I 150 anni della Camera di Commercio di Cagliari

CCIAA

In occasione della celebrazione dei 150 della Camera di Commercio di Cagliari (istituita – ai sensi della legge 6 luglio 1862, n, 680 – con decreto reale del 31 agosto e regolamento del 13 novembre 1862), Aladinpensiero pubblica un intervento di M. Rita Longhitano, bibliotecaria della stessa Camera, che da conto di come all’indomani dell’unità d’Italia andasse a regolarsi l’economia dei diversi territori, con l’intervento delle istituzioni e delle imprese. L’articolo qui riprodotto fu pubblicato  sul numero 3/2001 di “Sardegna Economica”, rivista della Camera di Commercio di Cagliari.

La storia in biblioteca. Una fotografia dell’economia locale nelle statistiche camerali dell’Ottocento Compilate per adempiere una specifica disposizione della legge del 1862, le relazioni statistiche furono lo strumento, utilizzato dalla Camera di commercio ed arti, per informare il Governo sullo situazione economica della provincia e promuovere gli interessi dell’industria e del commercio. Oggi sono un’eccellente fonte informativa a disposizione degli studiosi della storia economica locale.

di M. Rita Longhitano, Servizio biblioteca Camera di commercio di Cagliari

Fu la legge 6 luglio 1862, n. 680 che, poco più di un anno dopo la proclamazione ufficiale del Regno d’Italia, segnò la nascita delle Camere di commercio ed arti, ossia di quegli enti che, ancora oggi, sono chiamati a rappresentare e promuovere gli interessi delle imprese e che occupano una posizione di rilievo, nella vita economica del nostro Paese [ 1 ]. La legge istitutiva demandò al Governo la determinazione della sede e della circoscrizione territoriale di ciascuna Camera. Così con il R.D. 31 agosto 1862, n. 814, fu istituita la Camera di commercio ed arti di Cagliari, la cui giurisdizione fu estesa a tutta la provincia. Concluse le prime elezioni camerali, indette dal decreto 13 novembre 1862, n. 971, la Camera cagliaritana fu insediata l’11 gennaio 1863, nella maestosa cornice dell’aula magna della Regia Università. La cerimonia d’insediamento offrì l’opportunità di riflettere sull’importanza e sul significato di una Camera di commercio ed arti a Cagliari. Il prefetto Carlo Torre, con il suo discorso eloquente, illustrò i fini generali di questa “istituzione colla quale lo Stato intende di applicare la Scienza e la pratica della Giustizia alla vita e [allo] sviluppo progressivo delle arti utili di un popolo” [ 2 ]. Evidenziò così le funzioni prettamente consultive della rappresentanza commerciale ed industriale, chiamata ad interpretare e tutelare gli interessi delle categorie produttive e rappresentarli presso il Governo, promuovendo con dati, informazioni e proposte, l’adozione di adeguati provvedimenti. In termini meno teorici egli invitò i neoeletti a lavorare perché la Sardegna potesse disporre di un ”sistema di agricoltura adeguato alla sua feracità naturale” e di un sistema mercantile strutturato  in modo da rendere agevole lo smercio delle sue ricchezze, oltre che di un’adeguata rete ferroviaria il cui sviluppo, si ritenne, avrebbe portato l’incremento della popolazione, il miglioramento dell’agricoltura e della pastorizia, l’estensione dei  commerci ed una più diffusa istruzione popolare [ 3 ]. Alla Camera di commercio di Cagliari era stato affidato un compito elevatissimo. Ma risvegliare le forze commerciali ed industriali “in un’epoca in cui le comunicazioni stradali, postali e commerciali erano la negazione del progresso, le industrie ed i traffici un desiderio, l’associazione e la cooperazione sconosciute, l’usura spadroneggiante” [ 4 ], non era certo facile. Peraltro, solo disponendo di un quadro dettagliato dello stato economico della provincia, la Camera sarebbe stata in grado di individuarne le necessità. Con queste finalità, ma anche con l’intento di adempiere le disposizioni della legge n. 680, che all’art. 2 lettera b, prevedeva la pubblicazione annuale di una relazione statistica, la Camera cagliaritana predispose un inventario della produzione industriale e del movimento commerciale. La collaborazione degli altri Uffici cittadini fu determinante. I dati relativi al movimento commerciale della provincia furono compilati avvalendosi dei lavori degli