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Un futuro possibile per la città di Nuoro è diventare la sede dell’Università della Sardegna
di Salvatore Cubeddu
Un giorno dopo l’altro, le notizie si sovrappongono, una più allarmata dell’altra. 4 febbraio: Antonietta Mazzette, sociologa, da Sassari giustamente si preoccupa che … “l’Ateneo di Sassari si sta avvicinando pericolosamente alla soglia dei 10mila iscritti, soglia che comporterebbe il passaggio da media a piccola università. Questo significherebbe automaticamente contrazione dei finanziamenti, dei corsi di laurea e dell’alta formazione”. Noi sappiamo dall’articolo di Franco Meloni di qualche giorno fa che l’ateneo di Sassari è obbligato da disposizioni governative a federarsi/fondersi con l’università di Cagliari.
Due giorni dopo: il 6 febbraio. Sul futuro della zona industriale e della città di Nuoro si autoconvocano i 7 consiglieri regionali della provincia e insistono con l’assessore all’industria Piras che … “Il Nuorese, come il Sulcis, deve essere inserito nel programma nazionale di rilancio delle aree di crisi». Commento del giornalista (La Nuova Sardegna): “È questa la formula magica che, secondo i sette consiglieri regionali del Nuorese, darebbe una nuova opportunità di riscatto alla Sardegna centrale, in ginocchio dopo la fine del sogno industriale)”. Stesso giorno, diverso il giornale (L’Unione Sarda), riporta che “il Sulcis è tra le province sarde quella che ha speso meno risorse dai fondi Por Fesr (cofinanziamento regionale e comunitario) e dal Piano di azione e coesione. Una torta che vale 93 milioni di euro, per 152 progetti presentati da enti locali, istituti scolastici, Regione, imprese. Nella provincia più povera d’Italia però il 63 per cento dei fondi assegnati non è stato ancora speso, il dato peggiore tra le diverse aree della Sardegna. Quasi 35 milioni sono stati già utilizzati, ma ben 58 milioni devono ancora essere spesi …”.
In questo stato di cose resta da dire che le dirigenze delle due università sarde – oltre ad aver traslocato parte dei loro massimi esponenti a governare la Regione sarda – trascurano i dettati della legge di risparmio per le università italiane e vorrebbero dalle casse della Regione (o, tramite essa, dall’UE, che se ne è lamentata) quello che invece devono avere dallo Stato. Intanto fanno finta di non sapere che avrebbero già dovuto fondersi tra loro, Sassari e Cagliari.
Le tre informazioni possono, allora, meglio sintetizzarsi nei termini seguenti: anche le università sarde, come i comuni e le province, vivono una stagione di riforma istituzionale; nel piatto della crisi istituzionale, quindi, insieme ai paesi e ai capoluoghi di provincia, bisogna inserire anche le università delle quattro sedi (Cagliari e Sassari sono decentrate anche ad Oristano e Nuoro); tutte queste istituzioni bussano per i soldi alla Regione, prescindendo (nel caso dell’università) dalle sue competenze. Ma non sempre i soldi sono la soluzione, come nella ex-provincia più povera d’Italia (Sulcis) e, presumibilmente, in quella che viene subito dopo (Nuoro).
Dunque, nel mazzo delle riforme istituzionali bisogna mettere: i comuni, le province e le università. Nel complesso delle loro dimensioni: servizi ai cittadini, occupazione, disponibilità finanziaria. Mancherebbe la Regione, il cui Consiglio è chiamato a decidere. Come? La logica della cieca subordinazione alle indicazioni romane e l’unicità del parametro economico stanno portando inesorabilmente le istituzioni della Sardegna verso un loro generale declassamento. A vantaggio di chi? Neanche dei cagliaritani, nonostante le apparenze, in quanto che, nella loro generalità, questi cittadini non sono consapevoli di quel che sta succedendo; e poi: non saprebbero né potrebbero reggere le proteste e l’aggressività di una Sardegna umiliata da decisioni distruttive degli storici ruoli e compiti degli altri comuni e città.
Prendiamo ora il caso di Nuoro. Sta per perdere la provincia, la camera di commercio ed altri uffici ad essi connessi. Il sogno dell’industria non potrà mai realizzarsi se non tramite imprenditori locali, ma non se ne vedono tanti all’orizzonte. Il suo futuro sembra segnato da quanto già vivono Iglesias e Ozieri, con l’ospedale e il vescovo (fino a quando, in quelle due cittadine?) quali uniche istituzioni di rilievo territoriale.
Nuoro deve il suo ruolo di città al fatto di essere capoluogo di provincia. La provincia di Nuoro fu preferita alla più legittimata, storicamente ed economicamente, sede di Oristano, per permettere al Governo il controllo dell’ordine pubblico in Barbagia. Una preoccupazione che, evidentemente, è venuta meno.
Ma con essa il destino della città è sospesa nel limbo della disponibilità altrui. Difatti, nessuno ne risolverà i problemi se la sua dirigenza non individuerà le soluzioni e si batterà per costruirle.
I Nuoresi si lamentano, si vittimizzano, invocano presso di sé la presenza della Giunta regionale. Fanno in piccolo, verso Cagliari, quello che tutti i sardi spesso fanno nei confronti di Roma. Ma non propongono una vera e convincente idea sul futuro della propria città. Magari un futuro da costruire nei decenni, da confrontare con le altre città della Sardegna che, anch’esse, si domandano cosa sarà di loro dopo la chiusura della provincia. Nuoro, come Sassari, come Oristano o Olbia, non hanno niente da pietire alla Regione. Sono esse stesse componenti chiamate a decidere il futuro delle istituzioni della Sardegna. Ogni comune, iniziando dal più piccolo, non deve sentirsi portato a elemosinare la propria esistenza sulla base dei semplici rapporti di forza. Tutte attendono scelte di cambiamento, persino dolorose, ma che almeno abbiano un senso, siano equamente con – divise, vengano inserite in un’idea generale della Sardegna dei prossimi decenni.
Nuoro dovrebbe organizzarsi per divenire da subito (nella decisione) la sede della Università della Sardegna, chiedendo per sé la costruzione delle nuove case dello studente in progetto a Sassari e Cagliari, iniziando con il potenziamento delle facoltà esistenti e con lo spostamento di nuove facilmente trasferibili. Tutta la nuova urbanistica cittadina dovrebbe relazionarsi alla prevedibile e futura presenza di 20/30 mila studenti universitari (con il corpo docente ed i relativi servizi) distribuiti nei campus che dalla città si distenderanno nel verde dei boschi. Più agili e veloci collegamenti sarebbero inevitabilmente indispensabili con gli aeroporti di Olbia ed Oristano. Evidentemente l’autorità cittadina accompagnerebbe la dirigenza accademica nelle scelte connesse al nuovo ruolo che la Sardegna assegna alla sua città più interna. Nel mondo è continua, e da secoli, sia l’individuazione che la costruzione di campus e di città universitarie. Le positive ricadute culturali ed economiche sono facilmente individuabili. Insieme alla permanenza della grande provincia del Nord–Sardegna, e alla ri-costruzione di Olbia, l’operazione rappresenterebbe per decenni un volano di investimenti pubblici di qualità. Parte di quel new deal attraverso il quale lanciare nel futuro la Sardegna che vogliamo e che suppone una nuova attribuzione di funzioni ai nostri paesi e alle nostre città.
Altrimenti: che cosa vuole essere, Nuoro? E, se non ora, quando?
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Salvatore Cubeddu. Cagliari, 15 febbraio 2015 (2. continua: il primo articolo è uscito il 18 gennaio).
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* L’articolo di Salvatore Cubeddu viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
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6 Responses to California dreamin’

