Draghi? Il dibattito è aperto e va avanti senza preclusioni

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disperazione AladinIl governo neo-democristiano di Mario Draghi
di Lucio Garofalo

Ricordo che i golpe, un tempo, venivano attuati dai militari, oggi li ispirano i grandi banchieri e i tecnocrati dell’alta finanza, emissari della Confindustria ed alti referenti del Vaticano. Tuttavia, in modo ipocrita li chiamano “governi tecnici”. Lungi da me l”intenzione di formulare un’analisi dietrologica: qui mi limito ad una presa d’atto, ad una mera constatazione di quanto è accaduto sotto i nostri occhi nell’ultimo mese. Ad insinuare dubbi non sono i “perfidi bolscevichi” ed i “sovversivi rossi”, bensì pennivendoli al servizio degli apparati di potere, alti funzionari organicamente inseriti nei Palazzi del potere da anni. Viceversa, stupisce (non più di tanto) che i soggetti di un fantomatico e vago “centro-sinistra”, in cui si riconoscono oggi il PD, il M5S e vari “cespuglietti”, non abbiano mai battuto ciglio, né proferito verbo, per denunciare, né per stigmatizzare una congiura di palazzo in piena regola, che è stata orchestrata da elementi politici che fanno capo al potere economico sovranazionale ed “anonimo”, vale a dire il capitalismo cosmopolita, che non è più tanto occulto ed agisce in modo eversivo. Una trama in cui il doppiogiochista Renzi ha fornito il ruolo dell’ariete di sfondamento, per rovesciare Conte e insediare un nuovo esecutivo, di tipo “tecnico”, che dai nominativi di alcuni ministri “riesumati” alla stregua del dottor Frankenstein (Brunetta e Gelmini, giusto per citare un paio di nomi che ci fanno rabbrividire), si preannuncia già tetro e sinistro. Mi viene in mente una vignetta disegnata da Vauro ai tempi del governo Monti, che apparve sul Manifesto, in cui un tizio chiedeva: “E la democrazia?”, e un altro rispondeva: “L’hanno pignorata le banche!”. È una sintesi geniale di quanto è accaduto ancora nella realtà odierna. Anzitutto, la squadra del neonato esecutivo Draghi, concentra una serie di figure legate a doppio filo con i poteri forti e tradizionali, che da anni condizionano il triste destino del nostro Paese: le banche d’affari, la Confindustria, il Vaticano, i vertici militari. Tali poteri sono rappresentati nel governo Draghi in modo completo, usando il vecchio “manuale Cencelli”. Infatti, figurano vari portavoce della Confindustria e dei poteri economici di regime, bocconiani, nonché docenti di università private, più alcuni fiduciari delle alte gerarchie ecclesiastiche, ed infine vecchi arnesi del berlusconismo, che credevamo, in modo ingenuo, che fossero ben riposti in una soffitta, e via discorrendo. Il loro compito sarà di ordine prettamente tecnico-esecutivo, più che politico, in quanto dovranno tradurre in atti ed in provvedimenti di legge immediati, le direttive dettate dai vertici del mondo confindustriale: si tratta di una linea politica sposata in pieno dalle più alte istituzioni globali, come il FMI e tutto l’establishment al completo, bancario e finanziario, di tipo sovranazionale. Si potrebbe azzardare l’ipotesi che Draghi sia solo l’esecutore di un “disegno” di commissariamento del governo del nostro Paese. Si è passati ad un tipo di esecutivo in cui figurano i referenti delle grandi banche d’affari, i “tecnici” confindustriali ed i referenti della curia pontificia, nonché lo “stato maggiore” berlusconiano. È arduo scegliere il “meno peggio” in un calderone pieno di personaggi a dir poco discutibili, di cui già abbiamo sperimentato le “capacità”: ricordo solo l’operato del già citato Brunetta. L’esecuzione dei principali punti programmatici prescritti dall’alto al governo del nostro Paese, da parte dei soggetti che in vari modi costituiscono l’emanazione più diretta delle più alte oligarchie del mondo finanziario, comporterà forse ulteriori violazioni dei diritti e principi di tipo democratico e sindacale, ovvero delle residue tutele sociali che ancora hanno garantito il mondo del lavoro nei comparti della Scuola e Pubblica Amministrazione in Italia. È assai lecito paventare il rischio che incasseremo ulteriori sacrifici in quanto lavoratori. Dalle enunciazioni ancora piuttosto vaghe e generiche, direi ambigue, a tal punto che Mario Draghi si potrebbe ribattezzare come “democristiano”, si evince una palese assenza di rottura rispetto alla linea seguita dai governi negli ultimi lustri. Al contrario, si coglie una linea di aperta continuità con la politica adottata in passato da diversi governi sul fronte economico-sociale, e in particolare sul tema dell’istruzione scolastica e della Pubblica Amministrazione.

