatrici dei nidi che le insegnanti di scuola per l’infanzia siano più qualificate (laurea triennale per entrambe e formazione continua: ci vorrebbe proprio, con l’inquietante diffondersi di sciatti, talora persino violenti, metodi «educativi»), ma la sostanza è che per dare significato a questo ventaglio di proposte occorrono nuove risorse. E tante. In primis sul versante dei nidi, che dovrebbero uscire dal regime di servizio a domanda individuale per entrare in quello dei servizi sociali ed educativi e quindi pesare di più sulla fiscalità generale, ma anche sul versante delle scuole per l’infanzia. Dove la partecipazione dei bambini dai 3 ai 6 anni supera sì il 90%, ma scontando che 1 bambino straniero su 4 non ci va, e che in molte aree del Sud le scuole non sono a tempo pieno, quindi senza mensa, e con orari solo antimeridiani. Una autentica panacea per le mamme che lavorano, e anche per quelle che il lavoro cercano in ogni modo di trovarlo. Come si fa, in quei casi, senza le nonne?

un vero contrasto alla povertà

Vedremo. Rischia di smarrirsi, intanto, il nocciolo duro della questione. Che è fatto di due parti. La prima sta nello stretto intreccio tra carenze quantitative e qualitative dei servizi educativi per l’infanzia, difficoltà delle giovani donne a mantenere il lavoro o a cercarlo al primo e ancora di più al secondo figlio, calo precipitoso della fecondità. La seconda, ancora più importante, nel diritto dei bambini – sempre più spesso figli unici, sempre più diffusamente poveri – a crescere fin dal primo anno di vita in ambienti ricchi di giochi, stimoli e relazioni, tutelati dal punto di vista igienico e sanitario, ben nutriti e ben accuditi in spazi anche all’aperto. Si fa anche così, allargando i posti negli asili nido, il contrasto della povertà, la crescita dell’occupazione femminile (da un lato nuovo personale, dall’altro più donne in grado di lavorare e di formarsi per farlo). E poi c’è il versante specificamente educativo. Lo sanno tutti, ormai, che sono proprio i primi anni di vita quelli decisivi per acquisire una disponibilità positiva all’apprendimento, che imparare a giocare, costruire, dipingere con i coetanei in un ambiente sereno, ben attrezzato e ben guidato da adulti competenti, fa la differenza. Anche rispetto al futuro ingresso nella scuola. Anche per l’acquisizione delle capacità cognitive e relazionali che fanno la sicurezza affettiva e la consapevolezza di sé dei bambini. Lo si vede, fra l’altro, per i piccoli di origine straniera. È un disastro che 1 su 4, nell’indifferenza generale, non frequenti la scuola per l’infanzia. Significa che molti di loro, anche nati qui, arrivano in prima elementare senza aver acquisito quella familiarità con la lingua italiana che si impara dai coetanei e che è indispensabile a non subire ritardi e insuccessi fin dai primi anni di scuola. E questo vale anche per i bambini italiani, purtroppo tanti, che senza asili nido o in scuole materne a orario ridotto vivono in contesti poveri di stimoli, sballottati tra nonne e sostegni familiari improvvisati, lasciati troppo presto davanti alla televisione. Sempre più spesso anche in famiglie costrette a lesinare nell’alimentazione, nelle cure mediche, nelle attività motorie, nei consumi culturali.

educazione cultura intelligenza

Le infrastrutture che servono, in un paese come l’Italia, non sono solo l’alta velocità o i ponti. Le emergenze non sono solo i terremoti o i profughi. Ci sono anche le infrastrutture immateriali, si chiamano educazione, cultura, intelligenza. Tutti ambiti in cui negli ultimi decenni abbiamo perduto molto, e senza sufficienti capacità di recupero e di sviluppo. Senza, si direbbe, neppure la capacità di far leva, per una diffusione sull’intero territorio nazionale, sui nostri migliori modelli educativi realizzati in alcune aree del Centro-Nord e imitati in tutto il mondo per qualità organizzativa e pedagogica. Gli asili nido di Reggio Emilia, le scuole dell’infanzia di Milano e di Torino, i servizi per l’infanzia di tante città della Toscana. Quelli delle esperienze di «Nati per leggere», dell’educazione musicale, dei progetti di prima robotica, del multilinguismo, delle mattine nei teatri e nei laboratori didattici dei musei. Quelli degli «Orti a scuola» (P. Tonelli, Rocca n. 7/2016) e delle scoperte nei boschi. Suonano false, allora, le immancabili dichiarazioni della politica sulla centralità dei temi dell’infanzia. Sui bambini/futuro del Paese.

