Immigrati, spopolamento, presente e futuro della Sardegna: necessità di un dibattito aperto, privo di pregiudizi e orientato alla concretezza nell’agire. Noi facciamo la nostra parte

chiusoA fora! A fora! Noi non siamo razzisti però…
Integrazione, globalizzazione, spopolamento e terre incolte, un tabù per molti sardi.

di Vanni Tola

Povero Beppe Severgnini, non se lo sarebbe mai aspettato. Crocefisso alla croce di Sant’Andrea, accusato di volere la colonizzazione della Sardegna, di essere un “radical chic” della sinistra e di tanto altro ancora. Cosa ha fatto di male per meritare tutto ciò? Ha semplicemente riproposto una idea interessante, peraltro non nuova, che avrebbe dovuto aprire una seria riflessione e ha invece aperto il vaso di Pandora delle polemiche. Dalle colonne del prestigioso New York Times il noto giornalista ha pubblicato un articolo dal titolo “Let Refugees Settle Italy’s Empty Spaces”, cioè “Lasciate che i rifugiati occupino gli spazi vuoti”. Afferma Severgnini che i migranti che fuggono da guerre e miseria potrebbero essere occupati nelle aree abbandonate del paese per lo sviluppo dell’agricoltura e il ripopolamento delle aree spopolate. Molto correttamente l’opinionista del Corriere della Sera ha fatto notare che in Sardegna (ma la proposta è rivolta anche ad altre regioni) l’83% della popolazione vive in piccoli insediamenti con meno di 5 mila abitanti, e che questi paesi si stanno spopolando. Le proiezioni demografiche, in effetti, prevedono che nei prossimi decenni numerosi paesi sardi saranno soltanto case vuote e che intorno al 2050 la popolazione sarda si ridurrà di 300-500 mila unità per un costante decremento demografico determinato di numerosi fattori fra loro interconnessi. Molti studiosi e intellettuali sardi, sulla base dei dati oggettivi dello spopolamento, hanno evidenziato la drammatica urgenza di avviare interventi di riantropizazione per realizzare uno sviluppo dell’economia isolana che collochi utilmente la Sardegna nei processi di globalizzazione in atto anziché relegarla nell’area dell’abbandono e del sottosviluppo. D’altra parte – e chi si occupa di studi demografici lo sa – il ciclo di sviluppo prevede sempre, dopo la crescita numerica della popolazione, una fase di decrescita che generalmente si esaurisce con arrivo ed integrazione si individui che, un insieme di fattori spingono a integrarsi nelle aree spopolate e con forti cali demografici. Accade da millenni nella storia dei popoli. Con una corretta programmazione dei piani di inserimento e integrazione nei comparti produttivi e nelle aree potenzialmente in grado di accogliere ed integrare i migranti, si passerebbe dall’attuale fase dell’accoglienza e dell’assistenzialismo primario a quella dell’integrazione possibile e compatibile con le realtà ospitanti. Consideriamo che la presenza di migranti nelle aree agricole italiane è da tempo una realtà spesso caratterizzata da fenomeni di brutale sfruttamento, talvolta da organico inserimento in diversi comparti produttivi. In Sardegna gli stranieri che operano nel comparto agro-pastorale sono una consistente realtà (purtroppo in alcuni casi ancora in condizione di lavoro sommerso). In questa quadro prospettico la proposta di assegnazione di aree incolte e malcoltivate a famiglie di immigrati per favorirne l’insediamento e l’integrazione sociale non appare una proposta cosi assurda. Va da se che tale intervento dovrà essere attentamente programmato e regolamentato e non dovrà essere realizzato certamente in alternativa all’impiego di lavoratori locali o con l’esproprio forzoso delle terre subito evocato dagli oppositori a qualunque forma di integrazione e di accoglienza che vada al di la del “primo soccorso” dei profughi. L’opposizione anti Severgnini invece si è subito scatenata con una variegata serie di personaggi. A parte i generici oppositori a qualunque forma di integrazione e accoglienza, che costituiscono una presenza direi “fisiologica” nel dibattito, si nota la presenza di un gruppo organizzato detto Generazione Identitaria Sardegna che propone che la terra venga assegnata ai