Monthly Archives: giugno 2022

Oggi giovedì 30 giugno 2022

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Oggi a Cagliari Assemblea pubblica del Comitato NO ARMI-Trattativa subito con Angelo D’Orsi. Partecipate!
30 Giugno 2022 Su Democraziaoggi
Nell’occasione pubblichiamo la libera trascrizione effettuata da Gianna Lai di una lezione del prof. Angelo D’Orsi dell’Università di Torino dal titolo “Potere Libertà Informazione”, tenuta il 29 aprile scorso, nel Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Cagliari, in collaborazione con l’Anpi.
Ieri, fra l’altro, si è svolta l’udienza preliminare contro i dirigenti della RWM […]
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Ostinatamente per la Pace

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Dichiarazione di Vienna e Piano d’azione: panoramica

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Il seguente documento informativo fornisce una panoramica della Dichiarazione di Vienna e delle azioni chiave concordate nella prima riunione degli Stati parte del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, nel Piano d’azione di Vienna, adottato il 23 giugno 2022.

La Dichiarazione di Vienna

Gli Stati parte hanno espresso il loro allarme e sgomento per le minacce di usare armi nucleari e hanno condannato inequivocabilmente “ogni e qualsiasi minaccia nucleare, sia essa esplicita o implicita e indipendentemente dalle circostanze”.
Affermando che il TPAN è più che mai necessario in queste circostanze, gli Stati parte hanno deciso di “procedere con la sua attuazione, con l’obiettivo di stigmatizzare e delegittimare ulteriormente le armi nucleari e di costruire costantemente una solida norma globale perentoria contro di esse”.
La Dichiarazione ha ribadito la base umanitaria del Trattato e gli imperativi morali, etici e di sicurezza che hanno ispirato e motivato la sua creazione e che ora guidano la sua attuazione.
Gli Stati parte hanno deciso di procedere con l’attuazione di tutti gli aspetti del Trattato, compresi gli obblighi positivi volti a rimediare ai danni causati dall’uso e dai test delle armi nucleari.
Hanno inoltre riaffermato la complementarità del trattato con il regime internazionale di disarmo e non proliferazione, compreso il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), e si sono impegnati a continuare a sostenere il TNP e tutte le misure che possono contribuire efficacemente al disarmo nucleare.
La Dichiarazione concludeva che “di fronte ai rischi catastrofici posti dalle armi nucleari e nell’interesse della stessa sopravvivenza dell’umanità… Non ci fermeremo finché l’ultimo Stato non avrà aderito al Trattato, l’ultima testata non sarà stata smantellata e distrutta e le armi nucleari non saranno state totalmente eliminate dalla Terra”.
Far aderire altri Paesi al TPAN

Universalizzazione, (Articolo 12), Azioni 1-14

Gli Stati si impegnano a rendere l’universalizzazione una priorità, anche attraverso:

Conducendo visite diplomatiche di sensibilizzazione con altri Paesi che non hanno ancora aderito (Azione 3);
Nominando un rappresentante governativo (punto di contatto) responsabile di questo lavoro entro 60 giorni (Azione 6);
Evidenziare l’importanza del TPAN nelle dichiarazioni alle Nazioni Unite e convincere un maggior numero di Paesi ad aderire alle risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a sostegno del Trattato (Azioni 8 e 9).
Coordinarsi con tutti i partner interessati, compreso ICAN (Azione 13).
Eliminazione delle armi nucleari

Verso l’eliminazione delle armi nucleari (Articolo 4), Azioni 15-18

Gli Stati hanno concordato di fissare una scadenza di 10 anni per l’eliminazione delle armi nucleari quando gli Stati dotati di armi nucleari aderiscono al TPAN e di 90 giorni per la rimozione delle armi dagli Stati ospitanti quando questi ultimi aderiscono al Trattato.
Gli Stati hanno concordato di proseguire la discussione sulla designazione dell’organismo responsabile della verifica del disarmo nucleare (Azione 15).
Aiutare le persone e i luoghi danneggiati dalle armi nucleari

Assistenza alle vittime, bonifica ambientale e cooperazione e assistenza internazionale (articoli 6 e 7), Azioni 19-32

Tutti gli Stati hanno concordato di adottare misure per creare un quadro di riferimento per l’attuazione, tra cui:

Consultare strettamente le comunità colpite in tutte le fasi e impegnarsi con la società civile e il sistema delle Nazioni Unite (Azioni 19 e 24).
Stabilire un rappresentante governativo (punto focale) responsabile di questo lavoro entro 3 mesi e adottare qualsiasi legge nazionale per attuarlo (Azioni 21 e 22).
Garantire i principi di accessibilità, inclusività e non discriminazione, nonché la trasparenza e prendere in considerazione un formato di rendicontazione (Azioni 25 e 28).
Esaminare come istituire un fondo fiduciario internazionale per finanziare questo lavoro (Azione 29)
Gli Stati che si considerano colpiti dall’uso e dai test delle armi nucleari hanno concordato di:

Iniziare a rivedere l’impatto dell’uso delle armi nucleari nel loro paese entro la seconda riunione (Azione 30)
Sviluppare un piano nazionale per iniziare ad aiutare coloro che sono stati colpiti dall’uso e dai test di armi nucleari e per bonificare l’ambiente entro la seconda riunione (Azione 31).
Altri Stati hanno deciso di fornire sostegno, anche finanziario e tecnico, agli Stati che si considerano colpiti (Azione 32).