  1. admin scrive:

    La proposta di Salvatore Cubeddu merita attenzione e induce a riflettere sul ruolo che deve avere l’Università pubblica in Sardegna. Come ho già detto in un precedente intervento su Aladinews (http://www.aladinpensiero.it/?p=37201), dobbiamo prendere atto dell’ineludibilità della fusione o di una vera federazione tra i due Atenei storici anche per una loro migliore presenza su tutto il territorio sardo, peraltro gli Atenei oggi hanno presidi non solo nelle due città, ma anche a Nuoro, Oristano, Alghero, Olbia, Tempio e Iglesias. Tutto va riorganizzato, razionalizzato per evitare doppioni e diseconomie e reso funzionale innanzitutto agli interessi della Sardegna. Al riguardo forse un interessante riferimento è costituito dall’Università della California, articolata in dieci Università-campus, alcune al vertice delle classifiche tra le migliori del mondo. Ecco una sintetica fonte di informazioni: http://it.wikipedia.org/wiki/Università_della_California. Parlando di Sardegna, giova rammentare anche se sembrerà riduttivo, ma non lo è, se solo si pensa alla necessità di migliorare l’attrattività delle università sarde, che l’unico brand conosciuto al mondo è appunto “Sardegna” e non certamente Cagliari o Sassari. E’ necessario che di queste questioni si discuta senza remore, nel rispetto delle tradizioni, ma sapendo che le anche le tradizioni devono essere innovate… (Franco Meloni)