Uffici Doganali. Per quelli relativi alla navigazione furono utilizzati i dati messi a disposizione dal Comando del porto. Per le miniere si ricorse ai dati offerti dalla Prefettura. Maggiori difficoltà si ebbero invece per la statistica agraria. La Camera doveva colmare la mancanza di uno studio aggiornato sullo stato delle produzioni agricole, che evidenziasse le varietà e le quantità prodotte, il numero degli uomini impiegati, gli animali e gli strumenti utilizzati. E non solo! La Camera, come avrebbe potuto promuovere il progresso delle attività agricole senza disporre di uno studio sul clima, sulle risorse idriche disponibili, sullo stato dei boschi e sui mezzi di comunicazione? Dare a tutte queste domande delle risposte attendibili, si ritenne fosse essenziale, per assolvere, nel migliore dei modi, il mandato cui la Camera era stata chiamata. Non ci fu altra strada se non quella di ricorrere ai Sindaci ed alle Giunte comunitative di statistica. E, sfidando la diffidenza di chi pensava che l’indagine avviata dalla Camera fosse preludio di maggiori imposizioni fiscali, furono predisposti dei questionari a stampa. Dopo averli inviati ai 261 comuni della provincia, tramite una circolare pubblicata sulla Gazzetta popolare e sul Foglio della Camera di commercio ed arti di Cagliari [ 5 ] fu richiesta la compilazione. Solo poche amministrazioni non risposero mentre la maggioranza, contrariamente alle attese, fece pervenire dati attendibili. Per i comuni mancanti furono indicati dati approssimativi. Un’apposita Commissione di statistica composta dal presidente Enrico Serpieri, Camillo Fevrier, Luigi Cheirasco, Gaetano Rossi-Doria (relatore) e dal segretario Palomba, curò l’elaborazione dei dati e la stesura delle relazioni. Così il 2 Agosto 1864 fu approvata la Prima relazione sovra la statistica e l’andamento del commercio e delle industrie della provincia di Cagliari nel 1863. Per volontà della Commissione di statistica le relazioni furono disposte in modo che prima figurassero le produzioni agricole (cereali, vino, cotone, bachi da seta, olio, lino, ortaglie e frutti, bestiame), poi le produzioni delle miniere ed infine i doni del mare: la pesca del corallo, le tonnare e le saline. A corredo furono predisposti dettagliati quadri statistici nei quali, i dati presi in esame furono proposti con riferimento al singolo comune, nell’ambito del circondario di appartenenza. Nei quadri riassuntivi furono poi evidenziati, i totali dei quattro circondari (Cagliari, Oristano, Iglesias e Lanusei) e, di conseguenza, quelli dell’intera provincia. Fu un lavoro da certosino che, in poco meno di cento pagine, riuscì a fotografare, con estrema chiarezza, lo stato di un’economia in difficoltà: sofferente per il mancato progresso dell’agricoltura e per il poco impulso dato all’industria manifatturiera. La Commissione di statistica non si limitò a riferire al Ministro d’agricoltura industria e commercio il risultato dell’indagine, ma andò ben oltre, proponendo gli interventi ritenuti più urgenti per il risanamento dell’economia sarda. E, dopo aver ampiamente argomentato sulla validità delle soluzioni proposte, con enfasi concluse: ”L’agricoltura per fiorire in Sardegna ha bisogno di braccia? Ebbene si colonizzi. Ha bisogno di capitali? Si istituisca la Banca Agraria. Le industrie abbisognano d’incoraggiamenti, d’istruzione tecnica? Si aiutino con i mezzi necessari al loro sviluppo. Si estenda l’istruzione pratica, e col mandare allievi ad apprendere negli empori del commercio e delle industrie si provveda la Sardegna di esperti imprenditori, di buoni e istruiti operai. Finalmente il commercio ha bisogno di un porto più ampio per meglio e più facilmente eseguire i legni a vapore ed a vela le loro operazioni? Ebbene si slarghi il porto. Ha bisogno di mezzi di raddobbo? Si pensi a provvederli, ed infine è necessario l’abbattimento dei bastioni? Il Governo ne autorizzi la demolizione, e così mentre si cancellano le tristi memorie del passato, si renderà più piacevole l’aspetto della città, si soddisferanno urgenti bisogni, si faran paghi i voti del pubblico, ed al commercio s’infonderà più vigore aprendogli gli sbocchi necessari” [ 6 ]. Come previsto dalla legge 680, la statistica sull’andamento del