in giro con la lampada di aladin nel mondo delle idee… da discutere

lampada aladin micromicro- Giovani e lavoro. La scelta intelligente del sindaco di Elmas . Su La Nuova Sardegna on line.
- PROPOSTA SINDACO DI ELMAS: il mio pensiero scritto nel libro “LA SARDEGNA E’ UN’ALTRA COSA” E’ sull’isola che vorrei. Chi non crede più a questa terra cambi lavoro. Claudia Sarritzu su Tottus in Pari
- Ape o ariete? Comunque e sempre forza Renato!. Amsicora su Democraziaoggi.
disperazione- In dieci anni un calo dei diplomati di quasi il 30 per cento. E sempre più ragazzi preferiscono gli atenei della penisola.Crollo dei diplomi e fuga dalle università dell’isola. MARIANO PORCU su La Nuova Sardegna on line.
pomodori sardi- I pomodori sardi fanno gola agli Usa. Una ricerca isolana dimostra che sono più resistenti all’attacco di un insetto: possibile una collaborazione con gli Stati Uniti. Caterina Cossu su La Nuova Sardegna on line.

Giovani e lavoro
La scelta intelligente del sindaco di Elmas
VICENDA SINDACO DI ELMAS: IL MIO PENSIERO SCRITTO NEL LIBRO “LA SARDEGNA E’ UN’ALTRA COSA” E’ SULL’ISOLA CHE VORREI. CHI NON CREDE PIU’ A QUESTA TERRA, CAMBI LAVORO. Claudia Sarritzu su Tottus in Pari in Argomenti vari

di Claudia Sarritzu *

Caro sindaco, ho scritto un libro sul “restare“.

Ho sacrificato la mia gioventù. I miei sogni che qui sono insormontabili per amore della mia terra.

Ho viaggiato con gli occhi e le orecchie basse per evitare di cadere in tentazione e non tornare più. Ho sempre stampato biglietti di ritorno, prima ancora che di andata. Perché a 20 anni tutti, ma proprio tutti, hanno il diritto di compiere la loro piccola e insignificante rivoluzione. La mia è stata questa: non abbandonare la mia terra, donarle quel poco che sapevo fare, scommettere sulle sue Università, condannarmi a una vita in casa, quando potevo conquistare la mia indipendenza già a 19 anni.

Ho frequentato il liceo classico G.M. Dettori, e sono stata praticamente l’unica o quasi, in una classe di 28 allievi, a non iscrivermi a una Università del continente. Andava di moda anche prima della crisi. Era il 2005 e se restavi qui eri uno sfigato. Un poveraccio. Uno che non avrebbe fatto nulla nella sua vita. Sono rimasta per lo stesso motivo per cui i miei non hanno scelto per me scuole private alle elementari e alle medie. Perché credono nell’Università pubblica, e pretendono un Paese dove non esistano università di serie A e di serie B, ma dove tutti possono imparare, crescere e migliorarsi, senza dover scappare dalla propria terra.

I sardi che vogliono scordarsi di esserlo e alla prima occasione, per sentirsi migliori, hanno bisogno di prendere la residenza in una grande città del nord, non mi sono mai piaciuti. Sogno una Sardegna piena di giovani come me che usino i loro risparmi e quelli della comunità per non fuggire. Che vadano fuori non a imparare ma a confrontarsi. Sì esatto CONFRONTARSI. Perché anche noi abbiamo tanto da insegnare, basta con questa sudditanza intellettuale. Vorrei che tornassero perché un sindaco come lei che è anche un Consigliere regionale investisse il suo tempo sul nostro futuro qui, oggi.

Lei è pagato per trovare una soluzione in Sardegna. Non per donarci una via di fuga. Se è già arreso, se non crede neppure durante il primo anno della giunta Pigliaru, al fondo “Garanzia giovani”, cioè 54 milioni di euro per inserire i ragazzi nel mercato del lavoro, allora dia le dimissioni.

