Ripudiamo la guerra!

4c38ee82-df4f-4188-9c28-97eb3c93fba0Newsletter n. 91 del 18 settembre 2022.

QUALE DIFESA

Cari Amici,
mentre la Natura insorge con la sua violenza e questa volta sono le Marche a pagarne le spese, giunge il momento della scelta elettorale in Italia. Rispetto ad essa non possiamo fare altro che esortare di andare alle urne e votare nel modo più corrispondente al fine di bloccare la guerra e contrastare chi la alimenta procurando l’invio di sempre nuove armi a una delle due parti in conflitto. Mettere il mondo fuori della guerra, ed escluderne il ripetersi nel futuro, oltre che servire alla vita è la precondizione essenziale perché torni ad essere storicamente e politicamente plausibile il nostro obiettivo di un costituzionalismo mondiale e di una Costituzione della Terra.
Ci corre anche l’obbligo di un chiarimento sulla portata di quanto ha detto papa Francesco parlando coi giornalisti sull’aereo nel viaggio di ritorno dal Kazakhstan. Oggi La sua frase sul diritto di difesa (che da tutti del resto è stato sempre considerato un “diritto naturale”) ha fatto dire che egli avesse abbandonato la sua posizione alternativa rispetto alla guerra in Ucraina, fino a legittimare l’invio di armi a Zelensky. Ciò che egli ha detto in effetti è che dare le armi è una “decisione politica”, che deve essere valutata in sede morale: è immorale se le intenzioni sono quelle di “provocare più guerra o di vendere le armi o di scartare quelle armi che a me non servono più…”, morale invece se essa è finalizzata alla difesa, quando “difendersi è non solo lecito, ma anche una espressione di amore alla Patria. Chi non si difende, chi non difende qualcosa, non la ama, invece chi difende, ama”.
Per valutare questa dichiarazione occorre osservare varie cose. Anzitutto essa è fatta in uno scambio informale con i giornalisti, nel quale è inevitabile una certa improvvisazione e un minore controllo di ogni parola. In secondo luogo essa è fatta nel contesto, confermato, di una radicale opposizione alla guerra e alle armi di qualsiasi tipo e per qualunque uso: “ La guerra in se stessa è un errore, è un errore! E noi in questo momento stiamo respirando quest’aria: se non c’è guerra sembra che non c’è vita”. E ancora: “in questo momento quante guerre sono in corso? Ucraina-Russia, adesso Azerbaijan e Armenia; poi c’è la Siria, dieci anni di guerra: che cosa succede lì, perché non si ferma? Quali interessi muovono queste cose? Poi c’è il Corno d’Africa; poi il nord del Mozambico; e l’Eritrea che è accanto all’Etiopia; poi il Myanmar, con questo popolo sofferente che amo tanto, il popolo Rohingya, che gira, gira e gira come uno zingaro e non trova pace. Ma siamo in guerra mondiale, per favore…”
In ogni caso potremmo aggiungere che non c’è solo la difesa con le armi, ma molte forme di difesa non violenta, a cominciare dalla politica e dalla prudenza dei governanti che non dovrebbero esporre i loro popoli a inutili e colpevoli rischi.
Nello stesso contesto il papa ha portato ad esempio quello che hanno fatto i portuali di Genova che si sono rifiutati di caricare armi per una delle guerre in corso: «Poi c’è l’industria delle armi. Questo è un commercio assassino. Qualcuno mi diceva – ha spiegato il Papa – che se si smettesse per un anno di fare le armi si risolverebbe tutta la fame nel mondo… Fame, educazione… niente, non si può perché si devono fare le armi. A Genova, alcuni anni fa, è arrivata una nave carica di armi che doveva passarle a una nave più grande che andava in Africa, vicino al Sudan, credo al Sud Sudan… Gli operai del porto non hanno voluto farlo. Gli è costato, ma è un fatto che dice: “No, io non collaboro con questo, con la morte”». Inoltre il papa ha risposto a una giornalista polacca che voleva indurlo a rifiutare ogni dialogo con la Russia con l’argomento che “c’è una linea rossa oltre la quale non si dovrebbe dire: siamo aperti al dialogo con Mosca”; a questa provocazione il papa ha risposto che il dialogo si deve fare sempre, anche “con gli Stati che hanno incominciato la guerra” come “sembra”, perché “sempre c’è la possibilità che nel dialogo si possano cambiare le cose, anche offrire un altro punto di vista, un altro punto di considerazione… Il dialogo si deve fare, anche se “puzza” ma si deve fare. Sempre un passo avanti, la mano tesa, sempre! Perché altrimenti chiudiamo l’unica porta ragionevole per la pace”.
Inoltre c’è da osservare che questo dialogo è avvenuto nel contesto delle imminenti elezioni politiche in Italia, nelle quali il Papa, rovesciando tante indebite interferenze del passato, ha preso la giustissima decisione di non intervenire in alcun modo, anche col motivo che la politica italiana non la capisce; se avesse dichiarato immorale l’invio delle armi all’Ucraina da parte dell’Italia e di Draghi, avrebbe di fatto invitato a votare per Unione Popolare o i Cinque Stelle, che ne sono gli unici oppositori, cosa che ovviamente non voleva fare.
Infine, interrogato sull’Occidente, il papa non ha fatto nessuno sconto sugli errori e i peccati dell’Occidente. A cominciare dal Mediterraneo, che “oggi è il cimitero più grande, non dell’Europa, ma dell’umanità”.
In riferimento alle citate prossime elezioni, pubblichiamo sul sito un articolo di Domenico Gallo che mette in guardia dal rischio di “sfasciare la democrazia”, e l’elenco dei candidati che hanno firmato l’impegno, proposto da “Costituente Terra”, e da molti elettori di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri”, “Laudato sì” e altre associazioni ugualmente ispirate, per un Protocollo sul ripudio della guerra da far varare dal prossimo Parlamento e far adottare da tutti gli Stati.
Con i più cordiali saluti

