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Editoriali
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La Sardegna lotta per la rinascita con tutto il Meridione
Meridione e neocolonialismo
di Gianna Lai *Pubblichiamo l’intervento di Gianna Lai alla Conferenza di organizzazione Anpi per il Mezzogiorno
E’ molto importante la riflessione dell’Anpi sul Mezzogiorno nel contesto nazionale, importante che questa nostra conferenza dia un buon esito, dopo la crescita così veloce di sedi e nuove iscrizioni.
Il Meridione delle diseguaglianze, partendo dalla supremazia del Nord, a dire il vero ininterrotta politica dell’Italia unita fin dalla sua prima formazione, determinante l’alleanza tra gli imprenditori del Settentrione, sostenuti dai finanziamenti e dalle commmesse statali, con i proprietari assenteisti del Mezzogiorno, in funzione anticontadina. Un drenaggio di risorse verso il Nord, i ceti moderati affrontano i problemi del Sud attraverso la clientela e la corruzione, non certo in un’ottica di sviluppo. E del resto molto modesti i risultati raggiunti in Sicilia e in Sardegna , in questo secondo dopoguerra, pur garantite da leggi di autonomia speciale. Se pensiamo che da noi, mancando le leggi di attuazione, lo Statuto resta semplice espressione di decentramento amministrativo, un puro rapporto tra enti. Il Mezzogiorno è questione nazionale, di cui vuole discutere anche l’Anpi in tempi di minacciosa politica disgregatrice, a contrastare secessioni, neofascismi e mafie. Superare questo dualismo è necessario per costruire vera unità, storia e politica in questi venti di guerra che ci attraversano, i tempi della crisi del lavoro e della democrazia. Come al Nord, anche al Sud l’Anpi rifugio dei democratici, dopo la crisi dei partiti, anche qui siamo cresciuti durante i due referendum contro l’attacco alla costituzione da parte di Berlusconi e Renzi, complici entrambi dell’aggravarsi delle diseguaglianze e della crescita della destra.
Certo impressionanti i dati del divario su occupazione, spesa media statale e tassi di abbandono scolastico fra Nord e Sud, e di discriminazione delle donne (già partendo dal dato che solo il 6% del Pnrr è destinato complessivamente alle donne in Italia): le ragioni di una strutturale divisione del paese, che significa emigrazione di massa, già fin dai tempi della cassa del Mezzogiorno, funzionale al mercato del Nord, quando le industrie producono per gli enti di riforma operanti nel Meridione. Il Sud vero mercato coloniale di consumo, destinata la sua gioventù al tumultuoso boom economico del triangolo industriale anni Sessanta, un dualismo che dura e si mostra particolarmente oppressivo, crudele, nella destinazione a Servitù militari di vaste zone delle due isole in particolare, fin dall’adesione italiana al Patto atlantico. Ed in Sardegna il 65% del totale delle servitù nazionali, trattamento solitamente riservato alle periferie povere della emarginazione sociale e dell’emigrazione giovanile di massa. A Decimo una scuola per top gun del futuro, basi a Quirra Teulada e capo Frasca per le esercitazioni militari e per l’addestramento e la sperimentazione di armi usate poi in Libia, Iraq, Afganistan, Israele, Arabia Saudita, Iugoslavia Somalia. Veri scenari di guerra quelli sperimentati nell’isola, grave l’inquinamento da uranio impoverito a mettere a repentaglio abitanti e militari stessi, la bonifica mai seriamente affrontata. Mentre in nome di una politica degli indennizzi si corrompono le coscienze annullando mestieri millennari, vietata la pesca, l’agricoltura, l’allevamento, ancora emigrazione e abbandono. La Sardegna resterà territorio chiave per la difesa, in quei 35 mila ettari di territorio sottoposto a vincoli: dice Crosetto “queste servitù son vincolo necessario visto l’impegno cui son chiamate le nostre forze armate a svolgere ogni giorno nel contesto nazionale, e sopratutto internazionale, per tutelare gli interessi di tutti”. E