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Editoriali
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Vogliamo la Pace nel mondo non la guerra diffusa
RESISTENZA E RESA
di Raniero La ValleLa guerra in corso in Ucraina e una campagna elettorale infelice, tra le più drammatiche nella storia della Repubblica, costituiscono l’intreccio perverso nel quale è implicata oggi la nostra vita e la nostra azione pubblica. Anche il nostro obiettivo di una Costituzione della Terra ne è duramente messo alla prova.
Dinanzi a queste due emergenze dobbiamo registrare purtroppo una risposta di rassegnazione e una doppia resa.
La prima nei confronti di questa guerra, che viene identificata con la “fine della pace” e il ritorno a un mondo diviso da un conflitto permanente tra il blocco occidentale e quello opposto. Tale conflitto, passando per la neutralizzazione della Russia, dovrebbe concludersi (ammesso che sfugga all’olocausto atomico) con la partita finale tra l’America (o la NATO) e la Cina. Questa visione comporta la fine della globalizzazione, il ritorno al mercato selvaggio in cui irretire anche il nuovo protagonismo cinese, l’abbandono delle politiche ecologiche, la rinunzia alla prospettiva di un’umana unità del mondo.
Qui la resa consiste nel dare tutto ciò per scontato, nel dedurne un unico allineamento possibile dell’Italia, quello con la NATO e l’Europa a lei fedele, e nel considerare ogni infrazione di questa ortodossia un attentato alla sicurezza dell’Italia: lo dice il coro mediatico ed è quanto sostiene il ministro Di Maio, che invoca una Commissione parlamentare d’inchiesta per snidare quanti abbiano intrattenuto rapporti amichevoli con la Russia, dimenticando che la cura dell’amicizia con la Russia e con ogni altro Paese faceva parte fino a ieri dei suoi doveri come ministro degli Esteri, e ignorando che l’ostinazione dei governanti nel voler dare la propria sicurezza in ostaggio alla NATO è quella che ha gettato l’Ucraina nell’attuale tragedia.
La seconda rassegnazione è quella all’incubo di una vittoria elettorale della Destra, che darebbe l’Italia alla Meloni, la “mujer” che non giudica il fascismo ma, imparziale, lo “consegna alla storia”. Di più, obbedendo ai sondaggi e miracolando la Destra, l’ingegnosa legge elettorale vigente riporterebbe al ministero degli Interni Salvini, che chiuderebbe in faccia ai naufraghi il chiavistello dei porti e, con appositi accordi, sulle orme di Minniti, provvederebbe a far loro riaprire le porte delle carceri e dei lager libici. Per non dire della festosa ascesa di Berlusconi alla presidenza del Senato, e magari al Quirinale.
Qui la resa consiste nel considerare questi risultati come già acquisiti, abbandonandosi alla sindrome della sconfitta, e cercando di salvare il salvabile o almeno se stessi, “perdendo con onore”.
L’iniziativa, di cui vi do qui l’annuncio, è un tentativo di resistere ad ambedue queste rassegnazioni e di reagire a questa doppia resa. Essa infatti incrocia sia la guerra che le elezioni, ed è sottoscritta da un gran numero di elettori, “sovrani e sovrane”, ispirati ai valori costituzionali e agli ideali di una vasta rete associativa del mondo laico e di quello cristiano. Si tratta di un invito ai candidati di tutti i partiti a guardare più in alto e a prendere l’impegno di promuovere, nel futuro Parlamento, un Protocollo da sottoporre a tutti gli Stati e da allegare sia al Trattato sull’Unione europea che allo Statuto delle Nazioni Unite: un “PROTOCOLLO SUL RIPUDIO SOVRANO DELLA GUERRA E LA DIFESA DELL’INTEGRITÀ DELLA TERRA”.
