I nostri problemi, le nostre paure, le nostre responsabilità…

cielolampadadialadmicromicro13L’editoriale domenicale di Eugenio Scalfari. Non c’è bisogno di condividerlo tutto. Ma in grande misura esprime il nostro stato d’animo e la speranza di uscire dall’attuale situazione con prospettive di vita per le generazioni presenti e future.
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Bocche di leone 22 nov 15
La Francia, l’Italia, l’Europa e la grazia di Francesco
E’ l’Europa l’obiettivo prescelto dal Califfato. E con essa la civiltà occidentale, le sue religioni, la sua economia, i comportamenti delle persone comuni e delle loro classi dirigenti. La Francia ha assunto il ruolo di guida del continente. E il governo italiano in tutto questo? Che cosa gli sarà proposto da Hollande? E Renzi a sua volta che cosa gli proporrà?

di Eugenio Scalfari, su La Repubblica on line di domenica 22 novembre 2015.

In questi giorni terremotati tutti ci poniamo molte domande: perché accadono fatti così orribili, eccidi di innocenti, decapitazioni trasmesse in televisione, paura della gente, servizi segreti mobilitati, bombardamenti a tappeto, sorveglianze inutilmente rafforzate, in Europa, in Belgio, in Iraq, in Siria, in Turchia, in Egitto, in Libano, nel Mali, in Bangladesh, in mezzo mondo, con previsioni di altrettanti orrori nell’Italia del Giubileo?

Anche io sono profondamente colpito e preoccupato, ma non sorpreso e la ragione è questa: so da tempo che la storia dell’umanità da quando esiste è dominata dal potere e dalla guerra. L’amore e la pace sono due sentimenti alternativi che di tanto in tanto interrompono i primi due, ma sono interruzioni brevi, pause di riposo presto travolte. Dentro molti di noi l’amore e la pace sono sentimenti permanenti, ma il potere e la guerra hanno sempre la meglio dovunque, in qualsiasi epoca, in qualunque paese e in qualsiasi tempo. E il motivo è semplice: noi, a differenza di altri essere viventi, abbiamo un Io.

E quell’Io non appena ci nasce dentro ha bisogno assoluto di avere un suo territorio, conquistarselo, difenderlo, ampliarlo. Ha bisogno di emergere a tutti i livelli sociali e cerca di farlo come può, che sia povero o ricco, di pelle nera o bianca o mulatta, uomo o donna.

Anche gli animali per soddisfare i loro bisogni primari devono combattere per conquistare la preda, preda anch’essi di altri animali. Potere e guerra sono anche per loro istinti dominanti, ma non ne sono consapevoli. Noi sì, noi siamo Io in ogni istante della nostra esistenza ed è quello il motore che ci anima e determina il nostro destino. Il Fato. Ricordate? Gli dei olimpici della cultura greca avevano la meglio non soltanto sugli uomini ma perfino su altri dei. Zeus sapeva di dover rispettare il Fato che era molto più di un dio: era la legge che domina il Cosmo e quindi potere e guerra, la legge di natura è quella. L’antidoto non è l’amore e la pace che come ho già detto sono intervalli brevi, pause di riposo; ma è la libertà, la libertà consapevole. E la bellezza, non come ideale romantico ma lirico e profondamente evocativo: la musica, la danza, la conoscenza.

Libertà e bellezza, questi sono i valori, dove l’Io non viene affatto spento ma anzi potenziato e allontanato dalla ricerca del potere, riscattato dalla turpitudine della guerra e guidato verso quell’oltreuomo che nello Zarathustra di Nietzsche è l’ultimo e più eccelso livello che la nostra specie può raggiungere e che dovrebbe mettere insieme tutti gli uomini di buona volontà.

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L’Europa è oggi l’obiettivo del terrorismo guidato dall’Is che d’ora in poi chiameremo Califfato. Noi siamo soltanto il suo bersaglio, attaccano dovunque possono, ma è l’Europa il terreno prescelto e con essa gli Stati Uniti d’America. Insomma l’Occidente, la civiltà occidentale in tutte le modalità che quella civiltà esprime, nelle sue religioni, nella sua economia, nei comportamenti delle persone comuni e delle loro classi dirigenti.

Il Califfato è a sua volta una classe dirigente composta da poche persone, non più di un centinaio, in gran parte provenienti dall’esercito iracheno di Saddam Hussein, dai muezzin afghani, dai talebani indottrinati da Bin Laden e da Al Qaeda; arabi soprattutto ma anche pachistani e sauditi.

