Monthly Archives: agosto 2017

Verso il Convegno sul Lavoro. Che cos’è l’economia sociale e solidale.

Che cos’è l’economia solidale.
img_3510
L’economia solidale è basata innanzitutto sulla valorizzazione delle relazioni tra i soggetti, un’equa ripartizione delle risorse, il rispetto e la tutela dell’ambiente, il perseguimento di finalità sociali[1].

Storicamente, in Italia le esperienze di economia solidale iniziano negli anni ’80 con il commercio equo e solidale e nel campo della finanza etica [tag] con le MAG (Mutua Auto Gestione), e continuano negli anni ’90 con le attività legate al consumo critico e agli stili di vita con la nascita dei gruppi di acquisto solidale (Gas) e dei Bilanci di Giustizia.

A partire da queste esperienze e sull’esempio di reti straniere (in particolare da Francia, Spagna e Sud America), prende avvio nel 2002 il percorso per la costruzione di una rete di economia solidale, che porterà nel 2003 alla scrittura della “Carta per la Rete Italiana di Economia Solidale” (Carta RES) che identifica tre principi per l’economia solidale: cooperazione e reciprocità, valorizzazione del territorio, sostenibilità sociale ed ecologica. La “Carta RES” indica inoltre il metodo della partecipazione attiva e la strategia della costruzione di reti a partire dai territori nella proposta dei distretti di economia solidale (DES).

Questa proposta viene raccolta da diversi territori che avviano la sperimentazione, valutando nel concreto i punti di forza e le difficoltà di questa prospettiva di trasformazione sociale, le cui caratteristiche verranno riassunte nel 2011 nelle “Colonne dell’economia solidale”:

L’Economia Solidale (ES) promuove i beni comuni.
L’ES è fondata sul rispetto della “Madre Terra” e sul “benvivere” di tutti.
L’ES propone modelli collaborativi.
L’ES si basa sulle relazioni.
L’ES promuove il legame con il territorio.
L’ES incorpora il senso del limite.
L’ES si sviluppa nelle reti.
L’ES è una trasformazione sociale.
L’ES difende i diritti.
L’ES ridimensiona il ruolo del mercato.
L’esperienza italiana si sta sviluppando al pari di altre esperienze internazionali; nel 2013 le Nazioni Unite hanno avviato una “Task Force” interagenzia sull’economia sociale e solidale, che ha pubblicato nel 2014 un “position paper” in cui propone di riconoscere e valorizzare il ruolo dell’economia sociale e solidale nel raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile.

Riferimenti
[1] “Spazi per un’economia liberata”, di Riccardo Troisi e Monica Di Sisto per il dossier “Sbilanciamo le città” pubblicato da Sbilanciamoci nel 2016.

Immagini
Disegno di Mino Cerezo tratto dalla copertina della Agenda Latinoamericana Mondiale, edizione 2012, dedicata al benvolere.
————————————————————--
(…) Alcuni autori come Jean-Louis Laville (1999) definiscono l’Economia Sociale e Solidale (ESS) come «l’insieme delle attività che contribuiscono alla democratizzazione dell’economia a partire dall’impegno civile».

Oggi mercoledì 16 agosto 2017

—————————————————————————————————-
aladinlampada-micro
. Avviso ai naviganti. Considerato il periodo estivo l’aggiornamento del sito potrebbe non essere regolare. Ma il sito non chiude per ferie. Buone vacanze a tutti!

—————————————————————————————————-
democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
———————————————————————————-
eddyburgDa eddyburg
Il deserto sociale e culturale dove trionfa l’inumano
di GUIDO VIALE

In Italia e in tutto Europa è la perdita di socialità (insieme a quella di umanità) a essere il vero problema. Perciò l’Europa «va rifondata alle radici: con un nuovo “manifesto di Ventotene” che metta al centro accoglienza e solidarietà, ma soprattutto socialità. il manifesto, 15 agosto 2017, ripreso da eddyburg.
————————————-
democraziaoggiRenzo Laconi, storia ed emancipazione della Sardegna.
16 Agosto 2017

Renzo Laconi, storia ed emancipazione della Sardegna.
Gianni Fresu su Democraziaoggi.

——————————–

Pausa… ancora per poco

pausa
——————————————————-
…e non perdiamoci di vista!
Aservice Editore - Aladinpensiero News
———————————
democrazia-economica-510L’Italia e l’interesse nazionale smarrito
democraziaoggi16 Agosto 2017
Di Gianfranco Sabattini, su Democraziaoggi.
————————–

Oggi martedì 15 agosto 2017 Ferragosto

img_3506Ferragosto… Mesaustu… Feriae Augusti
15 Agosto 2017

Oggi è Ferragosto. Ecco una storia di questa festa tradizionale, tratta da www.patatu.it, ripresa da Democraziaoggi.
di Carlo Patatu

——————————
Su Il fatto quotidiano.
—————————————–
democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
—————————————————————————————————-
aladinlampada-micro
. Avviso ai naviganti. Considerato il periodo estivo l’aggiornamento del sito potrebbe non essere regolare. Ma il sito non chiude per ferie. Buone vacanze a tutti!
—————————————————————————————————-
bomeluzo-chiuso-per-ferie-2014
——————————————————————
Ferragosto su Aladinews.
—————————————————————————————-
sacra-spina-cagliari-copy-300x300—————————————————————————————
La Sacra Spina nel Duomo di Cagliari. – Approfondimenti.
————————————————————–
democraziaoggiSulla Carta pro sa Repùbblica de Sardigna del PDS
15 Agosto 2017
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
———————————

Il coraggio della partecipazione

mappamundi
logobig2.
lampadadialadmicromicro13Per la sua permanente validità, riproponiamo l’editoriale del 31 luglio u.s. L’importante è partecipare, ma consapevolmente
—————————————-
Social Innovation TIXE, maggio 23, 2017
di Marco Serra,
AboutMe.

La contemporaneità si presenta nella forma di una epoca estremamente originale, caratterizzata da una complessità inedita in continuo mutamento che pare procedere con moto accelerato continuo. Ci troviamo a vivere una persistente escalation di fenomeni sociali, economici, culturali che proiettano scenari locali e globali sempre più difficili da prevedere, comprendere e governare.

Se nell’economia preindustriale erano necessarie intere generazioni per produrre mutamenti sostanziali, ora miliardi di individui condividono la percezione di un nulla sarà mai come prima quotidiano che attinge la dimensione lavorativa, familiare, relazionale di ciascuno.

Siamo nel mezzo di un salto antropologico che come rileva il sociologo Domenico De Masi, nel suo recente testo Mappamundi, si caratterizza per un persistente senso di spaesamento diffuso ovunque nel mondo, causato dell’assenza di modelli di riferimento stabili capaci di orientare la progettazione di futuro. Tale smarrimento coinvolge evidentemente anche le Istituzioni, il mondo dell’impresa, l’associazionismo, riguarda le modalità di intendere e gestire la cosa pubblica, creare valore economico, sociale e culturale, altera lo stesso significato di concetti quali vita, morte, sessualità, pace, guerra, lavoro, verità e giustizia.

È un contesto mobile e sconosciuto che il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman chiama società liquida, in cui si realizza la decomposizione di tutte le strutture e le relazioni tradizionali. L’incertezza che ne deriva è enorme su scala globale e si infila attraverso la voce dei nuovi e vecchi media direttamente nel quotidiano delle persone nutrendone timori e paure non potendo più fornire certezze.

