Materiali del Convegno per il Lavoro.

locandina-convegno-2Intervento di Giacomo Meloni al Convegno “Lavorare meno. Lavorare meglio. Lavorare tutti”
Cagliari 4-5 ottobre 2017

giacomo-mNon vi parlerò come sindacalista, ma, viste le polemiche di questi giorni, voglio precisare che sono contro ogni intervento dei Governi sui sindacati, che devono necessariamente riformarsi ed adeguarsi alla società contemporanea.
La vera riforma del sindacato è quella di regolare per legge la rappresentanza, affidandola a libere elezioni tra i lavoratori col sistema proporzionale.
(segue)
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Nella società contemporanea – post industriale – il lavoro, tradizionalmente inteso, viene a ridursi drasticamente ed è sempre più precarizzato.
Drammatico è il problema dei giovani.
Alla fine del 2016 in Italia i giovani disoccupati erano 3 milioni (40 %).
Nel primo semestre 2017 la tendenza, secondo i dati ISTAT ed il Governo, va verso un miglioramento
che però, come ci ha fatto notare ieri il prof. Andrea Pubusa, non sposta di una virgola il dato complessivo
della disoccupazione in quanto si tratta per lo più di contratti a tempo determinato, legati in parte
al fenomeno stagionale. La fascia di età tra i 15 e i 29 anni dei giovani che non lavorano, non studiano
e non si formano arriva a ben 1 milione e mezzo. In Sardegna , ce l’ha ricordato dr. Franco Ventroni, il dato Eurostat pone la nostra isola tra le prime sei regioni con un tasso di disoccupazione giovanile pari al 53,6 %.
Il patto intergenerazionale sta andando in frantumi e fa riflettere che oggi gli anziani sono 3 milioni e mezzo rispetto a 1 milione e 200 mila di 30 anni fà. Spesso gli anziani sono costretti a farsi carico di questa massa di giovani a cui viene riservato in genere un lavoro precario quando c’è e comunque non c’è spazio per loro né opportunità di crescita nella scala sociale.
In Sardegna il ricatto occupazionale si fa sentire al punto che senza un progetto di Nuovo Piano di Sviluppo, le uniche alternative di lavoro restano quelle di costruire bombe, come si evidenzia nella Fabbrica di RWM di Domusnovas o di rincorrere ancora oggi alla rimessa in moto di fabbriche altamente inquinanti e distruttive dell’ambiente come l’Eurallumina di Portovesme che si vuole collegare ad una centrale a carbone a 300 metri dall’abitato, mentre in tutto il mondo, dopo la Conferenza internazionale di Parigi, si va verso una graduale dismissione e chiusura di tutte le centrai a carbone esistenti per attenuare il surriscaldamento dell’atmosfera e ridurre il buco dell’ozono.
Costruire una nuova visione del lavoro non può, dunque, prescindere da un nuovo Modello di Sviluppo, che in Sardegna in particolare significa lasciarsi alle spalle tutto ciò che ha favorito un substrato culturale ed una declinazione del lavoro come inscindibile dal ricatto occupazionale e dalla visione negativa della società.
Penso ad un Nuovo Sviluppo della Sardegna ecocompatibile ed autocentrato che punta alla valorizzazione di tutte le nostre risorse locali, all’agroalimentare (Dipendiamo per 88 % dall’esterno per il nostro fabbisogno alimentare) e all’industria di trasformazione e conservazione dei prodotti, alla pesca, alla pastorizia e all’allevamento, alla forestazione, ai lavori di prevenzione del dissesto idrogeologico, al riassetto della viabilità interna ed il riordino urbano delle nostre città e paesi. Penso ad un turismo sostenibile, diffuso e fruibile per tutto l’anno. Penso alla ricerca aereo spaziale, al ruolo delle startup in particolare nell’ambito digitale. Penso alla portualità e al diportismo nautico e alla cantieristica.
Penso allo sviluppo legato all’attuazione della Zona Franca con tutte le sue implicazioni.
Penso ad una vera e propria campagna di apertura di centinaia di cantieri di bonifiche di tutti i territori inquinati, all’utilizzo massiccio dell’energie alternative, come il fotovoltaico, che, fruttando il progetto sardo delle tegole fotovoltaiche, lo renderei obbligatorio su tutti gli edifici e strutture pubbliche.
In Sardegna vi erano numerose piccole aziende che costruivano pannelli e celle fotovoltaiche, ma in pochi mesi sono state distrutte dalla concorrenza di Ditte continentali favorite dai tassi sui mutui bancari che da noi erano al 9 % mentre per esempio in Emilia Romagna venivano concessi al 4 %, magari dalla stessa Banca BPER a cui il Banco di Sardegna ha ceduto più del 30 % delle proprie azioni.
Penso ad investimenti in ricerca e cultura ed a una economia di pace che liberi la nostra isola dalle servitù militari che vincolano i nostri territori in misura sperequata rispetto a tutto il territorio italiano (66 % ) e profondamente lesiva della nostra integrità territoriale.
Combattiamo le vecchie e nuove servitù industriali: il mega impianto di gassificazione di Giorgino a 200 metri dalle case dello storico Villaggio dei Pescatori, i parchi Eolici sulle nostre colline e i mega impianti fotovoltaici sui terreni agricoli che bene starebbero sui terreni dell’ex fabbriche dismesse e sui terreni difficilmente bonificabili. Così come siamo contro gli inceneritori ed il raddoppio delle discariche perché non si vuole attuare la politica della raccolta differenziata (Rifiuti Zero) e del riciclo.
Erano queste le battaglie, unitamente a quelle della difesa della salute, portate avanti con grande forza ed intelligenza dal grande Vincenzo Migaleddu recentemente scomparso a cui va tutta la nostra gratitudine.
Dentro questo Progetto di Sviluppo è possibile recuperare e riscoprire il paradigma principale su cui è incardinato Il lavoro, così come lo hanno definito ed inteso i Padri costituenti della nostra Carta Costituzionale.
Il lavoro è elemento fondante della nostra Repubblica, è fondamento della democrazia (art.1) e della stessa nostra Comunità umana e civile.
Quando Papa Francesco nella sua visita a Cagliari (22 SETTEMBRE 2013) si rivolse ai lavoratori nel Largo Carlo felice, lasciò loro un messaggio scritto, il cui significato è di una enorme importanza soprattutto in Sardegna dove ancora non si riesce a vincere la contraddizione ”lavoro-rispetto dell’ambiente”, ”lavoro schiavo – lavoro rispettoso della persona e della dignità umana”.
“Un lavoro dignitoso per tutti. Una società aperta alla speranza non si chiude in se stessa, nella difesa degli interessi di pochi, ma guarda avanti nella prospettiva del bene comune. E ciò richiede da parte di tutti un forte senso di responsabilità. Non c’è speranza sociale senza un lavoro dignitoso per tutti. Per questo occorre «perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento per tutti» (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 32).
Ho detto lavoro “dignitoso”, e lo sottolineo, perché purtroppo, specialmente quando c’è crisi e il bisogno è forte, aumenta il lavoro disumano, il lavoro-schiavo, il lavoro senza la giusta sicurezza, oppure senza il rispetto del creato, o senza rispetto del riposo, della festa e della famiglia, il lavorare di domenica quando non è necessario. Il lavoro dev’essere coniugato con la custodia del creato, perché questo venga preservato con responsabilità per le generazioni future. Il creato non è merce da sfruttare, ma dono da custodire. L’impegno ecologico stesso è occasione di nuova occupazione nei settori ad esso collegati, come l’energia, la prevenzione e l’abbattimento delle diverse forme di inquinamento, la vigilanza sugli incendi del patrimonio boschivo, e così via. Custodire il creato, custodire l’uomo con un lavoro dignitoso sia impegno di tutti! Ecologia… e anche “ecologia umana”.
La Chiesa sta puntando moltissimo sul tema lavoro, a cui dedicherà la 48.ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si svolgerà proprio a Cagliari dal 26 al 29 ottobre con al centro :
“IL LAVORO CHE VOGLIAMO. LIBERO, CREATIVO, PARTECIPATIVO, SOLIDALE “