Forse come sindaco non potrà fare altro che quello che ha fatto, anche se non ne sono del tutto convinta, ma come consigliere di maggioranza, mi scusi, ma da cittadina, pretendo un po’ di più. Se non ci crede più a questa terra, cambi lavoro. La politica è scommettere sul futuro del nostro Paese. Non su quello di altri stati o di altre regioni. Di Master senza Back ne abbiamo i curricula pieni. Ora pretendiamo coraggio da chi è pagato per creare opportunità lavorative.

Il mio libro si intitola “La Sardegna è un’altra cosa” perché racconta i sardi che non si sono nascosti e che non hanno fatto le valigie. Non si scomodi a comprarlo. Glielo regalo io, uno a lei e uno alla biblioteca del suo comune.

Alcuni giovani sceglieranno la sua triste opzione, alcuni leggeranno le mie righe e forse sceglieranno di cambiare questa storia. La nostra storia. Una volta per tutte.

* cagliari.globalist.it
Scritto da: Tottus in Pari in Argomenti vari
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- Ape o ariete? Comunque e sempre forza Renato!
26 Settembre 2014
Amsicora su Democraziaoggi

democraziaoggiRenato, da futuro segretario regionale PD, si è proposto come un’ape che fior da fiore (dalla comunità) succhia il nettare (le domande, le esigenze, le proposte) per trasformale in miele profumato (buoni risultati per la Sardegna). Devo dire che a me questa parabola è piaciuta molto, mi ha emozionato, quasi commosso. Finalmente, ho pensato, un’idea sensata nell’Isola dei mori, piena d’irrazionalità e dove ognuno tira per la propria strada e non ascolta gli altri.
Ora, però, sono assalito da un dubbio: come potrà Renato, incoronato finalmente segretario regionale, mantenere questo fair play col Presidente Pigliaru e la Giunta? Col suo nuovo look mister Tiscali assume la veste non del freddo e implacabile rottamatore, ma del paziente costruttore di soluzioni condivise. Sarà… Però come la mettiamo con la giunta? Non so cosa ne pensiate, io non so che dire: o la sua azione è del tutto clandestina oppure parlare d’immobilismo è poco. Non solo, ma quando qualche assessore esterna il suo pensiero, sembra di partecipare alla sagra dell’ovvio: luoghi comuni o banalità. Risultati zero. Conforta questo mio giudizio ciò che dicono Vito ed Elio tutti i giorni a radio X. E loro sono, ne sarete convinti anche voi, i migliori commentatori delle vicende sarde, i più obiettivi osservatori, anche se dicono le cose fra frizzi, lazzi e risate. Oggi, signore e signori, ladies and gentlemen, messieurs dames, la verità è nella bocca dei comici. Ergo, è comprovato: la giunta è insufficiente. E allora? Allora, ecco la prima ipotesi: Renato-ape pazientemente prende per mano gli assessori e li indirizza su una strada di concretezza. Ma funzionerà questo accompagnamento dolce verso la produttività o sarà meglio un brusco scossone? Il tempo stringe. Urge la politica, quella alta che decide e crea progetto e risultati. Per questo, è meglio l’ape o è preferibile l’ariete? Questo è il problema. Devo ammettere d’essere tentennante e incerto. La prima metodologia è certo la più rispettosa delle persone e tiene conto della loro inesperienza amministrativa. Essere prof. universitari, in fondo, comprova, quando c’è, una cultura libresca, importante, ma anni luce lontana dalla concretezza del governare. Grandi scienziati sono incapaci di amministrare perfino gli affari quotidiani di casa loro. Anche se, ad onor del vero, non pochi degli scienziati oggi in giunta, hanno anche amministrato dipartimenti, facoltà e atenei senza grande costrutto. Talora con veri e propri disastri. Del resto la crisi dell’università è imputabile al 50% ai ministri di turno e per il resto ai prof. E allora, l’ape dovrà anzitutto stabilire se e quali fra gli assessori attuali sono da annoverare fra i fiori e quali da mandare a casa. Poi si tratta di vedere se i fiori, al di là della loro bellezza esteriore e dei loro profumi, saranno porduttivi di frutti e se questi frutti sono quelli che servono ai sardi. E dopo? Per quelli da segare è preferibile l’ape o l’ariete? Se è ape, certamente dovrà sfoderare il pungiglione, se invece è meglio l’ariete no problem: Soru, semplicemente, dovrà tornare ad essere quello che in realtà è sempre stato. In tutti i casi, con pungiglione o testate, forza Renato!
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In dieci anni un calo dei diplomati di quasi il 30 per cento. E sempre più ragazzi preferiscono gli atenei della penisola.Crollo dei diplomi e fuga dalle università dell’isola
di MARIANO PORCU * Su La Nuova Sardegna on line.
