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Newsletter n. 61 del 26 gennaio 2022

LA SFIDA

Cari Amici,
mentre è in corso un’elezione del Presidente della Repubblica in cui la cosa peggiore è come la raccontano i giornali, che non sono meno responsabili, con i loro proprietari, della crisi di credibilità della politica, nel cuore dell’Europa spirano impetuosi venti di guerra.
Questa coinvolge gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Russia e potrebbe perciò chiamarsi, e forse diventarlo, guerra mondiale, in un mondo ormai però ben provvisto di armi nucleari o altre simili ad esse; per sventare questo rischio, il Papa ha indetto proprio per oggi una “giornata di preghiera”.
Il casus belli del conflitto per l’Ucraina, con gli Stati Uniti che la rimpinzano di armi, l’Inghilterra che ritira i suoi diplomatici da Kiev, e la NATO pronta a mettercisi in mezzo (ma non così la Germania e la Francia) è particolarmente eloquente: cioè non esiste, o meglio non esisterebbe se non fosse costruito a tavolino. La Russia è accusata di voler invadere l’Ucraina, ma nello stesso tempo la sfidano facendo entrare l’Ucraina nella NATO, la quale è portata così fino ai confini della Russia. E a questa che si sente minacciata e ne vuole scongiurare il pericolo, come fecero a suo tempo gli Stati Uniti dinanzi alla provocazione dei missili a Cuba, si replica che l’Ucraina deve essere libera di allearsi con chi vuole.
Senonché la NATO non è solo un’alleanza, è una integrazione di armate sotto un comando unificato e un’unica obbedienza, altrimenti noi non avremmo le bombe atomiche a Ghedi e non avremmo avuto i missili Cruise schierati in Sicilia col compito di distruggere l’Ungheria. E come spiega Domenico Gallo, nella NATO non si entra se non è essa stessa a volerlo e non ne venga modificato il trattato istitutivo e così esteso non lo ratifichino tutti gli Stati membri (compresa l’italia).
Perciò mettere l’Ucraina nella NATO è una insensata e inutile provocazione, che appare tanto più temeraria in quanto fatta da Biden, che non ha saputo né prevenire né controllare l’assalto al Campidoglio né gestire decentemente il ritiro dall’Afghanistan, da lui definito “uno straordinario successo”.
Nel sito, in sede di “processo costituente” iniziamo la riflessione sul progetto di Costituzione “L’umanità al bivio” di Luigi Ferrajoli con tre interventi: uno di Raniero La Valle in cui ci si domanda che cosa è la Terra, se gli esseri umani sono unici o assimilabili agli altri esseri viventi, animali e piante, e quale rapporto prevedere tra gli Stati e i popoli nell’Assemblea generale e nell’ordinamento complessivo; un altro intervento dello stesso Ferrajoli per un confronto tra l’Assemblea dell’ONU e il Parlamento mondiale ipotizzato in una Federazione della Terra, e un articolo di Gaetano Azzariti sul “Manifesto” che pone il problema, peraltro già contemplato nel progetto Ferrajoli, dell’incontro tra costituzionalmente locale e globale. Dello stesso Ferrajoli è uscito oggi un lungo articolo sul supplemento mensile Pianeta Terra del Corriere della Sera. Una discussione che invitiamo a proseguire, così come invitiamo chi non lo avesse fatto a rinnovare l’iscrizione a “Costituente Terra”, anche in vista della prossima assemblea.
Molto bene sono andati gli incontri seminariali “da remoto” di “Costituente Terra” con le classi dell’Istituto Keplero di Roma, coordinati da Paola Paesano, l’ultimo dei quali, il 24 gennaio, dedicato ai nuovi problemi costituzionali e giuridici provocati dall’avanzare delle tecnologie informatiche.
Nel sito pubblichiamo altresì un commento di Boaventura de Sousa Santos sulle responsabilità dell’ONU nei confronti della crisi ucraina.
Con i più cordiali saluti

www.costituenteterra.it
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Newsletter n. 246 del 26 gennaio 2022