Inclusione della società civile e delle comunità particolarmente colpite

Principi di inclusione e cooperazione tra le parti interessate nell’attuazione del Trattato, Azioni 39-42

Oltre ai riferimenti all’inclusione presenti in tutti i documenti finali, c’è una sezione specifica di azioni per garantire che questo lavoro sia inclusivo e trasparente, tra cui le seguenti azioni:

Cooperare strettamente con le Nazioni Unite, il Comitato internazionale della Croce Rossa, la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, il mondo accademico, le comunità interessate e altre organizzazioni della società civile (Azione 40).
Facilitare la partecipazione attiva delle parti interessate e tenere conto delle diverse esigenze delle popolazioni delle comunità colpite e delle popolazioni indigene e garantire una forte titolarità da parte di tutti gli Stati Parte (Azione 41).
Approccio progressivo al genere e al disarmo

Attuazione delle disposizioni di genere del TPAN, Azioni 47-50

Il Piano d’azione di Vienna impegna gli Stati a tradurre in azione il loro impegno per l’equità di genere, anche attraverso:

Nominando un Punto focale di genere per coordinare l’attuazione delle disposizioni di genere (Azione 48).
Sviluppare linee guida per garantire un’assistenza sensibile all’età e al genere per le persone danneggiate dall’uso e dai test delle armi nucleari e integrare le prospettive di genere nella cooperazione e nell’assistenza internazionale (Azioni 49 e 50).
Sostenere il lavoro

Decisione sull’istituzione di una struttura intersessionale per l’attuazione del Trattato e degli Aspetti aggiuntivi del sostegno all’attuazione del Trattato, Azioni 43-45

Gli Stati hanno concordato di istituire gruppi di lavoro informali per portare avanti queste azioni e un comitato per coordinarle, che includa la società civile e si riunisca almeno una volta ogni trimestre.

I gruppi di lavoro informali comprendono:

uno sull’universalizzazione, co-presieduto da Sudafrica e Malesia;
uno sull’assistenza alle vittime, la bonifica ambientale, la cooperazione e l’assistenza internazionale, copresieduto da Kazakistan e Kiribati;
e uno sull’attuazione dell’articolo 4, in particolare sui lavori relativi alla futura designazione di una o più autorità internazionali competenti, copresieduto da Messico e Nuova Zelanda.
Collaborazione con gli scienziati e altri trattati ONU

Decisione per l’istituzionalizzazione della consulenza scientifica e tecnica per l’effettiva attuazione del Trattato (creazione di un gruppo consultivo scientifico) e Istituzionalizzazione della consulenza scientifica e tecnica per l’effettiva attuazione del TPAN, Azioni 33-34

Gli Stati hanno deciso di creare un gruppo consultivo scientifico che si occuperà di:

Consigliare gli Stati parte e riferire regolarmente sullo stato e sugli sviluppi relativi alle armi nucleari, ai rischi delle armi nucleari, alle conseguenze umanitarie delle armi nucleari, al disarmo nucleare e alle questioni correlate.
Comprenderà fino a 15 membri e terrà conto della necessità di una distribuzione completa dei settori di competenza scientifica e tecnologica, dell’equilibrio di genere e di un’equa distribuzione geografica.
Relazione del TPAN con il regime di disarmo e non proliferazione nucleare, Azioni 35-38

Gli Stati hanno convenuto che il TPAN si basa, contribuisce e integra un’architettura di disarmo e non proliferazione ricca e diversificata e hanno concordato alcuni passi per evidenziarlo, tra cui:

Nominare un coordinatore informale per articolare le aree di cooperazione tra il TPAN e il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) (Azione 36).
Cooperare con altri organismi internazionali, come l’AIEA e la CTBTO, al fine di rafforzare la cooperazione (Azione 37).
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Comunicato stampa di ICAN, l’originale sul sito dell’organizzazione premio Nobel, traduzione di Davide Bertok.
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com-rwmCOMUNICATO STAMPA
“UDIENZA PRELIMINARE DEL PROCEDIMENTO PENALE NEI CONFRONTI DI RWM, PROFESSIONISTI E FUNZIONARI COMUNALI DI IGLESIAS E DOMUSNOVAS”

Iglesias, 29 giugno 2022 – Si è tenuta questa mattina, in Tribunale a Cagliari, l’Udienza Preliminare relativa a presunti reati compiuti dai responsabili di RWM Italia S.P.A. e da alcuni funzionari dei Comuni di Iglesias e Domusnovas, nell’ambito delle attività relative alle autorizzazioni edilizie per il piano di ampliamento della fabbrica di bombe sita in area San Marco, tra i due comuni citati.
Sono comparsi, personalmente e/o rappresentati dai rispetti avvocati, gli imputati:
Sgarzi Fabio (Amministratore Delegato della RWM),
Demarchi Leonardo (funzionario RWM),
Ghiani Elsa Ersilia e Matzei Giuseppe (funzionari Comune di Domusnovas),
Tomasi Lamberto e Perseu Anna Rita (funzionari Comune di Iglesias),
Palmas Palmiro, Pibia Ignazio e Pompei Mauro (professionisti incaricati da RWM),
accusati complessivamente di ben 30 reati, fra i quali vari delitti ambientali e false attestazioni.
Hanno presenziato all’udienza per il tramite dei loro rappresentanti legali e/o degli avvocati, le varie associazioni che avevano dato il via all’indagine segnalando ripetutamente alla Procura della Repubblica atti e “stranezze” di RWM e degli uffici responsabili delle autorizzazioni, poi dichiarate illegittime dal Consiglio di Stato.
Le associazioni dichiarate “parti offese”, Italia Nostra ONLUS, Movimento nonviolento, Unione Sindacale di Base Cagliari, Cagliari Social Forum, Confederazione Sindacale Sarda, Assotzius Consumadoris Sardigna, Associazione Centro Sperimentazione Autosviluppo, Comitato Riconversione RWM, hanno presentato, per il tramite dei propri avvocati, altrettante richieste di Costituzione di Parte Civile, in maniera da ottenere dei risarcimenti da poter utilizzare a favore del pieno ripristino della legalità e della tutela dell’ambiente nel Sulcis-Iglesiente.
Anche l’associazione “Sardegna Pulita”, pur non essendo stata inserita tra le parti offese, ha avanzato richiesta di costituzione di parte civile, essendo tra quelle che da tempo hanno chiesto l’intervento del Tribunale sulle irregolarità della fabbrica Rwm.
Non si sono invece fatte presenti in alcun modo le amministrazioni comunali di Iglesias e Domusnovas e la Regione Sardegna, anch’esse indicate tra le parti offese, rinunciando – al momento – a tutelare gli interessi dei loro cittadini in sede giudiziaria.
Preso atto delle richieste degli avvocati difensori degli imputati, il Giudice Manuela Anzani ha rinviato l’Udienza al giorno 10 Ottobre 2022, alle ore 10.