giovani sardi, una figura storica dell’indipendentismo sardo Zampa Marras che condivide in facebook il manifesto anti Severgnini di questa organizzazione denunciando (riferito a Ganau, Severgnini e Soru) che: ”custos tres concales, pro non narrer áteru, cherent assinniare a sos “migradores” sos terrinos de sa sardínnia: torrare a pobulare sas biddhas cun sos migradores, ca sos sardos «non faghent fizos», comente chi sa ‘sardínnia’ siet s’issoro, e non de sos Sardos”. Un altro utente ancora che partecipa su facebook al medesimo dibattito prova a domandarsi quali siano le cause dello spopolamento per trovare una soluzione che permetta il ripopolamento dell’isola. Gli risponde il sen. Guido Melis affermando che lo spopolamento accade perché siamo in Italia e, in particolare noi in Sardegna, demograficamente depressi. E lo siamo non per una sola causa ma per un complesso di motivi, economici ma anche culturali. La storia del mondo, prosegue Melis, in tutte le epoche è piena di migrazioni che inizialmente provocano contrasti, poi spesso integrazione e la Sardegna rischia di restare in 50-100 anni solo una espressione geografica. Il dibattito, soprattutto on line è molto acceso. Si evoca la atavica paura dell’esproprio dei suoli che porterebbe via a noi sardi “i terreni dei nostri avi”, si denunciano pratiche coloniali, si reclama l’esigenza prioritaria di pensare, prima che ai migranti, a dare lavoro e terre ai giovani sardi, a far rientrare gli emigrati della nostra isola e via dicendo. L’appello patriotico è stato lanciato. Su tutto e al di là del racconto della vicenda Severgnini, rimane un interrogativo che è politico, culturale e, se volete, ideologico. La questione del razzismo. Semplificando possiamo affermare che a fronte di una nutrita schiera di individui che credono nella libera circolazione dei popoli e nell’integrazione come diritto naturale degli individui, si contrappongono diverse “sfumature” di razzismo. Oltre la destra oltranzista e xenofoba diffusa in Europa e rappresentata in Italia dai fascisti, esistono poi altre correnti di pensiero che subdolamente dichiarano di non essere avversi all’arrivo e all’accoglienza dei migranti ma che fanno seguire a tale dichiarazione la precisazione che prima di occuparsi di questi ultimi è necessario provvedere a sanare la disoccupazione e il disagio degli italiani, a far rientrare i nostri emigrati, a dare la casa e i terreni agli italiani e via dicendo. Manifestando quindi una apparente non chiusura ideologica verso il problema che si traduce però in una opposizione di fatto a qualunque politica di integrazione. E’ il caso della Lega. In Sardegna in particolare, a tale dualismo di posizioni si aggiunge l’assordante silenzio delle forze politiche sardiste e identitarie che pare stentino a prendere una posizione chiara e definita sulla questione della integrazione dei migranti nell’isola, quasi temessero una sorta di “inquinamento” antropologico che potrebbe rendere meno consistente l’identità del popolo sardo, contaminare la cultura, le tradizioni e la storia.
Penso quindi che a monte esista una questione politica e culturale più ampia e della quale si cominciano a vedere i primi segnali. I Sardi ritengono possibile nell’isola una integrazione razionale di popoli provenienti da altre etnie? O si preferisce tutelare, con qualunque mezzo e argomentazione, il popolo sardo da “contaminazioni” che, secondo molti, rappresenterebbe una minaccia per l’identità del popolo sardo e i destini dell’Isola? Quanto leghismo e velato razzismo si nasconde dietro la levata di scudi contro Severgnini e per la difesa del sacro suolo (terre da sempre incolte o sotto utilizzate e paesi ormai irrimediabilmente spopolati)? Cito per tutti un recente articolo del neo segretario del Partito Sardo D’Azione che entrando nel merito della questione afferma sostanzialmente che la Sardegna si salva dallo spopolamento con una nuova classe politica che stimoli lo sviluppo dell’occupazione anziché pensare ad importare manodopera straniera. Sono le argomentazioni della Lega di Salvini e della destra fascista europea.

