Ostinatamente per la Pace. Nulla di intentato

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Abbiamo superato il novantesimo giorno di guerra senza che si intravedano soluzioni. L’Italia ha finalmente emesso un vagito presentando la bozza di un piano di pace che, timidamente, affronta le controversie sul tappeto. Le reazioni di tutte le parti sono state negative. Ma non c’è alternativa. Occorre rilanciare, sollecitando Francia e Germania a ripresentare un piano di pace comune. Subito.
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di Domenico Gallo*
Abbiamo superato il novantesimo giorno di guerra e, per dirla con Guccini: ancora tuona il cannone / ancora non è contenta/ di sangue la bestia umana.

Sono 46 i paesi che hanno partecipato qualche giorno fa al vertice on line organizzato dal Segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, per allargare e rafforzare la Santa Alleanza creata a Ramstein il 24 aprile con la missione fornire una valanga di armamenti che consentano all’Ucraina di proseguire la guerra per mesi o per anni, fino a conseguire la vittoria. Il programma degli alleati occidentali a guida USA è che il cannone deve tuonare ancora a lungo. Il mantra è che sono gli ucraini che devono decidere quando ci siano le condizioni migliori per intavolare il negoziato che porterà fine alla guerra.

Niente di più falso! il comportamento dei belligeranti non dipende soltanto dalle parti in conflitto, ma in larga parte dal grado di consenso/dissenso, sostegno/boicottaggio, che viene dagli altri attori internazionali. Basti pensare che il conflitto in Bosnia cessò dopo che un attore internazionale (gli USA) convocò le parti belligeranti nella base militare di Dayton nell’Ohio. Dopo 21 giorni di intensi negoziati le parti stipularono l’accordo di pace, poi firmato formalmente a Parigi il 14 dicembre 1995.

A differenza della Bosnia, questa volta tutto possiamo aspettarci tranne che Biden convochi Putin e Zelensky e li rinchiuda in una base militare tenendoli prigionieri fino a quando non partoriscano un accordo di pace. Dopo Ramstein le campane della pace suonano a morto. La decisione di effettuare forniture militari illimitate, non può che spingere il governo di quel paese a prolungare all’infinito il conflitto, alzando sempre di più il prezzo per un negoziato di pace. Non possiamo ignorare che, a parte l’adesione alla NATO, fra la Federazione Russa e l’Ucraina c’è una pesante controversia territoriale che coinvolge l’intera Crimea (annessa alla Russia nel 2014) ed una larga parte del territorio del Donbass, abitato da una popolazione russofona e russofila che si è ribellata al governo centrale, creando le due repubblichette di Donetsk e Lugansk, nate da una sanguinosa guerra civile, che all’epoca provocò circa 14.000 morti. Se il concetto di vittoria per gli ucraini significasse il recupero dei territori annessi direttamente o indirettamente alla Federazione Russa, allora la guerra non finirebbe mai, crescerebbe d’intensità, si estenderebbe e potrebbe sfociare in un conflitto nucleare. E’ facile intuire che la Russia non rinuncerebbe mai alla Crimea, base principale della sua flotta, e che gli abitanti delle due repubblichette del Donbass, considerati dei traditori da Kiev per il loro appoggio all’invasione, non accetterebbero mai di tornare sotto la sovranità ucraina poiché ormai si è formato un baratro di odio incolmabile fra le due comunità. L’Europa, anche se arruolata nella Santa Alleanza di Ramstein, non ha nessun interesse, al prolungamento della guerra. Adesso finalmente stanno uscendo delle crepe nell’asse euro-atlantico. Anche se Draghi si è presentato a Washington come garante dell’unità USA-Europa, l’Italia ha emesso un primo vagito presentando la bozza di un piano di pace che, timidamente e per la prima volta, affrontava le controversie sul tappeto del conflitto Russo-Ucraino. Inutile dire che dall’amministrazione americana è venuto un silenzio assordante, mentre trapelava il malumore dell’altro Rappresentante dell’UE, che in quest’epoca storica si è disegnato il ruolo di portavoce della NATO più che dell’Unione Europea e quello di Kiev.

La risposta più sprezzante è venuta da Mosca per bocca di Dmitri Medvedev, vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo: “c’è la sensazione che sia stato preparato non da diplomatici ma da politologi locali che hanno letto giornali provinciali e che operano solo sulla base delle notizie false diffuse dagli ucraini.” E’ una risposta, non si capisce se più stupida o più arrogante. I russi non si sono ancora resi conto che la rottura dell’unamismo fra USA e Unione Europea è per loro l’unica speranza di uscire fuori dal disastro in cui si sono cacciati. Sono interessanti le dichiarazioni di Kissinger a Davos: “8 anni fa quando è emersa l’ipotesi dell’ingresso dell’ucraina nella NATO ho scritto un articolo in cui dicevo che l’esito ideale sarebbe stato un’Ucraina neutrale una sorta di ponte fra Europa e Russia invece che una linea del fronte, una prima linea di schieramenti opposti interni all’Europa. Questa opportunità al momento non esiste più, non in quella forma, ma può ancora essere concepita come obiettivo finale.(..) il rischio è di entrare in uno spazio in cui la linea di demarcazione è ridisegnata e la Russia è completamente isolata. Bisogna ricordare che la Russia è stata una parte essenziale dell’Europa per oltre quattro secoli: i leader europei non dovrebbero perdere di vista l’orizzonte di una relazione a lungo termine con Mosca perché ci troviamo ora di fronte a una situazione in cui la Russia potrebbe alienarsi completamente dall’Europa e cercare un’ alleanza forte permanente con la Cina.(.) Dovremmo lottare per una pace a lungo termine”.