VENTI DI GUERRA

Carissimi,
non sappiamo se l’odierna giornata di preghiera per la pace in Ucraina e nel continente europeo promossa dal Papa nell’Angelus di domenica 23 gennaio riuscirà a fermare la guerra, come accadde quando, all’inizio dl pontificato, papa Francesco con la veglia di preghiera del 7 settembre 2013 riuscì a fermare la guerra con cui gli Stati Uniti e i loro alleati erano pronti a “punire” la Siria. Questa volta la promessa di guerra non è meno grave, perché il coinvolgimento degli Stati Unit, dell’Europa e della Russia ben potrebbe chiamarsi, e forse essere, una guerra mondiale, in un mondo ormai però ben provvisto di armi nucleari o altre simili ad esse.
Il casus belli del conflitto per l’Ucraina, con gli Stati Uniti che la rimpinzano di armi, l’Inghilterra che ritira i suoi diplomatici da Kiev, e la NATO pronta a mettercisi in mezzo (ma non così la Germania e la Francia) è particolarmente eloquente: cioè non esiste, o meglio non esisterebbe se non fosse costruito a tavolino. La Russia è accusata di voler invadere l’Ucraina, ma nello stesso tempo la sfidano facendo entrare l’Ucraina nella NATO, la quale è portata così fino ai confini della Russia. E a questa che si sente minacciata e ne vuole scongiurare il pericolo, come fecero a suo tempo gli Stati Uniti dinanzi alla provocazione dei missili a Cuba, si replica che l’Ucraina deve essere libera di allearsi con chi vuole. Senonché la NATO non è solo un’alleanza, è una integrazione di armate sotto un comando unificato e un’unica obbedienza, altrimenti noi non avremmo le bombe atomiche a Ghedi e non avremmo avuto i missili Cruise schierati in Sicilia col compito di distruggere l’Ungheria. E come spiega Domenico Gallo nel suo articolo in questo sito, nella NATO non si entra se non è essa stessa a volerlo e non ne venga modificato il trattato istitutivo e così esteso non lo ratifichino tutti gli Stati membri (compresa l’Italia).
Perciò mettere l’Ucraina nella NATO è una insensata e inutile provocazione, che appare tanto più temeraria in quanto fatta da Biden, che non ha saputo né prevenire né controllare l’assalto al Campidoglio né gestire decentemente il ritiro dall’Afghanistan, da lui definito “uno straordinario successo”.
Con i più cordiali saluti

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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E l’Italia?
SI RISCHIA LA GUERRA

26 GENNAIO 2022 / EDITORE / DICONO I FATTI / su Costituente Terra.
La provocazione di una estensione della NATO fino alle frontiere della Russia riapre la guerra fredda. Un conflitto armato in Ucraina anche se non vi entrasse la NATO avrebbe conseguenze esiziali per l’Europa

di Domenico Gallo

La crisi Russia, Ucraina, NATO si avvita ogni giorno di più in una spirale di minacce militari e politiche in fondo alle quali non si intravede alcuna via di uscita. A nulla è servita la riunione a Ginevra il 12 gennaio del Consiglio Nato-Russia, principale forum di dialogo tra le due parti, convocata e presieduta dal segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, cui hanno partecipato per la Russia il viceministro degli Esteri Alexander Grushko, per gli Stati Uniti il sottosegretario di Stato americano Wendy Sherman, oltre gli ambasciatori presso la Nato degli Stati membri. Stoltenberg ha riconosciuto che nessun accordo è stato raggiunto per operare una de-escalation della tensione e, con riferimento alla questione centrale sul tappeto (l’adesione dell’Ucraina alla NATO) ha dichiarato: “Ogni Stato ha il diritto di decidere il proprio cammino e solo l’Ucraina può decidere quando aderire alla Nato. Gli alleati sono pronti a sostenere l’Ucraina per la sua adesione“. Poiché l’oggetto della crisi riguarda proprio l’adesione dell’Ucraina alla NATO, vale a dire l’ingresso del dispositivo militare della NATO nel territorio dell’Ucraina, che la Russia percepisce come una minaccia intollerabile alla propria sicurezza, è evidente che se si mantiene questa posizione fondamentalistica non si può fare nessun passo avanti per risolvere la crisi. Non a caso il fallimento del dialogo NATO – Russia ha comportato negli ultimi giorni una decisa escalation della tensione. Il Regno Unito ha annunciato che invierà d’urgenza armi anticarro all’Ucraina, mentre ingenti forze russe con reparti corazzati, artiglieria, armi pesanti e aviazione, sono state schierate in Bielorussia per grandi manovre militari congiunte. Contemporaneamente la Svezia ha rafforzato il suo dispositivo militare nell’isola baltica di Gotland. Ogni giorno che passa cresce la violenta reciprocità delle minacce militari.