Lala Deheinzelin, la futurista brasiliana considerata dalla P2P Foundation una delle cento donne più influenti dell’America Latina, considera esaurito il tempo in cui potevamo ricercare soluzioni ai problemi della modernità attingendo ai futuri probabili, basando cioè le nostre scelte esclusivamente sulle categorie della tradizione, della previsione, della probabilità statistica e della ricorrenza storica. Tali elementi che hanno dominato fino a pochi decenni orsono la scena si sono fatti deboli a favore dell’inatteso, dell’irregolare e del nuovo, intanto il ciclo di vita del presente si è drammaticamente ridotto.

Dobbiamo piuttosto concentrarci sulla generazione di futuri desiderabili, quelli che sono capaci di produrre felicità per un numero maggiore di persone. Oggi la dimensione del noi ha assunto nuova centralità fecondata dal digitale consentendo ad una massa di persone distribuita, ovvero che non condivide necessariamente una territorialità, l’esercizio collettivo di un qualche potere, sotto la guida di nuova forma di intelligenza connettiva.

Contemporaneamente si assiste a livello locale al fiorire di iniziative di ogni genere sotto il segno della collaborazione e della partecipazione, si creano piccole e grandi reti urbane, rurali, stabili, occasionali e di scopo che coinvolgono ed abilitano le persone in gran parte del mondo nella definizione concreta degli scenari che li riguardano diffondendo, attraverso il web e i social esperienze, progetti, idee e visioni. È un movimento globale in crescita, contemporaneamente prodotto e antidoto di quel disorientamento delle persone causato dai processi globali sui quali non riescono ad incidere.

Attraverso questo nuovo paradigma del noi le persone si sono riappropriate della loro fisicità senza rinunciare ai vantaggi della virtualità producendo una cultura digitale positiva, animando come mai prima eventi territoriali, sessioni di co-progettazione di quartiere, meeting internazionali, conferenze tematiche, dando senso alla dimensione liquida del lavoro popolando i coworking, generando risposte alla percepita polverizzazione dei rapporti sociali ad esempio con progetti di co-living, nuove forme di condivisione degli spazi di vita.

Il tema della partecipazione civica non è una novità post moderna, è piuttosto il frutto di un percorso che unisce idealmente forme moderne di codesign civico a decenni di esperienze e riflessioni in Italia e nel mondo, che riguardano ad esempio i temi dell’inclusione e della capacitazione delle comunità locali di Danilo Dolci in Sicilia, o al pensiero del pedagogista brasiliano Paulo Freire che sosteneva la necessità di una presa di coscienza collettiva e dell’attivazione di una educazione problematizzante nelle comunità. I metodi della partecipazione si intrecciano irrimediabilmente con il pensiero sulla democrazia deliberativa, fornendo strumenti concreti per quella democratizzazione della democrazia di cui parla il sociologo e politologo britannico Anthony Giddens.

La partecipazione è una prospettiva politica basata sulla promozione di processi dialogici e dinamiche di ascolto attivo; una scelta culturale che implica un metodo basato sull’approfondimento, la riflessione e la ricerca di un consenso condiviso, sostenibile e responsabile; un tema educativo che obbliga le scuole, le università, le istituzioni centrali ad adoperarsi per lo sviluppo di competenze per l’esercizio di una cittadinanza consapevole.

I processi partecipativi sono atti coraggiosi che spesso coinvolgono parti in causa aventi interessi apparentemente contrapposti con i quali occorre costruire soluzioni sul filo sottile del bene comune.
carta-partecipazione-logo
Quali sono dunque le questioni centrali di cui è necessario tener conto nella pratica delle esperienze partecipative? La partecipazione coinvolge una comunità di persone orientate ad uno scopo che deve essere dichiarato in maniera chiara ed esplicita. I temi affrontati possono essere i più disparati: dalle scelte di carattere urbanistico che riguardano gli abitanti di un quartiere, al miglioramento delle relazioni con i cittadini che riguardano la riorganizzazione di un servizio pubblico. Qualunque sia la chiamata, le persone devono poter lavorare in un contesto cooperativo caratterizzato da relazioni eque e orizzontali in cui le competenze specialistiche sono al servizio dell’attività partecipativa e non costituiscono un motivo di esclusione dai processi deliberativi. La Carta per la Partecipazione (il manifesto aperto promosso nel 2014 dall’INU, Istituto Nazionale per l’Urbanistica) che contiene utili indicazione di ordine pratico, sancisce la necessità di fornire ai cittadini coinvolti in un processo partecipativo l’accesso e la trasparenza a conoscenze, dati e informazioni necessarie ad un’equa valutazione e l’obbligo di restituire alle comunità quanto hanno prodotto in termini di scelte, conversazioni e opinioni. La partecipazione presuppone infine l’utilizzo di una metodologia che garantisca il controllo del processo e la cristallizzazione di un risultato orientato al bene comune.

L’Italia ospita una fitta rete di soggetti grandi e piccoli intensamente impegnati giorno dopo giorno nella progettazione di futuri desiderabili. Con l’Associazione Open Hub promuoviamo dal 2013 un network di laboratori di innovazione sociale (LIS) che si concretizzano nel coinvolgimento di studenti, ricercatori e insegnanti di percorsi laboratoriali all’interno delle università e nelle scuole in Italia e all’estero con l’obiettivo di favorire uno scambio fra le esperienze presenti sui territori e l’acquisizione di competenze per l’innovazione sociale.
————-Per correlazione—————-
DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA
sasso e funeUmberto Allegretti 2-4-08-Buone brevi letture: Umberto Allegretti “Democrazia partecipativa e processi di democratizzazione”, 2009.
- Buone impegnative letture. “Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998″. Ratificata dall’Italia con Legge del 16 marzo 2001, n. 108 (Suppl. alla G.U. n.85 dell’11 aprile 2001).

Oggi lunedì 14 agosto 2017

pausa
democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
——————————————————————————————-
eddyburgCITTÀ E TERRITORIO » SOS » SARDEGNA
Il padre del Ppr: non permettiamo deroghe
di LUCA ROJCH su eddyburg.
Intervista di Luca Rojch sulle modifiche proposte alla disciplina paesaggistica del litorale della Sardegna. la Nuova Sardegna, 9 agosto 2017, con postilla, si spera, chiarificatrice
———-
URBANISTICA E PIANIFICAZIONE » LEGISLAZIONI REGIONALI » PROPOSTE E COMMENTI
Fronte ambientalista compatto, anche contro la legge sul turismo
di COSTANTINO COSSU
«Paesaggio a rischio. Soru non torna indietro, l’articolo 43 è irricevibile: in consiglio voto no». il manifesto, 11 agosto 2017, ripreso da eddyburg e da aladinews (c.m.c.).
———————————————————————————————
democraziaoggi
Gramsci, dal congresso di Lione ai Quaderni
Agosto 2017
Gramsci, dal congresso di Lione ai Quaderni: il partito e l’analisi della società italiana.
1925
Gianni Fresu su Democraziaoggi.
Convegnoo di studi
(1921- 2011) Nodi strategici, continuità e svolte nella storia del PCI
Roma, “La Sapienza”, Facoltà di lettere, 18-19 febbraio 2011.
————————————-

Oggi domenica 13 agosto 2017

democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
———————————————————————————–
pausa
———————————————-Aservice Aladinews————————
democraziaoggiRenzo Laconi, un padre nobile della Repubblica
13 Agosto 2017
Sabrina Zedde su Democraziaoggi.
Da La Nuova Sardegna 6 giugno 2011, ripreso da Democraziaoggi.
——————————————————

