Dai movimenti degli anni 70 alla Sardegna di oggi. Ricordando Riccardo Lai

MANIFESTO11 ric laiDALLA POLITICA DEI MOVIMENTI ALL’IMPEGNO NELLE ISTITUZIONI
-In attesa degli atti del Convegno iniziamo la pubblicazione di alcuni interventi. Mano a mano che ci perverranno pubblicheremo anche gli altri e inoltre daremo conto della pubblicazione delle relazioni in altre news. Avvertiamo che si tratta di interventi che ci sono pervenuti per iscritto e che durante il Convegno sono stati per lo più arricchiti “a braccio”. Salvatore Cubeddu ha comunicato che quanto prima sarà disponibile del sito della Fondazione Sardinia l’intera registrazione video delle due giornate di lavori del Convegno. (fm).
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SS 30 dic 14_2
Comunicazione di Franco Meloni

Svolgo quest’intervento sul filo della memoria, facendo via via e in conclusione alcune considerazioni di carattere generale che ritengo possano avere una validità per l’oggi.
Premesso che il titolo della Tavola rotonda ci riporta al difficile rapporto tra movimenti e Istituzioni (parliamo delle Istituzioni rappresentative: Stato, Regione ed Enti Locali) e che l’impegno istituzionale è sempre una riduzione della ricchezza dei movimenti, dobbiamo ragionare in questi termini: in quale misura il nostro impegno istituzionale è riuscito a tradursi in cambiamento, cioè in realizzazioni che hanno recepito le istanze dei movimenti? Più esplicitamente si potrebbe anche dire: “per quanto abbiamo fatto possiamo assolverci?” – segue –
E allora, parlando delle nostre esperienze di “compagni della nuova sinistra impegnati nelle Istituzioni”, cominciamo col dire che la nostra presenza numerica nelle stesse è stata quasi sempre (salvo poche eccezioni) molto ridotta, incredibilmente incapace di esprimere in termini di rappresentanze formali (incarichi e seggi) il potenziale delle lotte portate avanti nei e con i movimenti. La qualità del nostro intervento – che ci è sempre stata riconosciuta, perfino dagli avversari politici – non compensa certo il nostro essere stati pochi e minoritari: nel mio caso (sul quale è incentrata quesa comunicazione) ero il solo rappresentante di Democrazia Proletaria in un Consiglio comunale di 50 persone, dominato per la parte di governo dalla DC e dai suoi alleati e, per l’opposizione dal PCI (a cui si aggiungevano, insieme a me, solo due sardisti). Pochi nelle Istituzioni, ma nei movimenti noi avevamo la convinzione di essere maggioritari e ci atteggiavamo di conseguenza. C’erano certo illusioni e velleitarismo (qualcuno parlava di petulanza) in tali convinzioni e comportamenti, ma è indubbio che quanto poco riuscivamo a esprimere in termini elettorali (le famose cifre da prefisso telefonico) era dovuto oltre che all’incapacità di misurarci con le regole delle campagne elettorali (soprattutto quelle non scritte), alla cronica scarsità di mezzi (pensiamo all’utilizzo molto costoso dei media) e inoltre all’incapacità di essere disinvolti, opportunisti, populisti… nei confronti degli elettori, o, diciamo più precisamente, all’incapacità di coltivare le clientele, praticare il voto di scambio, etc. Tutte pratiche da noi aborrite, criticate aspramente negli avversari politici. I partiti erano e rimangono macchine da guerra per le elezioni (oggi solo questo), capaci di utilizzare tutti gli strumenti per massimizzare l’esito elettorale. Mentre noi… Siamo stati sempre (o quasi) più o meno dilettanti, una sorta di “osservanti francescani” (anche nostro malgrado), ai quali poco sembrava interessare l’esito elettorale. In realtà nel tempo e senza scadere in pratiche poco edificanti qualcosa abbiamo capito e qualche abilità l’abbiamo appresa, ma il tempo per varie ragioni era ormai scaduto, almeno per quanto riguarda le formazioni della nuova sinistra…
Tornando alla mia esperienza consiliare di Democrazia Proletaria (DP, poi denominata DP Sarda), devo dire che la mia elezione nel giugno 1980 fu frutto dell’ ”onda lunga” dei movimenti (e mi riferisco particolarmente alle lotte sociali nei quartieri, condotte precipuamente con le Scuole Popolari e con i Comitati di Quartiere), nel momento in cui questi movimenti erano o andavano in crisi, almeno come movimenti di massa, resistendo in alcune esperienze esemplari (è il caso a Cagliari del Comitato di Quartiere di Fonsarda o dell’impegno editoriale di Cittàquartiere).