Un dialogo serio non può essere fondato sulla richiesta di capitolazione dell’avversario come ha fatto Stoltemberg su mandato USA. Un conflitto armato in Ucraina, anche se non comportasse un intervento diretto della NATO nelle operazioni belliche, avrebbe conseguenze esiziali per l’Europa, basti pensare al tema dell’energia, dei profughi, delle devastazioni ambientali. Il nostro futuro non può rimanere appeso al filo degli umori di Blinken o di Stoltemberg. Dobbiamo renderci conto che ci troviamo di fronte all’ultimo atto, siamo arrivati in fondo ad un percorso che ci ha portato in un vicolo cieco dal quale non c’è una via d’uscita (pacifica).

Dopo il crollo del muro di Berlino Gorbaciov acconsentì alla riunificazione della Germania e sciolse il patto di Varsavia, chiedendo soltanto, a garanzia della sicurezza della Russia, che la NATO non spostasse i propri dispositivi militari nei Paesi dell’Europa dell’est. Invece in questi trent’anni gli Stati Uniti hanno lavorato forsennatamente per estendere la NATO ad est, includendo anche Paesi che facevano parte dell’ex Unione sovietica. Progressivamente ai confini della Russia sono stati dislocati dispositivi militari che obiettivamente costituiscono una minaccia e come tali vengono percepiti. Queste scelte insensate che hanno costruito, passo dopo passo, le condizioni per il ritorno di una nuova e molto più pericolosa guerra fredda, non sono frutto del fato cinico e baro, non ci cadute addosso per malasorte, l’Italia vi ha contribuito e ne è stata protagonista. Quando Stoltemberg dichiara che solo l’Ucraina può decidere quando aderire alla NATO, prende in giro l’opinione pubblica e nasconde la sostanza del problema poiché l’adesione alla NATO di un Paese che non ne faccia parte non è un fatto automatico, sono i Paesi membri dell’Alleanza che lo decidono necessariamente all’unanimità. Nel vertice della NATO svoltosi a Bucarest il 2 aprile 2008 si decise che la NATO avrebbe riconosciuto il “principio della porta aperta” sia per l’Ucraina sia per la Georgia. Nell’occasione, evidentemente, l’ambasciatore italiano ha espresso consenso o non si è opposto. E allora dobbiamo chiederci, quando mai nel dibattito politico è stato discusso quale posizione dovesse assumere l’Italia su un tema così delicato di politica estera, come l’adesione alla NATO dell’Ucraina e della Georgia?

Le scelte che l’Italia compie in sede NATO vengono effettuate in silenzio ed al riparo da ogni ingerenza dell’opinione pubblica. I Protocolli di adesione alla NATO delle Repubbliche di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia, sono stati ratificati con la legge 19 agosto 2003 n. 255, quelli di adesione di Croazia e Albania con la legge 30 dicembre 2008 n. 220, quello di adesione del Montenegro con la legge 16 gennaio 2017, n.2. Queste leggi sono passate senza clamore, senza discussione, come se si trattasse di un atto dovuto. Se i politici italiani avessero avuto la lungimiranza e il coraggio di dissociarsi, oggi non ci troveremmo con la guerra alle porte.

Che si può ancora evitare: basta dire No.

Domenico Gallo
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