PER LE COSTITUENDE PARTI CIVILI
Arnaldo Scarpa
(Comitato Riconversione Rwm)
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Che succede?

c3dem_banner_04RIPARTE LA SFIDA DELLA CITTADINANZA. I DEM CAMBIANO PELLE?
29 Giugno 2022 su C3dem
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I TRE TEST DELLA NUOVA NATO. IL G7 RIARMA L’UCRAINA
29 Giugno 2022 su C3dem
[segue]

Il punto

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8a705cc6-3b9c-4193-80ed-8a3c4b891da5IN PRIMO PIANO
La crisi delle democrazie e il futuro del pianeta
28-06-2022 – di: Gian Giacomo Migone su Volerelaluna.

Giungono nuove notizie allarmanti dagli Stati Uniti. La sentenza della Corte Suprema, ormai in balia di una maggioranza militante di centro-destra, che abolisce quella precedente Roe v. Wade, di fatto annulla il diritto federale di aborto, vigente da 50 anni, dando via libera ai singoli stati più o meno abolizionisti. Se a questo dato di fatto si aggiunge la difficoltà del Congresso di porre limiti anche esigui alla diffusione delle armi, che continuano a provocare stragi di innocenti, cresce il pericolo di una crisi democratica che rischia di diffondersi nel mondo intero. La democrazia americana è anche nostra. E scrivo americana perché mi riferisco a un intero continente di cui gli Stati Uniti costituiscono una parte, oggi meno egemone che mai.

La democrazia, intesa come sistema di governo fondato sulla sovranità popolare di cittadini elettori, a cui spettano diritti di rappresentanza e di libertà, in primo luogo di espressione, è oggi indebolita ovunque essa è presente, con scarsa consapevolezza dei suoi aventi diritto a causa della reticenza mediatica. Mi spiego con un esempio. I principali media, non soltanto italiani, hanno trascurato una notizia di rilevanza mondiale. Esponenti delle forze armate del Brasile, ove si svolgeranno elezioni presidenziali quest’autunno, hanno appena espresso la convinzione che esse non si svolgeranno regolarmente. Il presidente in carica, Jair Messias Bolsonaro – che nei sondaggi d’opinione risulta indietro di oltre una ventina di punti rispetto al suo sfidante, Luiz Inacio Lula da Silva (già presidente, per anni illegalmente detenuto a seguito di accuse di corruzione rivelatesi false) – ha subito cavalcato questa delegittimazione preventiva di un sistema elettorale a cui deve la poltrona su cui è seduto da quattro anni, ipotizzando un meccanismo di controllo parallelo, gestito dagli stessi militari. Con ogni probabilità si tratta del preannuncio di un tentativo di golpe, nel caso di un esito favorevole allo sfidante, nel paese dal corpo elettorale attivo più numeroso del mondo, dopo quello dell’India e degli Stati Uniti.

In India le elezioni hanno appena avuto luogo in forma regolare, anche se con un esito per altri versi inquietante, in quanto hanno confermato, a grande maggioranza, il governo di Modi, il quale persegue una politica che calpesta i diritti delle minoranze non hindu – in primo luogo, quella musulmana – e, di conseguenza, il compromesso costituzionale su cui si fonda quella democrazia.

Altrettanto, se non più pericoloso, per il potere militare colà detenuto, è lo stato della democrazia negli Stati Uniti d’America. Come noto, è in corso un’indagine della Camera dei Rappresentanti (ove, fino alle elezioni di novembre, i Democratici detengono la maggioranza) su quanto avvenuto in occasione dell’insediamento della presidenza Biden, il 6 gennaio 2021. Da filmati e testimonianze raccolte – non esclusa quella del ministro della giustizia dell’amministrazione Trump – l’assalto violento dei dimostranti, guidati da gruppi parafascisti alla sede del Congresso non è stato soltanto ispirato e, in parte, aizzato dal presidente uscente, ma ha avuto lo scopo di annullare e sovvertire l’esito elettorale che, secondo la procedura costituzionale, era in corso di definizione. L’iniziativa in atto, forse destinata a sfociare nell’incriminazione di Donald Trump, potrebbe essere interpretata come un segno di buona salute istituzionale e democratica, se non fosse accompagnata da una molteplicità di elementi di fatto che ne rendono problematica la conclusione. In primo luogo la grande maggioranza dell’elettorato che ha dato il proprio voto a Trump – secondo risultati ufficiali che gli hanno comunque assicurato oltre il 47% dei voti – continua ad essere convinta che l’esito sia stato taroccato a favore del presidente in carica. In ciò incoraggiati da Fox News, la più seguita emittente televisiva del paese, oltre che, sin dall’inizio – occorre non sottacerlo – da regole e meccanismi elettorali così assurdamente variegati, stato per stato, addirittura contea per contea, da offrire un’aura dì plausibilità anche a rilievi palesemente strumentali. Colpisce altrettanto lo scarsa attenzione che l’altra parte del paese, quella democratica, sembra dedicare alla controversia in atto. Un’opinione pubblica trasversale, da sempre volubile quanto e più della nostra, è oggi maggiormente concentrata su temi quali l’inflazione, la sicurezza pubblica, l’immigrazione, ora anche l’aborto, per gli effetti reali e percepiti sulle condizioni di vita di ciascun cittadino. I sondaggi di gradimento del presidente in carica, intorno al 30%, stanno a indicare il pericolo di una rielezione di un presidente dichiaratamente ostile, quantomeno indifferente, ai valori costituzionali del suo paese. Nel contempo, è sempre più evidente, nella politica estera di Washington, la contraddizione tra i valori professati e il modo in cui vengono esportati manu militari e con effetti negativi, mentre permangono le ferite all’habeas corpus causate dalle amministrazioni precedenti di cui il campo di concentramento di Guantanamo costituisce il monumento. È comunque da registrare in senso positivo lo sviluppo di un’area progressista guidata dal senatore Bernie Sanders, all’interno del partito democratico, che fa dichiaratamente riferimento al socialismo democratico, un tempo innominabile quanto il comunismo.