———-Appello di Alex Zanotelli—————–
Rilanciamo anche noi di Aladinews l’appello che il missionario Comboniano, direttore della rivista Mosaico di Pace, rivolge alla stampa italiana. «Non vi chiedo atti eroici, ma solo di tentare di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo italiano a capire i drammi che tanti popoli stanno vivendo», scrive.
alex
Padre Alex Zanotelli (Foto: centrobanchi.it)

di Alex Zanotelli*

Il dovere di restare umani

img_3489A Tripoli con i migranti respinti dall’Europa fra torture, umiliazioni e fame
Violenze dopo il salvataggio in mare, poi il trasferimento nei centri d’accoglienza: «I poliziotti ci portano via tutto. Ma ritenteremo il nostro viaggio»
img_3493
Decine di migranti fuori dal centro di Tajoura, alcuni stringono ancora il salvagente usato a bordo dei barconi

Pubblicato il 12/08/2017 alle ore 07:45
DOMENICO QUIRICO su La Stampa online
TRIPOLI
Che fine fanno quelli che rimandiamo indietro, il popolo dei barconi che le motovedette libiche «salvano» prima che entrino nel nostro mare: quelli per cui inizia il vero viaggio, che è al di fuori di se stessi? I migranti che evaporano nel nostro limbo di disattenzione, che non sono per noi più migranti, un figliol prodigo senza la casa in cui ritornare? A quale destino li consegniamo, noi che abbiamo cessato di dare?

- segue –

Migranti. Intervento di Enzo Bianchi. “…Non può bastare, infatti, il già difficilissimo inserimento degli immigrati accolti nel mondo del lavoro e una loro dignitosa sistemazione abitativa: occorrerebbe ripensare organicamente il tessuto sociale di città e campagne, la rivitalizzazione di aree depresse del nostro paese, la protezione dell’ambiente e del territorio, la salvaguardia dei diritti di cittadinanza. Questo potrebbe far sì che l’accoglienza sia realizzata non solo con generosità ma anche con intelligenza e l’integrazione avvenire senza generare squilibri”.

img_3489I MIGRANTI
E IL DOVERE DI RESTARE UMANI

di Enzo Bianchi

L’INVITO del presidente della Cei, cardinal Bassetti, ad affrontare il fenomeno dei migranti «nel rispetto della legge» e senza fornire pretesti agli scafisti è un richiamo all’assunzione di responsabilità etica ad ampio raggio nella temperie che Italia e Europa stanno attraversando. Un richiamo quanto mai opportuno perché ormai si sta profilando una “emergenza umanitaria” che non è data dalle migrazioni in quanto tali, bensì dalle modalità culturali ed etiche, prima ancora che operative con cui le si affrontano. Non è infatti “emergenza” il fenomeno dei migranti — richiedenti asilo o economici — che in questa forma risale ormai alla fine del secolo scorso e i cui numeri sia assoluti che percentuali sarebbero age- img_3489volmente gestibili da politiche degne di questo nome. E l’aggettivo “umanitario” non riguarda solo le condizioni subumane in cui vivono milioni di persone nei campi profughi del Medioriente o nei paesi stremati da conflitti foraggiati dai mercanti d’armi o da carestie ricorrenti, naturali o indotte. L’emergenza riguarda la nostra umanità: è il nostro restare umani che è in emergenza di fronte all’imbarbarimento dei costumi, dei discorsi, dei pensieri, delle azioni che sviliscono e sbeffeggiano quelli che un tempo erano considerati i valori e i principi della casa comune europea e della “millenaria civiltà cristiana”, così connaturale al nostro paese.

È un impoverimento del nostro essere umani che si è via via accentuato da quando ci si è preoccupati più del controllo e della difesa delle frontiere esterne dell’Europa che non dei sentimenti che battono nel cuore del nostro continente e dei principi che ne determinano leggi e comportamenti. È un imbarbarimento che si è aggravato quando abbiamo siglato un accordo per delegare il lavoro sporco di fermare e respingere migliaia di profughi dal Medioriente a un paese che manifestamente vìola fondamenti etici, giuridici e culturali imprescindibili per la nostra “casa comune”.

Ora noi, già “popolo di navigatori e trasmigratori”, ci stiamo rapidamente adeguando a un pensiero unico che confligge persino con la millenaria legge del mare iscritta nella coscienza umana, e arriva a configurare una sorta di “reato umanitario” o “di altruismo” in base al quale diviene naturale minare sistematicamente e indistintamente la credibilità delle Ong e perseguirne l’operato, affidare a un’inesistente autorità statale libica la gestione di ipotetici centri di raccolta dei migranti che tutti gli organismi umanitari internazionali definiscono luoghi di torture, vessazioni, violenze e abusi di ogni tipo, riconsegnare a una delle guardie costiere libiche quelle persone che erano state imbarcate da trafficanti di esseri umani con la sospetta connivenza di chi ora li riporta alla casella-prigione di partenza.

Ora questa criticità emergenziale di un’umanità mortificata ha come effetto disastroso il rendere ancor più ardua la gestione del fenomeno migratorio attraverso i parametri dell’accoglienza, dell’integrazione e della solidarietà che dovrebbero costituire lo zoccolo duro della civiltà europea e che non sono certo di facile attuazione. Come, infatti, in questo clima di caccia al “buonista” pianificare politiche che consentano non solo la gestione degli arrivi delle persone in fuga dalla guerra o dalla fame, ma soprattutto la trasformazione strutturale di questa congiuntura in opportunità di crescita e di miglioramento delle condizioni di vita per l’intero sistema paese, a cominciare dalle fasce di popolazione residente più povere? E, di conseguenza, come evitare invece che i migranti abbandonati “senza regolare permesso” alimentino il mercato del lavoro nero, degli abusi sui minori e della prostituzione?

L’esperienza di tante realtà che conosco e della mia stessa comunità, che da due anni dà accoglienza ad alcuni richiedenti asilo, mostra quanto sia difficile oggi, superata la fase di prima accoglienza e di apprendimento della lingua e dei diritti e doveri che ci accomunano, progettare e realizzare una feconda e sostenibile convivenza civile, un proficuo scambio delle risorse umane, morali e culturali di cui ogni essere umano è portatore. Non può bastare, infatti, il già difficilissimo inserimento degli immigrati accolti nel mondo del lavoro e una loro dignitosa sistemazione abitativa: occorrerebbe ripensare organicamente il tessuto sociale di città e campagne, la rivitalizzazione di aree depresse del nostro paese, la protezione dell’ambiente e del territorio, la salvaguardia dei diritti di cittadinanza. Questo potrebbe far sì che l’accoglienza sia realizzata non solo con generosità ma anche con intelligenza e l’integrazione avvenire senza generare squilibri.

Sragionare per slogan, fomentare anziché capire e governare le paure delle componenti più deboli ed esposte della società, criminalizzare indistintamente tutti gli operatori umanitari, ergere a nemico ogni straniero o chiunque pensi diversamente non è difesa dei valori della nostra civiltà, al contrario è la via più sicura per piombare nel baratro della barbarie, per infliggere alla nostra umanità danni irreversibili, per condannare il nostro paese e l’Europa a un collasso etico dal quale sarà assai difficile risollevarsi.

