sabato 15 gennaio in giro con la lampada di aladin…

aladin-lampada-di-aladinews312 – La mia generazione/ Perché noi valiamo. Ve ne eravate accorti? Tratto dal blog Madrigopolis
- Renzi ha fretta, teme l’esito delle elezioni sarde? Di Red sul sito Democraziaoggi.democraziaoggi loghetto

francesca madrigali 6La mia generazione/ Perché noi valiamo. Ve ne eravate accorti?
(dal blog Madrigopolis)
La considerazione arriva a metà del vino bianco, in una normale trattoria del centro: “Vedi, se noi avessimo un decimo della volontà e dell’ambizione del politico X saremmo ricchissimi. Se il politico X avesse un decimo dei nostri talenti, sarebbe il presidente dell’America”.

Non l’ho detto io, ma esprime bene la sensazione che mi accompagna da tempo. Ho sempre pensato e scritto che se la mia generazione fosse vissuta quaranta o cinquant’anni fa con le stesse energie e la stessa tigna che abbiamo oggi, saremmo tutti capitani d’industria, politici di livello, professionisti affermati o semplicemente lavoratori stabilizzati (e quindi stabili in molti altri aspetti dell’esistenza).
- Dal sito Democraziaoggi
Invece.
Invece abbiamo visto accadere il rovesciamento del mondo, e ci siamo accorti con ritardo che nelle due generazioni passate c’è stata abbondanza di occasioni a fronte di una normalità delle persone, mentre oggi si richiede l’eccezionalità delle competenze in relazione ad opportunità anche “normali”, quando non modeste. Alcune selezioni lavorative in questo senso sono emblematiche, anche quando non tarate sul candidato prescelto “a priori”. Ma queste sono cose che sappiamo, e di cui parleremo un’altra volta.

Il rovesciamento del mondo è quello per cui l’incertezza e la non rispondenza di questa realtà alle aspettative (che sono un fatto personale) e agli investimenti sul capitale umano (che è una cosa più oggettiva) colpiscono molti – non tutti ma molti- di quelli nati fra il 1970 e il 1980, grossomodo, che non hanno trovato o mantenuto un lavoro stabile dopo il 1999-2000.
A prescindere dal titolo di studio, dalla modernità delle competenze, dalle esperienze pregresse. Ovviamente le statistiche e gli esperti ci dicono che avere un grado medio-alto di scolarizzazione è preferibile, che in caso contrario si è meno “collocabili”.
Certo più fragili, disorientati, meno disponibili e pronti ad interpretare quello che (ci) accade.

Questa è la teoria. La pratica ci insegna che una volta perso il lavoro trovarne un altro è molto difficile, in generale, e per chi è diventato precario (nella più ampia accezione del termine: autonomi, professionisti, ex dipendenti, collaboratori, partite IVA, ecc.) a cavallo del 2000 e negli anni successivi è ancora più difficile. Si chiama “disoccupazione di lunga durata”, che dura cioè per più di 12 mesi, e come è facilmente intuibile colpisce maggiormente gli adulti over 35 per l’innesco di un circolo vizioso dovuto a quella che dovrebbe essere una età lavorativamente avanzata (ma visti i tempi italiani di studio e ingresso nel mondo del lavoro spesso non lo è).

Nessuno sembra considerare il problema degno di nota. Con sgomento verifico ogni giorno che la classe politica nazionale e locale e i media ignorano totalmente una grande fascia della popolazione, che oltretutto è contemporaneamente decisiva per le questioni demografiche e dei consumi (e pure dei costumi della società) e quella più vulnerabile da un punto di vista sociale e pensionistico.

Perfino noi stessi abbiamo smesso o mai iniziato a parlare di noi in maniera costruttiva. Per lamentarci della nostra sfortuna, accusare chi è venuto prima di noi di “essersi mangiato tutto”, per diventare qualunquisti e distruttivi? Ma quando mai.

Semplicemente, vorrei che il popolo politicamente e mediaticamente invisibile di gente che “fa cose”, ha idee, che ha capito che condividere le informazioni è più utile che auto referenziarsi ad minchiam, che ha curiosità e diverse esperienze e le veicola, capisse che esiste.

