Discutiamo di welfare, anzi di stato sociale, del quale urge una non più rinviabile profonda riforma

lllllampadadialadmicromicroIl compianto prof. Gianfranco Sabattini, di cui ci manca tantissimo il contributo di pensiero economico e non solo che ci assicurava con i suoi periodici (quasi quotidiani) articoli ospitati in prevalenza da Aladinpensiero, il manifesto sardo e Democraziaoggi, insisteva molto sulla necessità di una profonda riforma del sistema del welfare.
gsLui era un deciso sostenitore del reddito di cittadinanza, quello vero che riteneva essere altra cosa rispetto al RdC introdotto in Italia sulla spinta propulsiva del Movimento 5 Stelle. Riferendosi a illustri economisti, tra i quali James Edward Meade, premio Nobel per l’Economia del 1977, parlava più propriamente di “dividendo sociale” che si poteva – anzi per lui, si doveva – adottare in Italia come in Europa e nel resto del mondo, appunto nel contesto di un nuovo welfare, del quale nei suoi studi aveva delineato le principali caratteristiche. Occorre che tali riflessioni riprendano sia nelle sedi accademiche sia in quelle politiche e, in generale, del dibattito economico, sociale, culturale. E’ quanto in effetti sta accadendo, ma purtroppo in forme frammentate e tuttora prive degli sbocchi operativi che l’attuale gravissima situazione del Pianeta sconvolto dalla pandemia richiederebbe. Con queste convinzioni di seguito pubblichiamo una riflessione del professor Gianni Toniolo, apparsa il 1° maggio sul sito C3dem.

Stato sociale: tornare a Beveridge?
1 Maggio 2021 by c3dem_admin |
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di Gianni Toniolo

”Libertà dalla guerra e dalla paura della guerra. Libertà dall’ozio e dalla paura dell’ozio causato dalla disoccupazione forzata. Libertà dal bisogno e dalla paura del bisogno. Queste sono le tre libertà fondamentali. Questi sono gli obiettivi che dobbiamo perseguire con incessante determinazione”. Così William Beveridge introduceva il Rapporto che lanciò lo stato sociale postbellico. Era il 1942, le bombe cadevano su Londra mentre tutta Europa era occupata dai tedeschi. La sopravvivenza nazionale e individuale era la priorità assoluta. Malgrado ciò, c’era chi guardava lontano. Keynes programmava un nuovo ordine economico mondiale, Beveridge un patto sociale per le “libertà fondamentali”, entrambi avevano come obiettivo un’economia di piena occupazione.

Lo stato sociale, nato timidamente a fine Ottocento, ampliato in alcuni paesi negli anni Trenta, fiorì e si rafforzò in tutta Europa nel secondo dopoguerra, seguendo modelli in parte diversi, alcuni maggiormente fondati sulla cittadinanza (protezione di base a tutti i cittadini) altri più sul lavoro (protezione anzitutto ai lavoratori e alle loro famiglie). Nato dall’idea socialdemocratica di un patto tra capitale e lavoro, lo stato sociale fu attuato anche dai partiti conservatori cristiano democratici. La spesa sociale crebbe rapidamente in tutta Europa fino a agli anni Ottanta del secolo scorso, la crescita continuò poi a ritmo più lento. Il welfare state divenne una carattere distintivo, culturale e politico, dell’Europa occidentale. Anche gli Stati Uniti, sebbene con minore carica ideologica, accrebbero la spesa sociale. Altrettanto cominciarono a fare numerosi paesi in America Latina e in Asia.

Il “neoliberismo” lanciato da Reagan e Thatcher e fiorente negli anni Novanta e Duemila, malgrado il prestigio culturale che conquistò, non ebbe la forza politica di ridurre la spesa sociale che continuò a crescere, seppure a ritmi meno elevati che nel trentennio precedente, in quasi tutti i paesi, tranne che per brevi periodi nel Regno Unito e in Svezia, le due patrie originarie del welfare state. Benché la sua retorica dicesse il contrario, lo stesso Reagan non poté o non volle diminuire la spesa pubblica, che anzi aumentò. Lo stato sociale si dimostrò nei fatti, oltre le ideologie, soprattutto ma non solo in Europa, come un’istituzione consolidata, intoccabile pena la perdita di consensi elettorali. La sola cosa che potrebbe distruggerlo, nota Peter Lindert uno dei maggiori studiosi in argomento, è un debito pubblico fuori controllo.