Anche in certi spazi cristiani, la paura dominante assottiglia le voci — tra le quali continua a spiccare per vigore quella di papa Francesco — che affrontano a viso aperto il forte vento contrario, contrastano la «dimensione del disumano che è entrata nel nostro orizzonte» e si levano a difesa dell’umanità. Purtroppo, stando “in mezzo alla gente”, ascoltandola e vedendo come si comporta, viene da dire che stiamo diventando più cattivi e la stessa politica, che dovrebbe innanzitutto far crescere una “società buona”, non solo è latitante ma sembra tentata da percorsi che assecondano la barbarie. Eppure è in gioco non solo la sopravvivenza e la dignità di milioni di persone, ma anche il bene più prezioso che ciascuno di noi e la nostra convivenza possiede: l’essere responsabili e perciò custodi del proprio fratello, della propria sorella in umanità.

Postilla di eddyburg

Quale legge deve prevalere?
La questione dei migranti del nostro secolo e dell’atteggiamento da tenere nei confronti di chi, come alcune Ong, non rifiuterebbe contatti con “trafficanti di uomini”, (cioè con quegli attori che in cambio di un prezzo, aiutano i profughi a fuggire) divide anche il mondo cattolico.
Le due posizioni alternative emergono con evidenza nei due scritti che riportiamo [vedi eddyburg] : l’uno esprime la posizione della Commissione episcopale italiana, espressa dal suo presidente Gualtiero Bassetti, l’altra quella di Enzo Bianchi, monaco laico fondatore della Comunità monastica di Bose.
Il pretesto con cui viene ammantato il dissenso è quello che si tira in ballo di solito quando gli argomenti di merito di una delle parti sono deboli: bisogna rispettare la legge. Se la legge vieta alle Ong ad avere contatti con i “trafficanti” esse sono obbligate a obbedire, quale che sia la pulsione, o il sentimento, o il principio o la convenienza che li spingerebbe a fare il contrario.
È evidente che il governo italiano abbraccia con entusiasmo il rispetto della legge che impedisce ogni accordo con i “trafficanti, e che invece parte rilevante del mondo cattolico recentemente espressa dal quotidiano della Cei, l’Avvenire, si muove sul versante opposto. È significativo che la stampa attribuisca a Marco Minniti un intervento diretto sul Vaticano per convincere le gerarchie ecclesiastiche a mettere in riga i “buonisti”
Ed è altrettanto evidente che il governo italiano si manifesta debole, impacciato, pusillanime fino alla viltà nel far comprendere all’Unione europea, della quale si spaccia per protagonista, che le migrazioni hanno la Penisola solo come il primo punto l’approdo, e che l’obiettivo e la responsabilità dei flussi migratori sono costituiti dall’insieme dell’Europa. Invece di Gentiloni e Delrio, è Enzo Bianchi a ricordare che sono «i parametri dell’accoglienza, dell’integrazione e della solidarietà che dovrebbero costituire lo zoccolo duro della civiltà europea».
L’intervento di Enzo Bianchi mette in evidenza le due verità di fondo: non si tratta di un impegno che riguardi solo l’Italia, ma l’intera Europa; né si tratta di un conflitto tra chi rispetta la legge e chi non la rispetta, ma è un conflitto tra due leggi. Deve prevalere la legge secondo la quale ogni persona umana è portatrice di eguali diritti, oppure la legge (le leggi) che valgono solo a proteggere alcuni? La risposta di Enzo Bianchi, e della parte del mondo cattolico più vicina a papa Francesco, non sembra dubbia: “il dovere”, la legge, di “restare umani” (i.b.-e.s.).
——————-
Per correlazione: su La Stampa online, ripreso da aladinews.

Oggi sabato 12 agosto 2017

—————————————————————————————————-
aladinlampada-micro
. Avviso ai naviganti. Considerato il periodo estivo l’aggiornamento del sito potrebbe non essere regolare. Ma il sito non chiude per ferie. Buone vacanze a tutti!

—————————————————————————————————-
democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
————————————————————————————-
Rileggendo le epigrafi di Calamandrei (2)
democraziaoggi loghettoIl 12 Agosto 2017 su Democraziaoggi.Grazie
Il 9 scorso abbiamo pubblicato un primo gruppo delle epigrafi di Piero Calamandrei. Ecco le successive.
————————————-
Sgombero Làbas a Bologna: quale futuro per un bene comune?
labsusGiuseppe Simone – 11 agosto 2017 su Labsus
—————-

Oggi venerdì 11 agosto 2017

—————————————————————————————————-
aladinlampada-micro
. Avviso ai naviganti. Considerato il periodo estivo l’aggiornamento del sito potrebbe non essere regolare. Ma il sito non chiude per ferie. Buone vacanze a tutti!
——————————————————————
democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
——————————————————————————————
lampada aladin micromicroGli Editoriali di Aladinews. Spazio a nuove teorie economiche
ESISTE UN PENSIERO ESTREMO IN ECONOMIA?
di Leonardo Becchetti – 28/04/2017
——————————————————————-
democraziaoggiRenzo Laconi, una vita per la Costituzione.
11 Agosto 2017
Da Democraziaoggi, Gianluca Scroccu
———————Economia Sociale & Solidale———————-
cubo-1IL CUBO DEL CAPITALE
di Alberto Castagnola, su Comune/Info.
—————————————-
VENERDÌ 11 AGOSTO 2017
Migranti. Quale legge deve prevalere?
di PAOLO RODARI
Paolo Rodari riferisce sulla”svolta” della Commissione episcopale italiana e il priore di Bose rivendica il rispetto della legge “restare umani”. la Repubblica, 11 agosto 2017, con postilla (i.b.-e.s.) di eddyburg.
———————-

LavoroSardegnaCheFare?