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Dossier immigrazione 2015. I dati smentiscono i troppi luoghi comuni. L’immigrazione è davvero una risorsa, ma non è automatico. Parliamone seriamente per agire con maggiore concretezza e capacità di adeguamento alla dimensione dei problemi… Intanto pubblichiamo la parte del rapporto specificatamente riguardante la Sardegna preceduta da una riflessione critica della curatrice M.Tiziana Putzolu.
dossier-idos-2015_2Di seconda scelta. Immigrati terra e demografia
di M.Tiziana Putzolu

Alla fine la domanda, quella domanda arriva. Prima altre domande. Importanti e soft. Quanti sono. Da dove vengono. Cosa fanno. Poi, piano piano, eccola, la domanda. Ma sono più quelli che partono o quelli che arrivano? Qua, in Sardegna? Sì in Sardegna. Si ragiona di immigrazione. Negli ambienti più colti nessuno si sogna di urlare che sono sistemati in comodi alberghi con piscina. Che sono troppi e che ci rubano il lavoro. No no. Quelle sono frasi che dicono quelli che definiamo xenofobi. O razzisti. Noi no. Noi facciamo ragionamenti più alti.

Ragioniamo di accoglienza. Lo facciamo sostenuti da buone scuole di pensiero. Mettiamo in relazione calo demografico ed immigrati. Diciamo che ci servono, gli immigrati, perché aiutano l’economia. Tiriamo fuori i dati sulla previdenza, sulle imprese, sulla scuola e gli insegnanti perdenti cattedra a causa della contrazione demografica. Ma alla fine, in fondo, un po’ per la pigrizia di andare a rovistare tra i numeri (www.istat.it, dove si trova quasi tutto ciò che si vorrebbe sapere), si vuole capire, soprattutto, se sono più quelli che partono o quelli che arrivano. Dietro l’angolo della domanda perspicaci quanto ideologiche, veloci ed intuitive deduzioni.

Alla stregua di quella moneta cattiva in circolazione che scaccia quella buona, secondo l’enunciato della legge di Gresham, finanziere inglese al quale si fa risalire la scoperta economica nel 1551, gli immigrati che arrivano a fiumi ed i giovani sardi che partono a frotte trovano curiosamente una simmetria di ragionamento in molte acute ed illuminate menti. Non solo sarde. Nelle quali arzigogolati assunti ideologici si sposano con le paure, in fondo, covate sotto la cenere.

Senza riflettere a sufficienza sul fatto che se un giovane sardo parte a fare il pizzaiolo in Germania o un musicista a Londra non c’è compensazione se al suo posto arriva a Olbia un muratore dalla Romania e un pastore albanese a Silanus. Se parte una giovane da Olmedo a fare la banconiera in Irlanda la sua partenza non è compensata da una ucraina che arriva a fare la badante ad una anziana che nessuno vuole più tenersi in casa a Senorbì. Perché arrivi e partenze non sono numeri. Sono pezzi di umanità, tratteggi di vita, profili di competenza, amori interrotti, figli e gatti lasciati a genitori, genitori lasciati a fratelli e sorelle. Sono studi non riconosciuti, abiti di seconda mano, racconti, cibi, profumo di zenzero e curcuma, una spaghettata a New York, una birra a Dublino, una chitarra a Camden Town, usanze, musiche e molte fiabe.

La gente è molto preoccupata. Anche in Sardegna. Come si fa? Dove ce li mettiamo? Ma come spesso accade, tranquillizzanti e pacate, arrivano le trovate. Politiche. Forse in buona fede. A guardar bene, tutto sommato, a buon mercato. Geniali. Perché non averci pensato prima. Hanno scritto articoli su giornali isolani. Hanno rilasciato interviste. L’idea si diffonde, contamina. Sono sempre di più a divulgarle. Sai che c’è, che magari qualcuno, dillo oggi e ridillo domani, si convincerà. Che, in fondo, possono aiutarci a ripopolarci e coltivare la terra. Moderni migranti, coloni e fecondatori. Soprattutto nelle zone interne della Sardegna dovremmo incoraggiarli ad andare. Dove c’è poca gente e molta terra. Praterie di terreni pronti da coltivare, come sanno tutti.

Magari possiamo assegnare loro delle terre, dannate come quelle da cui spesso se ne sono andati, farli diventare pionieri versione moderna, come ha sagacemente sostenuto il famoso giornalista Severgnini. Un equilibrato liberale di sinistra. Diciamolo agli immigrati che stiamo studiando questo per loro. Diciamolo anche agli abitanti delle zone interne che bella idea ci sta venendo per i loro territori.