Fiorella Farinelli
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rocca 24 2016
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Grafico asili Istat

ITI Is Mirrionis-San Michele. Iniziativa del Gruppo comunale di Sel

Iti secondo Sel 30 nov 16- Domani mercoledì 30 novembre 2016. La pagina fb dell’evento.

Studiamo

Istat rapporto 2016 coverDocumentazione.
- Istat Rapporto 2016.
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SardegnaSardegna in cifre 2016
Sardegna in cifre 2016 offre un’articolata rappresentazione della realtà socioeconomica del nostro territorio nel corso degli ultimi anni. Il lavoro è concepito allo scopo di fornire uno strumento semplice e immediato per la lettura dei dati statistici più significativi.
Come nelle precedenti uscite, Sardegna in cifre è articolato in cinque argomenti (ambiente e territorio, demografia, economia, sociale e censimenti) a loro volta suddivisi in venticinque temi. Le tavole, strutturate per ultima annualità e in serie storica, permettono una lettura del dato regionale e provinciale comparato con quello nazionale. Il volume contiene un focus, che anche in questa edizione si occupa di aspetti demografici. La pubblicazione è corredata da note metodologiche che descrivono le fonti dei dati e da un glossario tematico dei termini specialistici per agevolare la lettura dei dati.
- Tra le molteplici informazioni presenti nel volume, che descrivono un’isola ancora in difficoltà, colpiscono in particolare le dinamiche demografiche, anche in relazione agli effetti sociali ed economici che queste possono produrre e che già ora è possibile osservare.
Il saldo naturale 2015 (differenza tra nati vivi e morti) è pari a -5.446, un dato peggiore rispetto agli anni precedenti che, in corrispondenza di un saldo migratorio totale di appena +298 unità, determina una contrazione della popolazione residente totale di -5.148 unità.
Di fatto i flussi migratori esterni non riescono più a compensare il calo demografico dovuto alla dinamica naturale, legata a un andamento stabilmente negativo delle nascite iniziato nel 2011, ma soprattutto a un’impennata del numero dei morti (+7%) registrata nell’ultimo anno, fenomeno quest’ultimo che ha riguardato l’intero territorio nazionale.
- Consulta i documenti:
- Sardegna in cifre 2016 [file.pdf].
- Visita la sezione Studi e ricerche.
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E’ on line Rocca 24/2016.
rocca 24 2016

Oggi martedì 29 novembre 2016

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No comitato sardoNO sardo
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Impegnati per il NO.
ARTISTI PER IL NO Oggi, martedì 29 novembre 2016, per il NO nel referendum costituzionale.
artisti per il No 29 nov 16- La pagina fb dell’evento. ****************** IO VOTO NO MICROIo voto NO.
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democraziaoggiCaro Pigliaru, ti sfido a un pubblico confronto davanti agli studenti o in TV. Vediamo se lì dirai le balle che racconti in conferenza stampa. Attendo una tua chiamata
democraziaoggiAndrea Pubusa su Democraziaoggi.
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IL NO SBANCA. Gli imprenditori della paura
Referendum. Il «Financial Times» profetizza il fallimento di otto banche in caso di sconfitta del Sì. «The Daily Telegraph» insiste sul pericolo dell’uscita dell’Italia dall’euro. Sulla stessa linea si posiziona «The Sunday Times Business». «Figaro Economie» racconta dell’inquietudine dei mercati finanziari.
Alfonso Gianni su “il manifesto”.

Università della Sardegna. Inaugurato il 396mo Anno accademico dell’Università degli Studi di Cagliari

Rettore 28 11 16Da Unica, Cagliari, 28 novembre 2016 – “La cultura è organizzazione, è disciplina del proprio io interiore, è presa di possesso della propria personalità, è conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri”. Con questa frase di Antonio Gramsci ha chiuso la sua appassionata relazione il Rettore dell’Università di Cagliari, Maria Del Zompo, che ha ufficialmente aperto nell’Aula magna di Palazzo Belgrano il 396mo Anno accademico dell’Università degli Studi di Cagliari al termine della solenne cerimonia inaugurale. Dopo gli interventi della rappresentante del personale, Elsa Lusso, e di quello degli studenti, Carlo Sanna, la lezione magistrale del prof. Romano Prodi sul tema “Una fragile Europa nella strategia globale”.
Servizio della struttura di comunicazione di Unica, coordinamento di Sergio Nuvoli. La foto di Francesco Cogotti [che ci piace intitolare: tra passato e futuro] è tratta dal servizio giornalistico sul sito di Unica.

Impegnati per il NO.