lampadadialadmicromicroRiproponiamo il breve saggio di Fernando Codonesu (apparso su Aladinews del 5 aprile 2017 ) che costituisce uno dei documenti preparatori del Convegno sul Lavoro promosso dal Comitato d’Iniziativa Sociale Costituzionale Statutaria che si terrà a Cagliari nei gionri 4 e 5 ottobre 2017.
—————————
robot
Una tassa sui robot?
Dalla meccanizzazione alla cibernetica, dai mainframe all’informatica distribuita e alle reti, dal silicio alle reti neurali e ai computer quantici, dall’intelligenza artificiale alla robotica nel tempo di internet degli oggetti.
di Fernando Codonesu*
I
La proposta alquanto bizzarra di mettere una tassa sui robot in quanto causa di espulsione di migliaia di lavoratori dai processi produttivi formulata recentemente da Bill Gates, proprietario di Microsoft e ancora uomo più ricco del mondo anche nel 2016 secondo le rilevazioni di Forbes, ha suscitato un ampio dibattito a diverse latitudini del mondo, non solo tra gli addetti ai lavori.
Eppure, nonostante arrivi da una personalità di così grande rilevanza per il ruolo avuto negli ultimi 40 anni di storia dello sviluppo tecnologico, produttivo e socio economico dell’intero pianeta, alla luce proprio della storia e di una lettura attenta dei diversi fatti accaduti prima nella ricerca e quindi nella scienza applicata e nella tecnologia, non si può che ritenere tale proposta del tutto sballata e fuori luogo: poco più di una boutade!
La controprova è perfino banale: quanti lavoratori sono stati espulsi dall’agricoltura a seguito della sua meccanizzazione? Al riguardo a qualcuno è mai venuto in mente di tassare i trattori che non solo hanno eliminato buoi e cavalli dai lavori agricoli, ma anche milioni di contadini e braccianti dal lavoro della terra?
Lorenzo Pinna, nel suo libro Uomini e macchine pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2014, ci ricorda che solo nell’Inghilterra a metà dell’Ottocento vi erano 3,5 milioni di cavalli da lavoro, ridotti a poco più di un milione agli inizi del Novecento per ridursi nel periodo post prima guerra mondiale ad appena 30.000.
I cavalli, e i buoi ad altre latitudini, sono stati sostituiti dalle macchine semplicemente perché dallo stesso terreno era possibile ottenere maggiori raccolti lavorando di meno e a costi molto più bassi.
Il noto economista Wassily Leontief parlando di quel tempo in uno scritto del 1983 ci ricorda “Siamo all’inizio di un processo che porterà in trenta-quarant’anni molte persone a rimanere senza lavoro, creando gravi problemi di disoccupazione” (1).
Ma torniamo per un momento alle trasformazioni occorse nell’organizzazione del lavoro agricolo negli Stati Uniti nel periodo 1860-1960, quando la popolazione occupata nelle campagne passò da oltre il 50% a meno del 2%. La tabella seguente, tratta dall’opera di Pinna già citata, esemplifica meglio di qualunque descrizione la manodopera necessaria per la produzione di grano negli USA negli anni venti del Novecento in funzione della varie tecniche agricole.
——————————————————————————-
Tecnica di produzione agricola e Lavoratori necessari
Zappa 6.000.000
Aratro trainato da buoi 1.000.000
Aratro tecnicamente avanzato del 1855 500.000
Aratro a dischi trainato dal trattore, 1920 4.000
——————————————————————————–
Numeri terribili, come possiamo notare, ma nessuno ha contestato questo trend di sviluppo per ritornare indietro nel tempo!
Certo conosciamo ciò che successe in Inghilterra nel periodo dell’introduzione del telaio Jacquard nel settore tessile, con l’ostilità che ne seguì fino a sfociare in un vero e proprio movimento di opposizione e sabotaggio noto come Luddismo, dal nome del suo principale esponente (2). Ma quelli erano altri tempi e, comunque, niente a che vedere con la statura imprenditoriale e qualità dell’intervento nell’innovazione ricoperta da Gates prima con il sistema operativo MS/DOS che equipaggiava il primo personal computer IBM del 1981 e successivamente con il sistema Windows.
Oggi i sistemi Windows nel mondo rappresentano oltre il 90% del mercato, il sistema MAC OS di Apple rappresenta appena il 7% e il sistema Linux è utilizzato nell’1,5% dei computer e server di rete. Insomma la gigantesca ricchezza personale di Gates, ben 70 miliardi di euro nel 2016 secondo Forbes, deriva da queste quote di mercato: come mai non ha proposto una tassa su ogni computer Windows diffuso nel mondo e si è lanciato contro i robot?
Semplicemente perché non è la sua Microsoft a costruirli!
Per comprendere appieno la rivoluzione in atto provocata dall’informatica, dall’elettronica e dalla robotica nei processi produttivi, vale la pena ricordare per sommi capi alcune pietre miliari della produzione scientifica e tecnologica che ci ha permesso di arrivare al livello sperimentato e conosciuto dell’attuale sviluppo tecnologico per comprendere quali siano state e dove potranno arrivare nel giro di due o tre decenni le influenze indotte nell’organizzazione del lavoro dalla tecnologia ICT (Information and Communication Technology) e indicare qualche possibile proposta al riguardo.
Limitandoci all’immediato dopoguerra si ricorda che con la costruzione del primo transistor alla fine del 1947 presso i laboratori della Bell, da parte del gruppo composto da Shockley, Bardeen e Brattain, che per questo risultato guadagneranno il premio Nobel nel 1956, non solo viene rivoluzionata la telefonia, ma tutta l’elettronica. L’industria nascente dell’informatica riprogetta e ricostruisce i grandi computer del tempo, i cosiddetti mainframe, a partire dall’ENIAC costruito nel 1946, un gigante elettronico che occupava uno stanzone di 150 mq, costituito da 18.000 valvole termoioniche, decine di migliaia di componenti come resistenze, condensatori e induttori, con una dotazione di cavi che arrivavano fino al soffitto. Grazie al transistor vengono sostituite le ingombranti valvole termoioniche, riducendo drasticamente le dimensioni di tutti gli apparati elettronici e migliorando vertiginosamente tutte le prestazioni di calcolo. In effetti l’ENIAC fu messo in crisi anche dal genio di John von Newmann, grande matematico di quel periodo e scienziato noto in tutto il mondo. In effetti egli osservò che il punto debole dell’ENIAC era che risultava privo di uno “schema logico universale”. Infatti esso doveva essere ricablato mediante nuovi e diversi contatti dei cavi di collegamento a seconda delle prestazioni di calcolo richieste, mentre con i suoi suggerimenti si arrivò subito all’individuazione della memoria come luogo dove scrivere le istruzioni di funzionamento. Da qui ci fu la nascita dell’attuale modello dei calcolatori e lo sviluppo dei linguaggi di programmazione, così come li conosciamo ancora oggi, ma su questo si tornerà ancora negli interventi che seguono.