A pensarci prima, quante pagine di teoria dello sviluppo si sarebbero risparmiate. Quante pagine di programmazione economica. La soluzione era in fondo così semplice. Gli immigrati. Vedi come, alla fine, con la crisi, anziché stare lì a pensarle le soluzioni per il lavoro, per giovani e meno giovani che partono, gli immigrati possono risultare utili. Come gente di seconda scelta.
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*Gli immigrati regolarmente residenti in Sardegna nel 2014 sono 45.079 e sono aumentati di 2.920 unità. Nell’anno precedente erano 42.159, aumentati di 6.549 rispetto al rispettivo anno precedente. Provengono per oltre il 50% dal continente europeo. Il maggior raggruppamento è costituito da 9.042 donne provenienti dalla Romania.

**Idos, “Dossier Statistico Immigrazione 2015” , Roma, 2015

*** Per la Redazione regionale Idos, ha curato il capitolo “Sardegna. Rapporto immigrazione 2015” per conto del Centro Studi Relazioni Industriali – Università degli Studi di Cagliari

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- By sardegnasoprattutto/ 6 novembre 2015/ Società & Politica .
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dossier idos 2015
Presentato il Dossier Immigrazione 2015.
Caratteristiche della presenza immigrata in Sardegna

Redazione Regionale IDOS: Maria Tiziana Putzolu (Centro Studi Relazioni Industriali – Università di Cagliari)

I movimenti della popolazione.
Il fenomeno migratorio della Sardegna nel 2014 si inserisce in un quadro demografico regionale che vede un calo della popolazione rispetto al 2013. Dai dati Istat si registra infatti una diminuzione di abitanti (-573) rispetto all’anno precedente, essendo passati da 1.663.859 alla fine del 2013 a 1.663.286 alla fine del 2014. Un dato in lieve controtendenza rispetto al 2013, anno nel quale si era verificato un contenuto aumento della popolazione totale in regione, pur in presenza di un saldo naturale negativo. In Sardegna, infatti, il tasso di natalità è in caduta da molti anni e nel corso del 2014 è ulteriormente sceso al 6,9‰ rispetto al 7,2‰ dell’anno precedente. La dinamica negativa della popolazione non è compensata neppure dagli immigrati, nonostante nel corso 2014 siano aumentati di numero. Il tasso di crescita naturale (cioè la differenza tra i nuovi nati ed i morti) e di crescita totale della popolazione (comprendente tutti le dinamiche della popolazione, incluso il fenomeno migratorio) registrano nell’Isola entrambi un segno negativo (rispettivamente -2,4% e -0,3%).

Se ne deduce che la dinamica della popolazione, insieme al fenomeno migratorio, vanno letti ed interpretati, come è noto, all’interno dei complessi movimenti della popolazione e che sono condizionati da variabili economiche e sociali locali, oltre che dalle politiche nazionali e dalle tensioni internazionali.
Gli stranieri residenti in Sardegna alla fine del 2014 sono risultati 45.079, di cui il 55,8% donne (nel 2013 la percentuale femminile era il 56,1%). Sono aumentati in totale di 2.920 unità, registrando un incremento percentuale del 6,9% (contro il 18,4% dell’anno precedente quando il numero di nuovi immigrati si attestava a 6.549 persone). Incidono sulla popolazione totale in Sardegna per il 2,7% (contro il 12,1% che si registra in Emilia Romagna, la regione italiana con la più alta densità di immigrati). Sono lo 0,9% di tutti gli stranieri residenti in Italia, dove questa componente incide per l’8,2%.

I movimenti migratori nell’Isola hanno registrato 3.820 iscritti dall’estero, di cui 2.776 stranieri e 1.044 italiani; sono stati cancellati per l’estero 2.861 residenti, dei quali 466 stranieri e 2.395 italiani. Sono nati 425 bambini stranieri (il 3,7% di tutti i nuovi nati nell’Isola) e sono morti 65 stranieri. 580 immigrati anno acquisito la cittadinanza italiana ed escono di conseguenza dalla voce “immigrati”. Il saldo naturale e totale della popolazione straniera, è positivo. Risulta invece di segno negativo il saldo migratorio con l’estero degli italiani (-1.351).