Il ripudio è quello già sancito dalla Costituzione italiana e previsto dalla Carta dell’ONU, e comprende ogni forma di genocidio, come quella consistente in sanzioni indiscriminate. Questo ripudio è detto sovrano (come è “sovrano” il debito!) perché è richiesto agli Stati, e intende rovesciare la guerra sovrana e il suo dominio come criterio del politico e arbitra del rapporto tra i popoli. Esso intende infine deporre ogni altro sovrano, economico, culturale o religioso, che si pretenda tale non riconoscendo alcun altro “al di sopra di sé”.
L’adozione di questo Protocollo come integrazione e sviluppo dei Trattati esistenti, sarebbe in linea di continuità con altri grandi momenti della vita internazionale: con la Carta Atlantica del 1941 (14 agosto 1941), con la dichiarazione di Nuova Delhi del 1986 per un mondo libero dalle armi nucleari e non violento (27 novembre 1986), con il Trattato INF Reagan-Gorbaciov per l’eliminazione dei missili a raggio intermedio del 1987 (8 dicembre 1987), con il Trattato dell’ONU per la proibizione delle armi nucleari (TPNW, 20 settembre 2017).
Il Protocollo proposto comporterebbe la definitiva abolizione e interdizione delle armi nucleari e delle altre armi di distruzione di massa. Esso segnerebbe anche il superamento della NATO e di ogni altra alleanza difensiva di parte, che sarebbero sostituite da un nuovo sistema di sicurezza collettivo, garantito dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e dovrebbe cominciare da una riduzione graduale e condivisa delle spese militari nonché della fabbricazione e del commercio di tutti gli armamenti.
Il Protocollo sancirebbe anche il dovere della difesa della Terra, patria e madre di tutti, nonché la rinunzia a modificare con la forza i confini degli Stati , la liberazione e il riconoscimento del diritto e dell’autodeterminazione dei popoli, e si concluderebbe con l’indicazione dell’obiettivo finale, che è quello di una Costituzione della Terra che assicuri giusti ordinamenti e la garanzia dei diritti e dei beni fondamentali per tutti gli uomini e le donne del Pianeta nessuno escluso.
Il testo del Protocollo si trova a questo link: http://www.costituenteterra.it/un-protocollo-sul-ripudio-della-guerra/ Oggi lo riproduciamo anche sotto.
All’appello rivolto ai candidati si può aderire con la firma da inviare all’indirizzo mail:
ripudiosovrano@gmail.com.
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IL PROTOCOLLO SUL RIPUDIO DELLA GUERRAIl Protocollo sul Ripudio Sovrano della Guerra da discutere in Parlamento dovrebbe avere i seguenti contenuti.
Le Alte Parti Contraenti hanno convenuto le Disposizioni seguenti, che vengono allegate al Trattato che istituisce l’Unione Europea e allo Statuto delle Nazioni Unite
La guerra è ripudiata in tutte le sue forme, comprese le sanzioni indiscriminate e ogni altra modalità di genocidio, a cominciare dalla definitiva abolizione e interdizione delle armi nucleari e delle altre armi di distruzione di massa, biologiche, chimiche, radiologiche, come delle mine antiuomo.
Un nuovo sistema di sicurezza collettivo, garantito dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adempierà alle funzioni di mutuo aiuto e di difesa già esercitate dalle alleanze militari di parte e comporterà una riduzione graduale e condivisa delle spese militari nonché della fabbricazione e del commercio di tutti gli armamenti.
Dovere di tutti i popoli e Stati è la difesa della Terra, patria e madre di tutti. Compito e obiettivo comune è arginare un uso delle risorse lesivo dell’ambiente naturale, ripristinare l’equilibrio ecologico e salvaguardare le specie viventi.
La coesistenza fraterna degli Stati in ogni circostanza, favorevole o avversa, la rinunzia a modificarne con la forza i confini, la liberazione e il riconoscimento del diritto e dell’autodeterminazione dei popoli sono norma comune e bene fondamentale dell’intera Comunità della Terra.
A partire dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri, dalle culture e valori dei popoli e dalle esperienze di convivenza pacifica già in atto nella famiglia umana assumiamo l’impegno di predisporre con un’ampia consultazione e promulgare una Costituzione della Terra che garantisca giusti ordinamenti, la dignità del lavoro e il godimento universale dei diritti e dei beni fondamentali a tutti gli uomini e le donne del Pianeta nessuno escluso.