Ma in quale contesto si colloca la crisi democratica in atto, da cui il nostro continente, il nostro paese, sono tutt’altro che esenti, come dimostra, tra l’altro, la decrescente partecipazione dei cittadini alle scadenze elettorali?

In un’ottica globale sono in gioco due prospettive che la guerra in corso in Ucraina rende evidenti. Da una parte la dinamica e il prolungamento di quella guerra, scatenata dalla Russia e prima innescata, poi alimentata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati minori nell’ambito della NATO, costituiscono una sorta di prolungamento militarizzato, su terreno europeo e a spese della popolazione ucraina, della Guerra Fredda, disinnescata dalla caduta del Muro di Berlino. Dall’altra, si profila una lenta e difficile transizione dal bipolarismo, ancora favorito da Washington e da Mosca, a un sistema multipolare non ancora governato. A questo fine non sono sufficienti il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ancora paralizzato da veti incrociati, e il pletorico G20. Costituisce, invece, un interessante antidoto all’assetto precedente, la ricostituzione del BRIC – che, al di là dei regimi vigenti, comprende Brasile, Russia, India e Cina – e il suo allargamento al Sud Africa e, forse, all’Argentina. Restano fondamentali il consolidamento dell’ancora precaria Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) e – responsabilità nostra – il rafforzamento politico e strategico dell’Unione Europea, in prospettiva affrancata dai suoi vincoli con gli Stati Uniti. In tale contesto, favorito da scambi commerciali scevri da spinte autarchiche e militariste oggi prevalenti, i sistemi democratici, oggi pericolanti, potrebbero rilanciarsi in una pacifica convivenza con una dittatura in ascesa, che ha realizzato l’affrancamento di una parte cospicua della propria popolazione, ma che non ha superato un’inquietante sovrapposizione di poteri istituzionali, finanziari e militari. Quella della Cina che, anche per la neutralità assunta in sede ONU rispetto allo stato di guerra in atto, pur partecipando alla generale politica di incremento delle armi, non sembra avere abbandonato la tradizionale impostazione multipolare della sua politica internazionale.
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Armi all’Ucraina: due domande agli amici che hanno indossato l’elmetto
28-06-2022 – di: Livio Pepino
Su Volerelaluna

La guerra in Ucraina prosegue con un andamento che la propaganda bellica non riesce a nascondere. Com’era prevedibile, data la diversità delle forze in campo, l’esercito russo avanza. Lentamente, ma avanza. E l’occupazione si estende a località strategiche e si consolida (anche se il Governo di Zelensky e i media nostrani sostengono che il ritiro delle truppe ucraine è dovuto all’intento di attestarsi in una miglior difesa: sic!). La cosa non mi piace ma ciò non cambia la realtà. La guerra non finirà a breve e non ci saranno vincitori né dichiarazioni di resa. Quando le grandi potenze – non l’Ucraina – lo decideranno si arriverà a un compromesso, magari a partire dagli accordi di Minsk del 2014 e del 2015, firmati da tutte le parti e non rispettati da alcuna. Non sappiamo quando ciò avverrà ma a determinarlo saranno esclusivamente gli interessi geopolitici delle grandi potenze, come rivendicano, quotidianamente e senza pudore, non solo Putin e i suoi generali ma anche i governanti degli Stati Uniti e dei più importanti Paesi europei, che pretendono di dettare i tempi e i modi delle trattative. Intanto ci saranno ulteriori carneficine, distruzioni, esodo di popolazioni, sofferenze immani. Poi si arriverà al compromesso: quello stesso a cui si sarebbe potuti arrivare due o tre mesi fa o si potrebbe arrivare oggi. Che questa sia la situazione lo sanno tutti ma l’interesse geopolitico (ammantato con nobili parole) fa aggio sulla verità.

Perché quanto accade non sia solo una inutile mattanza bisogna, nonostante tutto, continuare a ragionare. Non sulla legittimità della resistenza degli ucraini all’invasione e al sopruso, che è un diritto fondamentale e inviolabile (https://volerelaluna.it/commenti/2022/04/21/a-due-mesi-dallinizio-della-guerra/), come quello dei curdi, dei palestinesi, degli yemeniti e dei tanti popoli ugualmente violati nel mondo. E neppure sul fatto che le vittime siano comunque tali e abbiano il pieno diritto alla relativa considerazione internazionale, indipendentemente dalle loro idee politiche e dalle scelte dei loro governi. Non sono questi, oggi, i nodi del contendere e quel diritto e quello status non sono affatto negati dai “pacifisti” che, al contrario, sono – in Italia e in tutta Europa, nonostante le accuse e gli insulti dell’establishment – quelli che più si spendono in aiuti alla popolazione ucraina e nell’organizzazione dell’assistenza ai profughi.