Tutto bene, dunque? Certamente no. Non tanto per la quantità quanto per la qualità della spesa. Lo stato sociale europeo si è consolidato in un quadro demografico, tecnologico, sindacale e internazionale molto diverso dall’attuale. La sua inadeguatezza qualitativa spiega in parte, a mio parere, il diffondersi di ideologie populiste. La pandemia nella quale ancora viviamo ha messo a nudo lo scarto tra cittadini più e meno protetti. Faccio solo due esempi: lo stato sociale europeo, e massimamente quello italiano, è squilibrato a favore delle generazioni più anziane e del lavoro tradizionale, strutturato. Non si è adeguato alla fluidità del mercato del lavoro (anche di quella “buona”, non solo della Gig Economy). Non protegge sufficientemente il futuro dei giovani nel solo modo possibile: fornirli di cultura e formazione professionale adeguate a un buon inserimento nella società e nel lavoro. Tra le riforme delle quali si parla, penso che quella del welfare dovrebbe essere tra le prime. Anzitutto per equità, ma anche per favorire occupazione e sviluppo. Mi piacerebbe immaginare un “ritorno a Beveridge”, a una protezione universale di base per tutti i cittadini e le cittadine, indipendentemente da ogni altra loro qualifica.

Gianni Toniolo
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CHE SUCCEDE?
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PNRR: NOTE SU DIGITALE, OPERE PUBBLICHE, NON AUTOSUFFICIENTI. CASO PIETROSTEFANI ED EX BR
1 Maggio 2021 SU C3dem.
Vittorio Colao, “Con il digitale un’Italia più giusta per giovani e donne” (intervista a Repubblica). Enrico Giovannini, “I lavori pubblici del Recovery partono lunedì con regole nuove” (intervista al Sole 24 ore). Giuseppe Provenzano, “Recovery, punto di partenza per ridurre i divari del Sud” (intervista al Mattino). AGENDA DI GOVERNO E WELFARE: valutazione diverse: più critica Chiara Saraceno, “La fragilità incompresa” (La Stampa); più favorevoli Costanzo Ranci, Barbara da Roit, “Cura degli anziani, la riforma inizia dal Pnrr” (lavoce.info) e Network non autosufficienza, “Non autosufficienza: dal Piano una risposta alla società” (lavoce.info). Goffredo Buccini, “La scuola perduta dei ragazzi del Sud” (Corriere). CRISI MAGISTRATURA: Giulia Merlo, “Guida per orientarsi nel nuovo scandalo giudiziario” (Domani). Claudio Cerasa, “La giustizia è una patacca” (Foglio). La difesa di Giancarlo Caselli, “Volano i corvi che screditano i magistrati” (La Stampa). L’ARRESTO DI PIETROSTEFANI E DEGLI EX BR: Gustavo Zagrebelsky, “La pena e l’umanità” (Repubblica). Adriano Sofri, “La rinuncia alla violenza e l’estradizione che incombe su giusti e ingiusti” (Foglio). Marco Boato, “Macron cerca voti. Non credo che ci sia bisogno di giustizia” (intervista a Repubblica). Bruno Vespa, “Vi racconto il mio compagno Pietrostefani” (Qn). Giampiero Mughini, “Lotta Continua, la dottrina Mitterrand e la feccia della mia generazione”. Gad Lerner, “Lotta continua, sbaglia chi dice che fu terrorismo” (Il Fatto). Gianni Barbacetto, “Una vendetta? Non direste le stesse cose per i fascisti delle stragi” (Il Fatto). Mario Chiavario, “A giusto passo senza passerelle” (Avvenire). Giovanni Maria Flick, “Lo Stato non si vendica. Il carcere può rieducare anche i terroristi” (intervista a Il Giornale). Luciano Violante, “Le sentenze vanno eseguite, ma poi c’è la riconciliazione con le vittime e la società” (intervista al Corriere).
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IL LAVORO PERDUTO. L’INCONTRO LETTA-CONTE-BETTINI
1 Maggio 2021 su C3dem.