Nel chiedere questo impegno legislativo e politico ai nostri futuri rappresentanti in Parlamento noi sappiamo che il ripudio della guerra nella sua piena effettività comporta il rovesciamento di una cultura millenaria e il passaggio a un nuovo corso storico che è compito della politica assecondare e governare. Le candidate e i candidati che condivideranno e manterranno l’ impegno che qui viene loro richiesto sj segnaleranno in tal modo agli elettori per affidabilità e lungimiranza.
Seguono le prime firme:
Raniero La Valle, Tecla Mazzarese, Domenico Gallo, Grazia Tuzi, mons. Domenico Mogavero, già vescovo di Mazara del Vallo, Moni Ovadia, Paola Paesano, Luigi Ferrajoli, Agata Cancelliere, Nino Mantineo, Felice Scalia, Enrico Peyretti, Claudio Ciancio, Francesco Di Matteo, Angelo Cifatte, Giangiacomo Migone, Francesco Comina, Sergio Tanzarella, Maurizio Serofilli, Raul Mordenti, Il presidente e il Direttivo di “LAUDATO SI’, un’alleanza per il clima, la cura della terra, la giustizia sociale” (Mario Agostinelli, Virginio Colmegna, Emilio Molinari. Daniela Padoan, Emanuela Vicentini, Guido Viale, Marco Cavedon, Oreste Magni, Simona Sambati), Marilù Fantini, don Renato Sacco, Giovanna Carotti, Paolo Bertagnolli, Rosemarie Bertagnolli, Christian Troger, Rita Dé Chilovi, Luigi Bertagnolli, Rita Rauch, Trebo Hermann, Martha Verdorfer, Gianni Ventura, Donatella D’Ecclesiis, Patrizia Scaini, Elisabetta Maetzke, Michelangelo Bovero (università di Torino), Guglielmo Fransoni (Università di Foggia), Silvio Mazzarese (Università di Palermo), Francesco Pallante (Università di Torino), Paola Parolari (università di Brescia),Valentina Pazè (Università di Torino), Persio Tincani (università di Bergamo), Franco Valenti (membro Centro Studi Immigrazione Verona), UDIPALERMO (presidente Mariella Pasinati), Aid for Education (presidente Simona Lavo), Carolina Gorni, Domenica Sottini, Stefania Chiaf, Irma Avi. Antonio Marotta (direzione nazionale di Rifondazione comunista), Rosario Nicchitta (architetto), Luisa Capitummino, Valentina Chinnici (Consigliera comunale Palermo), Domenica Coratti, Anna Maria De Filippi, Pina Mandolfo (regista), Anna Staropoli (sociologa). Fondazione Calzari Trebeschi, Brescia (Presidente Fulvio Bertoletti), Associazione Sostenibiltà Equità Solidarietà (Presidente Maurizio Pallante), Le rose bianche, Palermo, Emily Palermo, Circolo Laudato sì Palermo, Associazione Governo di Lei, Associazione Erripa Achille Grandi, Adel Jabbar (sociologo), Michele Negro, Sergio Paronetto, Attilio Pisanò (università del Salento), Carla Padovan, Giovanni Benzoni, Maria Chiara Zoffoli, Domenico Basile, Carlo Fiocchi, Leopoldo Cassibba, Antonio Gorgellino, don Marco Tenderini (Lecco), don Achille Rossi, Antonio Guerrini, “L’altrapagina”, Marco Romani, Anna Sabatini Scalmati, psicoterapeuta, Giacomo Cortesi, il Centro Ernesto Balducci di Zugliano (Udine): Davide Almacolle, Roberta Guarnotta, Gianluigi Bettoli, Valentina Degano, Alessandro Capuzzo, Paolo Tubaro. Bruno Fini; Carmen Barro e Enzo Marcolin (Pordenone), Raffaele Luise, don Giovanni Cereti, Vittorio Bellavite, Marco Romani, “Pane pace e lavoro”, Amici della Cittadella / Memoria e profezia (Assisi): Renzo Salvi (presidente), Silvano Balestra, Gabriella Cappiello, Rosaria Carbone, Maria Gabriella Mansi; Redazione di “Rocca”, quindicinale della PCC (Assisi): Mariano Borgognoni (direttore), Franca Cicoria, Riccardo Valeriani, Maria Luisa Arena, Gianfranco Schiavone (presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà), Maria Angela Bertoni, Vincenzo Cesarano, Annalisa Comuzzi, Anna Pitotti, Battista Villa, Renata Zille, Antonio Peratoner, Grazia Santin, Antonello Lestani, Tina Zani, Marco Lombardo, Giorgio Scichilone (Università di Palermo), Vittoria Scotto di Vettimo, RETEDASI FVG (Rete Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale del Friuli Venezia Giulia), Angelo Capitummino, Gianni Giardi, Elena Lanzoni “TONALESTATE”, Franco Meloni (Aladinpensiero), Andrea Pubusa (Università di Cagliari, Democraziaoggi), Giacomo Meloni (segretario generale CSS), Marco Mameli (assotziu consumadores Sardigna).