a Capo San Lorenzo e a Domusnovas fabbriche di armi, con Vitrociset e Alenia e RWM, “armi sarde contro i bambini dello Yemen”, denunciava il cardinale Zuppi nel contesto di uno sciopero dei portuali genovesi contro l’invio di armi, sempre chiaro l’impegno pacifista per riconvertire la RWM, industria tedesca che fattura 5.6 miliardi l’anno, occupati poco più di 100 lavoratori a Domusnovas. Ma fortissime le spartizioni fra gli azionisti, specie dall’ inizio della guerra in Ucraina, quando vengono derogate leggi di grande rilevanza come la 185/1990, attuativa della Costituzione, che impedisce l’invio di armi in zone di guerra, e parla di conversione a scopi civili delle fabbriche di armi, secondo l’Art. 41 della nostra Carta: le decisioni in capo al presidente del Consiglio e ministri degli esteri e difesa, movimento delle armi è segreto di Stato. E siccome una legge particolarmente scomoda pur derogata, oggi la 185 in via di modifica, dice il costituzionalista Azzariti parlando dei recenti 417 milioni in vendita di armi all’Ucraina, “il parlamento informato dal governo a cose fatte. con la modifica in atto sarà più semplice la vendita di armi, l’intervento armato un atto proprio dell’esecutivo”. Ci opponiamo in Sardegna secondo lo spirito di Lussu che, in Assemblea Costituente e poi in Parlamento rappresentò dei sardi la volontà al neutralismo e al disarmo, vogliamo sostenere anche nelle Università del Sud, oltre che del Nord, la protesta di studenti e docenti contro i progetti Leonardo-Israele sulla ricerca finalizzata a armamenti e politiche di guerra. E mentre diventa operativo nel Comitato nazionale ANPI il nostro gruppo di lavoro sulle Servitù militari, presieduto dal compagno Amodio, che si è aperto nei giorni scorsi alla presenza del presidente Pagliarulo, ci sono anche a Cagliari prospettive di lavoro comune, in particolare con la Cgil, per la riduzione delle Servitù militari e la conversione delle industrie di armi, esplicito in tal senso il documento sul Congresso della Camera del lavoro cittadina, 2023 e le dichiarazioni del segretario regionale, “ In questo percorso è necessario il ridimensionamento delle Servitù militari nella nostra regione ed un’azione anche della nostra organizzazione a sostegno dell’economia di pace”
E poi il Meridione delle raffinerie dismesse o ancora funzionanti, le nostre magnifiche coste da quando l’Italia è diventata la principale sede europea di impianti di raffinazione del greggio medio orientale e africano. Contro la guerra dunque, un nuovo importante lavoro ci aspetta e ci vuole tutto il nostro impegno organizzativo, perché si diversificano gli scenari ma restano definiti i termini della Questione meridionale, un tempo costituzionalizzata nella nostra Carta, al comma 3 dell’art.119, penultimo capoverso, stesura del 1948, “Per provvedere a scopi determinati e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le isole lo stato assegna per legge e a singole regioni contributi speciali”. Il termine valorizzare con significato più ampio di intervento su tutti i fatti che determinano la trasformazione economica e sociale e culturale, nel rispetto della storia e delle popolazioni locali. Cancellata invece dal nuovo 119 nel nuovo titolo V, dove l’intervento per il Mezzogiorno e le isole è scomparso, sostituito da interventi per comuni, province, città metropolitane e regioni a dare adito alla politica leghista dell’Autonomia differenziata.
Per i progetti neocoloniali, i poligoni militari, l’energia e le scorie decide l’Europa, sulle cartine piatte evidentemente, se in Sardegna ritroviamo un nuraghe protetto dall’Unesco vicino al previsto centro del parco eolico. Noi invece, ribadendo che il Mezzogiorno è questione nazionale, vogliamo ancora piuttosto ispirarci allo spirito di Gramsci quando diceva “un grande passo avanti possono farlo solo le forze più avanzate del Nord in collegamento con quelle del Sud” .
* Su Democraziaoggi 16 Aprile 2024.