www.costituenteterra.it

———————-
Le prossime elezioni
SFASCIARE LA DEMOCRAZIA?

18 SETTEMBRE 2022 / EDMINXTRATOR / DICE LA STORIA /
di Domenico Gallo
Vi sono forze politiche che manifestano il proposito di sfasciare l’edificio istituzionale per sostituirlo con un altro che si potrebbe definire di “democrazia illiberale”

Domenico Gallo

Il dibattito elettorale diviene ogni giorno più acceso in vista del voto del 25 settembre, è rimasta però una sorta di self-restraint che vieta di invocare l’antifascismo come dimensione di senso che dovrebbe orientare le scelte di voto del popolo italiano. Oggi si dà per acquisita la democrazia dell’alternanza, per mettere in evidenza che tutte le forze politiche sono legittimate a governare e che l’alternanza fra le diverse proposte e forze politiche è elemento fisiologico della democrazia. Non c’è dubbio che sia così. Tuttavia la democrazia dell’alternanza può funzionare e svolgere un ruolo positivo solo se le forze politiche che assumono la responsabilità del governo mantengono fermo il rispetto per le istituzioni democratiche e non cercano di demolirle. Occorre cioè che le forze politiche contrapposte nella competizione per il Governo, condividano il medesimo spirito repubblicano, cosa che in Italia non si verifica. Il paradosso dell’Italia è di avere una Costituzione scritta, partorita nel fuoco della Storia, che da oltre trent’anni è vissuta con insofferenza da molti settori dell’arco politico. Fino al punto che si è sviluppata quella che Giuseppe Dossetti ebbe a definire una “mitologia sostitutiva”. Vale a dire si imputano alla Costituzione quei problemi che la politica non riesce a risolvere, in questo modo si crea un mito che nasconde l’incapacità delle forze politiche di governo o di opposizione di indicare una prospettiva di sviluppo per la società italiana nel suo complesso e si scaricano i fallimenti della politica sulle istituzioni. Le Istituzioni nelle quali si incarna l’Ordinamento della Repubblica (Parlamento, Governo, Presidenza della Repubblica, magistratura indipendente, Corte Costituzionale, ordinamento delle Regioni e degli Enti locali) rappresentano la casa comune del popolo italiano. Le forze politiche incaricate della responsabilità del Governo del paese, sono gli inquilini di questa casa comune, hanno il dovere di amministrarla, possono abbellirla, ma alla fine la devono consegnare intatta a chi verrà dopo di loro. Questo non significa che non si possono fare delle riforme costituzionali e realizzare dei ritocchi alle mura dell’edificio comune. Tuttavia le modifiche della casa comune dovrebbero essere estremamente rispettose delle esigenze di tutti gli abitanti della casa, e quando imposte da una maggioranza politica, dovrebbe sempre essere consentito al popolo italiano di scegliere se approvarle o meno. Chi invoca la democrazia dell’alternanza, e se ne vuole avvalere, dovrebbe garantire che non demolirà la casa comune. Invece noi vediamo che nei programmi dei partiti politici gioca ancora un ruolo il tiro a bersaglio contro le Istituzioni democratiche. Non è venuta meno la spinta a cambiare i connotati della democrazia italiana. Anche in questa