Chi intende aderire a questo documento può aggiungere la sua firma scrivendo all’indirizzo mail:
ripudiosovrano@gmail.com
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Costituente Terra
Notiziario n. 45 del 9 settembre 2021
Dal fallimento al progetto
Cari Amici,
come abbiamo scritto nella nostra ultima newsletter del 30 agosto la caduta di Kabul e la rotta degli Stati Uniti e dei loro alleati dall’Afghanistan, è un evento che ha un valore simbolico epocale, paragonabile al crollo del muro di Berlino del 9 novembre 1989. Quell’evento segnò la fine di un’epoca, la fine del mondo bipolare, del confronto politico, strategico e militare fra le due superpotenze uscite vincitrici dalla seconda guerra mondiale, un conflitto. che aveva congelato le nazioni nella morsa della guerra fredda; l’abbandono dell’Afghanistan rappresenta per contro il fallimento della risposta dell’Occidente a quella crisi e segna la fine dell’ordine globale instaurato dopo la caduta del comunismo e dell’ordine bipolare. Ne esce sconfitta la pretesa dell’Occidente di sostituirsi al socialismo scomparso instaurando un unico dominio su un mondo ridotto alla propria misura e finisce il sogno degli Stati Uniti di dar corso a un nuovo secolo americano.
Questa analisi, poi ripresa da Domenico Gallo e largamente circolata sui social, suggerisce una lettura di largo respiro degli eventi in corso ai fini di non farne andare perduta la lezione. Un tentativo analogo di interpretazione del ferragosto afghano all’altezza della portata dell’evento è stato compiuto, in un’intervista all’agenzia RIA Novosti, da Mikail Gorbaciov, che era stato a suo tempo protagonista di un’analoga esperienza, avendo nel 1989 ordinato il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan. L’autocritica di Gorbaciov sull’errore sovietico di voler trapiantare il comunismo in Afghanistan è diventata così la critica agli Stati Uniti e alla loro pretesa di volervi impiantare la democrazia: “era fin dall’inizio un’impresa fallita – ha detto il leder della perestroika – anche se nella prima fase la Russia l’ha sostenuta. Come molti progetti simili, si basava su un’esagerazione della minaccia e su concetti geopolitici poco chiari”, ciò a cui si erano aggiunti “tentativi irrealistici di democratizzare una società multi-tribale”.