Giocoforza la presenza in Consiglio Comunale ha continuato a (pretendere di) rappresentare movimenti ormai ridotti di importanza e incisività, anche se, cosa importante, si è nutrita delle elaborazioni politiche di quei movimenti in gran parte estinti.
Mi riferisco alle elaborazioni di linee politiche dei movimenti di lotta urbani (penso alle elaborazioni sulla questione delle abitazioni, per il ricupero del patrimonio edilizio esistente e l’utilizzo delle case sfitte, o, ancora, sulla difesa degli spazi di verde pubblico e della qualità ambientale contro la speculazione edilizia, sulla rivendicazione di spazi per la partecipazione democratica, etc). Nel momento in cui si acuiva la crisi di contenuti programmatici e di capacità progettuale dei partiti tradizionali, compresi quelli di sinistra (come detto ormai ridotti a ben funzionanti macchine elettorali), fu provvidenziale ricorrere alle elaborazioni dei movimenti. Al riguardo, solo come esempio, ben ricordo come nella discussione in Consiglio del cosidetto “piano dei servizi” (si trattava dell’obbligo dei Comuni di ridefinire i piani regolatori nel rispetto di dotazioni standard dei servizi collettivi e privati, come parcheggi, verde pubblico, spazi di socialità, etc.) l’unico punto di vista alternativo a quello della Giunta comunale era proprio costituito da quanto elaborato nelle vertenze di quartiere. Non si trattava certo di elaborazioni che coprivano tutte le problematiche dello sviluppo della città, tuttavia importanti e significative. Tra tutte ricordo le posizioni per la tutela del sistema lagunare e di quello collinare (a partire dal colle di San Michele) o quelle per la salvaguardia del mandorleto nel rione Fonsarda-Villafiorita.
Insomma la presenza del rappresentante di Democrazia Proletaria Sarda collegata alla memoria dei movimenti e a quanto di essi sopravviveva, si fece sentire e fu senza dubbio utile per la tutela dei diritti dei cittadini, a partire dai meno abbienti, come i senza tetto, che in quegli anni beneficiarono di importanti interventi di edilizia popolare, sia di case edificate ad hoc (IACP e Comune) sia acquisite dall’invenduto privato (zone di via Is Maglias e Mulinu Becciu). E qui sta la sostanziale assoluzione per quanto di buono fatto.
Ancora qualche considerazione
I maggiori problemi di “relazioni politiche”, devo dire la verità, li vissi con il PCI, i cui esponenti (consiglieri comunali) erano in massima parte imbevuti di una cultura integralista, di stampo stalinista, pur avendo io con gli stessi rapporti di cordialità. E mi spiego con qualche esempio.
Mi piace ricordare l’esordio del Consiglio comunale, la prima seduta nell’agosto 1980. Arrivai in Consiglio in perfetto orario, ma i banchi della sinistra erano tutti occupati dai consiglieri del PCI, che non permisero che io mi sedessi in un qualsiasi posto della bancata dell’estrema sinistra. Trovai sistemazione nei banchi situati verso il centro, ospitato dai due sardisti (Michele Columbu e Bachisio Morittu)…
Dietro quel comportamento a dir poco antipatico stava il principio (staliniano) che niente poteva esserci a sinistra del grande Partito Comunista. O, se volete, anche il principio che il PCI-Chiesa rossa aveva mutuato dalla Chiesa cattolica: extra Ecclesiam nulla salus!
Tra l’altro più il PCI costruiva accordi, alla luce del sole o sottobanco, con la DC, più pretendeva di tacitare le posizioni alla sua sinistra. In tempi più remoti ricordiamo la vicenda del PSIUP, o anche lo sprezzante giudizio togliattiano sui dissidenti ripreso purtroppo da Berlinguer nel 1977: i movimenti della sinistra extraparlamentare come pidocchi nella criniera del nobile cavallo.
Della mia esperienza di consigliere voglio ricordare ancora due episodi: il primo si riferisce a una mia interrogazione al Sindaco (il democristiano Bachisio Scarpa) a fine anno 1981 o inizi 1982 (non ricordo esattamente) sulla vicenda della loggia massonica P2. Si trattava di questo: negli elenchi resi noti nel maggio 1981 dall’allora capo del governo Arnaldo Forlani, c’era quello del questore di Cagliari, tale Antonio Amato, il quale risultava al suo posto nonostante una circolare del nuovo presidente del Consiglio, Giovanni Spadolini, prevedesse l’esautoramento dei funzionari iscritti alla loggia segreta massonica P2. L’interrogazione era precisa: chiedeva che il Sindaco si adoperasse perché la normativa fosse applicata, per decoro della città (che aveva diritto a uomini rispettabili nei posti di comando), in quanto la loggia P2 era stata considerata “una banda a