Riscoprire il termine “lavoro” nella sua dimensione “etica” rappresenta la sfida dei nostri giorni. Esso esce dai condizionamenti di una cultura tutta negativa per riappropriarsi del suo valore autentico, legato alla crescita umana nella famiglia e nella comunità di riferimento, alla dignità della persona e della società.
Questo concetto l’ho provato ad esprimere nella nostra lingua: ”SU TRABALLU FAI S’HOMINI“, come a significare che il lavoro completa la nostra umanità e certamente ci realizza come civis incardinati a pieno titolo nella comunità .
Questa riflessione mi ha portato ad essere sempre più convinto che occorra fare un salto culturale profondo ed avere il coraggio di affermare che certi tipi di lavoro non si possono considerare più come tali.
Occorre proprio cancellare dal nostro sentire comune e dallo stesso nostro modo di esprimerci tutto ciò che lavoro non è perché confligge con la dignità delle persone e del bene comune, come la corruzione, la costruzione di strumenti di guerra che provocano morte e distruzione di essere umani, la deturpazione dell’ambiente e del “creato”.
Provate a pensare se questa rivoluzione culturale, che è anche una rivoluzione semantica della stessa parola “lavoro”, prendesse il sopravento.
Cambierebbe radicalmente Il rapporto lavoro/ambiente e le stesse Organizzazioni Sindacali sarebbero costrette a rivedere molte delle loro strategie. Son rimasto molto colpito e deluso nel leggere l’ultimo comunicato delle Segreterie Sindacali di CGIL/CISL/UIL che in relazione alla proposta di riconversione della fabbrica delle bombe di Domusnovas si sono opposte, schierandosi a difesa del posto di lavoro di quegli operai e del futuro delle loro famiglie, negando ogni possibile alternativa.
Ribadisco: costruire bombe e strumenti di morte NON E’ LAVORO.