Lucio Garofalo
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Vauro
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PRECEDENTI INTERVENTI NEL DIBATTITO
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CONTROCANTO
«Ti piace il presidente Draghi?»: «No. Non mi piace»
13-02-2021 – di: Tomaso Montanari su Volerelaluna.

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Piove a Roma e abbiamo il nuovo governo. Ci aspettavamo un maggiore investimento innovativo. Ma, nonostante tutto, vale la pena sostenere, critici e vigili. E la Sardegna? Per ora al palo. Qualcosa però si muove…
Aladinpensiero 12 febbraio 2021
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- La vignetta di Vauro è ripresa da web.

One Response to Draghi? Il dibattito è aperto e va avanti senza preclusioni

  1. […] Il governo Draghi è conseguenza dell’assenza di soluzioni politiche. Renzi ha provocato la crisi del Conte 2 senza porsi il problema di un’alternativa possibile, ora cerca di mettere il cappello sul governo Draghi. Lui ha certamente destabilizzato, ma altri hanno dovuto risolvere la crisi che ha provocato per evitare il crollo di credibilità delle istituzioni e il rischio di una crisi senza precedenti della nostra democrazia. Questa è la critica più forte e feroce agli irresponsabili destabilizzatori che hanno provocato scientemente la crisi della maggioranza politica precedente, costringendo a scelte di emergenza democratica, senza alternative se non le elezioni anticipate, finendo per favorire l’entrata nel governo di Forza Italia e della Lega. Non a caso la richiesta di elezioni anticipate è scomparsa tranne la flebile richiesta di Fratelli d’Italia. Certo il governo Conte 2 era in evidente affanno da tempo, prigioniero dei veti di Italia Viva e di suoi limiti politici. Le difficoltà del governo Conte 2 si sono manifestate con il taglio del parlamento, che ha trovato purtroppo il consenso parlamentare di tutta la maggioranza, malgrado i 3 voti contrari dati in precedenza dal Pd e Leu a questa modifica della Costituzione, voluta dalla precedente maggioranza giallo-verde. Il taglio è stato un colpo pesante al ruolo e alla credibilità del parlamento, al suo ruolo di rappresentante dei cittadini, a cui avevano già pesantemente contribuito l’abuso dei decreti legge, dei voti di fiducia e dei maxi emendamenti, usati a raffica per costringere il parlamento ad approvare i provvedimenti del governo. Quando i governi comprimono il ruolo del parlamento in realtà prenotano una loro crisi politica e di credibilità, perché la loro forza e legittimazione viene proprio dalla fiducia di chi è stato chiamato a rappresentare il paese. Per questo le sfide da affrontare sono paragonabili alla ricostruzione postbellica. La risposta a questa fase richiede non solo un sussulto di responsabilità del parlamento ma un protagonismo dei soggetti sociali, delle associazioni, delle persone che debbono con proposte e con la critica contribuire in modo non subalterno a costruire la nuova fase. Non è il momento di deleghe, occorre rivendicare un protagonismo della società che le rappresentanze politiche oggi non sono in grado di raccogliere. Alla luce dell’emergenza democratica e degli effetti nefasti del taglio del parlamento, è urgente anzitutto approvare una nuova legge elettorale proporzionale, senza soglie di sbarramento, senza liste bloccate decise dall’alto, con un collegio unico nazionale per garantire la massima proporzionalità, garantendo alle elettrici e agli elettori di poter scegliere direttamente i loro rappresentanti, ricostruendo anche per questa via un rapporto di fiducia tra eletti ed elettori. In più per il Senato occorre garantire la massima proporzionalità, dopo il taglio del parlamento, superando il vincolo costituzionale delle circoscrizioni regionali. Il compito di approvare una nuova legge elettorale, urgente ed indispensabile, è compito del parlamento. Votare con quella attuale vorrebbe dire mantenere in vigore una legge non costituzionale. Il governo non può sostituirsi al parlamento, come fece Renzi con l’Italicum imponendolo con voti di fiducia, ma può aiutarne il lavoro favorendo un’intesa sulla rappresentanza proporzionale e sul diritto dei cittadini di scegliere gli eletti. Il governo Conte 2 purtroppo non ha capito l’urgenza di una nuova legge elettorale. Certo la legge elettorale