delinquere” ( più tardi messa formalmente fuori legge). Il Sindaco non rispose e nessuno riprese l’argomento. Il giorno dopo il questore massone mandò in Comune alcuni funzionari della Digos per sequestrare il nastro che riportava il mio intervento! Non se ne fece nulla e più tardi il questore fu rimosso. Bene, ho raccontato questo episodio per dirvi che i consiglieri del PCI (Partito che peraltro credo non avesse alcuna implicazione nello scandalo P2 e che anzi a livello nazionale era portatore di una linea di moralizzazione), non mossero un dito e non dissero una parola, lasciandomi in uno splendido isolamento. Come anche tutti gli altri consiglieri (uno di questi anch’esso iscritto alla P2, altri alla Massoneria ma in liste legali). Incassai la solidarietà personale di don Paolo De Magistris (consigliere democristiano, più volte Sindaco, uomo di specchiata onestà e cattolico osservante, da me politicamente molto distante), il quale mi disse che anche in quanto cattolico non poteva che concordare con il contenuto della mia interrogazione e, nell’occasione, mi raccontò quanto lui fosse sottoposto a dure contestazioni da parte di circoli delle diverse massonerie cittadine.
Il secondo episodio riguarda un mio intervento in Consiglio in lingua sarda, in occasione della discussione sulle dichiarazioni di voto di un nuovo Sindaco (credo si trattasse di Michele Di Martino). Scrissi il mio intervento in italiano e per la traduzione in sardo-campidanese mi affidai alla consulenza di Piero Marcialis e di Gianni Loy (conosco la mia lingua che è stata la lingua dei miei genitori, ma non volevo improvvisare). Bene: silenzio o sorrisetti dei miei colleghi consiglieri, salvo schiamazzi della destra missina. Il Sindaco raccomandava: “calma, lasciatelo dire…” A verbale pressappoco questa frase: “prende la parola il consigliere Meloni, il cui intervento non viene riportato in quanto non svolto in lingua italiana”. Imbarazzo dei consiglieri sardisti. Il consigliere Umberto Cardia mi sussurrò: “così ci hai sottratto un bel gruzzolo di voti”. Per la mia parlata sarda, casteddaia ma non castellana, un voto di sufficienza da parte del castellano (del quartiere Castello) don Paolo De Magistris.
Potrei raccontare diversi altri episodi della mia esperienza, ma, considerato il focus e lo scopo della Tavola rotonda sul rapporto movimenti/istituzioni, mi riporto all’attualità, e, in conclusione, sostengo che bisogna tenere sempre distinti i movimenti dai partiti, non trasformandoli in partiti e che è bene che i movimenti mantengano una loro marcata autonomia, stabilendo un rapporto dialettico con i partiti e con le Istituzioni. Il problema oggi è che i partiti fanno veramente pietà, rappresentano sempre meno la società e però controllano le Istituzioni rappresentative (e non solo), attraverso i voti espressi da minoranze di elettori, dato il crescente astensionismo.
Occorre allora riformare profondamente i partiti e trovare nuove forme di rappresentanza. Ma questo è un altro discorso che non spetta a me approfondire e neppure, a dire il vero, sono personalmente interessato ad impegnarmi su questo versante.
Credo invece che oggi occorra riprendere a impegnarsi nei movimenti, creandoli ex novo o irrobustendo quelli esistenti, ricercando e praticando forme di autentica democrazia partecipativa.
Per questo le esperienze di lotta e di elaborazione politica degli anni 70 sono preziose: dobbiamo ripercorrerle criticamente per quanto possiamo fare oggi. Pensando ai movimenti dei quartieri di Cagliari, laddove si è realizzato il mio impegno sociale, culturale e politico, soprattutto giovanile, credo che occorra riscrivere quelle storie, senza reticenze e vedremo che hanno molto da insegnarci. Per fare questo lavoro abbiamo a disposizione una grande quantità di documenti (letteratura formale e, in grande parte, “grigia”, ricerche accademiche, filmati, etc.) e per fortuna possiamo disporre della narrazione di testimoni ancora viventi. Tutta questa ricchezza va posta a disposizione di tutti, con tutti i mezzi di comunicazione: convegnistica, media, social network, cinema, documentari, apertura degli archivi e centri di documentazione, etc.
E’ quanto stiamo facendo anche con questo Convegno dedicato al compagno Riccardo Lai. Riccardo avrebbe certamente apprezzato e condiviso questo lavoro, con l’entusiasmo, con la dedizione e, insieme, con l’immancabile vena di allegria e di ironia: tutte caratteristiche che lo facevano amare.