Dario Di Vico, “La verità sul lavoro perduto” (Corriere della sera). Linda Laura Sabbadini, “L’impiego scomparso per chi era già fragile” (Repubblica). Luigino Bruni, “I giusti salari della virtù” (Avvenire). Luigi Sbarra (segr. naz. Cisl), “Un Patto sociale per realizzare le grandi riforme” (Messaggero). Maurizio Molinari, “Lavoro, scriviamo i nuovi diritti digitali” (Repubblica). Enrico Letta, “Lavoro. Un nuovo Patto per il Pd” (Manifesto). GOVERNO E PARTITI: Nando Pagnoncelli, “Pd a un punto dalla Lega. FdI sorpassa i 5 Stelle” (Corriere della sera). Francesco Verderami, “Draghi, i partiti e le riforme da fare” (Corriere). Marco Follini, “I partiti sempre in bilico tra lotta e governo” (La Stampa). Claudio Cerasa, “Il pragmatismo di Draghi in cinque sfide” (Foglio). Enrico Letta, “Con Salvini tornerebbe il lockdown” (intervista a La Stampa). Stefano Feltri, “Perché a sinistra nessuno vuole essere il Biden italiano” (Domani). Mario Giro, “La fiera delle debolezza dei partiti spaventati dalle prossime elezioni” (Domani). CONTE-LETTA: Carlo Bertini, “Tra Conte e Letta il fidanzamento celebrato da Bettini” (La Stampa). Maria Teresa Meli, “Letta-Conte, l’asse per le comunali non c’è” (Corriere della sera). Daniela Preziosi, “Letta-Conte, incontro ravvicinato, ma c’è un problema di linea” (Domani). Marcello Sorgi, “Nozze difficili tra Conte e il leader dem” (La Stampa). Luca Ricolfi, “Happy Letta. Il Pd e il superamento dell’antipatia” (colloquio col Foglio). Piero Ignazi, “La destra è più unita di quel che sembra, la sinistra no” (Domani). Marco Filippeschi (pd), “Radicalità e primarie per il Pd. E alleanza con i 5 Stelle” (intervista a Il Riformista). Claudio De Flores, “L’inganno maggioritario nuoce al Pd” (Manifesto).
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1-ma-2021-bis- Gli editoriali del Primo Maggio
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3 Responses to Discutiamo di welfare, anzi di stato sociale, del quale urge una non più rinviabile profonda riforma

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  2. Ho una proposta radicale che reinventa la moneta stessa.
    Moneta Biologica!
    La moneta biologica si usura col tempo e lo scambio.
    In un modello ogni anno e a ogni scambio un dodicesimo del suo valore è perduto.
    La moneta biologica deve essere riemessa costantemente altrimenti scomparirebbe.
    La sua riemissione, al contrario delle monete comuni,  non genera inflazione.
    La moneta biologica elimina le tasse e l’evasione fiscale e i paradisi fiscali e il fisco stesso!
    La pressione fiscale diventa impersonale e a carico della moneta stessa.
    Non c’è necessità quindi di dichiarazione dei redditi né di tutta la burocrazia connessa e il fisco diventa inutile.
    La moneta biologica è prodotta in ragione delle persone stesse che è come se la generassero col loro respiro.
    Una parte allora può usarsi per pagare la spesa pubblica senza dovere rivolgersi ai contribuenti mentre un’altra può costituire un REDDITO UNIVERSALE.
    La pressione fiscale rimane progressiva perché i redditi bassi hanno il prelievo fiscale compensato dal REDDITO UNIVERSALE che gradualmente diventa insufficiente a compensare i redditi alti.
    In totale si ha l’eliminazione di tutte le tasse, a meno che non si vogliano regolare particolari settori, e una redistribuzione della ricchezza.

    Per approfondire: https://esogeomedismo.net/2020/09/03/considerazioni-su-moneta-biologica-equivalente/

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