Il giudizio di Gorbaciov è tanto più significativo perché la sua decisione di porre termine all’avventura sovietica in Afghanistan si inseriva allora in un grande progetto volto a instaurare con l’Occidente un nuovo ordine mondiale basato sulla rinuncia alle armi nucleari e sulla nonviolenza, progetto che aveva trovato espressione nella dichiarazione di Nuova Delhi che il capo dell’URSS aveva firmato il 26 novembre 1986 con il leader indiano Rajiv Gandhi, tre anni prima della rimozione del muro di Berlino. Si trattava, come recitava quel testo, di costruire un mondo fondato sul diritto, sulla coesistenza pacifica e sulla considerazione della “vita umana come valore supremo”, Quella proposta , avanzata a nome di un miliardo di persone, un quinto dell’umanità, tale essendo allora l’entità dei popoli dell’URSS e dell’India messi insieme, fu del tutto ignorata dall’Occidente che puntava invece alla sconfitta della Russia sovietica e a dar vita a quel bel mondo unipolare che poi è riuscito a costruire. Tuttavia la rilettura della dichiarazione di Nuova Delhi è quanto mai utile perché mostra che un mondo diverso può essere concepito. e perché il fallimento della politica di dominio di una grande Potenza – ieri l’Unione Sovietica, oggi gli Stati Uniti – invece che condurre a scelte ancora più nefaste può essere l’occasione, come fu sperato allora, per mettere in cantiere un ordine mondiale di pace, di giustizia economica e di salvaguardia e risanamento dell’ambiente, al fine di garantire la sopravvivenza dell’umanità: che è appunto ciò che oggi siamo chiamati a fare. Perciò la dichiarazione di Nuova Delhi, che fu pubblicata in Italia solo dalla rivista “Bozze 87”, si può considerare un precedente dell’attuale movimento per instaurare una Costituzione della Terra.
Una valutazione negativa delle politiche di ingerenza delle grandi Potenze in contesti politici e culturali diversi per imporvi i propri modelli è stata espressa anche dal papa nella sua intervista alla radio spagnola Cope, sulla scia di un giudizio formulato in un incontro a Mosca tra Angela Merkel e Vladimir Putin: “Bisogna porre fine alla politica irresponsabile di intervenire dall’esterno e costruire la democrazia in altri Paesi, ignorando le tradizioni dei popoli” ha detto il papa citando Putin e la Merkel. Questo vuol dire che la democrazia non può varcare i confini dei Paesi in cui è già istituita? Se così fosse nemmeno una Costituzione mondiale potrebbe essere pensata. Però la via è un’altra: occorre diffondere nel mondo la cultura della democrazia e renderla effettiva dove almeno formalmente esiste. La democrazia è infatti la condizione indispensabile per dar vita a istituzioni che realizzino e garantiscano i grandi valori costituzionali della pace, del diritto, della pari dignità di uomini e donne, della libertà di pensiero e di religione, della giustizia sociale: e proprio la tragedia che si sta consumando in Afghanistan nella transizione dagli occupanti pseudoliberali d’Occidente ai talebani integralisti delle scuole coraniche intransigenti ne rivela la necessità e l’urgenza. Nell’ “Angelus” del 5 settembre il papa ne ha indicato lo strumento, che è quello dell’educazione, che è anche educazione alla democrazia, a cominciare dai giovani: “Possano i giovani afghani – ha detto Francesco – ricevere l’istruzione, bene essenziale per lo sviluppo umano. E possano tutti gli afghani, sia in patria, sia in transito, sia nei Paesi di accoglienza vivere con dignità, in pace e fraternità coi loro vicini”.
Dalle armi alla cultura, dal dominio all’educazione reciproca, all’ascolto e al dialogo: non è questa la grande rivoluzione da fare?
Nel sito potete trovare l’articolo di Domenico Gallo e un’opinione di Paula Guerra Cáceres sull’arroganza della cultura dell’Occidente sia riguardo a ciò che accade in Afghanistan che riguardo alle culture e alle storie “altre”; nel sito “Biblioteca di Alessandria” potete trovare la dichiarazione di nuova Delhi del 1986, richiamata in questa lettera.
