Che succede? Che pensare? Che fare?

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Vanni Tola
su Lettori, pagina fb.
Un altro giorno a casa. Sono appena le sette del mattino, molti amici in chat, magari comunicano o attendono messaggi. Chissà quanti non hanno dormito per niente stanotte o hanno dormito poco e male, come accade a me da tempo, soprattutto queste settimane. Svegli fino all’una di notte per sentire in televisione le ultimissime sul virus. Molti recupereranno un po’ di sonno perduto al mattino, altri nel primo pomeriggio. Attesa frenetica del nuovo giorno. Con la luce e il sole si ha la sensazione di stare meglio. [segue] Ci si guarda intorno nella propria abitazione, si cerca una occupazione qualsiasi per tenersi impegnati. Il televisore sempre acceso mente si svolge una qualche attività per sentirsi svegli e vivi. Pensare al dopo è un desiderio impellente, immaginare come sarà è una curiosità legittima. Pochi, immagino, credono che finito l’isolamento nelle case tutto tornerà come prima. Si comincia a intuire che niente sarà più come prima, la nostra vita inevitabilmente cambierà. Come dopo la seconda Guerra Mondiale, anche stavolta ci sarà da piangere chi non ce l’ha fatta o non ce la farà nei prossimi giorni. Si spenderanno parole di elogio per chi si è prodigato salvando vite e mantenendo condizioni di vita accettabili nell’emergenza. Ci sarà da riflettere su ciò che non ha funzionato a dovere, sulle responsabilità dei politici, dell’organizzazione sociale, sull’apparato burocratico. Si dovrà riflettere sul degrado ambientale probabile concausa di quel che accade, sulla devastazione dell’apparato scolastico e la mortificazione della ricerca scientifica nazionale realizzata con decenni di tagli ai finanziamenti specifici. Si smetterà di chiamare “professoroni” tutti coloro che studiano e acquisiscono competenze reali nei loro ambiti specialistici. Si smetterà di affidare incarichi di grande responsabilità politica e sociale a emeriti imbecilli, ignoranti, incompetenti e arroganti. Ci sarà da ricostruire su macerie economiche, sociali e psicologiche. Occorrerà avere una prospettiva, un sogno, una speranza per tutti ma, soprattutto, per coloro che hanno ancora una giovane età e, prevedibilmente, un avvenire magari migliore. A tutti gli altri, a noi anziani non resterà molto in cui sperare, saranno pochi i sogni da realizzare. Al più potremo operare per favorire una rinascita razionale del Paese, per favorire un nuovo modo di pensare i rapporti sociali interpersonali e, soprattutto, i rapporti tra i popoli. Qualcuno prevedibilmente scoprirà, molti di noi lo sapevano già, che i Cinesi, i Cubani, i Russi, non sono pericolosi nemici in agguato per occuparci e colonizzarci. Si comincerà a prendere coscienza che forse è possibile il dialogo per la pace, il confronto e la cooperazione internazionale per aiutare i più deboli, per ridistribuire le risorse, per eliminare guerre e conflitti e sconfiggere fame e epidemie, per sviluppare una ricerca scientifica per la pace e lo sviluppo. Sarebbe bello se tutto ciò cominciasse a realizzarsi. Lo dobbiamo ai nostri figli, a chi resterà, ai giovani del movimento di Greta e Malala che denunciano molti dei problemi che le nostre generazioni non hanno saputo risolvere. Sarebbe bello poter assistere almeno all’avvio di tale inversione di tendenza, renderebbe meno triste e straziante il nostro viaggio. (V.T.)
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