Paesi di provenienza, femminilizzazione e località di residenza.

Una prima fotografia della popolazione immigrata residente in Sardegna si desume sostanzialmente da tre variabili: graduatoria delle nazionalità di provenienza, percentuale di femminilizzazione all’interno della nazionalità di riferimento e provincia di residenza.
Vi sono immigrati che si muovono, a seconda della nazionalità, per genere (in prevalenza maschile o solo femminile), mentre vi sono immigrati che si muovono per nuclei familiari o che, almeno, tendono a comporlo (è il caso della comunità cinese ma anche di quella marocchina). Dall’analisi storica dei residenti per paese di provenienza si rilevano incrementi spesso molto consistenti dal 2004 al 2014 sia in termini di valori assoluti che per genere.

Gli immigrati residenti in Sardegna giungono per oltre il 50% (24.463) da paesi del continente europeo, in particolare dalla Romania, paese dal quale sono arrivate in totale 13.446 persone. Di queste 9.042 sono donne. Dal 2004 ad oggi si è passati da 485 immigrati provenienti da questo paese (di cui 362 donne) al dato odierno, in conseguenza, come è noto, dell’ingresso nel 2007 della Romania all’interno dell’Unione Europea.
L’osservazione dei dati relativi agli immigrati provenienti dall’ Europa dell’Est, anche quando il numero assoluto appare modesto, mette in luce un tipo di immigrazione quasi completamente femminile, con incrementi nel corso degli anni decisamente considerevoli. Un esempio possono essere gli immigrati della Lituania, con 150 persone residenti ma di cui 134 sono donne, o la Bulgaria che registra 179 residenti di cui 137 donne. Dalla Federazione Russa provengono 595 residenti totali, dei quali 526 sono donne (erano 104 nel 2004). Dall’Ucraina, che presenta un numero consistente di presenze in Sardegna, su 2.133 residenti 1.843 sono donne (erano 522 nel 2004). Dal 2011 ad oggi si affaccia nell’isola, inoltre, un invisibile ma costante ingresso di immigrati provenienti dal Kirghizistan (Asia centro-meridionale). Sono in tutto 281 dei quali 227 sono donne. Le donne immigrate sono prevalentemente impiegate nei settori dei servizi, con particolare riferimento ai servizi alla persona.

Assai diversa è la composizione degli immigrati cinesi. Sono in totale 3.224 di cui 1.533, quasi la metà esatta, sono donne. Sono in costante aumento dal 2004, anno nel quale si registravano 1.370 cinesi residenti. Consistente è pure la presenza di immigrati filippini, in continua crescita negli ultimi dieci anni. Erano 532 nel 2004 e sono oggi 1.935, dei quali 1.091 sono donne.

Pure la componente di immigrati di nazionalità marocchina presenta una certa simmetria tra i generi. Sono 4.319, di cui 1.829 sono donne. E’ assai nota la tendenza delle comunità cinese e marocchina ad insediarsi per nuclei familiari. Di segno opposto l’immigrazione proveniente dal Senegal, paese dal quale sono giunti a ritmi pressoché costanti nel corso degli anni 3.799 immigrati di cui solo 614 sono donne. Come pure dal Bangladesh, paese dal quale sono arrivate 858 persone delle quali solo 140 donne.
In Sardegna i residenti stranieri si sono insediati per lo più nelle aree costiere di Cagliari (14.732 in tutta la provincia), Olbia (11.549 in tutta la provincia di Olbia Tempio) e Sassari (8.176), ma il tasso di incidenza sulla popolazione residente autoctona è del 7,2% nella provincia di Olbia Tempio mentre in provincia di Cagliari l’incidenza scende al 2,6%.
Gli immigrati della Romania (vale citare il caso visto il numero totale di immigrati di questa nazionalità nell’Isola) risiedono per lo più nella provincia di Olbia Tempio (5.388), di Sassari (2.139) e di Cagliari (1.984). Un numero relativamente elevato (1.595) si è insediato nella provincia di Nuoro, zona della Sardegna centrale che da tempo vive una notevole crisi di tutti i settori industriali. In quest’area si registrano casi di nuclei familiari residenti in piccolissimi paesi prevalentemente ad economia agropastorale.