Più istruzione uguale più conoscenza; più conoscenza uguale più sviluppo. Seguendo questo “mantra” il governo nazionale ha appena varato il suo “Piano scuola” e l’istruzione è forse il tema su cui si è speso di più in campagna elettorale il presidente Pigliaru, connotando così il suo programma in maniera nettamente differente da ciò che aveva fatto (o non fatto) il governo di centro-destra che l’ha preceduto. Negli ultimi 10 anni il numero dei diplomati residenti in Sardegna è diminuito facendo registrare, nel 2012/13, un calo di quasi il 30% rispetto all’anno scolastico 2002/03. Questa dinamica è del tutto differente da quella che si registra per l’Italia nel suo complesso, per la quale si osserva un numero pressoché costante di neo-diplomati, con lievi oscillazioni da un anno all’altro. Il dato nazionale riflette, verosimilmente, l’apporto che le giovani generazioni di immigrati danno alla popolazione scolastica nazionale. La Sardegna non si avvantaggia di questo apporto. Considerando, poi, l’andamento negli anni del tasso di passaggio scuola-università, si rileva per l’isola un trend decrescente in linea con quello nazionale (attualmente, circa 6 diplomati ogni 10 si immatricolano all’università). Quindi, cala il numero dei giovani sardi che conseguono ogni anno un diploma e anche quello di coloro che, in un prossimo futuro, avranno un livello di istruzione universitaria. Ma c’è anche un altro aspetto che dovrebbe attirare la nostra attenzione. È, sì, calato il numero di coloro che si immatricolano all’università, ma sempre molti diplomati sardi decidono di iscriversi in un ateneo della penisola. Sono quelli che possiamo definire come “immatricolati-movers”. Il loro numero è diminuito ma seguendo un trend non così marcato come quello di coloro che decidono di frequentare i corsi delle università sarde. Tralasciando le tecnicalità che sottendono questa spiegazione, possiamo banalmente dire che siamo di fronte ad un fenomeno stranoto ai demografi che studiano i movimenti migratori: la migrazione è un fenomeno altamente selettivo e tende ad interessare gli individui più intraprendenti o, come in questo caso, i più dotati di risorse (vale a dire i diplomati che provengono da famiglie che sono in grado di supportare i progetti “migratori” dei loro figli verso la penisola). Ma è un bene o un male che tanti diplomati decidano di “emigrare”? Dipende dai punti di vista. Dal punto di vista degli individui dovremmo ritenere che sia un bene: viaggiare, confrontarsi con altre realtà, allargare i propri orizzonti aumenta il capitale umano e, in molti casi, moltiplica le opportunità tra le quali scegliere la strada verso il proprio futuro. Consideriamo però anche altri punti vista; iniziando da quello dei territori. Da tempi piuttosto lontani la Sardegna è terra di emigrazione, ma viste le sfide che ci attendono (vedi alla voce “sviluppo”) i diplomati che frequentano l’università al di fuori dell’isola portano via qualche pezzo del nostro futuro: loro vorranno sì, in molti casi, rientrare ma, purtroppo, la loro terra non avrà granché da offrire e, perciò, spenderanno il loro ingente capitale di istruzione (diploma + laurea) altrove. Altro punto di vista: quello delle università sarde. I due atenei si trovano ad operare, rispetto al pubblico degli studenti che hanno la possibilità di “emigrare”, in un quasi-mercato: “vendono” un prodotto (la loro offerta formativa) che perde di competitività poiché non è facile impiegarlo per trovare un lavoro nell’isola. Nonostante ciò, ricevono finanziamenti anche sulla base della loro attrattività. Recenti ricerche hanno mostrato che le variabili “strutturali” del territorio in cui ha sede un ateneo (una serie di indicatori riferiti a variabili economiche come il tasso di disoccupazione, il livello dei servizi, il reddito) influiscono sull’attrattività più delle caratteristiche dell’offerta formativa. Che fare, quindi? Bisogna governare il fenomeno della mobilità studentesca e non più, semplicemente, subirlo (così come i territori poveri subiscono l’emigrazione della loro forza lavoro). Per governarlo occorre conoscerlo. I pochi dati riportati (di fonte MiUR) permettono solo di intravedere i tratti generali del fenomeno. Servono studi per aggregati di diplomati, analisi dei flussi per individuare le caratteristiche dei “poli di attrazione”, studi caso-controllo, ricerche qualitative per capire cosa accade davvero nella scuola nell’orientare gli studenti agli studi universitari. Occorre, anche, che gli atenei sardi affrontino la sfida della competitività con strumenti più efficaci di brochure informative o altre iniziative di pseudo-marketing. Per renderle attrattive e competitive è indispensabile dare più valore aggiunto alle lauree conseguite nell’isola. Come? Ad esempio, modernizzando gli strumenti didattici (abbiamo le Lim nelle scuole … ma come sono attrezzate le nostre aule universitarie?). È necessario sottoporre a “manutenzioni” continue l’offerta formativa aggiornandola in modo da valorizzare al meglio le potenzialità che è in grado di esprimere per preparare i giovani alle sfide del lavoro. In mancanza di un tessuto produttivo in grado di offrire reali opportunità di tirocinio, sarebbe utile favorire gli spin-off universitari e rendere gli stessi le “palestre” in cui svolgere le attività di job-training. Serve tutto questo e anche altro. Occorre, soprattutto, sburocratizzare la gestione del diritto allo studio dando direttamente risorse agli atenei per organizzare i supporti che favoriscono la vita dei loro studenti (in sede e fuori-sede). La sfida è difficile, per le università sarde ma anche per la Regione. Servono idee e la capacità di attuarle.
* Professore di Statistica Sociale Università di Cagliari

