Che succede?

VERTENZA ENTRATE/CONTE IN FABRICA.
sardegna-dibattito-si-fa-carico-181x300Di cose sarde.
Antonio Dessì su fb
Pare che il consenso sull’accordo raggiunto ieri fra il Presidente della Regione autonoma della Sardegna Solinas e il Ministro degli affari regionali Boccia sulla “vertenza entrate” trovi il plauso di tutte le forze politiche dell’Isola, governative sarde e filogovernative italiane.
Ancora una volta si parla di “storica chiusura della vertenza entrate”. [segue]
Se n’è parlato, a dire il vero, ogni volta che si è raggiunto un qualche accordo, ma sono stati sempre accordi temporanei.
Più del fatto che si tratti di una restituzione per il pregresso, da parte dello Stato, consistentemente inferiore a quanto, a termini di sentenze costituzionali, sarebbe spettato alla Sardegna e che per di più si tratti di una restituzione a rate, preoccupa il fatto che da un lato l’accordo confermi l’ordinarietà di una quota fissa di accantonamenti di risorse di spettanza regionale come contributo ai fini del risanamento della finanza pubblica generale, dall’altro introietti come ordinaria la possibilità che lo Stato incrementi, in caso di nuove necessità della finanza pubblica, la quota futura di questi accantonamenti, mentre gli orientamenti della Corte costituzionale avevano confermato l’eccezionalità e la temporaneità dei provvedimenti statali in materia relativi alle Regioni speciali e la necessità dell’intesa, nel rispetto, per la Regione sarda, dell’articolo 8 dello Statuto.
Un accordo che quindi non chiude gran che e che anzi mantiene una certa aleatorietà di prospettiva sulla certezza delle entrate regionali ordinarie.
Detto questo, può anche darsi che di più non si potesse spuntare, contingentemente, visto che la Regione all’integrità della propria provvista finanziaria ha rinunciato da tempo.
Entreranno risorse nuove, comunque, che speriamo non vengano disperse allegramente. Farei notare che l’entità delle risorse concordate a titolo di ripristino parziale delle entrate ordinarie è giusto pari a quanto si è verificato mancare, a seguito dell’accordo del 2006, per l’integrale finanziamento della spesa sanitaria regionale.
Qui mi fermo, con la sola osservazione che siamo a uno dei curiosi paradossi della politica italiana e sarda: quello che due governi di centrosinistra non avevano concesso a una giunta di centrosinistra durante un intero quinquennio, lo ha concesso un periclitante governo di alleanza fra centrosinistra e M5S a una giunta regionale di destra.
L’altra questione che mi sollecita un’osservazione è il dibattito aperto su La Nuova Sardegna intorno all’aggiornamento delle analisi e delle proposte sulla condizione sarda.
Non lo scrivo per snobismo, ma trovo quel dibattito non tanto futile per i contenuti (ancorchè riprendano più o meno gli stessi temi che si ripetono da una trentina d’anni, come minimo, e già questo segnala un difetto strutturale di innovazione, fatta eccezione per il poco convincente e poco avvincente argomento del re-inserimento dell’insularità in Costituzione), quanto perché destinato a esser letto e, appunto, dibattuto pressoché esclusivamente fra chi vi interviene.
La politica se ne fregherà completamente e nessuno si incaricherà di tirar le somme e di rilanciare in termini di iniziativa coinvolgente: questa mi pare la previsione più realistica.
Personalmente non vedo grandi prospettive per la vicenda sarda contemporanea, perché quello che ci vorrebbe forse sarebbe un movimento politico-culturale sardo di vera e propria rottura democratica e di liberazione dall’attuale asfittico quadro di stanche soggettività “storiche” e di nuove soggettività meramente e piattamente affiliate a soggetti emersi nel contesto italiano.
Ma non è cosa alle viste.
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Un Presidente del Consiglio in fabbrica.
Antonio Dessì su fb.
Non posso dire di essere un fan di Giuseppe Conte.
È anche difficile inquadrare il personaggio politicamente e istituzionalmente, considerata l’atipicità della sua chiamata in politica e la non minore atipicità dell’esercizio della funzione di Presidente del Consiglio messo a capo di due governi e succeduto a se stesso col sostegno di due diverse maggioranze per la realizzazione di due programmi diversi.
L’ho apprezzato nel discorso col quale il 20 agosto scorso liquidò al Senato Salvini rivelando un tratto caratteriale non privo di qualche puntigliosa asprezza.
Oggi apprezzo che sia andato in fabbrica a Taranto a discutere con gli operai (è ancora lì).
Non mi nascondo che la condizione della sua presenza in stabilimento é persino imbarazzante.
Intanto perché nessuno dei partiti che hanno fatto parte delle precedenti compagini politiche, quelle della trascorsa legislatura a guida PD e quella del Governo CSX-M5S in questa legislatura, é innocente nella gestione della vicenda ex-ILVA (ora stanno emergendo, dopo le responsabilità di Calenda nell’aggiudicazione della gara internazionale e quelle di Di Maio nell’accettazione del piano industriale che Acelor Mittal vorrebbe rimangiarsi, anche i legami non proprio trasparenti intrecciati dalla Lega con la multinazionale).
Poi c’è il fatto che Conte é lì mettendoci la faccia propria, ma vere e proprie coperture politiche non ne ha, perché il sistema politico, maggioranza e opposizione, resta confuso, diviso e infido.
Tuttavia questa sua presenza personale in fabbrica, nel giorno della proclamazione dello sciopero generale di 24 ore da parte dei sindacati, ha a mio avviso una rimarchevole valenza anche simbolica di vicinanza ai lavoratori in termini di sostegno, direi, “vertenziale”.
Niente di più, tuttavia niente di meno.
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