Il nodo del contendere è, oggi, l’atteggiamento della comunità internazionale (e, in essa, del nostro Paese) di fronte al conflitto in corso. Gli Stati Uniti e la Nato hanno scelto fin dall’inizio della guerra (anzi prima ancora dell’inizio…) la strada di un massiccio invio di armi all’Ucraina. E, in Italia, governo e parlamento si sono prontamente allineati, fedeli a un atlantismo acritico e subalterno, col sostegno dell’opposizione di Fratelli d’Italia e di tutti i grandi mezzi di informazione. Nessuna sorpresa in ciò. Ma colpisce che a questa linea si siano accodati, talora letteralmente indossando l’elmetto, molti intellettuali e studiosi un tempo schierati per la pace “senza se e senza ma”. Ferma la legittimità di ogni cambiamento di opinione, credo che ad essi almeno due domande (sincere e non retoriche) vadano poste, per riannodare – se possibile – le fila di un dialogo o, comunque, a futura memoria.

La prima domanda è all’apparenza provocatoria e paradossale (almeno se proveniente da chi è schierato per la pace subito). Se – come dicono i fautori dell’invio delle armi – quello in corso in Ucraina non è solo un conflitto territoriale (seppur gravissimo) ma uno scontro di valori e di principi in cui sono in gioco la democrazia, i diritti umani, la stessa civiltà a livello planetario e se, per questo, le scelte sul terreno non sono politiche ma etiche, perché la comunità internazionale deve limitarsi all’invio di armi (delegando agli ucraini la difesa sul campo di quei valori) e non intervenire direttamente con uomini ed eserciti? Perché – si dice – così facendo si scatenerebbe una nuova guerra mondiale, magari con l’uso di armi nucleari, con costi umani ed economici insostenibili. Risposta sacrosanta e del tutto condivisibile, direi ovvia. Che peraltro, a ben guardare, ribalta la premessa dell’invio delle armi e rende palese che anche in questo conflitto non ci sono decisioni eticamente necessitate bensì un delicato bilanciamento di principi e di interessi. Ma, se così è, il discorso si sposta sull’opportunità, sui costi, sull’efficacia dell’invio delle armi, da comparare con altri interventi possibili (negati solo da chi non li vuol vedere perché abituato a ragionare esclusivamente nella logica della guerra: https://volerelaluna.it/controcanto/2022/06/24/draghi-prigioniero-di-putin/) e con pressioni della comunità internazionale tese a favorire una soluzione negoziata del conflitto (a partire – già lo si è detto – da accordi accettati in passato da tutte le parti). Né si dica – almeno questo si deve alle vittime quotidiane di questa follia – che la vittoria è alle porte e, con essa, il trionfo del bene: affermazioni valide per la propaganda ma che nulla hanno a che fare con la realtà.

La seconda domanda è ugualmente pressante. Se l’aggressione e la violazione di un popolo sono un’offesa a tutta l’umanità a cui la comunità internazionale deve necessariamente rispondere con la forza e con le armi, perché questa soluzione è adottata in Ucraina e non anche in Kurdistan (dove è in atto un vero e proprio genocidio), in Palestina, in Yemen e via seguitando? Non basta dire che “non ce ne sono le condizioni”: se così fosse, si dovrebbe quantomeno lanciare una campagna, proprio a margine della guerra in Ucraina, perché quelle condizioni si realizzino. Né si parli, per favore, di benaltrismo – come taluno ha fatto, affermando che l’omissione di altri interventi doverosi non inficia la validità di questo –. Non è così. La diversità di trattamento, tanto clamorosa quanto taciuta, è, infatti, il sintomo inquietante del fatto che la tutela dei diritti varia, anche sul piano internazionale, a seconda che i loro titolari siano amici o nemici o, semplicemente, meno amici (e ciò riguarda non solo il sostegno alle popolazioni aggredite e violate ma anche l’accoglienza di chi fugge dalle guerre, come i fatti di ieri a Melilla ancora una volta dimostrano). Ma, allora, la battaglia per i principi e i valori si rivela, in realtà, una battaglia per interessi; ed è, all’evidenza, la ragione per cui la, pur doverosa e sacrosanta, condanna dell’invasione russa vede l’Occidente isolato e non è condivisa dal resto del mondo, governi e popoli (https://ilmanifesto.it/perche-il-sud-del-mondo-non-e-allineato-alloccidente).

È possibile avere, dagli amici che sostengono la necessità di continuare a inviare armi all’Ucraina, risposte pacate e sincere a queste domande?
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Precedente editoriale: appello per la Pace.
——Mercoledì 29 giugno 2022——-
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Oggi mercoledì 29 giugno 2022

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Basta armi! Provocano stragi e devastazioni. Oggi assemblea per la pace a Oristano, domani a Cagliari
29 Giugno 2022
A.P. su Democraziaoggi.

Cosa pensa un umano di un missile lanciato su un mercato pieno di gente? Schifo, orrore, condanna. Cerco su internet per saperne di più e trovo una notizia strabiliante. Il missile è USA. Usa? Impossibile! Guardo meglio siamo nell’aprile 2003 e il mercato è a Bagdad, i morti sono 62. Che cosa cambia? Nulla. Come […]
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———Domani——-
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Oggi mercoledì 29 giugno 2022 San Pietro e Paolo

Buon onomastico ai Pietro e ai Paolo
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- El Greco, Gli Apostoli Pietro e Paolo – 1587-92 – olio su tela – Hermitage, San Pietroburgo.

- San Pietro in carcere visitato da san Paolo è un affresco di Filippino Lippi che decora la Cappella Brancacci nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze. L’opera (230×88 cm) è databile al 1482-1485 circa.
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[Da Aladinpensiero online 29 giugno 2022]

Che succede?