commercio e delle industrie fu aggiornata negli anni successivi. Tuttavia ai toni entusiastici e fiduciosi, che caratterizzarono la prima relazione, si sostituirono quelli lamentevoli per i mancati interventi del Governo a sostegno dell’economia locale. Non fu dato avvio all’esecuzione di opere dispendiose, ma anche le richieste meno costose, come la modifica del regolamento doganale o l’abbattimento dei bastioni, non ebbero risposta. L’atteggiamento del Governo, che troppo spesso non considerò il parere delle Camere di commercio, fu oggetto di dure critiche da parte della rappresentanza cagliaritana che, già nella relazione statistica per l’anno 1865, manifestò i propri dubbi sull’utilità di queste amministrazioni locali [ 7 ]. “Quando finalmente verranno ascoltate le istanze di questa Rappresentanza – si legge nella relazione – e specialmente quelle che si riferiscono allo svolgimento artistico, commerciale ed industriale della provincia, in allora si dirà che giustizia fu fatta e s’avrà occasione di dir finalmente – la legge 1862, per la provincia di Cagliari non è una vana parola” [ 8 ]. Per un quinquennio, dalle statistiche camerali emerse l’immagine di una Sardegna abbandonata, bisognosa di aiuti e per la quale fu costantemente invocata l’adozione di quelle misure ritenute valide per il risanamento dell’economia, individuate e proposte dalla Camera fin dal 1864. Soltanto nella relazione per gli anni 1868/70 la Camera poté “cambiare metro e tono al suo dire” e constatare che “le parole colle quali continuamente si insisteva non furono tutte perdute nel deserto” [ 9 ]. Il Governo cominciava a dare i primi segni del proprio interessamento per la Sardegna, e l’avvio dei lavori ferroviari, ai quali erano legate molte speranze per il progresso economico, bastò a ridare fiducia. Si pensava, infatti, che i lavori ferroviari sarebbero continuati fintanto che i due capi dell’Isola non fossero stati collegati. E, una volta migliorate le vie di comunicazione, sarebbe stato più agevole lo scambio dei prodotti. Apprezzando gli interventi del Governo a favore della terra sarda e la sollecitudine con la quale fu dato impulso alla scuola per capi minatori ad Iglesias, la Commissione di statistica non mancò di richiamare l’attenzione sulla necessità di avviare i lavori per il porto di Cagliari e le riviere d’approdo. Solo una radicale sistemazione di quelle che, per la produzione locale, rappresentavano l’unica via d’uscita verso il mercato nazionale ed internazionale, avrebbe permesso di cogliere pienamente tutti i benefici portati dalle strade ferrate. Così come non perse l’occasione di evidenziare che, l’incremento rilevato nelle produzioni agricole fu solo da attribuire a “più felici combinazioni climatologiche” piuttosto che all’aumento delle braccia o all’impiego di mezzi meccanici o, ancora, alle opere di bonifica o a qualche grande operazione per la quale, al contrario, si auspicava la più sollecita partecipazione della Sardegna ai benefici del credito fondiario. Con la circolare ministeriale 15 gennaio 1879, in aggiunta alla relazione annuale, fu richiesta alle Camere di commercio ed arti, una rassegna bimestrale sulle vicende di maggior rilievo legate ai commerci ed alle manifatture della Provincia. La Camera di commercio di Cagliari accolse con poco entusiasmo questa nuova richiesta sia in considerazione del carattere prevalentemente agricolo dell’economia locale, sia per la gravosità del nuovo onere, al quale non avrebbero certo fatto seguito i solleciti riscontri del Governo [ 10 ]. Le uniche vicende del commercio furono quelle connesse al movimento industriale delle miniere. Al riguardo la Camera denunciò i rallentamenti subiti dal settore, sia per effetto della crisi che colpì l’intera Europa, sia per la mancata sistemazione del porto di Cagliari e l’aumento delle tariffe ferroviarie. Cause per le quali la rappresentanza cagliaritana provvide a sollecitare adeguati interventi ma in relazione alle quali nessun provvedimento fu assunto. In particolare l’aumento della tariffa ferroviaria impedì il pieno utilizzo del nuovo mezzo di comunicazione del quale ci si serviva solo per il trasporto dei minerali in grado di sopportarne l’alto prezzo. Un numero elevato di impresari