Scuola e immigrazione.
In Sardegna nell’anno scolastico 2014/2015, su un totale di 225.244 alunni, la componente straniera è composta da 5.144 scolari, dei quali 1.860, ovvero il 36,2%, nati in Italia (dati Miur). Incide sul totale degli alunni autoctoni per il 2,3% con una punta del 2,8% nella secondaria di I grado. La ripartizione per livelli d’istruzione vede i ragazzi stranieri distribuiti per il 17,0% (875, di cui 636 nati in Italia) nelle scuole d’infanzia, per il 32,9% nelle primarie (1.693, di cui 781 nati in Italia), per il 23,6% nelle secondarie di I grado (1.214, di cui 299 nati in Italia) e per il 26,5% in quelle di II grado (1.362, di cui 144 nati in Italia).
Il dato sull’incidenza dei nati in Italia è interessante perché sottolinea quanto negli ultimi anni sia aumentata la quota di famiglie straniere che, mettendo al mondo i propri figli nel paese di arrivo, hanno di conseguenza stabilizzato la propria presenza in regione. I 5.144 scolari stranieri dell’anno scolastico 2014/2015 provengono per gran parte dall’Europa (in totale 2.444) con un picco tra la popolazione proveniente dalla Romania (1.183), concentrati in misura significativa nella provincia di Sassari (714 alunni) e a Olbia.
Dall’Africa provengono invece 1.330 alunni, dei quali 848 dal Marocco, distribuiti rispettivamente tra le provincie di Sassari, Cagliari, Nuoro ed una piccola parte Oristano. 245 scolari provengono invece dal Senegal. Frequentano le scuole in Sardegna 459 alunni cinesi e 298 filippini, concentrati prevalentemente nella provincia di Cagliari.

Immigrazione, lavoro, pensioni

Sulla base dei dati della Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat il numero degli occupati in Sardegna è aumentato su base annua dello 0,3 % (la media nazionale si attesta su una percentuale leggermente superiore, pari allo 0,4%) e superiore a quella delle regioni meridionali (-0,8%). Il tasso di occupazione delle persone in età da lavoro si è attestato al 48,6% nella media dell’anno.
Il flebile miglioramento del quadro economico produttivo generale e di quello occupazionale hanno contribuito a ridefinire il ruolo dell’occupazione straniera anche in Sardegna (schiacciata su professionalità low skills), accorciando le distanze tra nativi ed immigrati. Pur mantenendo generalmente performance migliori rispetto ai nativi italiani, la componente straniera in Sardegna ha conosciuto una lieve costante contrazione.
Come rileva anche l’archivio Inail sulle comunicazioni obbligatorie per il 2014 (l’archivio è basato sul codice fiscale e quindi potenzialmente inclusivo di una quota di italiani rimpatriati), in Sardegna gli occupati nati all’estero, che fino al 2012 avevano conosciuto un trend in costante aumento, sono calati a 24.712, con diminuzioni registrate in tutte le provincie. Complessivamente in regione l’incidenza dei lavoratori immigrati (intesi come lavoratori nati all’estero) sugli occupati totali è stata del 5,6% e sui nuovi assunti nel 2014 del 13,9%. I nuovi assunti sono prevalentemente uomini (992 e 873 donne), la cui maggiore incidenza globale è di immigrati provenienti dalla Romania (643). Di tutti i lavoratori nati all’estero 16.127 sono impiegati nei servizi e per lo più in micro imprese da 1 a 9 addetti (18.052).
Viceversa, alla fine del 2014 in Sardegna le imprese immigrate (quelle in cui oltre la metà dei soci e degli amministratori o il titolare, per le imprese individuali, sono nati all’estero) sono aumentate del 5,4% dal 2013, a fronte di una diminuzione (-0,6%) di quelle italiane nello stesso periodo. Sono 9.658 (il 5,8% del totale regionale). Di tali imprese immigrate, quelle a conduzione femminile sono il 22,6%. La loro distribuzione per province vede prevalere Cagliari (4.069) e Sassari (3.738), mentre Nuoro (1.381) e Oristano (470) ne accolgono decisamente di meno.
E’ assai limitato il numero delle pensioni corrisposte in Sardegna dall’Inps nel 2014 a beneficiari nati in paesi non comunitari (177, di cui 137 a donne, su un totale di 322.211).
Non si dispone del numero del dato sugli immigrati comunitari, né pare possibile al momento impostare una stima attendibile.