Bin Laden, a quanto si sa, era profondamente religioso ma i dirigenti che compongono il Califfato non lo sono affatto anche se fanno finta di esserlo. Le cellule che il Califfato dirige hanno forse una vernice di religiosità fondamentalista. Il loro grido di guerra è ” Allah Akbar” e molti di loro arrivano fino al punto di farsi esplodere sognando un Aldilà dove le vergini li aspettano come premio. Ma la gran parte di quei terroristi disseminati in Europa non hanno alcuna vocazione religiosa. Sono i giovani delle periferie, la seconda o terza generazione delle banlieue che non hanno potuto o non hanno voluto integrarsi con la società con cui vivono. Alcuni hanno studiato, altri no, ma tutti si sentono defraudati, molti ricorrono alla droga e/o all’avventura, alla rabbia, alle armi e più sono questi i loro modi di sopravvivenza, più l’esclusione aumenta, più la polizia diventa il loro nemico, più è facile reclutarli per i messaggeri del Califfato.

Le banlieue sono il terreno di coltura dei terroristi e l’Io gioca qui la sua più segreta e perversa partita. L’Io degli esclusi reclama una sua soddisfazione, un suo territorio psicologico, la speranza di non aver paura ma di incuterla negli altri. Che gli altri siano cristiani o atei o islamici, ma integrati e non esclusi: questi sono i loro bersagli. Bersagli anonimi, non li conoscono ma sono comunque altri e diversi da loro e quindi da uccidere. Per diffondere la paura e soddisfare così il loro orribile Io.

Questa è la guerra in corso: terrore e paura sono gli obiettivi delle cellule che obbediscono al Califfato la cui classe dirigente è posizionata nel triangolo che include le zone confinarie tra Siria, Turchia e Iraq, con un distaccamento libico-tunisino che fronteggia direttamente l’Europa mediterranea.

Il Califfato ha i suoi soldati, sono qualche migliaio e bene armati. Il Califfato è ricco, ha petrolio, ha l’appoggio di uomini di affari degli Emirati e finanziamenti mascherati ma evidenti che garantiscono la tranquillità saudita e degli Emirati.

A guardar bene anche l’Io del Califfo e dei suoi compagni è assai sviluppato, vuole potere, ricchezza, piaceri. Deriva da Al Qaeda ma è tutt’altra cosa rispetto a Bin Laden. Crudele quanto lui e più di lui, ma estremamente più sofisticato. Non è escluso che divenga un vero e proprio Stato arabo sunnita. In fondo Ibn Saud cominciò così la sua carriera e trasformò una tribù in un Regno tra i più potenti del Medio Oriente. La sua famiglia conta ormai circa trecento persone, possiede molte banche, imprese, alleanze d’affari in tutto l’Occidente, in Francia, in Inghilterra, in Italia, in America, in Germania, ovunque. Detesta gli sciiti ma si distingue anche dai sunniti. Tra i capi del Califfato è un esempio da imitare e magari da conquistare. Senza sangue, possibilmente. Il sangue scorre altrove.

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Poiché la Francia è il principale terreno di battaglia del Califfato e delle sue migliaia di cellule europee, quella Nazione, oltre a contare il maggior numero di vittime innocenti, ha assunto la guida dell’Europa. Il presidente Hollande ha capito subito che, purtroppo per i francesi, il ruolo di leader dell’Europa era l’aspetto politicamente ed anche economicamente positivo e lui ha dimostrato di saperlo perfettamente assolvere, a partire dai simboli fino alla concreta azione politica.
Strage di Parigi, Hollande e Valls cantano la Marsigliese alla Sorbona

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Tra i simboli ce n’è uno che personalmente mi commuove non da ora ma da sempre, ogni volta che mi accade di ascoltarla: la Marsigliese, inno nazionale finora, ma europeo ai tempi delle guerre contro le monarchie assolute d’Europa, quando la grande Rivoluzione guidata dai girondini e da D’Anton arrestò l’invasione dei monarchi europei e l’esercito repubblicano guidato da Kellerman vinse la battaglia di Valmy.

Ogni volta che in Francia c’è un attentato il popolo si raduna nelle piazze e intona la Marsigliese mentre contemporaneamente la canta l’Assemblea nazionale. Così avvenne dopo l’attentato a Charlie Hebdo ma ora è cantata dai giocatori di calcio prima dell’inizio delle partite in molti paesi europei, è stata intonata a Londra alla Camera dei Comuni nel salone di Westminster, in Italia in una sorta di plenum delle Camere, insomma si è trasformato in un inno europeo in luogo dell’Inno alla Gioia della sinfonia beethoveniana.