campagna elettorale vi sono forze politiche importanti (nello specifico il blocco di destra) che manifestano il proposito di sfasciare l’edificio istituzionale che ci ha consegnato la Costituzione per sostituirlo con un altro ispirato ad una differente concezione, che si potrebbe definire di “democrazia illiberale”, di cui in Europa vediamo degli esempi nel modello ungherese ed in quello polacco. Tre sono le principali direttive di attacco, l’introduzione del “presidenzialismo, la “riforma della giustizia” e l’attuazione dell’Autonomia differenziata. Quando nel programma della destra si parla di introdurre il “Presidenzialismo” evidentemente si fa riferimento al modello del c.d. semipresidenzialismo vigente in Francia a cui si ispirava la riforma costituzionale proposta da Fratelli d’Italia. Introdurre un Presidente della Repubblica elettivo che diventa anche dominus del Governo, modifica profondamente in senso autoritario la forma di Governo perché elimina la più importante delle garanzie politiche che tengono in equilibrio il sistema dei pesi e contrappesi su cui si regge la democrazia politica. In Italia il ruolo del Presidente non è solo notarile, basti pensare al potere di emanare (o rifiutare) i decreti legge. Con un decreto legge si possono cancellare delle libertà costituzionali con effetto immediato, salvo l’intervento successivo ed eventuale della Corte costituzionale. La sorveglianza di un organo esterno al Governo e da questo indipendente è indispensabile per impedire abusi. Si tratta di un freno d’emergenza che acquista grande valore nelle situazioni di crisi. La seconda direttiva di attacco al nostro modello istituzionale di democrazia è quella che attiene alle varie proposte di “riforma della giustizia”. Qui in realtà il programma della destra, più che illustrare le proprie proposte, le nasconde. L’interpretazione autentica di questo programma è quella che ci fornisce il candidato Ministro della Giustizia in pectore, l’ex magistrato Carlo Nordio, nel corso di varie interviste. Essa prevede la separazione delle carriere, la discrezionalità dell`azione penale, la riformulazione dei rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria, e non ultima la nomina governativa dei giudici e quella elettiva dei pubblici ministeri. Queste proposte comportano un sovvertimento totale delle norme della Costituzione che garantiscono la divisione dei poteri, assicurando l’indipendenza del controllo di legalità esercitato dalla magistratura nei confronti del potere politico ed economico. Infine l’attuazione dell’Autonomia differenziata secondo le proposte avanzate dalle Regioni leghiste, spezzerebbe l’unità della Repubblica e, creando una serie di repubblichette, aprirebbe una breccia nel principio supremo di eguaglianza di tutti i cittadini. Quando delle forze politiche ci propongono modifiche di questa portata, in sostanza ci propongono di fare la pelle alla Costituzione e di demolire quelle Istituzioni che la Costituzione ha concepito per garantire le generazioni future dal ritorno di un passato autoritario che all’epoca tutti ripudiavano ed oggi alcuni vorrebbero far ritornare sotto mutate spoglie.

