America, America

d7d8dc81-ae85-42ec-93cf-6fc420c7712c​IL TENTATIVO FALLITO DI SEDIZIONE DEI REPUBBLICANI
di Marino de Medici

Alla fine, ha vinto la costituzione americana, una delle più vecchie al mondo ma ancora fonte di ispirazione per le democrazie, parlamentari o presidenziali che siano. La Corte Suprema ha emanato un breve comunicato in cui respinge l’incostituzionale richiesta dell’Attorney General del Texas alla corte di attribuire al presidente uscente Trump i voti elettorali di quattro stati: Wisconsin, Pennsylvania, Michigan e Georgia. Si trattava, come tutti sanno, di un tentativo di ribaltare l’esito delle elezioni. Ma quel che è più grave, sfortunatamente sottaciuto dai media, è che l’azione di quell’Attorney General rappresentava il preludio ad una vera e propria sedizione. Trump ed i suoi scherani al Congresso avevano messo in atto un’offensiva contro la democrazia americana esacerbando una tradizione del partito repubblicano quale massa d’urto reazionaria e anti-maggioritaria. Questa è ormai l’essenza del movimento conservatore americano che fa del partito repubblicano non già un partito di minoranza – che non è lontanamente paragonabile a quella che in un contesto democratico è nota come “l’opposizione leale” – ma uno schieramento politico che mira a conquistare il potere al servizio dei suoi interessi partigiani e ideologici. Tutto ci si può aspettare da questo schieramento, privo di qualsiasi impegno nei confronti della democrazia elettorale.
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La situazione creatasi in America non è dissimile in fondo a quelle di stati autocratici dove i personaggi al comando non hanno altro obiettivo che restare abbarbicati agli strumenti di potere. Ma il problema americano ha preso ua svolta ben più traumatica e senza precedenti, quella che vede un presidente portato all’autocrazia avvalersi della “lealtà” di un partito che non riconosce l’esito delle elezioni avverso all’autocrazia e che affianca Trump nel tentativo di cancellare tale esito. Sono più di cento i membri repubblicani del Congresso che hanno sottoscritto il ricorso dell’Attorney General del Texas alla Corte Suprema. Di fatto, hanno preso posizione contro il dettato della costituzione ed a favore di un presidente che di fatto chiede alla Corte Suprema di ignorare gli articoli di auto-governo sanciti dai Padri Fondatori.

L’arma di cui si è servito Trump è quella dei social media, una singolare disgrazia in cui è incappata la democrazia americana. Egli è giunto a sostenere su Twitter che una “software” (di origine esterna agli Stati Uniti, ha fatto capire) ha cancellato 2.700.000 voti nella nazione ed ha spostato 435.000 voti al suo avversario Biden. Quando il direttore dell’agenzia per la sicurezza elettronica, Chris Krebs, ha fatto sapere che non c’era stato alcun spostamento elettronico di voti, Trump lo ha licenziato in tronco. Le fantasiose accuse del presidente hanno tirato in ballo diaboliche macchinazioni del finanziere Soros e del dittatore venezuelano Hugo Chavez, morto nel 2013. Ma il partito repubblicano non ha battuto ciglio dinanzi a tali corbellerie.

Il futuro che attende il partito repubblicano dopo che Trump sara’ uscito dalla scena non è prevedibile, tanti e tali sono i possibili sbocchi della crisi che ha spaccato in due l’America. E’ indubbio comunque che si tratti di una crisi esistenziale che ha portato il Paese all’orlo del caos civile. Questo spettro rientrava nei piani del presidente in quanto alterava il sistema di “checks and balances” istituito dai Padri Fondatori e affidato per la sua parte vitale al Congresso. Il fidato Attorney General William Barr si incaricava di neutralizzare l’applicazione di misure attinenti alla corruzione presidenziale che i “checksnand balances” avrebbero dovuto moderare. Tra i tanti misfatti di Barr, uno dei più vergognosi era lo sforzo di criminalizzare la comunità di intelligence per le sue indagini nell’interferenza russa nelle elezioni del 2016. Barr assecondava le menzogne del presidente, ferocemente contrario al voto per posta, giungendo a dichiarare che “il voto segreto non esiste”. Peggio ancora, Barr si rifiutava di moderare la condotta di Trump che apertamente incoraggiava estremisti ultra e milizie assortite. Barr però riservava una sorpresa perché nel bel mezzo della rovente controversia sui brogli elettorali pervicacemente denunciati da Trump annunciava pubblicamente che non si erano verificate frodi elettorali. A parere di molti, l’uscita di Barr era dovuta non tanto ad un ripensamento circa l’assurdità degli sforzi trumpiani volti a ribaltare il risultato delle elezioni quanto al desiderio di presentare l’America come una “nazione cristiana” dedicata ad “un ordine morale trascendentale con norme obiettive per quel che e’ giusto od errato”.
Nella visione politica di Barr, i democratici intendono creare una “utopia progressista” priva della benedizione di Dio. Convinzioni religiose di Barr a parte, resta il fatto che ha smentito il presidente. L’immediata furiosa reazione di Trump lascia pensare che l’Attorney General abbia i giorni contati. In realtà, tra Trump e Barr resta l’unità di intenti volta a plasmare una presidenza autoritaria, con una magistratura conservatrice ed una Corte Suprema chiamata a consolidare l’affermazione di una potente destra.

Un aspetto sconcertante dell’America contemporanea è la facilità con cui le parti in causa ricorrono ad un vocabolario di crimini di stato e contro lo stato, che includono la sedizione, le congiure, l’insurrezione e il minacciato uso della forza. Queste minacce non accennano a scomparire ma sconfinano in campi dove dovrebbe agire il senso di comunità che ha fatto grande l’America. Un portavoce del Dipartimento della Sanità era giunto al punto di accusare gli esperti federali di “sedizione” affermando che la loro condotta nella lotta al coronavirus mirava a spodestare il presidente.
Il concetto di sedizione, beninteso, concerne l’uso della forza per rovesciare un governo, ma ai giorni nostri viene invocato a proposito della sfrontata resistenza di Trump al trapasso dei poteri all’indomani della sua sconfitta elettorale. Alla base, c’è il fatto che i sostenitori di Trump sono ricorsi ad azioni aggressive, imbracciando armi, sulla scia di affermazioni provocatorie del presidente. Questa è una formula che può condurre ad un’effettiva sedizione, avvertono gli esperti costituzionalisti.

In ultima analisi, la democrazia elettorale supera una prova esistenziale per il rotto della cuffia. Era in gioco infatti il diritto dei cittadini americani di eleggere i propri governanti, un diritto fondamentale nel sistema politico americano. E’ devastante che un folto gruppo di Rappresentanti alla Camera usi le sue prerogative per minare la democrazia elettorale mentre le legislature statali controllate dai repubblicani completano l’opera varando provvedimenti che sopprimono il voto delle minoranze di colore. Ma la richiesta alla Corte Suprema di rovesciare una consultazione elettorale rappresenta il colmo.
Donald Trump ha perso questa battaglia, ma la sua guerra estremista che nega la realtà non si arresta. Al presidente Biden e ai democratici non resta che combatterla con una leadership equilibrata, rispettosa della costituzione e di quei principi che Trump ha pervicacemente travalicato.

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