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SE DRAGHI VESTE I PANNI DEL POLITICO
27 Giugno 2022 su C3dem
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ZELENSKY CI HA INTRAPPOLATI?
27 Giugno 2022 su C3dem
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Oggi martedì 28 giugno 2022

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Che disastro la UE! Sull’Ucraina il contrario di quanto dovrebbe. Il 30 Assemblea pubblica a Cagliari per la pace
28 Giugno 2022
A.P. su Democraziaoggi
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Certo tutto è possibile, ma a guardare le cose con freddezza, a meno di una estensione del conflitto oltre la linea rossa, l’Ucraina non ha alcuna possibilità di vincere con la Russia. E allora sorgono spontanee due domande. Se questo è vero perché Zelensky non ha cercato una soluzione diplomatica? E ancor di più perché […]
————-Giovedì 30 giugno a Cagliari——
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Oggi lunedì 27 giugno 2022

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nico-piroMaledetti pacifisti. Per gli indignados sartoriali l’unica soluzione è la vittoria.
27 Giugno 2022 su Democraziaoggi.
Nico Piro sarà presente ad incontro autunnale a Cagliari col Comitato No Armi-Trattativa subito, per il tramite di Rosamaria Maggio. Ecco un suo scritto sul tema Ucraina.
Cari tutti,
Come va? Spero tutto bene.
Su #guerra e #pace in #Ucraina #Russia quello che sta accadendo sarebbe curioso se non fosse tragico. Mi riferisco alle camice […]
————Giovedì 30 giugno 2022—–
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Oggi domenica 26 giugno 2022

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Carbonia. I 72 giorni della non collaborazione. Serrata in SMCS e nuova solidarietà per la classe operaia di Carbonia che si batte per il riscatto del lavoro in Sardegna. Una camionetta della polizia uccide l’operaio Luigi Benigno
26 Giugno 2022
Gianna Lai su Democraziaoggi
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Oggi è domenica e noi pubblichiamo un pezzo di storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.
In permanenza la polizia nei piazzali della miniera, preoccupata forse la dirigenza per le possibili reazioni delle maestranze ormai ridotte alla fame, perché questo è, nell’azienda di Stato SMCS di Carbonia, ogni ricatto buono […]
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Oggi sabato 25 giugno 2022

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Che confusione! Fenomeni e deliri della propaganda
25 Giugno 2022 su Democraziaoggi.
Goffredo Bartocci da Patria indipendente

L’antico e spesso troppo labile confine tra l’informazione e le tecniche di persuasione, soprattutto in tempo di guerra, alla lente della psichiatria culturale: puntare sull’emotività semplicistica e viscerale rischia di “disorientare” le giovani generazioni e produce incertezza e fragilità anche nelle persone adulte e più consapevoli
[…]
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Che succede?

c3dem_banner_04LA GUERRA DI PUTIN E IL FUTURO EUROPEO. ALDO SCHIAVONE E IL “TRIONFO DELL’OCCIDENTE”
24 Giugno 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
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Oggi venerdì 24 giugno 2022

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bd6502f9-141c-4d17-9982-4a90dca5400cAmnesty International: Annullare le accuse contro Julian Assange
24 Giugno 2022 su Democraziaoggi.
Aderiamo all’appello di Amnesty international, difendiamo ovunque la libertà di manifestazione del pensiero e di stampa, tutelato nella nell’art. 21 della nostra Costituzione
333c9502-fc38-4d20-8cb0-3e3117861c04La storia [su Democraziaoggi].
Aggiornamento al 17.6.2022. La ministra dell’Interno del Regno Unito, Priti Patel, ha autorizzato l’estradizione di Julian Assange negli Usa per affrontare accuse relative alla Legge sullo spionaggio.
“Questa […]
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—–Oggi a Monte Claro/Is Mirrionis—-
unica
blecicCare amiche e cari amici,
Ho il piacere di invitarvi il giorno 24 giugno alle ore 17:00 alla presentazione del progetto “Prendi i Piedi” che ci ha visti impegnati con la Città Metropolitana di Cagliari nell’ultimo anno e mezzo.
L’evento si terrà nella Sala Polifunzionale del Parco di Monte Claro
. Ivan Blečić .
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Appello per una proposta europea di cessate il fuoco

6bca1c1a-e18a-4e12-ba33-1ef2731f97806c53af2d-6b78-4f00-bb4c-2a8ff9fd1d60Nel precedente editoriale abbiamo dato spazio alla bella intervista che Marco Bevilacqua ha fatto al direttore di Avvenire Marco Tarquinio per Rocca (al riguardo ringraziamo gli amici e il direttore di Rocca, quindicinale della Pro Civitate Christiana di Assisi, con cui intratteniamo rapporti di collaborazione, consolidatisi nel tempo). Personalmente mi ritrovo
nelle riflessioni di Marco Tarquinio, condividendo la carica utopica e nello stesso tempo realistica, che le sue parole esprimono. In questa tristissima e cruenta vicenda della guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina, che sta provocando ogni giorno di più distruzione e morte, sembra che il problema fondamentale sia la vittoria finale. Ed è pertanto ovvio che occorra parteggiare per l’aggredito, l’Ucraina, che nonostante il dato di partenza alla stessa sfavorevole, possa rovesciare ogni pronostico e far trionfare la giusta causa di legittima e doverosa difesa. Prima o poi si arriverà a una fine di questa maledetta guerra. A che prezzo, oltre quello che le due parti in causa stanno pagando? Siamo in molti a credere che questa guerra non fosse inevitabile e che comunque debba essere quanto prima fermata. Come? Con gli strumenti alternativi allo scontro armato che il diritto internazionale e quello delle nazioni civili hanno elaborato nei millenni della storia dell’umanità. La nostra Costituzione li ha mirabilmente riassunti in un articolo (n. 11) che giustamente viene riproposto in tutte le circostanze che lo richiedano: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” L’Ucraina ha il diritto di difendersi, come sta facendo, richiedendo tutti gli aiuti possibili. Gli Stati occidentali concretizzano questi aiuti in contributi umanitari e in accoglienza a quanti scappano dai paesi e città bombardate (e su questo tutti si è d’accordo) e in armi (e su questo le posizioni si dividono). Ma il punto fondamentale è che l’alternativa allo scontro armato, cioè la trattativa, come appunto prevede il dettato costituzionale italiano, passa in secondo piano, in attesa che si determinino realistiche condizioni. Ma se queste non si cercano, seppure faticosamente, mai o quanto più tardi nel tempo si realizzeranno. Ecco un recentissimo appello promosso da alcune importanti organizzazioni nazionali e dal quotidiano Avvenire richiede con forza che cessi immediatamente il conflitto armato e che si avvii una vera trattativa. A questo compito sono chiamate ovviamente le parti in causa, e, con un ruolo di autorevole mediazione l’Unione Europea e l’Onu. Rimandiamo ogni ulteriore spiegazione al testo dell’Appello e alle argomentazioni di Marco Tarquinio, che lo sostiene, ospitate dal portale web de L’Osservatore Romano del 21 giugno scorso. Un’ultima considerazione: l’Appello appare del tutto coerente con le posizioni del Comitato No armi – Trattativa subito, presentato a Cagliari mercoledì 22 giugno, di cui diamo ampiamente conto in altra parte della nostra news. (Franco Meloni)
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Appello
per una proposta europea
di cessate il fuoco

