Oggi domenica 18 ottobre 2015

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Narciso di CaravaggioCaravaggio, Narciso alla fonte, 1597-1599. Olio su tela, cm 112 x 92 cm. Galleria Nazionale d’Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma.
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E sono 450 i giorni di attesa! treno-RAS-423
Da La Nuova Sardegna on line 18 ottobre 2015
IL NODO TRASPORTI
Il sogno del treno veloce rischia di finire come la fermata di Molafà

di Giampaolo Cassitta
Ad Alghero, una volta, la stazione era davanti al mare. Il treno, con le sue strette rotaie lambiva l’acqua e si respirava l’odore forte del maestrale. Dal porto a Sassari quel treno ci impiegava circa un’ora. Lo prendevo tutti i giorni quando cominciai, nel 1978 a frequentare l’università. Avevo sempre addosso quell’odore di gasolio denso, miscelato a facce sempre uguali che contavano le fermate dove, difficilmente, scendeva o saliva qualcuno. Ho sempre pensato che Molafà sia stato un nome quasi immaginario, da Alice nel paese delle meraviglie e che apparisse nel dormiveglia, proprio alla fine di quel lungo viaggio tra Alghero e Sassari. Dover andare a Cagliari poi era davvero una grande impresa. La prima volta fu per la visita militare, nel 1977 e il treno ci mise quasi otto ore, fermata a Chilivani compresa. Ad un certo punto mi ero convinto che la Sardegna fosse più lunga della penisola. Siamo sempre stati un popolo contemplativo e non abbiamo mai amato la velocità. Non siamo in terra emiliana, dove i motori la fanno da padrone e non abbiamo neppure la pianura padana, dove lo rotaie si possono sistemare belle dritte, senza nessuna curva da evitare. Abbiamo una connotazione morfologica non difficile senza Alpi ed Appennini ma, in ogni caso, controversa. Almeno per i trasporti. Non siamo dotati di un’autostrada vera e neppure di una vera ferrovia. Siamo in quel limbo perenne, dove ci attorcigliamo tra la nostalgia del passato e la paura di scommettere sul futuro. Così, i treni veloci, acquistati durante la giunta Soru e ibernati nel periodo della giunta Cappellacci, dovevano essere la risposta giusta, moderna, per unire in meno di due ore Sassari e Cagliari. Abbiamo atteso con una certa curiosità e con qualche apprensione l’annuncio finale dell’assessore regionale ai trasporti Massimo Deiana ma, quell’annuncio, prima rinviato per motivi tecnici, si è prima spostato nel tempo ed infine svuotato di ciò che era stato promesso. Si dovrà attendere circa un anno perché i treni veloci acquistati dalla Regione Sardegna possano viaggiare al massimo dello loro velocità, ovvero a circa 180 chilometri orari. In un recente convengo l’assessore ha infatti affermato che “la rete ferroviaria esistente non consente ai nuovi treni di tenere in curva la velocità massima di 180 chilometri orari per cui sono stati progettati, soprattutto in alcuni tratti da Oristano in su”, aggiungendo che “i treni veloci avessero bisogno di un’infrastruttura diversa lo si sapeva. E mentre si concludevano le procedure di acquisto si sarebbe potuto provvedere ad avviare i lavori sulle reti ferroviarie, ma non è stato fatto”. Insomma, a quanto pare il problema era la rete ferroviaria e non il treno cosa che, immagino, si conoscesse anche quando si decise per l’acquisto di questi mezzi super veloci. Un treno che percorre la tratta Sassari Cagliari entro due ore consentirebbe sicuramente di avvicinare le due città, ma sarebbe anche una valida alternativa alla 131, altra eterna incompiuta, con perenni tratti di pericolosità proprio da Macomer sino a Sassari. Quello sembra essere, infatti, il nodo difficile, dove non si è riusciti a disegnare una strada e neppure una ferrovia. Non voglio, chiaramente portare esempi di altri luoghi e di ben altre problematiche geologiche e altimetriche, mi limito a ricordare che dovremmo pianificare le nostre scelte in base a quanto disponiamo. Probabilmente quel treno ce lo potevamo permettere se avessimo, prima, sistemato la ferrovia. Non era difficile. Occorreva sicuramente più tempo e nessuno, in politica, misura il tempo in anni. Deve essere costruito tutto e subito. Così, però, rischiamo di trovarci sempre in perenne attesa e rischiamo di aver predisposto una fermata dove non sale e non scende nessuno. Come Molafà.

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