continuava a servirsi dei carri mentre altri furono costretti a sospendere i lavori a causa dell’elevato costo dei trasporti. Le poche industrie della provincia soffrivano inoltre per l’applicazione della legge sul dazio di consumo che colpì, primo fra tutti, il carbone. Alle difficoltà del commercio e delle industrie non supplì certo l’industria agricola, le cui vicende furono quelle “che derivano da continuati falliti raccolti per straordinarie ed avverse vicissitudini atmosferiche, dalla mancanza di capitali, dal difetto di sicurezza, dall’insalubrità delle più feconde zone agricole, per l’abbandono assoluto del corso delle acque, dagli errori catastali, dalla mancanza delle volture che causando le quote inesigibili, fanno ricadere l’onere delle imposte, gravitanti sopra gli appezzamenti male intestati, sugli altri contribuenti che non li possiedono, e dal soverchio gravame, infine dell’imposta fondiaria che per le frequentissime subaste, va a rendere poco alla volta demaniale la maggior parte delle proprietà private” [ 11 ]. Cause ampiamente spiegate nelle relazioni statistiche precedenti ed alle quali il relatore rimanda. La finalità principale delle relazioni bimestrali [ 12 ] fu quella di far conoscere al Governo l’attualità economica. E sebbene in un primo momento si pensasse che la compilazione di queste relazioni potesse mettere in secondo piano quelle annuali, in realtà non fu così. Le relazioni bimestrali furono rapporti immediati tramite i quali fu possibile avere riscontro dell’attività produttiva. Con le relazioni annuali, oltre ad avere una dettagliata conferma delle varie produzioni, la Camera ebbe la possibilità di evidenziare quali attività progredissero e quali indietreggiassero, suggerendo così quali attività fosse opportuno incoraggiare e quali invece fosse conveniente abbandonare. Tramite le relazioni annuali, la Camera indicò al Governo i desideri, i bisogni e le aspirazioni del commercio e delle industrie proponendo i mezzi ritenuti più idonei per soddisfarli. A partire dal 1875, anno in cui fu approvata la relazione statistica per il biennio 1870-71, la Camera propose spesso lo “stato comparativo” relativo all’ultimo quinquennio o settennio [ 13 ]. Le tavole comparative, evidenziando le tendenze delle diverse attività economiche, permisero di verificare i progressi raggiunti e di indagare le cause permanenti dei regressi. Il primo stato comparativo fu quello relativo al quinquennio 1867-1871. La sua compilazione consentì alla Camera di dimostrare l’approssimazione al vero delle statistiche, tramite il riscontro dei dati con accertati fatti economici [ 14 ]. Merito questo non solo della Camera di commercio ma anche delle Giunte comunali di statistica le quali, superato il primo momento di diffidenza, mostrarono una fattiva collaborazione. La Camera, segnalò al Ministro d’agricoltura industria e commercio le Giunte comunali di statistica più assidue e fedeli nella compilazione dei moduli, perché potesse premiarle. Tra queste individuò come “modelli da imitare” le Giunte comunali di Terralba, Carloforte, Villasor, Villacidro e Muravera poiché erano solite accompagnare i dati con utilissime osservazioni. E si compiacque il relatore del fatto che “cominci poco alla volta a far breccia nei comuni il principio che la statistica giovi anche a meglio porre in evidenza i bisogni che dessi più da vicino risentono ed a dimostrare, colla scorta delle cifre, la giustizia di dare pronta esecuzione ai provvedimenti che invocano” [ 15 ]. In poco meno di quarant’anni, il contributo della Camera a favore della statistica economica della provincia è stato notevole. Tanti sono stati gli ostacoli e le difficoltà che ha dovuto superare per portare a termine simili lavori. Tuttavia non è mai venuto meno il convincimento che essi “possono [...] appagare la scienza ed il serio e sagace amministratore [...]; la prima se ne può giovare per stabilire anche storicamente certi fatti economici che con una lacuna rimarrebbero sconosciuti, il secondo vi può ricorrere per trovare in questa catena numerica la guida, che all’occasione valga anche a fargli schivare errori funesti”[ 16 ]. Con queste finalità furono compilate. Oggi, per le stesse finalità, la biblioteca camerale le conserva.