non basta, per ridare credibilità alla politica occorre anche regolare la vita democratica dei partiti, interrompendo la sciagura dei capipartito che decidono chi verrà eletto, e i partiti debbono ritrovare una capacità di progetto, mentre oggi sono ridotti a comitati elettorali. Occorre bloccare l’avventura politica ed istituzionale dell’autonomia differenziata tra regioni, chiesta da alcune regioni forzando la Costituzione e gli stessi referendum regionali, che finirebbe con l’indebolire l’unità nazionale e minacciare la parità di diritti previsti all’articolo 3 della Costituzione per tutti i cittadini italiani, a partire da settori fondamentali come il sistema sanitario nazionale e il sistema scolastico nazionale. Il governo può e deve fare una scelta, respingendo queste istanze al limite della secessione. La nostra Costituzione ha già subito fin troppi stravolgimenti che hanno peggiorato la funzionalità delle istituzioni italiane, per questo non deve essere al riparo da ulteriori modifiche, intervenendo solo quando è indispensabile correggere gravi errori compiuti con modifiche costituzionali precedenti. Ad esempio introducendo una norma costituzionale che garantisca l’interesse nazionale e obblighi il governo ad intervenire per farla rispettare in tutti i campi ritenuti essenziali, anche con poteri sostitutivi. Per il resto sarebbe meglio blindare la Costituzione contro ulteriori modifiche stravolgenti, ad esempio alzando la soglia necessaria per modificarla. La lotta alla pandemia in questa fase ha bisogno di vaccinazioni di massa, di riconoscimento delle variazioni del Covid 19, di sperimentazione di cure di avanguardia per salvare al massimo possibile le vite umane, prevedendo investimenti massicci nella medicina territoriale, per alleggerire il carico di malati degli ospedali e per evitare il taglio di altri interventi. La sanità è un campo che richiede una chiara, forte inversione di tendenza con investimenti massicci dopo anni di tagli nel settore pubblico. Il sistema sanitario è una risorsa pubblica al servizio della salute di tutti, il suo funzionamento deve tornare ai livelli più alti nel mondo, come in passato, organizzando il personale sanitario e para sanitario come una risorsa permanente del sistema, finendola con la precarietà del personale e con un piano per riportare in Italia e in Europa la produzione di tutti i presidi sanitari considerati indispensabili per garantire la disponibilità delle risorse necessarie. Per quanto riguarda il PNRR finalizzato all’uso delle risorse messe a disposizione dall’Europa, è indispensabile che l’utilizzo delle risorse europee avvenga in tempi rapidi fino all’ultimo euro, in aggiunta alle risorse nazionali, affidando alla maggior crescita del Pil il risanamento delle finanze pubbliche, escludendo in radice futuri interventi socialmente inaccettabili e lavorando per superare definitivamente in Europa le regole dell’austerità. Le finalità di fondo del PNRR dovranno essere ben chiare, a partire da una scelta sull’ambiente e sulla tutela del territorio come cifra di tutto il progetto, prevedendo l’uscita dall’uso delle risorse fossili nel più breve tempo possibile, compiendo scelte radicali come la diffusione a tappeto di tutte le energie rinnovabili. Scelte radicali, insieme ad altri paesi europei, possono collocare l’Italia all’avanguardia nella ricerca, nell’innovazione tecnologica, nell’occupazione di qualità, offrendo ai giovani una prospettiva occupazionale di grande valore per il futuro. Gestire la transizione dalla dismissione di tecnologie nemiche dell’ambiente e della salute a quelle green, innovative, rispettose dell’ambiente e del recupero del degrado, in grado di finalizzare l’istruzione e la diffusione dell’innovazione digitale, è la scelta più impegnativa per il governo, per il parlamento, per i partiti, per le associazioni, per i cittadini che vogliono contribuire a costruire l’Italia del futuro. Più partecipazione, più democrazia, più coraggio su ambiente e sviluppo green, sono le sfide davanti a tutti noi. Se il governo ascolterà le istanze più innovative darà un quadro di riferimento e di sviluppo alle energie migliori del nostro paese. Altrimenti verrà perduta un’occasione. —————- ————— Draghi? Il dibattito è aperto e va avanti senza preclusioni […]

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