Domenico Gallo

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logo76Chiesadituttichiesadeipoveri – Newsletter n.274 del 18 settembre 2022. Costituente Terra – Newsletter n. 91 del 18 settembre 2022.

QUALE GUERRA

Cari Amici,
mentre la Natura insorge con la sua violenza e questa volta sono le Marche a pagarne le spese, giunge il momento della scelta elettorale in Italia. Rispetto ad essa non possiamo fare altro che esortare di andare alle urne e votare nel modo più corrispondente al fine di bloccare la guerra e contrastare chi la alimenta procurando l’invio di sempre nuove armi a una delle due parti in conflitto. Mettere il mondo fuori della guerra, ed escluderne il ripetersi nel futuro, oltre che servire alla vita è la precondizione essenziale perché torni ad essere storicamente e politicamente plausibile il nostro obiettivo di un costituzionalismo mondiale e di una Costituzione della Terra.
Ci corre anche l’obbligo di un chiarimento sulla portata di quanto ha detto papa Francesco parlando coi giornalisti sull’aereo nel viaggio di ritorno dal Kazakhstan. La sua frase sul diritto di difesa (che da tutti del resto è stato sempre considerato un “diritto naturale”) ha fatto dire che egli avesse abbandonato la sua posizione alternativa rispetto alla guerra in Ucraina, fino a legittimare l’invio di armi a Zelensky. Ciò che egli ha detto in effetti è che dare le armi è una “decisione politica”, che deve essere valutata in sede morale: è immorale se le intenzioni sono quelle di “provocare più guerra o di vendere le armi o di scartare quelle armi che a me non servono più…”, morale invece se essa è finalizzata alla difesa, quando “difendersi è non solo lecito, ma anche una espressione di amore alla Patria. Chi non si difende, chi non difende qualcosa, non la ama, invece chi difende, ama”.
Per valutare questa dichiarazione occorre osservare varie cose. Anzitutto essa è fatta in uno scambio informale con i giornalisti, nel quale è inevitabile una certa improvvisazione e un minore controllo di ogni parola. In secondo luogo essa è fatta nel contesto, confermato, di una radicale opposizione alla guerra e alle armi di qualsiasi tipo e per qualunque uso: “ La guerra in se stessa è un errore, è un errore! E noi in questo momento stiamo respirando quest’aria: se non c’è guerra sembra che non c’è vita”. E ancora: “in questo momento quante guerre sono in corso? Ucraina-Russia, adesso Azerbaijan e Armenia; poi c’è la Siria, dieci anni di guerra: che cosa succede lì, perché non si ferma? Quali interessi muovono queste cose? Poi c’è il Corno d’Africa; poi il nord del Mozambico; e l’Eritrea che è accanto all’Etiopia; poi il Myanmar, con questo popolo sofferente che amo tanto, il popolo Rohingya, che gira, gira e gira come uno zingaro e non trova pace. Ma siamo in guerra mondiale, per favore…”
In ogni caso potremmo aggiungere che non c’è solo la difesa con le armi, ma molte forme di difesa non violenta, a cominciare dalla politica e dalla prudenza dei governanti che non dovrebbero esporre i loro popoli a inutili e colpevoli rischi.
Nello stesso contesto il papa ha portato ad esempio quello che hanno fatto i portuali di Genova che si sono rifiutati di caricare armi per una delle guerre in corso: «Poi c’è l’industria delle armi. Questo è un commercio assassino. Qualcuno mi diceva – ha spiegato il Papa – che se si smettesse per un anno di fare le armi si risolverebbe tutta la fame nel mondo… Fame, educazione… niente, non si può perché si devono fare le armi. A Genova, alcuni anni fa, è arrivata una nave carica di armi che doveva passarle a una nave più grande che andava in Africa, vicino al Sudan, credo al Sud Sudan… Gli operai del porto non hanno voluto farlo. Gli è costato, ma è un fatto che dice: “No, io non collaboro con questo, con la morte”». Inoltre il papa ha risposto a una giornalista polacca che voleva indurlo a rifiutare ogni dialogo con la Russia con l’argomento che “c’è una linea rossa oltre la quale non si dovrebbe dire: siamo aperti al dialogo con Mosca”; a questa provocazione il papa ha risposto che il dialogo si deve fare sempre, anche “con gli Stati che hanno incominciato la guerra” come “sembra”, perché “sempre c’è la possibilità che nel dialogo si possano cambiare le cose, anche offrire un altro punto di vista, un altro punto di considerazione… Il dialogo si deve fare, anche se “puzza” ma si deve fare. Sempre un passo avanti, la mano tesa, sempre! Perché altrimenti chiudiamo l’unica porta ragionevole per la pace”.
Inoltre c’è da osservare che questo dialogo è avvenuto nel contesto delle imminenti elezioni politiche in Italia, nelle quali il Papa, rovesciando tante indebite interferenze del passato, ha preso la giustissima decisione di non intervenire in alcun modo, anche col motivo che la politica italiana non la capisce; se avesse dichiarato immorale l’invio delle armi all’Ucraina da parte dell’Italia e di Draghi, avrebbe di fatto invitato a votare per Unione Popolare o i Cinque Stelle, che ne sono gli unici oppositori, cosa che ovviamente non voleva fare.
Infine, interrogato sull’Occidente, il papa non ha fatto nessuno sconto sugli errori e i peccati dell’Occidente. A cominciare dal Mediterraneo, che “oggi è il cimitero più grande, non dell’Europa, ma dell’umanità”.
In riferimento alle citate prossime elezioni, pubblichiamo sul sito un articolo di Domenico Gallo che mette in guardia dal rischio di “sfasciare la democrazia”, e l’elenco dei candidati che hanno firmato l’impegno, proposto da “Costituente Terra”, e da molti elettori di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri”, “Laudato sì” e altre associazioni ugualmente ispirate, per un Protocollo sul ripudio della guerra da far varare dal prossimo Parlamento e far adottare da tutti gli Stati.
Con i più cordiali saluti