21 giugno 2022
Anpi, Arci, Movimento europeo, il quotidiano «Avvenire» e altri organismi hanno firmato un documento congiunto per richiedere un intervento tempestivo di Unione europea e Onu a favore di un cessate il fuoco in Ucraina. Il documento, presentato il
20 giugno a Roma nella sede dell’ufficio italiano del Parlamento europeo, punta alla costruzione di un tavolo di pace simile a quello che portò agli accordi di Helsinki (1975), ma con protagonista l’Europa unita.

«L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». (art.11 della Costituzione della Repubblica italiana). Siamo con la popolazione ucraina martoriata dalla guerra e vittima dell’aggressione russa.

L’Ucraina sta resistendo in molte forme, militari e civili, ma la guerra è sempre una sconfitta, per tutte le parti coinvolte, per la diplomazia e per la politica. Negli ultimi giorni si sta facendo più netta la preoccupazione per la drammatica accelerazione di un conflitto atroce, che può portare a un tragico scontro bellico mondiale e che sta già innescando una crisi alimentare pagata da tanti e soprattutto in alcune delle nazioni più povere del pianeta.

Spetta all’Unione europea la responsabilità di promuovere una concreta iniziativa di pace. La guerra è scoppiata in Europa e saranno i Paesi dell’Ue a sopportarne le conseguenze sociali, economiche, energetiche e militari. Sarà l’Ue responsabile in buona parte del finanziamento e della ricostruzione delle città e delle infrastrutture ucraine.

L’Ue deve immediatamente operare con una sola voce, con la spinta concorde del Parlamento europeo e della Commissione, diventando un affidabile intermediatore e non delegando solo agli Stati Uniti d’America e alla Nato decisioni che riguardano in primo luogo l’Europa.

Occorre operare affinché si stabilisca in Europa un nuovo clima di concordia e si avvii nel mondo, come ha affermato il presidente Mattarella a Strasburgo, «un dialogo, non prove di forza tra grandi potenze che devono comprendere di essere sempre meno tali». Si aprano subito negoziati per un definitivo accordo di pace!

La Russia deve immediatamente cessare le operazioni militari e a tutte le parti coinvolte chiediamo di avviare colloqui di pace e allo stesso tempo auspichiamo l’immediato ritiro delle truppe russe. Chiediamo a tutte le organizzazioni internazionali, in primo luogo alle Nazioni Unite, ma soprattutto all’Unione europea, di assumersi immediatamente la responsabilità di una intermediazione che consenta al più presto il cessate il fuoco in Ucraina ed eviti a tutti i costi l’allargamento e l’aggravarsi del conflitto in altre regioni d’Europa.

Chiediamo che l’Unione europea ed il nostro governo agiscano nell’ambito dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite con una decisa azione nei confronti del Consiglio di Sicurezza per l’invio di forze di interposizione (peace-keeping) sotto la bandiera delle Nazioni Unite, per garantire il rispetto del cessate il fuoco, facendo della protezione dei civili la loro priorità. Le operazioni umanitarie dovranno essere intensificate in Ucraina e ai suoi confini. Alle Nazioni Unite va garantito un accesso sicuro e senza ostacoli a tutte le aree del conflitto.

Chiediamo che venga stabilito subito un corridoio umanitario sicuro per i profughi e gli sfollati e per il transito di forniture mediche salvavita e del personale sanitario. Chiediamo che l’Ue agisca politicamente unita in sede di negoziato internazionale come soggetto mediatore con una posizione condivisa e forte, diventando quell’importante attore autonomo ed indipendente necessario nella fase di ridefinizione di nuovi equilibri geopolitici. Bisogna allontanare il rischio che l’Europa sia scavalcata e che siano altre le sedi in cui si prendono decisioni strategicamente fondamentali, anche per quanto riguarda un conflitto in uno dei Paesi ai confini dell’Ue.

Chiediamo che venga applicato dall’Unione europea l’art. 21 del Trattato dell’Ue (tit. V ) che sancisce: «L’Unione promuove soluzioni multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell’ambito delle Nazioni Unite. (…) L’Unione opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di: (…) preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai princìpi della Carta delle Nazioni Unite, …».

Chiediamo che l’Unione europea attivi un sistema europeo di sicurezza comune e interdipendente, una vera e propria Unione della Difesa e della Sicurezza a due “braccia”, una militare non aggressiva e l’altra civile nonviolenta, di cui siano esplicitati e chiariti gli obiettivi, che dovranno essere mirati alla esclusiva difesa interna del territorio dell’Unione e dei suoi Stati membri ed esternamente al mantenimento della pace solo e rigorosamente in quanto forze di interposizione (peace-keeping) e al tempo stesso strutturi reti di difesa civile non armata e politiche comuni di cooperazione internazionale allo sviluppo sostenibile.