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[…] che si spera migliore. Ma quale attenzione per gli storici quartieri periferici viene posta nelle dichiarazioni programmatiche della nuova giunta di Cagliari? Vediamo cosa c’è scritto di […]
[…] Zedda: dichiarazioni programmatiche, un’occasione persa di Roberto Mirasola, su il manifesto sardo E’ risaputo che Voltaire non sia stato propriamente un ammiratore del filosofo tedesco Gottfried Leibniz l’autore del “il migliore dei mondi possibili”, tanto che per confutarne le tesi, a suo parere troppo ottimistiche, scrisse il noto capolavoro Candide. Ecco, leggendo le dichiarazioni programmatiche del sindaco Massimo Zedda per il quinquennio 2016/2021 mi sono sentito un po’ Voltaire, ho anch’io provato stupore, perplessità di fronte a tanti buoni ma confusi intenti, non suffragati da nessuna analisi di fondo. Sta proprio in questo il limite delle prospettive politiche di questa giunta, un insieme di buoni intenti mancanti di un filo conduttore dal quale possa emergere un’idea di città. Si parla, e tanto, di sviluppo economico sostenibile, di creare le condizioni per l’insediamento di imprese, di una crescita inclusiva che possa promuovere un’economia con alto tasso di occupazione, ma l’unico metodo che emerge dalla lettura è che la strada da seguire sia l’utilizzo dei vari fondi europei senza però indicare su cosa precisamente si debba puntare. Nessun accenno ad esempio al porto di Cagliari che invece può e deve essere un volano di sviluppo economico. Come più volte detto il porto di Cagliari va messo a sistema con l’economia locale in un’ottica di sinergia turistica e di sviluppo del sistema crocieristico con l’agroalimentare e la cultura. Non è chiaro, poi, se si vuole puntare sul piccolo commercio e rivalorizzare dunque il centro storico oppure sui grandi centri commerciali. Cosa si intende fare al riguardo? Si parla di turismo ma l’unica strategia che si intende mettere in campo è quella di realizzare un infopoint nel nuovo terminal crociere. Si parla di promuovere Cagliari come location ideale per le produzioni cinematografiche dando seguito alla Film Commission Comunale, dimenticandosi che il Comune di Cagliari ad oggi non aderisce ancora alla Fondazione Sardegna Film Commission e dunque non entra nelle scelte strategiche. Al contrario servirebbe un atteggiamento attivo capace di attuare una vera e propria pianificazione. Puntare sui finanziamenti europei non è sufficiente se non si risolve ad esempio il dramma dei trasporti in Sardegna. Certo la competenza non è del Comune, ma sarebbe opportuno quantomeno porsi il problema. E’ pensabile attrarre investimenti senza creare le condizioni necessarie? E’ pensabile sostenere l’imprenditoria con la sola previsione di ampliamento degli orari di apertura al pubblico degli Uffici? E del tessuto di cui hanno bisogno le imprese? E degli incubatori di impresa? Niente, silenzio assoluto. Il capitolo iniziale è dedicato al ruolo della città metropolitana di Cagliari e, tra le altre cose, si dice che si deve garantire l’integrazione tra le diverse culture. Come farlo non è dato sapere, nelle 58 pagine non vi è nulla riguardo l’ immigrazione. Nessuna parola né su che modello si debba seguire per le politiche di immigrazione attiva né tantomeno su come si debba gestire la prima accoglienza, che a questo punto sarà inevitabilmente una continua emergenza. Solo che gli sbarchi ormai si protraggono da diversi anni e sarebbe anche ora di dare adeguate risposte. Probabilmente si intende proseguire sul comodo scarica barile delle competenze tra Prefettura, Amministrazione Comunale e Regione, dimenticando che il problema riguarda la città e che sempre di più crescono i malumori sociali. Sino a quando non si darà una risposta precisa alle esigenze dei quartieri periferici allora non potranno che aumentare gli episodi di intolleranza nei confronti dell’altro, del diverso. E’ grave dunque la totale assenza di una strategia su come si intenda procedere per la lotta alla povertà nei quartieri come Is Mirrionis e San Michele perché non può essere sufficiente un generico rimando alle concrete azioni di riqualificazione sociale dei quartieri. Quali sarebbero queste concrete azioni non è dato sapere. Proseguendo nella lettura l’attenzione cade sul consumo del suolo zero e sulle critiche rivolte al passato incremento dell’espansione edilizia. Ci si chiede allora come si può coniugare tutto ciò con l’intervento edilizio sull’area di oltre 11 mila metri quadri tra la via Bacaredda e San Rocco con tanto di variante al PUC. Non mancano infine le note curiose e divertenti. Come non sorridere alla lettura della necessità degli interventi sulle strade con la relativa messa in sicurezza delle reti sottostanti inadeguate a reggere le mutate condizioni meteorologiche? Come non pensare alla pavimentazione saltata in via Garibaldi all’accenno delle prime piogge? Il Candido di Voltaire fu costretto a lasciare il suo paese e a girovagare per il mondo. Purtroppo anche da noi iniziano a essere tanti, troppi coloro che lasciano la nostra città perché non hanno una prospettiva di futuro, speriamo dunque che le nostre critiche servano a far riflettere e siano di buon auspicio a comprendere la drammaticità dei tempi attuali che devono essere necessariamente governati. Roberto Mirasola ————————– IL DIBATTITO Ripensare la città. Senza la partecipazione popolare non c’è presente e futuro accettabili […]
[…] la città e il suo ruolo. Ma le dichiarazioni programmatiche del Sindaco Zedda non aiutano. Zedda: dichiarazioni programmatiche, un’occasione persa di Roberto Mirasola, su il manifesto sardo E’ risaputo che Voltaire non sia stato propriamente un […]
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