La Sardegna che vogliamo ricostruire ha bisogno di una classe dirigente di sardi onesti e capaci

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Tutta la Sardegna in Serie A
di Raffaele Deidda*

Battendo il Bari per 3-0 il Cagliari ha riconquistato un posto nel massimo campionato di calcio. Impossibile per qualsiasi sardo, anche per chi non segue il calcio, non gioirne. Legittimi i titoli della stampa locale: “I rossoblù e la Sardegna del calcio ritornano in paradiso.” La Sardegna del calcio, per l’appunto. Meno accettabili i titoli: “In serie A torna tutta la Sardegna”. Richiamano il Karl Marx di “la religione è l’oppio dei popoli”. Forse lo è anche il calcio. Anche i sardi, come altri italiani, rinunciano a riflettere sulla propria vita e sui problemi, per rivolgere i pensieri alla squadra del cuore. Si appassionano più alle disavventure dei beniamini del pallone che a quelle di amici e parenti disoccupati o cassintegrati. Parafrasando ancora Marx il calcio appare, come la religione, ”lo spirito di una condizione priva di spirito.”
Per Lucio Garofalo: “Oggi i calciatori costituiscono le divinità terrene di un culto secolarizzato, i totem sacri e inviolabili per vaste moltitudini di persone, ormai espropriate di autentici valori spirituali. Il calcio è diventato il culto pagano per antonomasia in un’epoca senza divinità, né idoli, senza riferimenti culturali e principi etici, senza passioni estetiche, artistiche o politiche in grado di impreziosire la vita degli individui, strozzati da una brutale alienazione economica. In tal senso il calcio è diventato una valvola di sfogo, una via di scampo dal soffocante grigiore del vivere quotidiano. Il calcio è una sorta di acquavite spirituale in cui le masse annegano le angosce, i dolori e le inquietudini che le affliggono, come un tempo faceva la religione”.
Riflessione che scatena la reazione di chi il calcio lo ama pur essendo, da cittadino consapevole, attento ai temi della società e della politica. Di chi, da tifoso, si rifiuta di apparire contrario ai principi dell’uguaglianza e interessato ad una forma di competizione non rispondente ai criteri della solidarietà. Quando però si afferma che in Serie A è tornata tutta la Sardegna il pensiero va a Paul Valéry che in “Regards sur le monde actuel” rimarca che “La politique fut d’abord l’art d’empêcher les gens de se mêler dans ce qui le regarde.” (La politica fu fin dal principio l’artifizio di impedire che le persone si occupino di ciò che le riguarda).
Quale miglior artifizio politico che affermare che la Sardegna, con la vittoria del Cagliari, è tornata tutta vincitrice? Di cosa? Forse della moralità della classe politica, con il vicepresidente del Consiglio regionale arrestato con l’accusa di aver pilotato appalti pubblici, con consiglieri regionali indagati e rinviati a giudizio per peculato, con un neo-consigliere regionale appena scarcerato dopo la detenzione per traffico internazionale di droga, che dopo aver giurato ha dichiarato: “Voglio aiutare questa regione”.
Si pensava che al top delle dichiarazioni “oppiacee” ci fossero quelle del sindaco Pd di Lodi: “Ho truccato gli appalti ma l’ho fatto per il bene dei cittadini”, ma essendo la Sardegna tutta in serie A il primato, a proposito di stupefacenti, va sicuramente alla dichiarazione solenne dell’ex sindaco di Buddusò. E’ una Sardegna che vede anche il segretario regionale del Pd condannato per evasione fiscale.
Aspetti etico-giudiziari a parte, quali altre Serie A vanta l’isola? Certamente non l’aumento costante delle persone in difficoltà economica perché senza reddito o disoccupate. Oppure occupati e pensionati che non hanno un introito sufficiente per poter sostenere tutte le spese. Certamente non la soluzione delle vertenze industriali con i lavoratori a protestare sulla ciminiera di Ottana e sul silo dell’Alcoa a Portovesme, nello stabilimento Eurallumina, a Porto Torres, nelle sede di Meridiana a Olbia.
Non è da serie A neppure il tasso di disoccupazione giovanile della Sardegna: il 56,4%, il più alto in Europa nel 2015. Se di primato politico della Sardegna si vuole parlare, questo è riconducibile solo alla composizione della Giunta regionale. Con sei assessori su dodici, più il presidente, professori ordinari delle Università di Cagliari e di Sassari, è forse la Giunta regionale più accademica d’Italia.
Molto competente, sostiene il Presidente della Regione. Con alcuni assessori che hanno ricoperto importanti incarichi istituzionali nel precedente governo di centrodestra e altri che sono stati consulenti di assessori dello stesso. I risultati di tanta competenza? Quelli sopra riportati, ai quali vanno aggiunti i “successi” nel settore del trasporto ferroviario e della continuità territoriale aerea.
Con il “treno veloce” che va a rilento, soggetto a continui guasti che causano disagi per i viaggiatori e l’irrisolta questione Ryanair, che crea danni ingenti agli operatori economici isolani. Però consoliamoci, il Cagliari è tornato in Serie A. Con la Sardegna tutta.
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* By sardegnasoprattutto/ 8 maggio 2016 / Culture/
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Quale classe dirigente per la Sardegna che vorremo
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Giovanni Maria Angioy Memoriale 2«Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l’agricoltura, il commercio e l’industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa, e che gli antichi non hanno avuto torto a rappresentarcela come un paese celebre per la sua grandezza, per la sua popolazione e per l’abbondanza della sua produzione.»
In un recente convegno sulle tematiche dello sviluppo della Sardegna, un relatore, al termine del suo intervento, ha proiettato una slide con la frase sopra riportata, chiedendo al pubblico (oltre duecento persone, età media intorno ai 40/50 anni, appartenente al modo delle professioni e dell’economia urbana) chi ne fosse l’autore, svelandone solo la qualificazione: “Si tratta di un personaggio politico”. Silenzio dei presenti, rotto solo da una voce: “Mario Melis?”. No, risponde il relatore. Ulteriore silenzio. Poi un’altra voce, forse della sola persona tra i presenti in grado di rispondere con esattezza: “Giovanni Maria Angioy”. Ebbene sì, proprio lui, il patriota sardo vissuto tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, (morto esule e in miseria a Parigi, precisamente il 22 febbraio 1808), nella fase della sua vita in cui inutilmente chiese alla Francia di occupare militarmente la Sardegna, che, secondo i suoi auspici, avrebbe dovuto godere dell’indipendenza, sia pur sotto il protettorato francese (1).
Mario Melis 1E’ significativo che l’unico uomo politico contemporaneo individuato come possibile autore di una così bella frase, decisamente critica nei confronti della classe dirigente dell’Isola (e quindi autocritica) e tuttavia colma di sviluppi positivi nella misura in cui si potesse superare tale pesante criticità, sia stato Mario Melis,, leader politico sardista di lungo corso, il quale fu anche presidente della Regione a capo di una compagine di centro-sinistra nel 1982 e di nuovo dal 1984 al 1989. Evidentemente la sua figura di statista resiste positivamente nel ricordo di molti sardi. E questo è bene perché Mario Melis tuttora rappresenta un buon esempio per le caratteristiche che deve possedere un personaggio politico nei posti guida della nostra Regione: onestà, competenza (più politica che tecnica), senso delle Istituzioni, passione e impegno per i diritti del popolo sardo. Caratteristiche che deve possedere non solo il vertice politico, ma ciascuno dei rappresentanti del popolo nelle Istituzioni. Aggiungerei che tali caratteristiche dovrebbero essere comuni a tutti gli esponenti della classe dirigente nella sua accezione più ampia, che insieme con la classe politica comprende quella del mondo del lavoro e dell’impresa, così come della società civile e religiosa.
Oggi al riguardo non siamo messi proprio bene. Dobbiamo provvedere. Come? Procedendo al rinnovo dell’attuale classe dirigente in tutti i settori della vita sociale, dando spazio appunto all’onestà, alla capacità tecnica e politica, al senso delle organizzazioni che si rappresentano, alla passione e all’impegno rispetto alle missioni da compiere.
Compito arduo ma imprescindibile.