ARTISTI PER IL NO Domani, martedì 29 novembre 2016, per il NO nel referendum costituzionale.
artisti per il No 29 nov 16- La pagina fb dell’evento.

Festival L.E.I. – lettura, emozione, intelligenza.

logo LEICompagnia B presenta
Festival L.E.I. – lettura, emozione, intelligenza
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Entra nel vivo la prima edizione del Festival LEI, acronimo che sta per Lettura, Emozione, Intelligenza. In cartellone una fitta serie di incontri con scrittori, filosofi e giornalisti di grande richiamo. Appuntamenti a Cagliari, Sassari, Nuoro e Olbia

Remo Bodei, Umberto Galimberti, Diego Fusaro, Gabriele Romagnoli, Gianluca Magi, Claudia De Lillo (alias Elasti), Vivian Lamarque, Paolo Crepet, Emanuele Bompan, Ester Viola, Ermanno Bencivenga, Giacomo Mazzariol, Giorgio Todde, Gianna Mazzini, Duccio Demetrio, Maurizio Pallante, Alessandra Ballerini, Matteo Mascia. Questi gli ospiti che dal prossimo 29 novembre e fino al 14 dicembre incontreranno il pubblico della prima edizione del festival LEI, organizzato dalla Compagnia B di Alice Capitanio tra Cagliar, Sassari, Olbia e Nuoro.
Iniziato lo scorso 26 settembre il festival si è caratterizzato, nella sua prima parte di programma, per una forte impronta sociale, con un calendario ricco di appuntamenti che nelle scorse settimane hanno portato i libri e la lettura dove solitamente non sono presenti, come le carceri o i reparti di bambini ospedalizzati.

INCONTRI CON GLI AUTORI - segue -

Impegnati per il NO

la-più-bella-300x169Perché voterò NO
di Franco Meloni*

By sardegnasoprattutto/Società & Politica/

Siamo quasi coetanei. Non esattamente, come affermerebbe, sbagliando, una attuale rappresentante del Governo: io ho qualche anno in più. La prima volta che mi sono interessato ai suoi contenuti, è stato nel 1961, leggendo un libro, Storia e miti del ‘900, scritto da Armando Saitta per Laterza. Si parlava dell’articolo 7, discusso in tribunale a proposito dell’accusa di concubinaggio rivolta dal Vescovo di Prato a una coppia sposata solo (!) in Municipio.

Poi ho continuato a ritenerla sana e giusta. Potevo citarla per definire i partiti che erano fuori del cosiddetto arco, i fascisti. Poi ho dovuto riprenderla in mano quando la terribile anomalia politica del berlusconismo l’ha messa in discussione. Come persona estremamente rispettosa nei confronti della Scienza, so che nulla è indiscutibile, anzi. Ma la leggevo e la capivo e non trovavo che avesse bisogno di sostanziali modifiche.

Non era la Parola rivelata con salmi, sure e parabole ma riassumeva un traguardo di eguaglianza che mi sembra prevalga su qualunque calcolo di alchimia politicante.

Il referendum, forte strumento da usare con la giusta cautela, come insegna Brexit, mi mette in una posizione insolita: ho avuto sempre le idee chiare sulle risposte da dare, dal divorzio al nucleare. Ora sento una eccessiva confusione, e Fanfani non scherzava quando attaccava i difensori del divorzio annunciano tragedie familiari apocalittiche.

La situazione di distacco dei cittadini dalla politica dimostra per lo meno una necessità di estendere il senso civico con maggiore attenzione. Parafraso Pertini chiedendo di riempire le scuole e lasciare perdere gli F35, per esempio. Sento piangere Cicerone al pensiero che la S delle insegne del glorioso Impero Romano sarà cancellata insieme alla sigla CNEL, che molti identificano con un Ente che porta energia nel nostro disastrato Paese.

Se l’argomento non fosse serio, ma siamo pur sempre in Italia, dove il melodramma ha segnato il nostro DNA, potrei concludere dicendo che Sono Pazzi Questi Renziani, e quindi, voterò NO.

*Fisico e Narratore
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Ref iovotoNo
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Eliminare l’elettore, questa è la riforma
di Salvatore Settis

Se volete votare come persone e non come buoi leggete l’intervento di Salvatore Settis a un convegno sull’erosione delle democrazie promosso al Parlamento Europeo da Barbara Spinelli. Il Fatto Quotidiano, 25 novembre 2016 (p.d.)

