in giro con la lampada di aladin…

lampada aladin micromicro- I GIGANTI ISSATI SULLE SPALLE DI NANI. Anthony Muroni su L’Unione Sarda on line.
- Di ritorno dai paesi baschi… riflessioni, di Enrico Lobina. EDITORIALE DELLA DOMENICA di Fondazione Sardinia

I GIGANTI ISSATI SULLE SPALLE DI NANI. Anthony Muroni su L’Unione Sarda on line. Domenica 05 ott 2014

Grazie, cari Giganti. Una lode sincera perché per merito vostro, per secoli sepolti sotto la terra del Campidano di Cabras, in questa nostra Sardegna si torna a parlare di Cultura. Lo si fa col nostro stile antico, reso ancora più singolare dal secolarismo imperante: litigando, bistrattando, disconoscendo, ignorando e sottovalutando.
Esisteva una civiltà di Monte Prama? Stabilirlo spetterà agli studiosi. È importante scoprirlo? Potremmo dire che è vitale. E perché potrebbe rivelarsi così importante? Anzitutto per accrescere la nostra consapevolezza rispetto al passato. Quel che siamo stati potrebbe aiutarci a capire quel che siamo. Ma non solo. Ogni scoperta culturale rende migliori le persone. E ogni attimo trascorso ad ammirare un manufatto del passato ci obbliga a confrontarci con la Grande Bellezza che il Signore ha donato agli abitanti di questa terra di Sardegna, troppo spesso deprezzata.
Ma non di sola bellezza vive l’uomo. Occorrerebbe, dunque, mettere a reddito tutto questo, prendendo esempio da altri, che in materia di capitalizzazione virtuosa delle proprie peculiarità storiche, naturali, paesaggistiche e ambientali rappresentano esempi che ci paiono inimitabili. Per farlo bisognerebbe mettere in discussione il nostro modo di essere, sedimentato da abitudini, false comodità e paure che non vogliamo abbandonare.
Negli ultimi mesi abbiamo lungamente parlato del modello di (sotto)sviluppo che non dovremmo più seguire e in tanti si sono affannati a incalzarci, pretendendo alternative credibili e non basate sugli onirismi da tastiera.
Partiamo dal chiederci quale potrebbe essere l’effetto moltiplicatore del fenomeno Giganti sulll’economia sarda. Ne stiamo leggendo di ogni colore ma non abbiamo ancora trovato un’analisi che ci sottragga dalla disarticolata quotidianità fatta di annunci, denunce, contese e sostanziale immobilismo. Se queste sono le premesse possiamo già ipotizzare quale sarà il moltiplicatore: un numero molto prossimo allo zero.
Perché? Per il semplice motivo che manca un’idea forte di sistema-Sardegna. In cui le scoperte archeologiche siano una parte dell’offerta che dovremmo essere capaci di indirizzare al mercato globale del turismo, della cultura, della scienza e della ricerca. Finché il progetto non sarà basato su una connessione tra le risorse naturali, umane e imprenditoriali della Sardegna non faremo grandi passi avanti.
Il sole e il mare hanno bisogno di servizi di qualità, nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio. I siti archeologici e i loro itinerari dovrebbero essere non invasi dalle erbacce, abbandonati e depredati, ma inseriti in un circuito messo a disposizione di viaggiatori consapevoli. La nostra gastronomia non dovrebbe essere annacquata e disconosciuta e dovrebbe poter fare riferimento quasi esclusivamente a prodotti autoctoni e stagionali. Perché la pastorizia moderna è e può essere sempre di più la vera forza di questi anni.
I nostri operatori turistici, culturali, informativi dovrebbero essere adeguatamente formati, non secondo un malinteso senso della “servitù” ma rendendoli consapevoli che la gentilezza, il sapere, la predisposizione a fare sacrifici nei confronti dei clienti non è un atto di sottomissione ma un libero contratto: io offro un servizio e in cambio ricevo dei soldi. Come avviene in ogni altro ambito della vita contemporanea. In questo quadro l’istituzione della carta dei diritti del turista sarebbe un bellissimo segnale da lanciare ai mercati, valorizzandolo con un’adeguata opera di marketing. Da un sistema virtuoso può essere escluso un trasporto aereo e marittimo efficiente, sicuro, frequente, a prezzi concorrenziali col resto dell’Europa? E si può, in quest’ambito, far a meno di una rete interna di trasporti e di una viabilità non dico eccellente ma degna dei Paesi civili?
Si può rinunciare a presentare ai visitatori città, campagne, coste e zone interne pulite e non disseminate di rifiuti, coperte da erbacce o, peggio, bruciate da insensati piromani? La cultura del bello e del pulito è essa stessa un moltiplicatore di interesse, basti pensare a quali sono le nostre reazioni da turisti, quando ci troviamo lontani dalla Sardegna: per molti di noi è la prima cosa da notare e raccontare.
Abbiamo tanto da mettere in mostra e tramandare: le nostre tradizioni, il nostro folclore, i nostri artisti, i nostri uomini di cultura, i paesi dei nostri centenari, una civiltà nuragica che è fin qui esclusivamente mostrata sui libri e praticamente nulla sul campo. Servirebbe un grande polo museale e a questo proposito sarà forse utile ammettere che sul Betile abbiamo un po’ tutti sbagliato, partendo da quelli del “no a tutti costi” e continuando con chi voleva calare quella scelta dall’alto. L’opera proposta da Soru era fuori contesto, molto dispendiosa e non condivisa col territorio. Ma questo non significa che alla Sardegna non servisse e non serva un museo dell’identità e della memoria sarda. Da allora la politica non ha saputo far altro che vivacchiare su quel giusto no, evitando accuratamente di proporre progetti alternativi più condivisi, meno dispendiosi e fuori contesto e dunque più utili. Come sempre, a contos male fattos, si bi torrat.
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baschi1 E LobinaDi ritorno dai paesi baschi… riflessioni, di Enrico Lobina.
EDITORIALE DELLA DOMENICA di Fondazione Sardinia