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I VERI POVERI DI OGGI SONO I NOSTRI GIOVANI

I veri poveri di oggi sono i nostri giovani ,condannati al precariato ed alla disoccupazione crescente.
Il delitto più grave verso i giovani è l’aver tolto loro la speranza, il progetto di vita, la voglia di contare e di sentirsi utili per la società e la comunità in cui vivono. Se pensate che i giovani che vanno all’estero, emigrano spinti solo dalla molla economica, vi sbagliate. Molti di loro finiscono coll’accettare anche all’estero lavori umili e sottopagati. Allora perché vanno via dai nostri paesi? Molti di loro, alla precisa domanda perché sono andati all’estero, oltre che per un fatto economico di un lavoro sicuro, ti dicono
chiaramente che qui nei loro paesi si sentivano inutili e che non vi sono spazi per la loro affermazione.
Anche questo fenomeno molto diffuso è povertà.
L’incidenza della povertà assoluta tra i giovani fino ai 17 anni è in costante aumento (10 %), mentre quella degli over 65 è rimasta costante al 4 %. A questo si aggiunga il fenomeno sempre più esteso del lavoro in mano alle agromafie, il capolarato e l’ecomafia presente al nord come al sud e non ultima la corruzione presente anche nella selezione dei concorsi, dove la raccomandazione vale più del merito.
Come uscire da questa situazione?
Possono le nuove tecnologie aiutarci? Dobbiamo reinventarci nuovi ammortizzatori sociali? E’giusto introdurre il reddito di cittadinanza o di inclusione sociale e in che misura?

Andrea Garnero, economista del Dipartimento Lavoro e Affari Sociali dell’OCSE, ci mette in guardia da considerare le nuove tecnologie come la panacea e la soluzione del problema disoccupazione né demonizza l’avvento dei robot come se il loro espandersi determinasse la totale distruzione del lavoro umano.
L’effetto globalizzazione oggi, diversamente dagli anni duemila, non è principalmente il commercio internazionale, ma la “catena globale del valore “che rende vana la stessa delocalizzazione delle imprese. Oggi uno dei problemi mondiali è l’invecchiamento della popolazione che ha riflessi seri sul welfare e sulla previdenza insieme all’altro grande problema , ancora sottovalutato, dei cambiamenti climatici, entrambi questi due problemi saranno determinanti per il futuro del lavoro e dello stesso pianeta, come ha ben sottolineato nella sua introduzione a questo importante convegno il dr.Fernando Codonesu.
Scrive giustamente Garnero che non dobbiamo rincorrere i dati di quanti posti di lavoro saranno bruciati coll’avvento dei robot, che comunque difficilmente scalfirebbero posti di professioni legate alla creatività ed alla genialità umana, il problema vero sta nella velocità del cambiamento a cui la generazione di migliaia di lavoratori attuali non potrebbe essere preparata né lo saranno i nostri giovani se non saranno debitamente formati a recepire il nuovo.
Sul reddito di cittadinanza o di inclusione sociale, riporto in sintesi una proposta del Comitato Sardo Lavoro Dignità e Vita, presentata a Cagliari il 17 settembre del 2016 da Giovanni Nuscis de L’Altra Sardegna, Maria Grazia Pippia del Fronte Indipendentista Unidu e da Vincenzo Monaco della Confederazione Sindacale Sarda.

