Pubblica amministrazione: più che altro è questione di etica

max weber

di Franco Meloni

Nell’attesa della parola fine a questa vicenda, augurandoci che venga emanato il famigerato decreto interministeriale senza ulteriori ritardi (cosa della quale tuttora dubitiamo), giova riflettere su quanto questa circostanza ha messo in luce quanto a disfunzioni nella pubblica amministrazione. L’intento è di trarre le dovute lezioni e cercare di cambiare quanto è sicuramente possibile per migliorare i processi di funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Premettiamo che allo stato non disponiamo di tutti gli elementi per ricostruire la vicenda nei dettagli. E ciò non per nostre carenze, piuttosto per l’area di oscurità che tuttora cela una parte dell’operato delle pubbliche amministrazioni, in contraddizione allo spirito e alle prescrizioni del decreto legislativo 150/2009 (il cd decreto Brunetta). Non sappiamo ancora con certezza se corrisponda al vero che il decreto interministeriale sia stato licenziato dall’ufficio legislativo del Ministero della giustizia e da questo inviato al vaglio del Consiglio di stato. Non sappiamo se e, ancora, in quali date ciò sia avvenuto. E’ molto importante saperlo. Abbiamo il sospetto fondato che tutto sia accaduto nel consueto procedere nelle diverse fasi dell’iter provvedimentale “in sequenza” anzichè “in parallelo”, cosa che fa dilatare notevolmente i tempi. La cosa, esemplificata rispetto al caso in esame, avviene così: la legge prevede l’adozione del provvedimento entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore? Bene, si attende esattamente lo spirare del sessantesimo giorno (quando va bene) e poi si invia il testo del provvedimento perchè segua l’iter di approvazione. L’ufficio destinatario di detto provvedimento (in questo caso il Consiglio di stato) si prende poi tutto il tempo consentito per poterlo esaminare ed esprimere il dovuto parere. Se non vengono rilevati problemi si restituisce il documento al Ministero che provvede alla sua pubblicazione in GU; altrimenti si riavvia il ciclo del riesame… Ovviamente si potrebbe operare con diversa modalità, soprattutto quando si tratta di “provvedimenti sensibii” per il loro impatto sociale (come il nostro). Si potrebbe, per esempio, contrarre il termine di redazione del provvedimento: la legge prevede un massimo di 6o giorni? Bene, cerchiamo di prendercene al massimo trenta. Contraiamo i tempi dei passaggi in relazione alle concertazioni previste con diversi ministeri, per esempio convocando una conferenza dei servizi, per concordare simultaneamente l’emissione del parere. Chiediamo uguale disponibilità al Consiglio di stato. Insomma quanto richiederebbe 60 più 60 giorni si potrebbe ridurre complessivamente a 20 o realisticamente a 30 giorni. Tutto possibile, fattibile senza difficoltà particolari. E, allora? Sapete cosa osta a questo virtuoso modo di procedere? La mancanza di etica professionale. L’etica nel nostro caso è quella cosa per la quale al di là delle formalità si pensa alla sostanza, al risultato, alla soddisfazione del cittadino: si pensa cioè alle esigenze dei nostri giovani. E quindi, se lo si capisce,  si mette in campo tutta la buona volontà e la propria professionalità per corrispondere alle loro necessità. Ecco: di etica più che di roboanti riforme ha bisogno come il pane la nostra pubblica amministrazione. Chiediamo troppo?

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Nella foto Max Weber

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