Ma accanto al simbolo – del quale tuttavia sarebbe sbagliato trascurare l’importanza – c’è la politica vera e propria. Hollande aveva già deciso di affiancarsi agli Usa bombardando per un paio di volte Raqqa, scelta dal Califfato come propria capitale. Ma dopo gli attentati recenti a Parigi dei terroristi provenienti dal Belgio, i bombardamenti con Raqqa si sono moltiplicati e ancor più lo saranno quando la portaerei francese che è già partita da Tolone incrocerà nel Mediterraneo orientale i bombardamenti diverranno perciò continui.

Questo per quanto riguarda la guerra guerreggiata, ma poi c’è la politica vera e propria. Il primo intervento di Hollande è stato di appellarsi al Trattato di Lisbona che prevede la collaborazione di tutti gli Stati membri dell’Unione europea. I ventotto paesi hanno approvato all’unanimità ciò che il Trattato dispone: una collaborazione tra tutti i firmatari di quel trattato senza però indicarne né la procedura esecutiva né i vari ruoli di ogni Paese. Hollande avrebbe potuto appellarsi all’articolo 5 della Nato che prevede la collaborazione immediata con quel Paese che abbia subito una grave aggressione, ma non l’ha fatto perché la Nato ha un suo proprio comitato di cui la Francia ovviamente fa parte ma non ne è il capo.

Hollande ha anche previsto che, sulla base del Trattato di Lisbona, consulterà gli Stati membri dell’Ue bilateralmente, per stabilire con ciascuno di essi il tipo di collaborazione che la Francia gli chiede. Tale consultazione avrà inizio ai primi del prossimo dicembre.

Nel frattempo la Francia avrà incontri con Obama e soprattutto con Putin per considerare i comuni interventi contro il Califfato.

Nel frattempo c’è stato l’attentato compiuto in un grande albergo nella capitale del Mali, un paese ex colonia dell’impero francese dove Parigi ha dislocato da tempo 37 mila soldati che sono intervenuti con alcuni corpi specializzati insieme ad analoghe forze del Mali e a un reparto di militari americani. Il blitz è stato condotto a termine dopo ventiquattr’ore di aspra battaglia, gli attentatori hanno ucciso e sono stati a loro volta uccisi.

E il governo italiano in tutto questo? Che cosa gli sarà proposto da Hollande? E Renzi a sua volta che cosa gli proporrà? Che cosa ha in mente il nostro presidente del Consiglio, leader del più importante partito italiano e capo della maggioranza parlamentare, che ormai governa e comanda da solo, come del resto avviene da tempo in tutti i Paesi d’Europa e di Occidente?

La risposta a questa domanda è abbastanza facile perché è già stata anticipata dal nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, dal ministro della Difesa e dallo stesso Renzi: appoggeranno la Francia in tutto ciò che è possibile, ma non hanno alcuna intenzione di compiere interventi militari né con aerei né con truppe di terra.

È giusta questa posizione? Personalmente credo di sì, ma quello che non si vede è in che cosa può consistere la collaborazione con la Francia. Forse con risorse economiche? Non ci verranno chieste e comunque non ne abbiamo. Di fatto avremo una posizione neutrale. Con quali contraccolpi? Un Paese neutrale non avrà alcun peso sulla politica e sull’economia europea.

Se è lecito dare un suggerimento, Renzi dovrebbe riservarsi un ruolo in Libia. Non per partecipare alla guerra contro il distaccamento dei seguaci del Califfato né alla guerra tra il governo e le tribù di Bengasi e Tobruk contro il governo di Tripoli, ma per allestire campi di accoglienza dei migranti che provengono dai Paesi subsahariani, in fuga verso le coste mediterranee e in particolare verso l’Italia.

Campi d’accoglienza che li trattengano in Libia in modo decente e confortevole, ne controllino l’identità e la provenienza, esaminino le loro eventuali richieste di asilo politico e li aiutino a partire verso l’Europa su navi italiane e di altri Paesi europei o ne favoriscano il rientro opportunamente negoziato con i loro Paesi di origine.

È un ruolo molto importante che richiede non solo risorse economiche e competenze diplomatiche ma anche di truppe, navi da guerra e aerei di ispezione affinché quei campi d’accoglienza siano opportunamente difesi da tribù e/o da terroristi presenti in quelle zone. L’Egitto dovrebbe appoggiare questo ” sistema” e sarebbe anche suo interesse farlo. Ancor più evidente sarebbe l’interesse francese. Hollande guida ormai l’Ue nel tandem con la Germania, regredita ormai in un ruolo minore rispetto al tradizionale tandem franco-tedesco. Col tempo forse la situazione cambierà, ma oggi è questa ed è la Marsigliese che predomina in Europa.