Che sono, e siamo, molti. Abbiamo capacità, abbiamo una energia spesso repressa dalle difficoltà finanziarie, dai lacci burocratici, dal sistema di clientele e dalla mancanza di visione dei decisori politici. Che sono mediamente molto, ma molto più mediocri di quanto noi potremo mai essere, vedi il caso del politico X: che però ha avuto ambizione, tenacia e colpo di culo.

Esistiamo nelle imprese, nella comunicazione, nel turismo, nella cultura. Lavoriamo con fatica e tenacia, consumiamo, usiamo le nuove tecnologie e quindi ci informiamo diversamente. Prima o poi, se non altro per mere questioni anagrafiche, il sistema feudale di potere verrà soppiantato da pratiche più sofisticate.

Siamo spesso qualificati o anche no, ma comunque con una voglia di lavorare che forse è di nuovo quella dei nostri nonni, mediamente poveri e comunque più austeri, certo non baby boomers che hanno beneficiato, come si aspettavano e come è normale, dell’ascensore sociale.

Capire che esistiamo e siamo molti – molti più di quelli che io conosco, mica sono l’unica a conoscere gente interessante, no?- è il primo passo per capire che contiamo, anche politicamente. Si chiama “pressione civile” e mi piace pensare che consista in una attenzione più marcata alle proposte politiche che ci vengono fatte, alla riflessione su quali sono le esigenze o i valori dirimenti per ognuno (la famosa domanda definitiva), e alle decisioni conseguenti.

Visto che noi siamo tanti, e dobbiamo essere esigenti, è ovvio che il mercato deve migliorare la qualità delle offerte: altrimenti ciccia, tanto peggio di così non può andare (almeno fino al tracollo del capitalismo, ma mi dicono che ci vorrà ancora un po’. Poi comunque subentra Keynes e il lungo periodo in cui siamo tutti morti, e amen).

Siamo, probabilmente, se non il primo almeno il secondo partito italiano, sicuramente sardo, stavolta a prescindere dalla generazione: produciamo – opinione, cultura, arte, informazione e promozione per il nostro territorio- e spesso non ci pagano o il nostro lavoro non è considerato tale, abbiamo un’età per cui non dobbiamo più accettarlo, ma certamente possiamo fare pressione.

Oltre, s’intende, ad arrabattarci giornalmente per schivare ostacoli che non immaginavamo, ma ai quali ormai ci siamo abituati. E a resistere, la parola fondamentale.
Promulgato da Regina Madry
Regina Madry
Nata nell’anno della Tigre, Giornalista, Capelli ricci (con pochi capricci)
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democraziaoggi loghettoRenzi ha fretta, teme l’esito delle elezioni sarde?
15 Febbraio 2014
Red, Democraziaoggi

Perché tanta fretta a dare l’incarizo a Renzi? Forse c’entra la Sardegna, Non che noi sardi contiamo qualcosa sul piano nazionale. Semplicemente perché si svolgono le elezioni regionali, il primo test per Renzi. E sul buon Pigliaru non aleggia aria rassicurante. Mandato allo sbaraglio dai malandrini del PD per fare da foglia di fico alle loro malefatte, fa ciò che può, s’impegna. Ma è stato abbandonato, lasciato solo. Lo stesso segretario nazionale è passato alla svelta raccontando balle (una storica: “non voglio scalzare Letta”) che poi ha subito smentito. Ha fatto più danno che bene al candidato sardo del PD, che tutto è fuorché bugiardo. La campagna di Pigliaru aveva necessità di una scossa, che forse solo il segretario nazionale, stando in Sardegna, avrebbe potuto dare, e invece, passaggio a volo d’uccello, molte balle e un po’ di cazzate, e via, giocare a fotti-compagni a Roma. Guardate invece B. Evade i domiciliari e si fionda in Sardegna più stabilmente, a riattizzare un centrodestra, tramortito dalla banalità di Cappellacci. E, addirittura, riesce anche a dare lezioni di democrazia e fedeltà costituzionale a Matteo!
Anche in questa vicenda Renzi mostra la sua scarsa serietà, la sua disinvoltura, la sua inaffidabbilità. Lunedì vedremo l’esito delle elezioni-farsa regionali. A Roma inizia una partita tragi-comica in fondo alla quale c’è l’implosione del PD (come il PSI con Craxi), il baratro per il Paese e B. per le elezioni prossime venture. Meno male che c’è il M5S! Se non vince, almeno una robusta opposizione è assicurata.