Chiediamo che l’Ue ridefinisca le regole di accoglienza di profughi e immigrati e di tutti coloro che fuggono dalle guerre, dalla violenza e dalla miseria. L’accoglienza dei profughi ucraini ha dimostrato che l’Ue può agire rapidamente e in modo efficace, usando lo strumento della protezione temporanea, ma portando a conclusione la riforma del regolamento di Dublino.

Chiediamo che l’Unione europea promuova nel quadro dell’Osce e delle Nazioni Unite e a partire dagli accordi internazionali esistenti (Accordi di Helsinki del 1975), un trattato fra tutti gli attori coinvolti nel conflitto, superando tutte le attività fin qui portate avanti in ordine sparso da singoli Paesi europei. Solo una Conferenza internazionale potrà affrontare la questione del disarmo multilaterale, stabile e condiviso, priorità per la sopravvivenza dell’umanità nel tempo delle armi di distruzione di massa sempre più governate da intelligenze artificiali e per il progresso sociale ed economico globale.

L’Unione europea, comunità di popoli e grande laboratorio di integrazione pacifica degli Stati, può favorire la costruzione di un sistema di equilibrio geopolitico multilaterale, pur nel rispetto di regimi politici ed economici diversi, e dare impulso allo sviluppo di governance mondiale condivisa. Sarà per questo urgente affrontare le profonde riforme necessarie alle istituzioni internazionali, a partire dall’Onu, dalle sue strategie e dagli organismi multilaterali a essa collegate.
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Una richiesta di pace che parte dal basso
Marco Tarquinio illustra l’iniziativa

Il direttore di «Avvenire», Marco Tarquinio, si sofferma sui punti salienti della proposta di pace e sul riscontro che in essa hanno le parole e i ripetuti appelli di Papa Francesco.

Quali sono i punti centrali di questa chiamata alla responsabilità?

È un appello che parte dal basso, che vuole spingere chi ha potere politico in una direzione diversa rispetto a quella intrapresa finora, ricordando tutti gli strumenti a disposizione. Innanzitutto l’Onu, laddove l’Ue, attraverso uno dei suoi membri, la Francia, deve assumersi la responsabilità di promuovere una iniziativa di intermediazione. Si sollecita poi l’intervento di una forza di interposizione, tenendo sempre aperto un corridoio umanitario. In sintesi, si chiede che l’Europa sappia diventare adulta, che si dia un sistema di sicurezza comune, con una vera e propria difesa della sicurezza con due braccia: una militare non aggressiva ed una civile e non violenta. L’altro grande appello riguarda le organizzazioni multilaterali, come l’Osce che dovrebbe diventare punto di riferimento e spirito delle azioni che vengono svolte, perché non si precipiti verso la direzione di Yalta, ma verso quella degli accordi che nel ’75 (Accordi di Helsinki) aprirono una fase nuova nel rapporto tra gli Stati europei, per la stabilità e la pace nel mondo.

Un’Europa adulta, lei dice, che ora sta finanziando con le armi il conflitto, ma che nel trattato Ue, all’art 21, ha scritta la chiamata alla responsabilità, alla promozione della pace, alle soluzioni multilaterali, a prevenire i conflitti. Ora tutto sembra paralizzato. Perché questo articolo non va?

Non va perché l’Europa non è concorde nella direzione da prendere, nonostante l’apparente unanimità delle prime fasi. L’auspicio è che, anche senza unanimità assoluta, almeno da parte delle istituzioni europee ci sia la capacità di prendere un’iniziativa di cooperazione rafforzata, come accaduto con la missione comune a Kiev dei leader di Francia, Germania e Italia. Vorremmo che ciò si consolidasse, utilizzando gli strumenti indicati dall’articolo 21 che va nella stessa direzione dell’11 della Costituzione della Repubblica italiana, quello che dice che l’Italia ripudia la guerra come strumento nella soluzione delle controversie con gli altri Stati. Vorremmo una iniziativa forte e coesa dei grandi leader europei, che rispondesse al sentire di tante popolazioni che non sono rappresentate da ciò che sta accadendo sulla scena pubblica.

Come si può sostenere la vostra proposta di pace?

Io credo che la strada sia quella di organizzare mobilitazioni dal basso, come già accade. Occorre dimostrare ai governi che non può permanere questo scollamento tra tanta parte dell’opinione pubblica e quelli che hanno le leve per spingere in una direzione diversa. Bisogna saper premere sui protagonisti della guerra, perché scelgano un percorso diverso, che la faccia finita con le sofferenze delle popolazioni, a cominciare dalla popolazione ucraina che, in questa fase, è quella aggredita.

Le posizioni del Papa sulla guerra sono state criticate e ritenute una utopia. Lei come le considera?

La cosa più grave è che siano anche state censurate. Credo che in questo momento si debba avere gratitudine verso il Papa. Ancora una volta c’è una strada che si inabissa e che sembra non si possa percorrere. Il Papa sa dirci questo e lo fa da uomo di fede, da primo cittadino di un mondo che non ha altri primi cittadini che sappiano prendere iniziative di pace. Non è un caso che anche i proponenti dell’appello a cui ho aderito, abbiano voluto rivolgersi per primi al mondo cattolico, attraverso il presidente della Cei, il cardinale Zuppi, che si è impegnato a riceverlo e a consegnarlo alla Santa Sede, perché tutti riconoscono in Francesco il punto di riferimento più alto, più credibile e più limpido, in un momento in cui, purtroppo, alcune delle altre voci che sono in campo, non hanno l’interesse generale della costruzione di un nuovo livello di sicurezza, di convivenza e di rispetto reciproco nel segno, fondamentale per noi cristiani, della fraternità.

di Gabriella Ceraso, su L’Osservatore Romano del 21 giugno 2022.
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Che succede?

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LA SCISSIONE M5S. IL CENTRO PRO-DRAGHI. LO STATO DELL’ITALIA
23 Giugno 2022 su C3dem.
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