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(1) Sappiamo come andò a finire la storia: i francesi si guardarono bene dall’intervenire, perlomeno in Sardegna – contrariamente a quanto fecero in Piemonte – per la quale tennero fede all’Armistizio di Cherasco (28 aprile 1796) e al successivo Trattato di Parigi (15 maggio 1796) che, sia pure con termini pesantissimi per i sabaudi, consentì loro di mantenere costantemente e definitivamente il potere sull’Isola.
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In Sardegna crisi di sistema. La politica debole che non decide
di Maria Francesca Chiappe

(Da L’Unione Sarda – L’opinione, del 6 maggio 2016, ripreso da SardegnaSoprattutto).
Non può essere una questione di imbarazzo. Il gelo del Consiglio regionale per il giuramento di un consigliere appena scarcerato non può essere la cifra di una politica che in questo modo si rivela debolissima. Una classe dirigente autorevole non avrebbe neanche bisogno di discutere perché in nome del rispetto delle Istituzioni l’indagato si farebbe da parte.

Invece no: l’accusato non si ritira, il partito non fa nulla, il Consiglio si imbarazza e tutti aspettano la sentenza. Eppure non si tratta di una disputa tra garantisti e giustizialisti bensì di una politica che arretra a favore della magistratura, delegando ai giudici la selezione dei suoi dirigenti e, di fatto, sfuggendo alle sue responsabilità.

Anche la scelta del segretario regionale Pd si inserisce in questo quadro: davanti all’accusa di evasione fiscale avrebbe dovuto fare subito un passo indietro per non coinvolgere il suo partito e l’istituzione che rappresenta. Perché la politica che decide di non decidere in realtà sceglie di non scegliere la sua classe dirigente.