One Response to sabato 15 gennaio in giro con la lampada di aladin…

  1. admin scrive:

    La Nuova Sardegna on line sabato 15 febbraio 2014
    Crisi di governo, nel totoministri i nomi di tre esponenti sardi
    Matteo Renzi peserà il voto nell’isola: il risultato potrebbe favorire la nomina di un ministro sardo. Tra i papabili Parisi e Soru. Zedda possibile sottosegretario

    di Alfredo Franchini

    CAGLIARI. Il peso della Sardegna nel primo governo Renzi dipenderà in buona parte dal voto che scaturirà dalle elezioni di domenica. Per questo c’è molta prudenza nell’ipotizzare la lista dei possibili ministri e sottosegretari, (anche se ci sono alcuni punti fermi). Sicuramente lo scenario politico sardo ha dei paletti chiari: la possibile maggioranza di Renzi al Senato prevede l’apporto del Nuovo centrodestra (che nell’isola è praticamente assente), Scelta civica, Per l’Italia e Autonomie. Significa che l’uomo che ha in mano la lista dei ministri, cioè Graziano Del Rio, attuale ministro per gli Affari regionali, presidente dell’Anci e soprattutto uno dei pochi in cui Renzi ha posto la fiducia, potrebbe attingere soprattutto dalle liste del Centrosinistra. In che misura e con quale peso rispetto alla coalizione dipenderà dal voto di domenica fermo restando l’incrocio con le competenze: se Pigliaru dovesse vincere le elezioni la Regione si rafforzerebbe nel futuro governo di Matteo Renzi, uomo che non ha mai militato nella Dc e che non scaturisce nemmeno dall’apparato storico del partito Pci-Pds-Ds. Tra i parlamentari sardi pochi vogliono fare previsioni; alcuni come il senatore Francesco Sanna, collaboratore e amico di Enrico Letta, lo troviamo mentre è impegnato a impacchettare i pochi effetti personali che aveva nel suo ufficio romano.
    Il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Giampaolo Diana, non boccia il governo Letta a cui muove un’unica accusa: «Si è mosso nell’eccessiva ordinarietà», dice, e ora la speranza è che si possa rilanciare la vertenza Sardegna: «Il confronto sulle entrate prima di tutto visto che lo Stato ci deve versare 1,7 miliardi l’anno».
    Il cambio di guida al governo può costituire una spinta inaspettata alle elezioni di domenica per Francesco Pigliaru che, pur non avendo la tessera del Pd, si era schierato a favore di Renzi sin dal prima ora. «Ho visto lo strepitoso entusiasmo nel popolo del Pd sardo quando Renzi è venuto da noi», ha detto Pigliaru, «e certo non ci può danneggiare quanto sta accadendo in questo ore».
    I nomi dei papabili sono tanti ma anche su questo punto c’è la massima incertezza perché Renzi vuole un governo di discontinuità che significa non applicare più il criterio della ripartizione territoriale. I ministri dovranno avere competenze specifiche e allo stesso tempo garantire la massima disponibilità. Tra i sardi in pole position c’è sicuramente Arturo Parisi, renziano della prima ora, fondatore dell’Ulivo con Romano Prodi. Potrebbe essere il ministro della Difesa e tornare a occuparsi del passaggio delle basi militari al patrimonio della Regione. Un altro ministro possibile potrebbe essere Renato Soru, l’ex presidente della Regione che è considerato da Renzi un punto di riferimento in Sardegna; ma è da verificare la disponibilità dello stesso patron di Tiscali che potrebbe scegliere di candidarsi alle prossime europee. Infine, per un posto da sottosegretario è in lizza Massimo Zedda, sindaco di Cagliari, amico di Renzi e di Del Rio che nel futuro governo dovrebbe essere sottosegretario della Presidenza o ministro dell’Interno.

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