Ho già scritto più volte che l’esplosione di terrorismo dovrebbe affrettare l’avvio verso gli Stati Uniti d’Europa, ma si tratta comunque di un percorso che richiede a dir poco un decennio purché cominci subito. E il modo per farlo cominciare subito è la cessione immediata di sovranità dei Paesi europei, almeno quelli dell’Eurozona, della politica estera e di quella militare alle Istituzioni europee. Hollande sarebbe contrario, ma la Merkel? Non sarebbe proprio questo il modo per riconquistare la posizione prioritaria nell’Ue o almeno nell’Eurozona?

Ma Renzi, il nostro Renzi, sarebbe d’accordo e si batterebbe affinché questa cessione di sovranità avvenisse? Acquisterebbe un ruolo essenziale in Europa, ma lo capirà? Temo proprio di no, ma spero d’essere smentito. Se è politicamente intelligente dovrebbe accollarsi questi due ruoli, in Libia e in Europa. Spero di non essere il solo a suggerire questa posizione.

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C’è infine un altro personaggio che è fondamentale per superare questa tragica situazione: papa Francesco. Non c’è mai stato un Papa come lui. Dico di più: un Pastore, un Profeta, un rivoluzionario: in nome della sua fede e in circa due miliardi di cristiani che abitano il pianeta, dislocati in quasi tutti i continenti.

Francesco si appella al Dio unico. Tutte le religioni monoteistiche si debbono affratellare in nome dell’unico Dio che non è e non può essere un Dio vendicativo ma è un Dio misericordioso e come tale va adorato dai credenti di quelle religioni a cominciare ovviamente dai cristiani, dai musulmani, dagli ebrei.

Il Corano parla di ” morte degli infedeli” e offre ai fondamentalisti un pretesto per coprire le loro azioni delittuose con alcuni passi coranici. Ma dimenticano che il loro profeta Maometto, costruttore della religione islamica, mise come primo punto di riferimento Abramo. Al vertice dell’islam c’è dunque Abramo che ascoltò dalla voce del Signore l’ordine di sacrificare suo figlio Isacco. Quell’ordine sconvolse il cuore di Abramo nel profondo, ma la sua fede lo costrinse all’obbedienza: portò il figlio con sé su una collina e lì, guardando il cielo sopra di lui, estrasse dalle sue vesti un coltello per uccidere il figlio come gli era stato ordinato da Dio. Ma a quel punto la voce di Dio lo fermò: “Volevo vedere la forza della tua fede, ma io voglio che Isacco viva felice, come me e con te. Accarezzalo, educalo, e tutti e due sarete da me amati e illuminati”.

Questo è il Dio di Abramo e di Isacco ed è un Dio misericordioso. Perciò sono blasfemi e condannevoli i terroristi del Califfato che invocano Allah e nel suo nome uccidono centinaia di Isacco, figlio di Abramo e amato da Allah Akbar. L’unico Dio, che gli ebrei chiamano Jahvé o Elohim e i cristiani chiamano Padre. Questo predica Francesco e questo è il tema del Giubileo della misericordia. La sua parola, in un momento come questo, è diretta soprattutto agli islamici affinché riconoscano il loro Dio misericordioso che è il medesimo che tutte le religioni monoteistiche dovrebbero venerare.

Spero che Francesco riesca ad affratellarle in un unico slancio di misericordia alla quale anche i non credenti si associano.
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Usala 20 11 15 doslampadadialadmicromicro1Pubblichiamo l’intervento di Salvatore Usala al Convegno “La domotica per professionisti in sanità che incontrano i cittadini” tenutosi oggi (20 novembre) a Cagliari. Il Convegno oltre che fornire una panoramica aggiornata dei dispositivi tecnologici riassumibili nella disciplina della domotica, utile per migliorare la qualità della vita di tutti e, stante il focus del Convegno, la qualità della vita delle persone con gravi disabilità, ha costituito un’occasione per ribadire la bontà del “modello Sardegna” che assicura l’assistenza socio-sanitaria, a elevati standard qualitativi attraverso oltre 38 mila piani di sostegno personalizzati, con una ricaduta di 15mila posti di lavoro in tutto il territorio isolano. “Salvate il modello Sardegna!” è stato pertanto il grido di dolore levatosi dal Convegno, che nell’intervento di Salvatore Usala ha trovato una chiara quanto radicale rappresentazione. Il leader dei movimenti per i diritti delle persone con gravi disabilità “16 novembre” e “Viva la Vita Sardegna” ha annunciato a partire dal 24 novembre prossimo un presidio permanente in viale Trento 69, davanti alla Presidenza della Giunta regionale, considerata la prima controparte della rivendicazione della salvaguardia dei diritti dei malati. Torneremo presto sulle questioni oggetto dell’importante Convegno.