Inevitabilmente quella selezione la faranno i giudici, rafforzando sempre più il loro potere a scapito degli altri due. E quando l’equilibrio democratico si rompe aumenta il rischio di distorsioni, come l’arresto sopra le righe del sindaco di Lodi.

Bisogna invece cominciare con l’ammettere che in Sardegna esiste una crisi di sistema svelata dalle inchieste sugli appalti che coinvolgono amministratori locali, professionisti, imprenditori, politici di prima linea, incluso il vice presidente dell’Assemblea regionale che ha diviso la cella con l’ex sindaco di Buddusò neo consigliere regionale.

Intanto in un altro carcere il vice sindaco di Villagrande studia come difendersi dall’accusa di rapina. Sullo sfondo ci sono gli attentati ai sindaci, persone oneste che resistono alle pressioni e disoneste che con le pallottole pagano il prezzo della corruzione. Il quadro è allarmante. Ed è forse tempo di chiedersi se lo sviluppo debba essere affidato a lavori pubblici senza controllo e, forse, di considerare le zone interne periferie urbane degradate dov’è ormai sbarcata anche la ferocia del femminicidio.

Alla faccia dei codici non scritti.

6 Responses to La Sardegna che vogliamo ricostruire ha bisogno di una classe dirigente di sardi onesti e capaci

  1. […] di Aladin su Aladinews dell’8 maggio 2016. «Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l’agricoltura, il commercio e l’industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa, e che gli antichi non hanno avuto torto a rappresentarcela come un paese celebre per la sua grandezza, per la sua popolazione e per l’abbondanza della sua produzione.» In un recente convegno sulle tematiche dello sviluppo della Sardegna, un relatore, al termine del suo intervento, ha proiettato una slide con la frase sopra riportata, chiedendo al pubblico (oltre duecento persone, età media intorno ai 40/50 anni, appartenente al modo delle professioni e dell’economia urbana) chi ne fosse l’autore, svelandone solo la qualificazione: “Si tratta di un personaggio politico”. Silenzio dei presenti, rotto solo da una voce: “Mario Melis?”. No, risponde il relatore. Ulteriore silenzio. Poi un’altra voce, forse della sola persona tra i presenti in grado di rispondere con esattezza: “Giovanni Maria Angioy”. Ebbene sì, proprio lui, il patriota sardo vissuto tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, (morto esule e in miseria a Parigi, precisamente il 22 febbraio 1808), nella fase della sua vita in cui inutilmente chiese alla Francia di occupare militarmente la Sardegna, che, secondo i suoi auspici, avrebbe dovuto godere dell’indipendenza, sia pur sotto il protettorato francese (1). E’ significativo che l’unico uomo politico contemporaneo individuato come possibile autore di una così bella frase, decisamente critica nei confronti della classe dirigente dell’Isola (e quindi autocritica) e tuttavia colma di sviluppi positivi nella misura in cui si potesse superare tale pesante criticità, sia stato Mario Melis,, leader politico sardista di lungo corso, il quale fu anche presidente della Regione a capo di una compagine di centro-sinistra nel 1982 e di nuovo dal 1984 al 1989. Evidentemente la sua figura di statista resiste positivamente nel ricordo di molti sardi. E questo è bene perché Mario Melis tuttora rappresenta un buon esempio per le caratteristiche che deve possedere un personaggio politico nei posti guida della nostra Regione: onestà, competenza (più politica che tecnica), senso delle Istituzioni, passione e impegno per i diritti del popolo sardo. Caratteristiche che deve possedere non solo il vertice politico, ma ciascuno dei rappresentanti del popolo nelle Istituzioni. Aggiungerei che tali caratteristiche dovrebbero essere comuni a tutti gli esponenti della classe dirigente nella sua accezione più ampia, che insieme con la classe politica comprende quella del mondo del lavoro e dell’impresa, così come della società civile e religiosa. Oggi al riguardo non siamo messi proprio bene. Dobbiamo provvedere. Come? Procedendo al rinnovo dell’attuale classe dirigente in tutti i settori della vita sociale, dando spazio appunto all’onestà, alla capacità tecnica e politica, al senso delle organizzazioni che si rappresentano, alla passione e all’impegno rispetto alle missioni da compiere. Compito arduo ma imprescindibile. […]

  2. […] Aladin, 8/5/2016. «Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci […]

  3. […] di Aladin «Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che […]

  4. […] di Aladin «Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che […]

  5. […] ricordare Mario Melis a quindi anni dalla sua morte, ripubblichiamo un editoriale di Aladinews dell’8 maggio 2016, che crediamo dia semplicemente conto della statura del grande uomo politico sardo. […]

  6. […] ricordare Mario Melis a quindici anni dalla sua morte, ripubblichiamo un editoriale di Aladinews dell’8 maggio 2016, che crediamo dia conto, seppur in modo semplice, della statura del grande uomo politico sardo. […]

Rispondi a Un grande sardo. Ricordando Mario Melis nella prossima ricorrenza dei 100 anni dalla sua nascita | Aladin Pensiero Annulla risposta

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