——————————————

1. Wassily Leontief e Faye Duchin, The Impacts of Automation on Employment, 1963-2000. New York University, New York, 1983.
2. Dal nome dell’operaio Ned Ludd che nel 1779 avrebbe sabotato un telaio.
—————————————————————————–
II
La realtà che vediamo oggi, caratterizzata da un uso sistematico delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni in ogni ambito della vita economica e sociale, con i riflessi ampiamente osservabili nell’organizzazione del lavoro che conduce milioni di persone al di fuori dei processi produttivi, solo in parte rimpiazzati dai nuovi lavori creati dalle medesime tecnologie e dai nuovi bisogni indotti, era stata ampiamente prevista fin dai primi anni ’60 del secolo scorso, quando erano già evidenti alcuni passaggi epocali giunti in questi ultimi anni pienamente a compimento.
Ci si riferisce qui ad un documento di gruppo di lavoro creato dall’Amministrazione americana di J.F. Kennedy noto come “Ad Hoc Committee” che aveva il compito di valutare gli effetti delle tre rivoluzioni allora in atto, nell’ordine: la rivoluzione cibernetica, la rivoluzione degli armamenti atomici e quella dei diritti umani.
A proposito della rivoluzione cibernetica, i firmatari del documento presentato nel 1964 al presidente Lyndon Johnson, subentrato a Kennedy a seguito del suo omicidio a Dallas, coscienti che la ricchezza creata dal lavoro delle macchine è ricchezza alla pari di quella generata dal lavoro umano, suggerivano all’Amministrazione statunitense alcune azioni da compiere nel periodo transitorio per evitare gli effetti più tragici rilevabili nel corso del tempo. Tra le varie azioni suggerite per incrementare l’occupazione se ne riportano alcune perché le ritengo più attuali che mai: una sorta di “reddito di cittadinanza” (1) per tutti coloro che erano rimasti o avrebbero potuto rimanere fuori dai cicli di produzione per poter beneficiare del benessere creato dalle macchine; un grande intervento nel settore educativo per colmare lo svantaggio di competenze delle persone che non conoscevano il funzionamento dei computer; un piano di opere pubbliche finalizzato alla realizzazione di infrastrutture; un grande programma di edilizia popolare per i meno abbienti; lo sviluppo e finanziamento di efficienti sistemi di mobilità urbana a causa dei fenomeni di inurbamento; una revisione del sistema fiscale con un prelievo progressivo in base al reddito per poter finanziare i bisogni dei più disagiati, ecc.
Sembra un programma di stampo socialista, ma quelli non erano socialisti, erano scienziati (1b), giornalisti, scrittori, imprenditori, ecc., rappresentativi della società americana del tempo.
Ma torniamo ai progressi dei dispositivi elettronici e dei loro settori applicativi a partire dall’industria dei computer. Ben presto dai transistor si ottennero varie famiglie di porte logiche con i primi circuiti integrati e da qui si passò rapidamente dalla logica cablata alla logica programmata.
Infatti dal gruppo guidato da Shockley verso la fine degli anni ’50 si staccò un gruppo costituito da 8 ingegneri che costruirono il primo circuito integrato e fondarono la Fairchild Semiconductors, un’impresa notevole in quegli anni che ebbe anche il ruolo di incubatore per altre imprese come la Intel fondata nel 1968 da Gordon Moore.
Si osserva in questa sede che uno dei fisici protagonisti dello sviluppo della microelettronica e dell’informatica è stato Federico Faggin (2), giovane fisico padovano che emigrò negli USA e fece parte di un gruppo della Intel diretto da Ted Hoff che costruì il primo microprocessore nel 1971, il 4004, un chip programmabile in un’unica piastrina di silicio che faceva tutte le operazioni di un computer.
Tra i tanti da ricordare, qui si fa cenno ad alcune figure di primo piano, vere e proprie pietre miliari dello sviluppo del settore/settori di cui ci occupiamo in questi interventi, come Norbert Wiener che nel 1948 pubblica Cybernetics presso la MIT press, Claude Shannon che nello stesso anno pubblica A Mathematical Theory of Communication, John von Neumann e il suo The Computer and the Brain e successivamente John R. Pierce con il suo Signals, Symbols and Noise, Harper Modern Science Series, 1961, che sistematizza la ormai matura teoria dell’informazione. Si tratta di protagonisti che nel giro di poco tempo, con le loro opere, hanno sviluppato la cibernetica, la scienza dell’informazione e quindi l’informatica e l’ingegneria dell’informazione, con le variegate articolazioni degli studi nelle università ed enti di ricerca di tutto il mondo.
Con i fondamenti della cibernetica mirabilmente proposti da Wiener si sono poste le basi per la comunicazione uomo-macchina a partire dal paradigma della retroazione negativa come regola aurea nello studio della stabilità dei sistemi nel dominio del tempo e della frequenza, diffusi in poco tempo in ogni campo del sapere. Con Shannon si hanno le basi per la trasformazione in digitale di ogni tipo di funzione e in ultimo con la teoria dell’informazione si è compreso ancora meglio il concetto di entropia, si sono aperte le porte ad altri strumenti di comprensione della teoria delle comunicazioni, teoria dei sistemi, dei controlli automatici, della fisica, ancora della cibernetica, dell’arte, della musica, ecc.
In appena un decennio o poco più si è capito che ogni fenomeno, parte del mondo reale o del tutto (inteso come dominio conosciuto in cui agiscono diverse entità reali) è informazione e può essere studiato, modellizzato e gestito in termini di informazione, simboli e numeri. In quanto tale può essere manipolata e gestita da una macchina, un automa derivante dalle macchine regolari (3), un computer, un robot.
Dal 1971 i progressi furono continui e strabilianti al punto che si cita spesso un’osservazione sul trend di sviluppo dell’industria elettronica e dei computer nota come “legge di Moore” per cui ogni anno poteva essere sviluppato un microprocessore con una potenza di calcolo doppia e un costo di produzione pari alla metà del precedente: nessun settore produttivo ha conosciuto uno sviluppo di tale portata. In effetti la cosiddetta legge di Moore consente ampie verifiche in un arco di tempo che va dal 1970 al 2015 in diversi ambiti valutativi del settore, come il costo degli hard disk in termini di gigabyte per dollaro, la capacità di download dai server centrali in Kilobytes al secondo, l’efficienza energetica dei supercomputer espressa in FLOPS4 su watt e ancora in termini di velocità dei supercomputer espressa in numero di FLOPS (4), ad oggi pari a circa un milione di miliardi di operazioni in virgola mobile per secondo.
————–
Note
(1) “… We urge, therefore, that society, through its appropriate legal and governmental institutions, undertake an unqualified commitment to provide every individual and every family with an adequate income as a matter of right. … We regard it as the only policy by which the quarter of the nation now dispossessed and soon-to-be dispossessed by lack of employment can be brought within the abundant society. The unqualified right to an income would take the place of the patchwork of welfare measures – from unemployment insurance to relief – designed to ensure that no citizen or resident of the United States actually starves.”.
La primogenitura di tale proposta, come si vede, non appartiene a nessuna delle forze politiche oggi in campo in Italia.
(1b) Tra i firmatari c’erano i premi Nobel Linus Pauling e Gunnar Myrdal.
(2) In Italia pochi sanno chi sia.
(3) Le macchine regolari sono strette parenti delle grammatiche generative di Noam Chomsky.
(4) Floating Point Operations per Second (Operazioni in Virgola Mobile per Secondo).
——————————————————-
III
A proposito dei supercomputer si ricorda in questo contesto che Big Blue, uno dei supercomputer di IBM, già nel 1996 sconfisse l’allora campione mondiale degli scacchi Garry Kasparov, ma appena 40 anni prima, negli anni ’50, si riteneva impossibile che un computer potesse giocare a scacchi!
Un altro supercomputer di cui si è parlato nei giorni scorsi, Watson1, è destinato gestire i dati sanitari di tutta la popolazione italiana stando ad un memorandum di intesa firmato il 31 marzo tra il Governo italiano e l’IBM (ahinoi, che follia dare i nostri dati all’IBM e a qualunque azienda privata!).
I computer governano tutti i processi produttivi e i servizi di cui facciamo uso a tutte le ore del giorno e della notte. I sistemi di produzione, trasporto e distribuzione dell’energia elettrica devono lavorare in sincrono, nel senso che si deve produrre esattamente l’energia che viene richiesta dall’utenza in un determinato tempo, con una differenza tollerabile di appena qualche millisecondo. I satelliti in orbita geostazionaria osservano la terra, i radiotelescopi da terra e telescopi come Hubble ci permettono di guardare l’universo verso lo spazio infinito e verso i primi istanti del big bang, le reti di telecomunicazioni e la rete delle reti, il web che conosciamo, ci permettono di essere costantemente connessi tra noi e gli altri. La sanità è governata dai computer e gli interventi più complicati in sala operatoria vedono sempre di più la presenza del robot come elemento indispensabile.
Quando ci muoviamo in treno, in aereo, in nave, in auto, insomma dappertutto usiamo i computer e non possiamo più farne a meno.
I Big data, con tutte le loro implicazioni, le previsioni del tempo, lo studio dei cambiamenti climatici, le sonde spaziali che, governate da terra e mediante i computer di bordo, vanno al di fuori del sistema solare, le transazioni finanziarie iperveloci che gestiscono circa il 70% dei flussi finanziari in tutte le borse del mondo senza l’intervento di operatori umani, macchine che si autoguidano già sperimentate che diventeranno realtà diffusa in meno di un decennio, non solo in ambito urbano: questo è lo scenario presente in cui viviamo grazie ai computer e alla robotica.
C’è qualcuno che pensa di tornare indietro o piuttosto ci dobbiamo preoccupare di governare i processi tecnologici che abbiamo innescato e portato a regime in questi decenni?
Alcuni riferimenti citati nel libro “The second machine age” di Brynjolfsson and McAfee, edito da Norton e Company, Inc, New York, 2014, valgono più di qualunque digressione. Da quando la fotografia è stata inventata nel 1838, si stima che siano state stampate 3.500 miliardi di foto analogiche che hanno raggiunto il picco nel 2000. Nel 2014 si contavano oltre 2,5 miliardi di macchine fotografiche digitali con il risultato che ogni due minuti si produceva un numero di foto pari a quello che veniva stampato in tutto il Novecento. E’ chiaro che tutto il mondo della produzione e distribuzione legato alla fotografia è stato spazzato via in un periodo di appena un decennio. Si pensi al riguardo che un gruppo di appena 15 persone di Instagram ha creato una semplice app utilizzata da oltre 300 milioni di utenti per condividere oltre 20 miliardi di foto. Nel 2012, quando Facebook raggiunse un miliardo di utenti contava appena 4.600 dipendenti con circa un migliaio di ingegneri. Si osserva ancora che la Kodak fondata nel 1880, leader incontrastato in tutto il Novecento nella produzione e distribuzione dei dispositivi e macchine fotografiche, impiegava circa 145.000 dipendenti e indirettamente nel mondo dava lavoro a circa altre 300.000 persone tra fornitori e occupati nelle catene di distribuzione al cliente finale. Oggi si può solo prendere atto che quel mondo è totalmente cambiato: semplicemente non c’è più!
Per i due autori citati, la via obbligata da percorrere è l’investimento nella formazione, compresa quella da dedicare alla formazione continua di tutte le popolazioni per non aumentare quello che oggi chiamiamo “gap digitale” tra generazioni, nord-sud, ecc. Insomma la formazione oltre che come obiettivo è essa stessa fonte di occupazione (così come riportato nel citato documento dell’Ad Hoc Commitee nel 1964).
Si osserva che analoghi esempi si possono fare in altri innumerevoli settori, a partire dal settore classico dell’industria manifatturiera alla musica, ai media, alla finanza, all’editoria e alle vendite al dettaglio.
Di pari passo è cambiato il lavoro negli uffici, specialmente quando nei primi anni ’80 comparvero a corredo del PC IBM i software dedicati alla produttività individuale, come la suite Office composta inizialmente da tre elementi: word processor, foglio elettronico e data base, ai quali successivamente sono stati aggiunti i programmi di grafica e quelli per le presentazioni.
Quanti posti per dattilografi e contabili sono spariti?