NOTE. 1. Nell’Italia preunitaria esistevano 26 Camere di commercio. Raggiunta l’unità nazionale, fu necessario dare a queste istituzioni un assetto uniforme ed adeguato alle mutate condizioni politiche. – 2. Per l’inaugurazione della Camera di commercio in Cagliari. Discorso del prefetto Carlo Torre. Cagliari 1863, p. 11. – 3. ibidem p. 14-15. 4. B. Maccioni Lay, La Camera di commercio di Cagliari ed i suoi atti, in “L’avvenire di Sardegna” 20 dic. 1888. 5. Il Foglio della Camera di commercio ed arti di Cagliari fu pubblicato il primo e il terzo sabato di ogni mese. Cessò le pubblicazioni nel 1864. 6. Camera di Commercio ed Arti di Cagliari, Relazione sovra la statistica e l’andamento del commercio e delle industrie della provincia di Cagliari nel 1863…, Cagliari 1863, p. 52. 7. “… o queste locali amministrazioni siano tenute come quelle che esprimono i bisogni del paese, e allora nelle sporte loro istanze siano esaudite, oppure se ne faccia senza e si sopprimano.” Camera di Commercio ed Arti di Cagliari, Relazione sovra la statistica e l’andamento del commercio e delle industrie della provincia di Cagliari nel 1865, Cagliari 1886, p. VII. 8. ibidem, pag. XXI – 9. Camera di Commercio ed Arti di Cagliari, Relazione sovra la statistica e l’andamento del commercio e delle industrie della provincia di Cagliari dal 1868 al 70…, Cagliari 1871, p.VII. – 10. “… ma a che varranno le relazioni annuali, o bimestrali, fossero ancora giornaliere fatte al Governo, colle quali si denunciano codeste cause dalle rappresentanze locali, intente a riconoscerle e manifestarle per porvi rimedio, quando mai si provvede? A che giovano le relazioni che precedono anche i progetti delle leggi quando i principii che si accampano non armonizzano perfettamente con la realtà delle cose?” Camera di Commercio ed Arti di Cagliari, Relazione bimestrale sulle condizioni del commercio e delle industrie della provincia (gennaio e Febbraio 1879), al Signor Ministro D’Agricoltura, Industria e Commercio, Cagliari 1879, p. 6. – 11. ibidem p. 4 12. Le prime relazioni bimestrali furono pubblicate a cura della Camera di commercio di Cagliari, con una tiratura di poche centinaia di copie. Da 1881 le relazioni bimestrali furono pubblicate sul quotidiano L’Avvenire di Sardegna. 13. Nelle relazioni di fine secolo lo stato comparativo è riferito al decennio precedente. 14. Il relatore si sofferma in particolare sul movimento settennale dei prodotti agricoli. Per quanto concerne la produzione, il valore più esiguo è quello relativo al 1867, anno della grande carestia. 15. Camera di Commercio ed Arti di Cagliari, Relazione sovra la statistica e l’andamento del commercio e delle industrie della provincia di Cagliari nel biennio 1870-71…, Cagliari 1875, p. IX. 16. ibidem, p. V. [questo articolo è stato pubblicato sul numero 3/2001 di "Sardegna Economica"] (Nella foto ritratto di Enrico Serpieri, primo presidente della Camera di Commercio di Cagliari, quadro esposto nella sala riunioni della stessa Camera nel Largo C.Felice, Cagliari)

 

One Response to I 150 anni della Camera di Commercio di Cagliari

  1. [...] di Cagliari per il centocinquantennio ce ne daranno occasione. Intanto vogliamo riproporre un contributo di Rita Longhitano, bibliotecaria della stessa Camera, che si sofferma sulle prime relazioni annuali degli amministratori camerali rivolte al governo [...]

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