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Diritti dei malati con gravi disabilità.
Salvate il modello Sardegna!

Usala 20 nov 15 1
IL MODELLO SARDEGNA

di Salvatore Usala

Farò un intervento brevissimo, perché ho problemi agli occhi, ma tottu succiu!
Il Modello Sardegna è l’unico in Italia che è in linea con la convenzione ONU, ovvero consente la libera scelta dell’assistenza. Siamo di fronte ad un sistema virtuoso, invidiato da tutte le regioni, purtroppo questa Giunta vuole demolirlo, dicendo che vuole ristrutturarlo. La verità è che vogliono tagliare, sono solo ragionieri, non pensano al benessere delle persone. Non considerano che l’incremento dei numeri è un investimento che porta risparmi più che doppi per la sanità. Una sanità che sperpera tanto denaro pubblico con: balzelli, appalti, full service, bustarelle, corruzioni, tanti baroni e così via, ho tante prove documentali. Da anni propongo un progetto concreto che produrrebbe una miglior qualità dell’assistenza delle persone in area critica, e produrrebbe 4 milioni di risparmi per 170 utenti. Il progetto prevede tutto: costi, profili, mansioni, benefici, obbiettivi e finalità. Il tutto scritto in modo semplice e comprensibile da tutti. L’assessore Arru ha condiviso il progetto, infatti a gennaio ha fatto una delibera per un corso formativo di 90 ore, peccato che l’assessorato al lavoro ci abbia messo 10 mesi per fare un bando incompleto di programma, bando per le agenzie certificate e criteri di selezione. Se ne riparlerà fra 7-8 mesi. Dopo dure lotte Luigi Arru ha proposto una sperimentazione protetta da effettuare nell’ASL 8, che partisse a metà novembre, con la garanzia del presidente Pigliaru. Speravo fosse la volta buona, sbagliavo. Tre giorni fa hanno approvato una delibera che non dice nulla. Non prevede costi, compiti, responsabilità, in buona sostanza una delega in bianco per il progetto ASL 8 allegato. Cosa dice il progetto ASL 8? Tutto e niente! Volutamente scritto in burocratese e politichese, chiede disponibilità di caregiver e assistenti ma non definisce i costi. Non definisce data di inizio e fine dei tre mesi della fantomatica sperimentazione. Non elenca le mansioni peculiari degli infermieri della rianimazione. Il compito degli infermieri in appalto è segreto. In parole povere tre mesi indefiniti per poi dire: Signori, la sicurezza sanitaria non è garantita, non si fa nulla. Ma la ASL 8 sa che caregiver, assistenti e famiglia fanno tutto in autonomia per almeno 20 ore su 24? Chi fa aspirazioni, medicazioni degli stoma, sostituzione ventilatore polmonare, ma sopratutto eventuali tappi viscosi in trachea con ventilazione ambu? Perchè la ASL 8 non chiede alle rianimazioni quante chiamate in emergenza si fanno da parte delle persone in aerea critica? Ma tutti questi tifosi della sicurezza sanitaria dove erano nel 2006 quando Nerina Dirindin istituiva il “Ritornare a Casa”, portando da strutture protetta al domicilio con 4-5 ore di infermieri? La verità è che nelle ASL c’è chi specula, chi prende bustarelle, chi ha potere gestendo l’area critica. Sopratutto temono che l’assistenza indiretta prenda corpo togliendo il giocattolo dalle mani scellerate di certi burocrati. La realtà è che l’ex Assessore Nerina Dirindin ha rischiato tanto ed ha avuto ragione, Arru deve avere il coraggio politico di decidere. Per me la sperimentazione è chiusa prima di iniziare, deve essere una decisione politica che riguarda tutta la Sardegna. Arru deve fare una delibera condivisa che segua fedelmente il mio progetto, le ASL devono solo applicare, senza discutere. L’alternativa è applicare il DGR 10/43 del 2009 che prevede 24 ore su 24 la presenza di un infermiere, con un costo di 300.000 euro l’anno per malato, totale 50 milioni per 170 persone, invece che risparmiare 4 milioni. Per tutti questi motivi il 24/11/2015 saremo in presidio permanente in viale Trento 69, davanti alla Presidenza.

SCUSATE IL DISTURBO! A SI BIRI

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