Il crescente impoverimento della popolazione con 147 mila famiglie sarde bisognose di sostegno e le oltre 120 mila persone in cerca di un lavoro disegnano il dramma della popolazione della nostra isola che si sta lentamente e progressivamente spopolando soprattutto nelle zone interne. Ben 2447 giovani nel 2014 hanno abbandonato la Sardegna e ogni anno questo numero è in crescita. Fatto che se si unisce al fenomeno della diminuzione delle nascite, potrebbe portare, secondo alcuni esperti , ad avere in Sardegna una emorragia di 300 mila abitanti già nel 2050.
La proposta evidenzia che con una spesa di circa 1 miliardo e mezzo, gravante sul bilancio regionale, si potrebbe corrispondere a tutti gli attuali disoccupati sardi una retribuzione mensile, per almeno tre anni, di 780 euro netti corrispondenti alla soglia di povertà relativa.
A chi è in grado di lavorare però è richiesto un impegno lavorativo settimanale dai due ai quattro giorni, a seconda delle competenze e della professionalità possedute.
Il reddito di lavoro garantito, permanendo i requisiti per la sua percezione e la costanza della prestazione, dovrà essere percepito ininterrottamente per almeno tre anni, salvo proroghe disposte dal legislatore. La costanza del reddito dovrà infatti avere come presupposto una progettazione continua nel comune di residenza o in quelli vicini (fino a 50 Km) tale da impegnare ininterrottamente il lavoratore per i giorni e le ore previste. In caso di ridotta progettualità il reddito dovrà essere ridotto in misura proporzionale alla prestazione non resa.
La forma di lavoro che si propone, coerente con un modello di sviluppo ecosostenibile, nascerà da progetti di miglioramento settoriale. Sviluppo economico dal basso con progetti che partono dai bisogni e dalla vocazione reale dei territori nei settori caratterizzanti la nostra economia (tutela del patrimonio ambientale e culturale, costruzione di infrastrutture non complesse – da eseguire sotto forma di affidamento diretto –agricoltura e allevamento, attività produttive, cura della persona, attività turistica come guide e custodi di siti archeologici.
I progetti sarebbero elaborati dalle persone residenti, dagli enti pubblici o dalle imprese col supporto tecnico di esperti all’interno di appositi comitati presenti nei comuni dell’Isola, finanziati dai fondicomunitari e dell’Aspal.
Non si tratta, come vedete, dell’ennesima proposta camuffata di assistenzialismo clientelare, bensì di una forma di sviluppo economico che nasce dall’incontro dei fabbisogni e della vocazione reale dei territori con quella delle persone senza un lavoro; una progettazione libera e continua che creerebbe una flessibilità sana del lavoro. Questa forma di sviluppo economico dal basso creerebbe un protagonismo dei territori con un possibile coordinamento tra essi o tra essi e la Regione, nell’ottica di macrostrategie come quella, ad esempio, volta a ridurre la dipendenza alimentare dell’isola. Tale forma di lavoro andrebbe a vantaggio dei singoli ma anche degli enti pubblici e delle imprese che si avvarrebbero di una enorme forza lavoro a costo zero. La creazione di lavoro garantito , col relativo reddito, si inserisce nell’alveo dei diritti tutelati dalla Costituzione e rompe una spirale assistenzialistica che è un vero cancro della nostra società specialmente in Sardegna, dove al bisogno di lavoro si è da troppo tempo risposto con forme di assistenza inadeguate ed umilianti.

CONCLUSIONI

DICO AI GIOVANI,
RIBELLATEVI PER CAMBIARE LO STATO DELLE COSE PRESENTI. NON FATEVI DOMINARE DALLE TECNOLOGIE, MA USATELE PER CONNETTERVI
COL MONDO E CON I VOSTRI FRATELLI E SORELLE DELL’UNIVERSO UMANO PERCHE’LA VOSTRA FORZA E’ANCORA UNA VOLTA L’UNITA’ NELLO SPERIMENTARE
CHE NON SIETE SOLI E CHE LA SOGGETTIVITA’ DELLE VOSTRE AZIONI, COME CI HA RICORDATO MAGISTRALMENTE PROF. SILVANO TAGLIACAMBE, SONO ANCORA
IL MOTORE CHE PUO’ CAMBIARE IL MONDO.

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2 Responses to Materiali del Convegno per il Lavoro.

  1. […] massima chiarezza nel discorso fatto a Genova ai lavoratori dell’Ilva il 27 maggio u.s.), che Giacomo Meloni, Segretario nazionale della CSS, ha ripreso, condividendola nel suo intervento al nos…. Nel ringraziare il prof. Sabattini per il suo tenace lavoro di ricercatore accademico e di […]

  2. […] il 27 maggio u.s.), che Giacomo Meloni, Segretario nazionale della CSS, ha ripreso, condividendola, nel suo intervento al nostro Convegno. Nel ringraziare il prof. Sabattini per il suo tenace lavoro di ricercatore accademico e di […]

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