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I pomodori sardi fanno gola agli Usa
Una ricerca isolana dimostra che sono più resistenti all’attacco di un insetto: possibile una collaborazione con gli Stati Uniti

di Caterina Cossu su La Nuova Sardegna on line

ALGHERO. Le colture autoctone dei pomodori sardi potrebbero “ingolosire” gli Stati Uniti. La curiosità sarebbe legata ad alcune proprietà particolarmente interessanti, rivelate da una ricerca presentata i giorni scorsi ad Alghero nel corso del convegno annuale della società italiana di genetica agraria.
Più resistente, certamente più sano, forse anche più buono e decisamente sardo. Non si tratta di una sciocca réclame ma del contenuto, in parole povere, dello studio del gruppo di ricerca di Giovanna Attene docente del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari su una delle colture più diffuse nel panorama agricolo sardo. La ricerca riguarda le varietà antiche di pomodoro sardo ed è stata incrociata con dei dati su uno dei principali nemici di questa specie.
La Tuta absoluta, un insetto piccolo quanto un chicco di riso ma che, se infesta le piante può arrivare a far perdere tutta la produzione di un’azienda. Ma non tutti i pomodori sono uguali e da Alghero arriva una notizia che potrebbe avere importanti ricadute sul mercato produttivo, non solo isolano.
«Da un’osservazione condotta per due anni su due diversi cicli di produzione, abbiamo potuto notare come alcune delle antiche varietà di pomodoro sardo mostrino interessanti caratteristiche di resistenza all’attacco di questo insetto, rispetto alle attuali varietà commerciali coltivate — spiega il dottorando Alessandro Scintu, che ha condotto la ricerca sotto la supervisione della docente Giovanna Attene e dei ricercatori Monica Rodriguez e Domenico Rau per il dottorato di ricerca —. Dalle analisi in campo, in serra e poi in laboratorio abbiamo potuto avere riscontri molto interessanti sulla validità dei nostri pomodori. Oggi per combattere l’attacco della Tuta si usano vari tipi di insetticidi, pur di non perdere la produzione. Con la reintroduzione di colture autoctone, approfondendo questo studio, l’uso dei prodotti di difesa potrebbe essere ridotto notevolmente».
Parte delle analisi sui campioni di pomodoro sardi è arrivata anche oltre oceano, al Boyce Thompson Institute (Bti) di Ithaca, nello Stato di New York, dove Alessandro Scintu ha trascorso sei mesi del suo dottorato sotto la supervisione del guru mondiale del pomodoro, Jim Giovannoni.
«Ho avuto in questo modo la possibilità di approfondire ulteriormente le caratteristiche della collezione di pomodoro sardo, come quella sui carotenoidi, che sono importanti antiossidanti antagonisti di alcune forme tumorali — conclude il dottorando —. È stato un bene andare in America per tutto il gruppo di ricerca, al Bti hanno trovato molto interessanti le varietà sarde, con riscontri che non avevano mai visto e che intendono ora approfondire avviando una collaborazione».
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One Response to in giro con la lampada di aladin nel mondo delle idee… da discutere