Con i più cordiali saluti
www.costituenteterra.it
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Il pensiero che aprì il Muro
LA DICHIARAZIONE DI NUOVA DELHI DEL 27 NOVEMBRE 1986
Tre anni prima della rimozione del muro di Berlino Mikhail Gorbaciov e Rajiv Gandhi a nome dell’URSS e dell’India, un quinto dell’umanità, chiedevano un totale rovesciamento della politica di dominio e di guerra e proponevano di costruire un mondo libero dalle armi nucleari e non violento in cui la vita umana fosse considerata il valore supremo. Il messaggio fu del tutto ignorato in Occidente
Il testo del documento firmato a Nuova Delhi dai leaders sovietico e indiano
L’umanità si trova oggi ad una decisiva fase di svolta della propria storia. L’arma nucleare minaccia di distruggere non solo quanto l’uomo ha realizzato nei secoli, ma anche lo stesso genere umano e persino la vita sulla Terra. Nell’era nucleare gli uomini debbono elaborare una nuova mentalità politica, una nuova concezione della pace, che sia una garanzia certa di sopravvivenza dell’umanità. La gente vuole vivere in un mondo più sicuro e più giusto. L’umanità merita un destino migliore, non deve essere ostaggio del terrore nucleare e della disperazione. Occorre cambiare la situazione internazionale venutasi a determinare e costruire un mondo libero dall’ordigno nucleare, libero dalla violenza e dall’odio, dal terrore e dal sospetto.
Il mondo che abbiamo ereditato appartiene alle generazioni presenti e future, il che impone di dare priorità ai valori universali. Occorre riconoscere il diritto di ogni popolo e di ogni persona alla vita, alla libertà, alla pace ed alla ricerca della felicità. E’ necessario rinunciare all’uso della forza e alla minaccia del suo impiego. Dev’essere rispettato il diritto di ogni popolo ad una scelta propria: sociale, politica e ideologica. Dev’essere respinta la politica volta ad affermare la supremazia di alcuni su altri. La crescita degli arsenali nucleari, la messa a punto delle armi spaziali minano la convinzione unanimemente riconosciuta, secondo cui la guerra nucleare non deve essere mai scatenata e non può essere vinta da nessuno.
A nome di oltre un miliardo di uomini, donne e bambini dei nostri due paesi amici, che insieme fanno un quinto dell’umanità intera, rivolgiamo ai popoli ed ai dirigenti di tutti i paesi l’appello ad intraprendere azioni immediate, che debbono portarci verso un mondo senz’armi di sterminio di massa, senza guerre.
Pienamente consapevoli della nostra comune responsabilità per le sorti dei nostri paesi e dell’umanità intera, noi proponiamo i seguenti princìpi per la costruzione di un mondo libero dagli armamenti nucleari e dalla violenza:
1. La coesistenza pacifica deve diventare una norma universale dei rapporti internazionali:
nell’era nucleare è indispensabile ristrutturare le relazioni internazionali, affinché il confronto sia soppiantato dalla cooperazione e le situazioni di conflitto siano risolte con mezzi politici pacifici e senza ricorrere alle armi.
2. La vita umana dev’essere considerata il valore supremo:
il progresso e lo sviluppo della civiltà umana possono essere assicurati in condizioni di pace e soltanto dal genio creativo dell’uomo.
3. La nonviolenza dev’essere alla base della vita della comunità umana:
la filosofia e la politica fondate sulla violenza e sull’intimidazione, sulla disuguaglianza e sull’oppressione, sulla discriminazione di razza, di fede religiosa o di colore della pelle sono immorali e inammissibili. Esse sprigionano uno spirito di intolleranza, sono deleterie per le nobili aspirazioni dell’uomo e negano tutti i valori umani.
4. La comprensione reciproca e la fiducia devono sostituire la paura e il sospetto:
la sfiducia, la paura e il sospetto fra i paesi e i popoli alterano la percezione del mondo reale. Generano tensione e, in ultima analisi, arrecano danno a tutta la comunità internazionale.
5. Deve essere riconosciuto e rispettato il diritto di ogni Stato all’indipendenza politica ed economica:
è necessario instaurare un nuovo ordine mondiale per garantire giustizia economica e uguale sicurezza politica per tutti gli Stati. La cessazione della corsa agli armamenti è il presupposto necessario per l’instaurazione di un simile ordine.