Grazie a tutti.

Franco Meloni, Sassari 29-30 novembre 2014

2 Responses to Dai movimenti degli anni 70 alla Sardegna di oggi. Ricordando Riccardo Lai

  1. admin scrive:

    SU LA NUOVA SARDEGNA DEL 29 NOVEMBRE 2014
    Oggi e domani un convegno per ricordare Riccardo Lai
    Quei drammatici,formidabili anni ’70
    di Pasquale Porcu

    SASSARI Da un lato il feroce processo di industrializzazione (attraverso i poli petrolchimici), dall’altro il rapido e a volte turbolento processo di crescita culturale e politica di giovani, donne, operai, impiegati. Gli anni Settanta hanno segnato un periodo davvero “formidabile” (per citare Mario Capanna) anche della storia della Sardegna. Un periodo sul quale non si è ancora sedimentato un giudizio esaustivo e sereno. Ci pensano ora le associazioni Fondazione Sardinia e Legacoop, sezione di Sassari, che per oggi e domani promuovono un convegno di riflessione e studio sulla memoria sociale, del lavoro nella grande industria del polo chimico di Sassari e del lavoro cooperativo, dal titolo: “Dai movimenti degli anni Settanta alla Sardegna di oggi. Ricordando Riccardo Lai” (Uno studente lavoratore morto prematuramente alla fine degli Anni 70). L’iniziativa rientra nell’ambito delle attività programmate dalle due associazioni, delle quali la prima si orienta da tempo all’approfondimento delle tematiche storiche, economiche, culturali e linguistiche relative alla nostra isola, per l’organizzazione delle quali collabora istituzionalmente con la Regione Sardegna, e la seconda promuove storicamente il lavoro nella cooperazione. Il convegno si svolgerà a Sassari, oggi , dalle ore 16 alle 20 e domani , dalle ore 9,30 alle 13,30 nell’aula magna del Dipartimento di Scienze in via Vienna e vedrà la partecipazione di studiosi, protagonisti o semplici testimoni delle vicende di quegli anni. «I lavori _ dicono gli organizzatori del convegno_ hanno lo scopo di promuovere la conoscenza ed il dibattito su un periodo di svolta nella storia internazionale, portatore di riflessi profondi nel contesto peninsulare e regionale, che, seppur trattato in alcune ricerche, necessita ancora di indagini ed approfondimenti per la sua estrema problematicità e saranno dedicati alla memoria di Riccardo Lai, un giovane sassarese studente universitario e lavoratore in una cooperativa di servizio, prematuramente scomparso all’inizio degli anni Ottanta. Protagonista molto conosciuto, in città e non solo, del movimento giovanile, vi si era distinto fin da giovanissimo per il suo sincero e generoso impegno civile e politico». La riflessione proposta intende mettere a fuoco, attraverso contributi di relatrici e relatori appartenenti a vari ambiti culturali, professionali e di ricerca, anche delle Università di Sassari e Cagliari. Sono almeno quattro i grandi filoni che verranno trattati nel convegno. Un tema riguarderà quello delle ricadute delle nuove aspirazioni alla qualificazione degli studi e del lavoro sulla società sassarese e sarda. Di questo aspetto si metteranno in luce le aspettative, soprattutto da parte dei giovani, e i punti critici. Altro tema importante del dibattito sarà quello che analizzerà la Sardegna nella crisi prodotta dalla deindustrializzazione e le ripercussioni sulla società ed economia sarda e nel territorio del triangolo Sassari, Alghero, Porto Torres. Ogni argomento verrà analizzato dalla prospettiva che riguarda i giovani ed il lavoro e si soffermerà sull’analisi dell’esperienza delle cooperative (legge 285 per l’occupazione giovanile.) Quali riflessioni e proposte si possono avviare per oggi e per domani? Ma l’obbiettivo primario delle due giornate di convegno è l’esigenza di fare memoria, ” tra reticenze, rimozioni e problematicità”, dicono gli organizzatori del convegno.

  2. […] Le lotte di quartiere nei banchi del Consiglio comunale di Cagliari Da Intervento di Franco Meloni al Convegno di Sassari del 29-30 novembre 2014 “I movimenti degli anni Settanta fra Sardegna e Continente”, F. Francioni e L. […]

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