Oggi domenica 20 marzo 2022

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——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni————-
Carbonia. Al rientro della delegazione romana, l’assemblea popolare cittadina chiede che la Consulta si pronunci sui problemi della città. Il movimento costruttore di democrazia in Sardegna
20 Marzo 2022
Gianna Lai su Democraziaoggi.

Triste domenica di guerra in Ucraina, ma la nostra storia di Carbonia prosegue, a partire dal 1° settembre 2019.
Armando Congiu su L’Unità, a quel tempo diretta da Pietro Ingrao, scrive il 13 agosto 1948 un articolo dal titolo “Marshall contro Carbonia”, criticando fortemente i tecnici, “che si appellano a leggi fisse ed immutabili dell’economia”, […]
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dfc00d2e-8d54-487e-97bf-ea695727c07eOnline il nuovo numero di Rocca. Indipendenza, neutralità, cooperazione, multipolarismo
di Mariano Borgognoni, Rocca*
Immanuel Kant, in una profetica opera matura La pace perpetua, indica tre elementi affinché la pace duratura non sia solo quella dei cimiteri: la democrazia, l’accoglienza universale, una federazione mondiale. Una botta di fede da parte di colui che aveva parlato del male radicale e dell’uomo come di un legno storto. Eppure il ragionamento era lucido come la grande mente del pensatore tedesco che riposa nella cattedrale luterana della città russa di Kaliningrad, che fino al ’45 si trovava in territorio tedesco con il nome di Konigsberg. Vedi tu la storia! Si trattava, per il filosofo della ragion pratica di superare la guerra di tutti contro tutti da parte degli Stati, conferendo il monopolio legittimo della forza ad un’istituzione sovranazionale, con la stessa logica con la quale i singoli avevano imparato a non farsi giustizia da soli dandone allo Stato il compito. Se guardiamo a questa guerra di aggressione in Ucraina vediamo quanto poco abbiano camminato le speranze kantiane, con le due guerre mondiali del ’900 e con le numerose guerre del secondo millennio che, mano a mano, rendono sempre più leggibile la trama di quella «terza guerra mondiale a pezzi» di cui ha più volte parlato il Papa. [segue] Quanto sia entrato in un cono d’ombra il ruolo dell’Onu è ormai palese, come peraltro lo era stato in numerose guerre precedenti. Né si è riusciti a definire con lungimiranza un nuovo ordine mondiale dopo l’implosione dell’Urss e del blocco dei paesi socialisti. Così come si è continuato a pensare ad un mondo unipolare mentre crescevano nuovi protagonisti globali, a cominciare dalla Cina. In tutto questo spicca la marginalità europea dove poco si vede al di là delle presenze tedesche e francesi, peraltro non sempre convergenti. Gli Stati dell’Unione europea che spendono per gli armamenti 232 miliardi di dollari l’anno (dato 2020), quasi quattro volte la Russia e meno di un terzo degli Stati Uniti sono politicamente e militarmente subalterni a questi ultimi e meno attrezzati della prima. L’idea di un esercito europeo unico non sarebbe neanche una bestemmia, forse consentirebbe di spendere meno e meglio, ma come si fa ad avere un esercito unico se non si ha un’istituzione politica in grado di funzionare come un vero e proprio Stato? La sensazione che a partire dalla guerra in corso parta una generale spinta al riarmo, peraltro poco razionale nell’epoca della guerra ibrida, si fa sempre più chiara. Lo conferma il grave voto del nostro Parlamento che invita il Governo a por4 tare la spesa militare annua da 25 a 38 mld! Difendersi armandosi fino ai denti succhiando risorse per uno sviluppo equo e sostenibile, sembra la strada scelta dai grandi protagonisti economici e geomilitari del pianeta. Una strada che nella storia dell’umanità ha sempre condotto a catastrofi. In questo senso non è affatto vera la frase di Von Clausewitz per cui «la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi». È vero invece che la guerra è il fallimento della politica. O meglio della politica democratica. Come è inquietante infine che la guerra della Russia in Ucraina, preceduta da calcoli, egoismi, errori e nazionalismi di ogni tipo cinicamente o stoltamente appoggiati anche da Occidente, diventi un conflitto fratricida tra due popoli battezzati allo Dneper. E che prima e dentro il conflitto si sia inserita una divisione tra chiese fino a travolgere, perfino quel gioiello di cultura e teologia che è stato l’Istituto Ortodosso russo di Saint Serge a Parigi: quello di Bulgakov, Losskij, Evdokimov, Clement, i cui lavori hanno alimentato tanti, anche in occidente, con i tesori del cristianesimo orientale. Come è urgente che tutti i cristiani trovino il coraggio di una radicalità evangelica contro la sopraffazione e la guerra! E con questa voce parlino insieme «affinché il mondo creda» che esiste un’altra via e un’altra immagine di Dio e degli uomini. Un’altra icona, di quelle, ucraine e russe, che, come scrive Anna Achmatova, «da migliaia d’anni ci fanno compagnia. Anche nel buio più fondo. Con esse la vita riluce». Dentro questo dramma che, insieme alla pandemia e al degrado ambientale, mette gli uomini di fronte alle proprie responsabilità verso se stessi e verso il diritto ad esistere delle generazioni future, Rocca ha scelto la via della riflessione pluralista e non omologata, continuando a distinguere tra potere e cultura, tra governanti e popolo, talvolta tra gerarchie e fedeli. Non solo senza caccia alle streghe ma facendo parlare la voce profonda della letteratura, della poesia, dell’arte russa e ucraina che sono patrimonio dell’umanità. E per noi patrimonio dell’umanità sono soprattutto i vecchi e i bambini da salvare con i corridoi umanitari certo, ma soprattutto con una forte iniziativa politica e diplomatica che punti a far tacere le armi sulla base di quattro obiettivi giusti e realistici: indipendenza, neutralità, cooperazione, multipolarismo. In questo percorso è fondamentale che trattino gli Stati ma che anche i popoli alzino forte la loro voce. ❑

* ROCCA 1 APRILE 2022 n.7 del 1/04/2022, l’editoriale.

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