  2. admin scrive:

    MARTEDÌ 15 LUGLIO 2008
    Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web di Unica

    1 – Gli atenei sardi arrancano nella classifica annuale del Sole 24ore (L’Unione – La Nuova)

    1 – L’Unione Sarda
    Pagina 14 – Cronaca di Cagliari
    Università. Lo studio del Sole 24 ore: assieme al capoluogo arranca anche Sassari, solo due gradini più in alto
    Classifica degli atenei, Cagliari piange
    Ricerca e docenti nel mirino: la città al 49° posto su 60

    L’università di Cagliari è ultima in Italia per l’attrattività: solo l’1 per cento degli iscritti è residente fuori dai confini dell’Isola.
    Gli unici capoluoghi di regione che riusciamo a tener dietro sono Bari (cinquantaduesimo posto) e Palermo (al cinquantanovesimo).
    Una consolazione magrissima, perché nella classifica pubblicata ieri dal Sole 24 ore l’università di Cagliari è impantanata nelle ultime posizioni. Quarantanovesimo posto: davanti ci sono gli atenei di mezza (anzi, quasi tutta) Italia.
    Di gran lunga migliori nei 9 criteri scelti dal quotidiano economico per valutare un sistema che vede la nostra città arrancare un po’ in tutte le graduatorie: nelle singole specialità, andiamo dal 23° posto (per la dispersione) al 60° (cioè l’ultimo, per l’attrattività).
    In una classifica che vede il podio occupato dal Politecnico di Milano, Trieste e Modena-Reggio Emilia, anche Sassari ottiene un punteggio complessivo superiore, piazzandosi due gradini più in alto (47°) rispetto a Cagliari.
    I CRITERI Ecco le voci su cui si basa il giudizio del Sole : valutazione dei docenti, fondi disponibili per la ricerca scientifica, attrattività, finanziamenti esterni, matricole con voti alti alla maturità, dispersione degli studenti (no iscrizione al II anno), inattività (nessun esame in 12 mesi), laureati in corso e affollamento (rapporto tra studenti e docenti).
    Le graduatorie dipingono l’ateneo del capoluogo come una struttura dove l’89% dei frequentanti non riesce a laurearsi nei tempi previsti, dove solo il 32 % dei docenti è valutato positivamente e l’1 % degli iscritti viene da un’altra regione d’Italia o da un altro stato.
    ULTIMI IN ATTRAZIONE È il dato peggiore: l’università di Cagliari non esercita nessuna attrattiva fuori dai confini della Sardegna. A differenza di Trento (100% di “stranieri”), Perugia (72 %) e dell’ateneo calabrese di Arcavacata (60 %).
    L’unico punto dove l’insegnamento nell’Isola sfiora l’eccellenza è il rapporto tra studenti e docenti di ruolo: Sassari è prima, Cagliari settima. Uno scarso affollamento che solleva la media, affossata però dalle classifiche relative ai fondi dedicati alla ricerca (Sassari è al 41° posto, Cagliari al 52°) e dall’alto tasso di inattività: nell’ateneo cagliaritano il 18 per cento degli iscritti non riesce a dare esami nell’arco di un anno. Non va meglio in quello sassarese, dove la percentuale sale a 26 (ultimo posto in Italia).
    BOCCIATI Il quotidiano economico boccia così la qualità dell’università sarda, dopo che il Rettore di Cagliari Pasquale Mistretta (che ha preferito non commentare la classifica del Sole ), qualche giorno fa, ha lanciato l’allarme per il taglio dei finanziamenti che l’ateneo potrebbe perdere a partire dal prossimo anno. Si parla di un taglio da dodici milioni di euro, che si trasformerebbe inevitabilmente in uno sfoltimento degli organici e in una cancellazione di molti corsi di laurea. La salvezza potrebbe essere la conversione dell’università in una fondazione di diritto privato.
    Altrimenti l’unica alternativa sarebbe l’ennesimo aumento delle tasse annuali, già lievitate (in alcuni casi addirittura triplicate) negli ultimi anni.
    A dispetto delle classifiche di qualità.
    MICHELE RUFFI

  3. admin scrive:

    Da Aladinews. (…) Una riflessione, anch’essa riduttiva, a favore dell’Università della Sardegna: gli esperti di marketing sostengono che l’unico brand che “tira” nel mondo per la Sardegna è appunto “Sardegna”, vale anche per l’attrattività degli studenti stranieri. Certo ciò che conta è la reputazione dei docenti, dei ricercatori, dei servizi, dell’organizzazione, ma consideriamo sempre tutto