Invio delle rimesse in patria. Nel 2014 la quota di denaro inviata dai cittadini stranieri nei loro paesi d’origine è stata 62.406.000 euro, in leggera diminuzione (-0,2%) rispetto al 2013. Le rimesse sono concentrate in prevalenza nella provincia di Cagliari (28.899 mila euro) e Sassari (22.276 mila euro), territori che esprimono il più alto numero di immigrati e di attività anche imprenditoriali ad essi collegate.
L’Europa nel suo complesso resta il primo continente di destinazione (26.360 mila euro), seguita dal continente africano (15.172) ed a stretto giro Asia (15.082) e America (5.695). Dall’osservazione dei dati relativi ai singoli paesi, infatti, la Romania si conferma al primo posto per quota di invio (15.965 mila euro), seguita da Senegal (10.036), Filippine (3.773) e Bangladesh (3.449). La comunità cinese, con 3.057 migliaia di euro, appare relativamente più “avara” nell’invio delle rimesse in patria, soprattutto in relazione alla mole di attività commerciali visibili nel territorio regionale. Ma, come è noto, è possibile che per la comunità cinese i canali di invio delle rimesse seguano percorsi non sempre di facile tracciabilità bancaria.

Luci e ombre tra chi viene e chi va
Sono andati ad aggiungersi alla presenza degli immigrati regolari in Sardegna 5.931 profughi giunti tra il 2013 (346), il 2014 (2.878) ed anche nella prima parte del 2015 (2.707) attraverso i cosiddetti “sbarchi” avvenuti con operazioni di soccorso in mare (dati forniti dall’Anagrafe della Questura di Cagliari). L’incremento 2013-2015 è stato del 732%.
Provengono per la quasi totalità dall’Africa sub-sahariana e sono i cosiddetti “profughi economici”, coloro che fuggono dal proprio paese d’origine per migliorare la loro condizione di vita. Attualmente ne sono alloggiati 2.391, cioè meno della metà di quelli arrivati nell’Isola. Sono distribuiti in 61 strutture nelle diverse province, ma soprattutto in quella di Cagliari. Molti sono riusciti ad andare via dall’Isola (i trasferimenti dalla Sardegna verso il continente non risultano sufficientemente chiari). Certo è che queste persone vivono come segregante lo “sbarco” in Sardegna.
Nell’Isola, in sostanza, c’è chi viene e c’è chi va. E tra chi va c’è anche, bisogna sottolinearlo, una componente autoctona della popolazione, come mostrano i numeri forniti dall’Istat. Secondo l’Istituto di Statistica Nazionale nel 2014 si sono cancellati dall’anagrafe verso l’estero 2.395 abitanti, ma dall’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) si rileva che sarebbero emigrati 3.561 abitanti (dei quali il 45,3% donne).

3 Responses to Immigrati, spopolamento, presente e futuro della Sardegna: necessità di un dibattito aperto, privo di pregiudizi e orientato alla concretezza nell’agire. Noi facciamo la nostra parte

  1. […] Franco Meloni. Non so quanti esattamente siano. Certamente meno di quanti la loro diffusa (e senza dubbio cresciuta) presenza in città faccia appar…. Stiamo parlando dei ragazzi di colore che incontriamo all’uscita dei bar e dei supermercati, […]

  2. […] Franco Meloni Non so quanti esattamente siano. Certamente meno di quanti la loro diffusa, e senza dubbio cresciuta, presenza in città faccia appar… Stiamo parlando dei ragazzi di colore che incontriamo all’uscita dei bar e dei supermercati, […]

  3. […] i ritardi che pagheremo comunque a caro prezzo. di Franco Meloni. Non so quanti esattamente siano. Certamente meno di quanti la loro diffusa (e senza dubbio cresciuta) presenza in città faccia appar…. Stiamo parlando dei ragazzi di colore che incontriamo all’uscita dei bar e dei supermercati, […]

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