Note
1. Il nome deriva dal fondatore dell’IBM Thomas J. Watson
—————————————————————–
IV
I tempi sono maturi per riconoscere che solo con la collaborazione uomo-macchina si può progettare un futuro vivibile e sostenibile per gli esseri umani su questo pianeta.
Va riconosciuto che grazie ai computer sempre più sofisticati e potenti, alle reti, ai robot e alla loro massiccia utilizzazione in ogni settore produttivo è stato creato maggior valore con meno lavoro. Ma qui sta anche il rovescio della medaglia. Proviamo ad analizzare la situazione da due angoli visuale del tutto diversi.
Quando si confronta un lavoratore con una macchina il confronto è impari perché dal punto di vista economico, in tale confronto, perde sempre il lavoratore, mai la macchina. Un esempio può essere illuminante. Se il lavoro prodotto da un operaio in un’ora (si pensi al classico caso di un tornitore) può essere svolto da un tornio a controllo numerico programmato e gestito in remoto magari non da un tecnico umano, ma da un altro computer che funge da “capo”, e lo stesso lavoro viene prodotto con un costo di appena un euro, se si dà retta solo all’economia o peggio ad un semplice calcolo ragionieristico, se ne deduce che la paga oraria del nostro tornitore dovrà essere immediatamente allineata al costo del prodotto della macchina.
D’altronde vale anche la considerazione che nel libero mercato (quello ideale dove esisterebbe la libera concorrenza di beni e servizi) o il lavoratore accetta la paga oraria della macchina, cioè un euro, altrimenti deve trovarsi un’altra occupazione. Di contro, vale anche il ragionamento secondo cui se una persona riesce a trovare/creare qualche nuova applicazione che interessa almeno un milione di clienti che usano le tecnologie digitali, allora può guadagnare un milione di volte quanto guadagnerebbe nel caso di un rapporto produttore/cliente uno a uno. Naturalmente l’esperienza ci dice che le cose non vanno simultaneamente in questo modo. Ciò che si può sicuramente dire è che lo sviluppo della tecnologia, con particolare enfasi su quelle digitali, sta riallocando la ricchezza, i guadagni e il benessere come non mai, purtroppo con un evidente ulteriore aumento delle diseguaglianze economiche e sociali. La ricchezza è sempre più concentrata nelle mani di poche persone e il numero di questi super ricchi tende a ridursi all’aumentare delle ricchezze possedute. Negli ultimi trent’anni, aziende come Microsoft, Apple, Amazon, Google, Facebook, Alibaba, (e i loro proprietari/azionisti) hanno totalmente cambiato la concentrazione della ricchezza che un tempo era in capo alle aziende del manifatturiero, dell’oil and gas, dell’automotive, dell’avionica, della nautica, dell’industria militare ecc., ecc.
Con l’ulteriore elemento di cambiamento/innovazione dovuto alla modificazione sostanziale di tutti i processi produttivi degli altri settori di interesse economico e sociale: le tecnologie digitali sono pervasive e invasive!
Si è passati dall’automazione dei primi processi produttivi (per esempio la verniciatura delle auto) all’uso dell’informatica distribuita, alla creazione di sofisticate reti aziendali, all’uso massiccio della robotica a partire da un settore come la costruzione delle auto fino alla totale automazione dei grandi magazzini della vendita on line. Al riguardo, quando facciamo un acquisto su internet solo qualche passo della procedura vede un controllo umano, quasi tutto è svolto in maniera automatica fino all’individuazione nel magazzino del prodotto desiderato, alla sua scelta, lo scarico dallo scaffale e il suo posizionamento su un nastro trasportatore, il confezionamento e la spedizione. Tutto o quasi è gestito e controllato dalle macchine: tutto può essere gestito dalle macchine, tutto sarà gestito dalle macchine.
Per tornare all’intelligenza artificiale, bisogna riconoscere che già Marvin Minky (1) era dell’avviso che la robotica potesse sostituire l’uomo in tutti i lavori e in tutti i processi ingegnerizzabili, ovvero in cui i diversi passi del processo fossero rappresentabili con simboli, numeri e/o loro combinazioni con sequenze temporali definibili.
I robot odierni più avanzati hanno sensori che simulano il funzionamento degli organi motori e sensoriali periferici degli esseri umani, ancorché non così sofisticati (per ora): si muovono in spazi determinati, vedono con speciali telecamere, comandano il movimento di braccia e/o gambe alla stregua di un essere umano. Al momento la memoria e l’intelligenza sono ancora prevalentemente interni ai microprocessori tradizionali, quelli al silicio, per intenderci. Le nuove tecnologie robotiche, però, stanno già lavorando a prototipi con potenze di due o tre ordini di grandezza più alte, con ulteriori prestazioni grazie a nuovi materiali, tecnologie hardware, nanotecnologie, reti neurali e nuovi paradigmi alla base dei software, come la logica fuzzy (che supera la logica binaria attualmente utilizzata).
Insomma stiamo vivendo in un periodo di grandi cambiamenti e sconvolgimenti con ripercussioni planetarie, ma con le contraddizioni di sempre. Accanto alle aziende più tecnologiche del nostro tempo come, per citarne qualcuna, Google, Apple, Microsoft, Facebook, due miliardi di persone non hanno accesso all’acqua corrente e all’energia elettrica.
Da almeno un decennio siamo all’interno di una spirale terribile, al punto che il problema rischia di diventare drammatico dal punto di vista economico sociale, se non si interviene in tempi rapidi e con adeguate politiche.
Le macchine sono state introdotte nella produzione a partire dall’esigenza di diminuire i costi di produzione. Si è constatato, e questo è incontrovertibile, che le macchine liberano l’uomo dal lavoro ripetitivo e noioso e potrebbero nel volgere di pochi decenni liberarlo del tutto dalla gran parte del lavoro. Il problema a questo punto per l’uomo è cosa fare e come utilizzare il tempo liberato.
In questo processo si sono persi e si perderanno decine di milioni di posti di lavoro. Si calcola che entro 40 anni almeno il 60% dei lavori che facciamo oggi non ci saranno più, ma questo non ci dovrebbe spaventare.
Come si può intervenire da un punto di vista politico per uscire vincenti da questa spirale che sembra avviluppare tutta la società umana?
A me pare che si possa e si debbano percorrere le vie già indicate in precedenza con un programma che preveda come assi principali due strade possibili, con la definizione di piani, individuando risorse, indicando alcune fasi temporali e preparando già le opportune norme legislative con validità nazionale e sovranazionale.
La prima riguarda il fatto che dobbiamo costruire una società in cui la stragrande maggioranza delle persone in età lavorativa continui ad essere occupata. Se si è in grado di produrre la stessa ricchezza nell’unità di tempo con meno lavoratori, la soluzione è quella di diminuire il tempo di lavoro per tutti, aumentando la quantità di tempo libero e tempo liberato dal lavoro che gli individui potranno dedicare a se stessi, ai loro interessi culturali e materiali, alle loro relazioni affettive.
Una parte, e questa dovrà essere la più piccola possibile, sarà comunque fuori dai processi produttivi. Per queste persone va pensato un reddito sociale (cittadinanza, inclusione, di lavoro virtuale, di consumo, chiamiamolo come vogliamo) come già suggerito mezzo secolo fa in modo da garantire anche a loro un ruolo utile all’interno della società.
Il finanziamento di tale reddito, da operare con politiche necessariamente sovranazionali e possibilmente su scala planetaria, dovrà avvenire necessariamente mediante mirate politiche di redistribuzione della ricchezza, proprio perché la ricchezza è, e sarà sempre di più, generata principalmente dalle macchine.
———-
1. Docente al MIT di Boston scomparso di recente, universalmente riconosciuto come la più alta autorità nel campo dell’IA. Molto noto è il suo libro “The Society of Mind”, 1985, pubblicato in Italia da Adelphi con il titolo La società della mente, 1989.
—————————————–
* lampadadialadmicromicro13Con l’articolo sopra pubblicato proseguono le analisi e le proposte che Fernando Codonesu consegna al DIBATTITO sulla grande e impegnativa tematica del SardegnaCheFare?. Il primo contributo è pubblicato su Aladinews del 24 u.s; il secondo su Aladinews del 26 febbraio.
Gli articoli per un accordo tra Editori e Autore vengono pubblicati – in contemporanea o in date diverse – su Aladinews e su Democraziaoggi
.
—————————————–
pausa