6. Le risorse impiegate per gli armamenti devono essere volte ad assicurare lo sviluppo sociale ed economico:
soltanto con il disarmo si possono disimpegnare ingenti risorse supplementari, necessarie alla lotta contro l’arretratezza economica e la miseria.
7. Devono essere garantite le condizioni necessarie per uno sviluppo armonioso della personalità:
tutti i paesi devono operare insieme per risolvere i problemi umanitari maturi e cooperare nel campo della cultura, dell’arte, della scienza, dell’istruzione e della medicina, per uno sviluppo completo della personalità. Un mondo senza armi nucleari e senza violenza aprirà grandiose prospettive a questo riguardo.
8. Il potenziale materiale e intellettuale dell’umanità deve essere utilizzato per risolvere i problemi globali:
è necessario trovare la soluzione di problemi globali quali il problema alimentare e quello demografico, la liquidazione dell’analfabetismo, la tutela dell’ambiente circostante attraverso un impiego razionale delle risorse della terra. Gli Oceani, il fondo marino e lo spazio cosmico sono patrimonio comune dell’umanità. La cessazione della corsa agli armamenti creerà le migliori condizioni per raggiungere tale obiettivo.
9. La sicurezza internazionale globale deve prendere il posto dell’«equilibrio del terrore»:
il mondo è uno e la sua sicurezza è indivisibile. Est e Ovest, Nord e Sud, indipendentemente dai sistemi sociali, dalle ideologie, dalle religioni e dalle razze, devono essere uniti nella fedeltà al disarmo e allo sviluppo;
la sicurezza internazionale può essere garantita con l’adozione di misure globali nel campo del disarmo nucleare, mediante tutti i mezzi accessibili e concordati di controllo, nonché con l’adozione di misure di fiducia e con una giusta composizione politica dei conflitti regionali attraverso trattative pacifiche e con la cooperazione nei campi politico, economico e umanitario.
10. Un mondo libero dalle armi nucleari e nonviolento richiede misure concrete e urgenti volte al disarmo:
Ci si può arrivare attraverso la stipulazione di accordi concernenti:
– la totale eliminazione degli arsenali nucleari entro la fine di questo secolo;
– l’inammissibilità della dislocazione di armi di qualsiasi tipo nello spazio, che è patrimonio comune dell’umanità;
– la totale interdizione degli esperimenti dell’arma nucleare;
– il divieto di creare nuovi tipi di armi di sterminio di massa;
– la messa al bando delle armi chimiche e l’eliminazione delle loro scorte;
– l’abbassamento dei livelli degli armamenti convenzionali e delle forze armate.
Finché le armi nucleari non saranno liquidate, l’Unione Sovietica e l’India propongono di stipulare immediatamente una convenzione internazionale che vieti l’uso delle armi nucleari o la minaccia di esso. Ciò rappresenterebbe un grosso passo concreto sulla via del disarmo nucleare totale.
La costruzione di un mondo libero dalle armi nucleari e nonviolento esige una trasformazione rivoluzionaria della mentalità degli uomini, l’educazione dei popoli nello spirito della pace, il rispetto reciproco e la tolleranza. Occorre vietare la propaganda della guerra, dell’odio e della violenza e rinunciare agli stereotipi della mentalità di chi vede un nemico in altri paesi e popoli.
La saggezza consiste nel non permettere che si accumulino e si aggravino i problemi globali, poiché evitare di risolverli oggi richiederà domani maggiori sacrifici.
Grande è il pericolo che incombe sull’umanità. Ma quest’ultima dispone di ingenti forze per scongiurare la catastrofe e aprire la strada che conduce ad una civiltà senza armi nucleari. La coalizione della pace, che sta accumulando le forze e che unisce gli sforzi del movimento dei non allineati, del gruppo dei «Sei», di tutti i paesi, partiti politici e organizzazioni sociali amanti della pace, ci dà motivo di speranza e di ottimismo. E’ arrivato il momento di azioni decisive e improrogabili.
Dalla rivista “Bozze 87”, gennaio/febbraio 1987, anno decimo, numero 1, pp. 17-21
Questa dichiarazione non fu pubblicata in Occidente.