  4. admin scrive:

    DAL SITO DI VITOBIOLCHINI
    spessotto 17 febbraio 2015 at 20:03
    Gentile Cubeddu, il suo intervento presenta sicuramente alcuni spunti interessanti ma nel complesso mi sembra pervaso da un ingiustificato ottimismo e appare poco chiaro sulle modalità di realizzazione del progetto. Testualmente: “Nuoro dovrebbe organizzarsi per divenire da subito (nella decisione) la sede della Università della Sardegna, chiedendo per sé la costruzione delle nuove case dello studente in progetto a Sassari e Cagliari, iniziando con il potenziamento delle facoltà esistenti e con lo spostamento di nuove facilmente trasferibili. Tutta la nuova urbanistica cittadina dovrebbe relazionarsi alla prevedibile e futura presenza di 20/30 mila studenti universitari (con il corpo docente ed i relativi servizi) distribuiti nei campus che dalla città si distenderanno nel verde dei boschi.”
    Personalmente condivido solo l’idea di potenziare le facoltà esistenti. Nuoro ha già la facoltà di Scienze Forestali e, a tal proposito, forse non sarebbe sbagliato dare continuità a questa “vocazione” tramite l’intervento di altri enti (ad es. la scuola per i forestali regionali). Anche i corso post-laurea possono essere una risorsa se inseriti nel giusto contesto ( e quello di Diritto ed Economia per la Cultura e l’Arte ha un senso nella città che ha il MAN e che dovrebbe puntare su Etnografico e Percorsi Deleddiani fino ad ora non sfruttati).
    Per il resto mi sembra non solo utopistico ma anche pericoloso quanto lei propone. Infatti, se Nuoro sta male, anche Sassari e Cagliari non se la passano bene. Dalla stampa (ma anche dai giudizi della gente comune) emerge un quadro di Sassari come quello di una città in decadenza. Il polo industriale di Porto Torres è in crisi (come sempre) e la chimica verde non da certamente garanzie (anzi…), l’Università perde iscritti e nel complesso si registra un degrado che abbraccia sia il centro storico che le periferie. Cagliari è sicuramemte una realtà più dinamica ma comunque anche qui i problemi non mancano. Inoltre l’Università ha già delle belle realtà che andrebbero potenziate come il policlinico e la cittadella universitaria. Da un punto di vista urbanistico, poi, non si può ignorare che la città di Cagliari avrà a disposizione migliaia di metri cubi in centro che potranno far crescere ulteriormente l’Università (Clinica Macciotta, Palazzo delle Scienze, San Giovanni di Dio, Ospedale Militare, ex Distretto Militare ecc) senza dover distribuire mattoni (già, nemmeno uno) in quei “campus che dalla città si distenderanno nel verde dei boschi”.
    In ogni caso, caro Cubeddu, mi sembra che la sua analisi sia deficitaria fin dalle basi. Siamo sicuri che il problema di Nuoro sarà la perdità della Camera di Commercio e della Provincia? Siamo ancora legati a questo modello di sviluppo?
    E poi, lei riporta l’allarme per il drastico calo degli studenti dell’Università di Sassari (io aggiungerei anche Cagliari), ma siamo certi che un’unica università della Sardegna a Nuoro sia la soluzione? Dal suo intervento sembra quasi che lei prenda questa evoluzione (involuzione?) come un dato di fatto e quindi tanto vale adattarsi. Allora, anzichè teorizzare nuove possibili “cattedrali nel deserto”, non più industriali ma culturali, non sarebbe meglio unire le forze per garantire finalmente il DIRITTO ALLO STUDIO e far sì che anche i figli di chi non ce la fa più (per dirla alla Renzi) possano avere un’occasione di studio, formazione, di emancipazione? Il vero problema è questo, l’Università è vista sempre più come un corpo estraneo da una larga fetta della popolazione, altro che “innesti” nuoresi. Facciamo questa benedetta fusione tra le due università sarde e concentriamo gli sforzi finanziari nel garantire, agli studenti che hanno bisogno e che meritano, case, libri, pasti, servizi…Semplicemente…E forse tra questi ci saranno molti buoni studenti nuoresi che un domani diventeranno buoni imprenditori, buoni amministratori della cosa pubblica, buoni insegnanti….saranno questi la fortuna di Nuoro, più di una Camera di Commercio, di una Provincia o di un’Università nata come esperimento sociale.

  5. […] che l’unico “brand” attrattivo è appunto “Sardegna”. L’Università della Sardegna come The University of California: questa è una soluzione giusta. Non basta certo, ma questa scelta aiuterebbe eccome, anche al di […]

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