In questo contesto se il piano di pace presentato dall’Italia non riesce a decollare, non per questo bisogna rassegnarsi alla logica del cannone. Ci vorrebbero interlocutori più robusti, l’Italia dovrebbe sollecitare la Francia e la Germania a ripresentare un piano di pace comune, dissociandosi dalla politica di “guerra continua” degli USA. Il tempo è adesso: occorre agire subito.

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*Domenico Gallo
Nato ad Avellino l’1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all’Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell’arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)
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L’assemblea della Conferenza Episcopale Italiana
condivide la richiesta di ratifica del Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari.

Nel documento finale dell’Assemblea generale dei vescovi italiani,
pubblicato su Avvenire di sabato 28 maggio 2022,
si afferma:
“Rispetto al dramma della guerra, che in Ucraina continua a seminare morte e distruzione,
i presuli hanno evidenziato l’importanza di far risuonare, con voce unanime e coraggiosa,
il no al conflitto e la volontà di costruire insieme la pace, facendo tacere le armi.
A questo proposito i vescovi hanno condiviso l’appello “Per una Repubblica libera dalle armi nucleari”
firmato nella scorsa primavera da oltre 40 Presidenti nazionali di associazioni cattoliche
che più volte si sono espresse in merito alle armi nucleari e all’adesione al Trattato Onu,
che l’Italia non ha ancora ratificato”.

Cordiali saluti.
Anselmo Palini
(componente la segreteria organizzativa dell’appello contro le armi nucleari)
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Costruiamo Convergenza per la Pace

27.05.22 – Europe for Peace

(Foto di Europe for Peace)
Guerre, rischio nucleare, armamentismo crescente, crisi climatica, emergenza ambientale, povertà, discriminazione crescente. Sono diverse e complessamente correlate le prospettive che ci conducono inequivocabilmente a comprendere che siamo ad un bivio storico ed è urgente e necessario scegliere se andare verso la Pace o verso la Catastrofe.

Allo scoppio di questo conflitto armato in Europa molti hanno sentito la necessità di far sentire la propria voce contro la guerra e a favore della pace. Numerose le iniziative, gli appelli e le manifestazioni.

Crediamo che in molti, ognuno con le sue forme e possibilità, stiamo portando avanti proposte e azioni valide e condivisibili. Tuttavia le iniziative, le voci che si sono e si stanno alzando per far prevalere la ragione sull’irrazionalità della violenza non sono coordinate tra loro e piuttosto che formare un coro forte e chiaro, spesso si perdono, se non addirittura si sovrappongo generando differenziamento piuttosto che convergenza.

Certamente questo fantastico moltiplicarsi di iniziative e di voci contro l’assurdità della guerra esprime una enorme ricchezza di analisi e riflessioni, una enorme potenzialità. Purtroppo però nessuno di noi ha mezzi e risorse, per competere con chi oggi fomenta la guerra, le armi, l’inquinamento, la disparità sociale.

Forse unendoci possiamo generare un effetto domino, un movimento sociale, arricchito da tutte le nostre diversità unite dall’obbiettivo comune di promuovere la vita e la pace. Crediamo che convergere sia la sfida di oggi per contrastare la destrutturazione e distruzione di un sistema sociale che volge al tramonto.

Dobbiamo fare uno sforzo intenzionale per guardare a ciò che ci unisce e non a ciò che ci divide, per diventare coro e orchestra che armonizza le diversità. È il momento storico che stiamo vivendo, è il bivio cruciale per il nostro futuro.

Dobbiamo iniziare a creare situazioni in cui possa emergere la co-ispirazione e l’intelligenza d’insieme, e soprattutto azioni concrete e convergenti, che possano contrastare la direzione che stanno prendendo gli eventi.

La sfida di oggi è creare la convergenza di tutte i movimenti e forze sociali, spirituali e politiche nel tentativo di fermare le scelte scellerate della guerra, il rischio nucleare, l’incremento delle spese belliche, delle produzioni inquinanti, della disuguaglianza.

Incontriamoci a Roma, il 4 giugno alle 19,30 nella straordinaria cornice dell’Eirenefest ai Giardini del Verano. Un incontro aperto a i movimenti sociali, politici e spirituali, un aperitivo per conoscerci meglio e organizzare insieme un incontro (sabato 18 giugno) per scambiare idee, analisi e proposte su cui convergere in azioni concrete che possano contrastare la direzione che stanno prendendo gli eventi.

Se vuoi costruire insieme questo incontro scrivi a europeforpeacehm@gmail.com

Federica Fratini

Relazioni Europe for Peace – Europa per la Pace

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