Il combinato disposto fra nuova legge elettorale (Italicum) e riforma costituzionale mostra la chiara intenzione di far leva sull’astensionismo per controllare i risultati elettorali, restringendo de facto la possibilità dei cittadini di influire sulla politica. La nuova legge [che è già in vigore - n.d.r] incorre nelle stesse due ragioni di incostituzionalità del defunto Porcellum. Prevede un premio di maggioranza per la lista che superi il 40% dei voti, e ammettiamo pure che sia ragionevole. Ma se nessuna lista raggiunge questa soglia, si prevede il ballottaggio fra le due liste più votate, delle quali chi vince (sia pure per un solo voto) conquista 340 seggi (pari al 54%). Se, poniamo, le prime due liste hanno, rispettivamente, il 21 e il 20%, e al ballottaggio prevale una delle due, a essa toccheranno tutti e 340 i seggi di maggioranza. Inoltre i deputati nominati dai partiti e non scelti dagli elettori potrebbero essere fino a 387 (il 61%). Continuerà dunque l’emorragia degli elettori, sempre meno motivati a votare visto che scelgono sempre meno. Ma questa crescente disaffezione dei cittadini è ormai instrumentum regni: anziché puntare su un recupero alla democrazia rappresentativa dei cittadini che in essa hanno perso ogni fiducia, si tende a far leva sull’astensionismo per meglio pilotare i risultati elettorali.

Nella stessa direzione vanno alcuni aspetti della proposta di riforma costituzionale. Essa è assai complessa, riguardando ben 47 articoli sui 139 della Costituzione (un terzo), e perciò la sua stessa estensione (3000 parole) è di per sé una scelta poco democratica, perché rende difficilissimo al cittadino studiarne ogni aspetto, e praticamente impossibile pronunciarsi consapevolmente con un ‘sì’ o un ‘no ’ (…). Esso assume in tal modo un carattere fiduciario e plebiscitario, che espropria i cittadini della propria individuale ragion critica, e chiede loro di pronunciarsi a favore sulla base degli slogan martellati dal governo.

Una volta assicurata alla Camera dei deputati una maggioranza forte al partito di governo (con la legge elettorale), il Senato viene neutralizzato abolendone l’elettività e trasformandolo in un’assemblea di sindaci e consiglieri regionali che ne saranno membri part-time. Poco importa che gli Statuti di alcune Regioni vietino espressamente ai loro consiglieri regionali di ricoprire qualsiasi altro incarico pubblico; (…) che il nuovo Senato sia a composizione variabile (i suoi membri scadono uno per uno, via via che decadono dal loro incarico regionale o comunale); che l’intricatissimo art. 70, combinato con altri (art. 55) preveda una moltitudine di interazioni Camera-Senato che, a parere di 11 ex presidenti della Corte costituzionale, porteranno a una paralisi del processo legislativo.

Le complicazioni procedurali (presentate come “semplificazioni”), la moltiplicazione dei percorsi di approvazione delle leggi,i potenziali conflitti di competenza avranno per effetto di rendere arduo e lento il funzionamento del Parlamento, con ciò favorendo di fatto la supremazia del governo e il suo potere.

Non è stato dunque abolito il Senato, ma i suoi elettori (cioè i cittadini).Lo stesso è accaduto a livello territoriale con la cosiddetta abolizione delle Province, che di fatto sopravvivono come circoscrizioni amministrative, quanto meno con la figura del Prefetto, funzionario del governo che continua ad avere in ogni capoluogo di provincia funzioni importanti, anzi accresciute dalla legge Madia (al punto di potersi anche sostituire al parere tecnico dei Soprintendenti in materie delicate come gli illeciti paesaggistici). Anche in questo caso, non è la provincia che è stata abolita, bensì i cittadini della provincia. (…).

Con questi e altri artifizi, la nuova proposta di riforma costituzionale accresce i poteri del governo allontanando gli elettori dalla politica, diminuendo le istanze in cui i cittadini sono chiamati a esprimersi, riducendo l’autorevolezza del capo dello Stato. Temi, questi, che non risultano in alcun modo dalla scheda approntata per il quesito referendario, che riproduce il titolo, abile perché manipolatorio, della legge di riforma.

Per questo il referendum del 4 dicembre sarà un test importante e rivelatore. Ci mostrerà se sta prevalendo in Italia un’idea di politica come meccanismo chiuso e privilegiato che garantisca la governabilità limitando lo spazio della democrazia;ovvero un’idea di democrazia partecipata, dove moltiplicare e non ridurre le istanze di partecipazione attiva dei cittadini, di espressione del voto, di scelta dei candidati, incrementando e non demolendo la forma-partito con la sua democrazia interna, diffondendo informazioni corrette e non manipolate, puntando sulla coscienza critica dei cittadini e non sulla loro obbedienza.
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NO di Clara Murtas