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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Le prossime elezioni
SFASCIARE LA DEMOCRAZIA?

18 SETTEMBRE 2022 / EDMINXTRATOR / DICE LA STORIA /
di Domenico Gallo
Vi sono forze politiche che manifestano il proposito di sfasciare l’edificio istituzionale per sostituirlo con un altro che si potrebbe definire di “democrazia illiberale”

Domenico Gallo

Il dibattito elettorale diviene ogni giorno più acceso in vista del voto del 25 settembre, è rimasta però una sorta di self-restraint che vieta di invocare l’antifascismo come dimensione di senso che dovrebbe orientare le scelte di voto del popolo italiano. Oggi si dà per acquisita la democrazia dell’alternanza, per mettere in evidenza che tutte le forze politiche sono legittimate a governare e che l’alternanza fra le diverse proposte e forze politiche è elemento fisiologico della democrazia. Non c’è dubbio che sia così. Tuttavia la democrazia dell’alternanza può funzionare e svolgere un ruolo positivo solo se le forze politiche che assumono la responsabilità del governo mantengono fermo il rispetto per le istituzioni democratiche e non cercano di demolirle. Occorre cioè che le forze politiche contrapposte nella competizione per il Governo, condividano il medesimo spirito repubblicano, cosa che in Italia non si verifica. Il paradosso dell’Italia è di avere una Costituzione scritta, partorita nel fuoco della Storia, che da oltre trent’anni è vissuta con insofferenza da molti settori dell’arco politico. Fino al punto che si è sviluppata quella che Giuseppe Dossetti ebbe a definire una “mitologia sostitutiva”. Vale a dire si imputano alla Costituzione quei problemi che la politica non riesce a risolvere, in questo modo si crea un mito che nasconde l’incapacità delle forze politiche di governo o di opposizione di indicare una prospettiva di sviluppo per la società italiana nel suo complesso e si scaricano i fallimenti della politica sulle istituzioni. Le Istituzioni nelle quali si incarna l’Ordinamento della Repubblica (Parlamento, Governo, Presidenza della Repubblica, magistratura indipendente, Corte Costituzionale, ordinamento delle Regioni e degli Enti locali) rappresentano la casa comune del popolo italiano. Le forze politiche incaricate della responsabilità del Governo del paese, sono gli inquilini di questa casa comune, hanno il dovere di amministrarla, possono abbellirla, ma alla fine la devono consegnare intatta a chi verrà dopo di loro. Questo non significa che non si possono fare delle riforme costituzionali e realizzare dei ritocchi alle mura dell’edificio comune. Tuttavia le modifiche della casa comune dovrebbero essere estremamente rispettose delle esigenze di tutti gli abitanti della casa, e quando imposte da una maggioranza politica, dovrebbe sempre essere consentito al popolo italiano di scegliere se approvarle o meno. Chi invoca la democrazia dell’alternanza, e se ne vuole avvalere, dovrebbe garantire che non demolirà la casa comune. Invece noi vediamo che nei programmi dei partiti politici gioca ancora un ruolo il tiro a bersaglio contro le Istituzioni democratiche. Non è venuta meno la spinta a cambiare i connotati della democrazia italiana. Anche in questa