Oggi 10 agosto San Lorenzo

San Lorenzo
di Giovanni Pascoli

San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de’ suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh!, d’un pianto di stelle lo innondi
quest’atomo opaco del Male!
——————–
san lorenzo bomeluzo

Oggi giovedì 10 agosto 2017

—————————————————————————————————-
aladinlampada-micro
. Avviso ai naviganti. Considerato il periodo estivo l’aggiornamento del sito potrebbe non essere regolare. Ma il sito non chiude per ferie. Buone vacanze a tutti!
———————————————————–
democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
————————————————————————————-
labas-logoriaprire-labas. Che futuro per Bologna?
di ALINA DAMBROSIO CLEMENTELLI
Su eddyburg.
Riflessioni sul quadro politico e culturale nel quale si pone l’episodio degli sgomberi forzosi di due centri di vita sociale. La lezione è chiara: rigenerazione urbana significa arrendersi al mercato e alle sue logiche oppure essere picchiati dalla polizia. Una corrispondenza per eddyburg, 8 agosto 2017.
——————————–
Scontri allo sgombero del centro sociale e Bologna si spacca
di GIOVANNI EGIDIO
«Manganellate contro gli attivisti del Làbas, apprezzato anche dalla sinistra istituzionale. Proteste dall’Arci alla Cgil». E una domanda al sindaco: chi comanda a Bologna? la Repubblica, 9 agosto 2017, con postilla di eddyburg.
——————-
Lo Stato asociale
di Massimo Gramellini su Corriere.it
Epiche, a modo loro, le immagini della signora bolognese che parla a una falange di poliziotti in tenuta antisommossa durante lo sgombero di un centro sociale. La signora è una piccola commerciante, che né nell’abito (pulito) né nel linguaggio (chiaro) tradisce parentele con i radical chic o con i ragazzi del centro, che continuano a esprimersi nello stesso italiano sociologico e indecifrabile dei padri sessantottini.
La donna si rivolge con rispetto, quasi con dolcezza, alla parete di poliziotti mascherati dietro scudi e visiere. E sciorina loro un breve trattato di buonsenso metropolitano. La città, dice, brulica di aree in cui imperano lo spaccio e il degrado: perché, invece di andare là, siete venuti qui a cacciare chi ha trasformato un rudere in un punto di incontro del quartiere, con il doposcuola per i bambini, il dormitorio per i senzatetto, le lezioni di italiano per i migranti, la pizzeria biologica e il mercatino? Oltre la signora, molti altri residenti sono scesi in strada e tra loro si contavano più pensionati che bolscevichi. Del centro sociale non difendevano le idee, che probabilmente ignorano, ma il ruolo. E si chiedevano se fosse davvero indispensabile cominciare la bonifica dei mali del mondo proprio da chi, occupando un luogo abbandonato, aveva costruito qualcosa di cui lo Stato non si occupa più. Una comunità.
La proprietà privata va fatta rispettare persino quando i suoi detentori la lasciano andare in malora. Però gli abitanti del quartiere che sostengono il centro sociale «buono» ci ricordano come le priorità delle istituzioni hanno smesso da tempo di corrispondere a quelle dei cittadini
.
———————–
Tommaso Cingolani: «Con il Làbas hanno voluto sgomberare un’idea»
Su Left
——————————————————————————–
Processate Gramsci!
democraziaoggi10 Agosto 2017
Anteojos y carta de Gramsci
Di Gianni Fresu, su Democraziaoggi.

——————————————————————————–
lampadadialadmicromicroAmarcord. Su Aladinews il 10 agosto 2014

Oggi mercoledì 9 agosto 2017

democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
————————————————————————————
democraziaoggiRileggendo oggi le epigrafi di Calamandrei
9 Agosto 2017
Su Democraziaoggi.
—————————