  1. admin scrive:

    DA L’UNIONE SARDA ON LINE DI LUNEDI’ 29 SETTEMBRE 2014
    Atenei sardi, metà iscritti fuori corso
    L’Università: “Il dato non è corretto”

    Atenei sardi, metà iscritti fuori corso L’Università: “Il dato non è corretto”

    All’Università di Cagliari più della metà degli iscritti, il 51,3%, è fuori corso almeno secondo una graduatoria stilata dal Sole 24ore. Pronta la smentita da parte dell’Ateneo.

    L’ateneo del capoluogo è al terzo posto in Italia dietro Potenza e L’Aquila. Non sta meglio Sassari: 49% di studenti in ritardo e sesta posizione nella graduatoria nazionale. Sono i dati elaborati e pubblicati dal quotidiano Il Sole-24 ore. Le due università sarde sono molto lontane da Venezia, ultima con il 28,4% dei fuori corso, o ad esempio dai numeri degli atenei milanesi: 32,9% la Statale, 32,5% Bicocca e 28,7% Politecnico. La classifica dei “non regolari” spacca l’Italia a metà: nei primi venti posti ci sono soprattutto atenei del sud. Mentre le università del nord sono sistemate soprattutto nelle ultime posizioni con la maggioranza degli studenti, in alcuni casi anche quasi il 72%, che riesce a terminare il percorso nei tempi previsti.

    LA SMENTITA – Il dato fornito questa mattina dal Sole24Ore a proposito del numero dei fuori-corso dell’Università di Cagliari non risulta corretto e non risulta essere stato fornito dai competenti uffici dell’Ateneo all’Anvur. Anche in occasione dell’inaugurazione dell’ultimo anno accademico, il Rettore ha indicato – nella sua relazione, facilmente reperibile sul web – la percentuale del 43,6% relativamente all’ultima rilevazione disponibile (Anno accademico 2012/13), ben distante dal 51,3 riportato dal quotidiano.

    Quello relativo ai fuoricorso all’Università di Cagliari è tra l’altro un dato in costante flessione negli ultimi anni: “E’ una percentuale ancora certamente importante, sulla quale stiamo lavorando – dichiara il Rettore Giovanni Melis – ma non ha certamente le dimensioni indicate”.

    In queste ore gli uffici dell’Università di Cagliari stanno prendendo contatto con l’Anvur – che risulta aver fornito la percentuale errata – per comprendere la natura dell’errore commesso, poiché anche nell’Anagrafe degli Studenti dell’Ateneo di Cagliari risulta una percentuale molto più contenuta.

    Lunedì 29 settembre 2014 11:43

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