campagna elettorale vi sono forze politiche importanti (nello specifico il blocco di destra) che manifestano il proposito di sfasciare l’edificio istituzionale che ci ha consegnato la Costituzione per sostituirlo con un altro ispirato ad una differente concezione, che si potrebbe definire di “democrazia illiberale”, di cui in Europa vediamo degli esempi nel modello ungherese ed in quello polacco. Tre sono le principali direttive di attacco, l’introduzione del “presidenzialismo, la “riforma della giustizia” e l’attuazione dell’Autonomia differenziata. Quando nel programma della destra si parla di introdurre il “Presidenzialismo” evidentemente si fa riferimento al modello del c.d. semipresidenzialismo vigente in Francia a cui si ispirava la riforma costituzionale proposta da Fratelli d’Italia. Introdurre un Presidente della Repubblica elettivo che diventa anche dominus del Governo, modifica profondamente in senso autoritario la forma di Governo perché elimina la più importante delle garanzie politiche che tengono in equilibrio il sistema dei pesi e contrappesi su cui si regge la democrazia politica. In Italia il ruolo del Presidente non è solo notarile, basti pensare al potere di emanare (o rifiutare) i decreti legge. Con un decreto legge si possono cancellare delle libertà costituzionali con effetto immediato, salvo l’intervento successivo ed eventuale della Corte costituzionale. La sorveglianza di un organo esterno al Governo e da questo indipendente è indispensabile per impedire abusi. Si tratta di un freno d’emergenza che acquista grande valore nelle situazioni di crisi. La seconda direttiva di attacco al nostro modello istituzionale di democrazia è quella che attiene alle varie proposte di “riforma della giustizia”. Qui in realtà il programma della destra, più che illustrare le proprie proposte, le nasconde. L’interpretazione autentica di questo programma è quella che ci fornisce il candidato Ministro della Giustizia in pectore, l’ex magistrato Carlo Nordio, nel corso di varie interviste. Essa prevede la separazione delle carriere, la discrezionalità dell`azione penale, la riformulazione dei rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria, e non ultima la nomina governativa dei giudici e quella elettiva dei pubblici ministeri. Queste proposte comportano un sovvertimento totale delle norme della Costituzione che garantiscono la divisione dei poteri, assicurando l’indipendenza del controllo di legalità esercitato dalla magistratura nei confronti del potere politico ed economico. Infine l’attuazione dell’Autonomia differenziata secondo le proposte avanzate dalle Regioni leghiste, spezzerebbe l’unità della Repubblica e, creando una serie di repubblichette, aprirebbe una breccia nel principio supremo di eguaglianza di tutti i cittadini. Quando delle forze politiche ci propongono modifiche di questa portata, in sostanza ci propongono di fare la pelle alla Costituzione e di demolire quelle Istituzioni che la Costituzione ha concepito per garantire le generazioni future dal ritorno di un passato autoritario che all’epoca tutti ripudiavano ed oggi alcuni vorrebbero far ritornare sotto mutate spoglie.

Domenico Gallo
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