di Enrico Lobina

“Nei Paesi Baschi esiste in questo momento un vivo dibattito tra i movimenti sociali sulla possibilità dello sviluppo di un nuovo modello economico. Partiamo dalla constatazione che l’attuale modello ha fallito, e che da tempo non soddisfa le necessità della maggioranza della popolazione, e tanto meno è capace di far fronte alla disoccupazione, ed anzi aumenta la povertà e la precarietà lavorativa, e fa diminuire l’aspettativa di vita per un numero crescente di abitanti sulla terra. Senza dimenticare l’annichilimento delle risorse naturali ed il deterioramento ecologico”[1].

Il passo è stato scritto nel 2010, o forse nel 2009, ma la due giorni basca mi lascia pensare che ancora oggi sia quella la situazione. Il dibattito su un nuovo modello di sviluppo, non legato ai principi di Bruxelles, là è vivo ed in Sardegna è assente.

In Sardegna non c’è né la qualità, né la massa critica, ma soprattutto non c’è il coraggio di andare contro corrente. Hanno fatto eccezione alcuni OST (Open Space Technology) di Sardegna Possibile, ma è stato troppo poco.

È disarmante, ma allo stesso tempo ci spinge ad assumerci una funzione storica non rinviabile.

Nei Paesi Baschi è diverso. EH Bildu è stata la lista più votata alle elezioni europee. EH Bildu è una coalizione di forze politiche, in cui SORTU ha un ruolo preponderante. SORTU, sino a qualche anno fa illegale, rappresenta oggettivamente i movimenti sociali e di trasformazione dei paesi baschi. Uno dei suoi motti è che “un popolo piccolo può fare grandi cose precisamente perché è un popolo piccolo”. EH Bildu fa parte del gruppo parlamentare GUE-NGL. Quello di Alexis Tsipras, per intenderci.

Nei prossimi anni EH Bildu si giocherà l’egemonia con il PNV (Partito Nazionalista Basco), il quale detiene il potere, che in questi anni non è riuscito a fare ciò che sta accadendo in Catalogna.

La storia di SORTU e di EH Bildu sono interessanti per capire cosa non funziona in Sardegna. Nel 2007, dopo la grande sconfitta della sinistra basca, cominciò una profonda ed ampia discussione collettiva sulle ragioni della sconfitta e su come riorganizzarsi e ripartire. Si confrontarono diverse tesi, diverse opzioni e diverse proposte organizzative. Dopo due anni di dibattiti e di aggiustamenti, nel 2010 si arrivò alla formulazione di una proposta politico-organizzativa nuova, inclusiva e moderna. Si attuò un processo così riassunto: sconfitta-discussione-sintesi-rinnovamento-soluzione.

In Sardegna l’esperienza di Pigliaru è fortemente al di sotto delle aspettative. I sovranisti non si sentono e non si vedono, la sinistra non ottiene nulla di concreto. Sardegna Possibile, pur con un forte spirito innovatore e con un buon risultato elettorale, non ha retto alle elezioni amministrative di giugno ed è, per ora, scomparsa.

Lo scenario italiano, inoltre, impone una riflessione. Se il PD attua i due punti forza della destra e di Berlusconi, e cioè la riforma della costituzione e l’abolizione dell’art. 18, perché dobbiamo continuare a definirlo una forza progressista?

A questi interrogativi, se ne dovrebbe aggiungere un altro: vogliamo fare un bilancio di quelle realtà, città e paesi, dove governiamo? Abbiamo migliorato le condizioni di vita dei nostri concittadini?

EH Bildu, nei prossimi mesi, entrerà un’ulteriore fase di riforma organizzativa e politica, che la porrà come forza unitaria e di governo, seppur su posizioni di rottura rispetto alle misure di austerità di Bruxelles.

Noi abbiamo da imparare. Perché non avviare quel processo che parte dalla sconfitta, per poi svilupparsi in discussione-sintesi-rinnovamento-soluzione? O pensiamo che ognuno, da solo, possa rispondere ai bisogni di un popolo povero e senza speranza?

[1] Nekane Jurado, Indipendencia – de reinvidicación historica a necesidad economica, Txalaparta, Nafarroa 2010, p. 209. Traduzione propria, originale in castigliano.

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