Elezioni. Dichiarazioni di voto

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Voterò POTERE AL POPOLO

“Che m’importa mi dirà qualcuno”, “A te non so, ma un amico me l’ha chiesto”
Voglio rispondere a lui, anche perché ho piena coscienza di non essere un “influencer” e poi voglio chiarire a me stesso il senso del mio voto.
[segue]
Non sto qui a marcare la mia siderale distanza ed avversione per le destre, da quelle più rozze e violente, seminatrici di odio sociale sul quale lucrano, a quelle solo apparentemente più rispettabili, ma anch’esse nocive e devastatrici del senso di umanità e di fratellanza che ritengo collante necessario del mondo globalizzato.
Le ritengo pericolose, particolarmente oggi, contro le quali servirebbe un nuovo CLN di tutti i democratici a prescindere dalle posizioni, ma nel rispetto dello spirito e della materia della nostra Costituzione.
Spostando lo sguardo, non posso neanche non rimarcare la lontananza dai 5 Stelle, pur riconoscendo alcuni indubbi meriti (cosa sarebbero le destre in Italia senza la poro presenza, come sarebbe andata l’esaltante opposizione allo sfascio della nostra Costituzione senza il loro prezioso apporto? Per dirne qualcuno). Ma non apprezzo il loro essere ondivaghi anche su questioni irrinunciabili (l’antifascismo, la politica economica, la posizione equivoca sull’emigrazione e un certo ammiccamento alle politiche sicuritarie). Non posso e non voglio rischiare che il mio “voto utile” possa servire a fare l’opposto di ciò che voglio.
Dal PD renziano che in questi anni ha ammorbato l’aria già non molto salutare del “centro sinistra”, mi sento lontanissimo anche perché le sue politiche sono da considerare come una delle cause della rinascita delle destre.
Il linguaggio violento e futurista (rottamazione, partigiani veri contro quelli falsi dell’ANPI, la demonizzazione di ogni pensiero critico);
la prosopopea bugiarda del suo leader e la corte dei miracoli di cui si è circondato;
la politica sul lavoro succube della logica neoliberista mai sazia di vite devastate di giovani precari senza futuro;
la politica sulla scuola, ottusa e sorda alle mille ragioni che la gran massa degli insegnanti gridavano e ancora gridano, prima nelle piazze di tutta Italia, poi ogni giorno nel lavoro peggiorato nelle scuole fatiscenti, sorda all’evidente fallimento e allo spreco di risorse, umane e finanziarie;
il regalo di manodopera alle imprese con l’intento di ammaestrarle alla cieca obbedienza (riuscendo a rovinare un’idea storica del movimento studentesco); la logica del premio agli obbedienti che scardina lo spirito della collaborazione e della collegialità veri pilastri della scuola; lo strapotere del preside manager e il conseguente stravolgimento della logica di confronto; per finire col fatto di essere stato incapace anche di fare di conto col personale, spostato anche in modo coatto da una parte all’altra della penisola;
ma poi la proposta di devastazione della Costituzione, talmente violenta da minarla nei fondamenti.
Tralascio mille altre ragioni, come la follia della legge elettorale, bastava anche meno per decidere.
Ho guardato a LEU ed esprimo un sentimento di vicinanza, auguro un loro successo e pertanto non dirò una sola parola che possa risultare, non dico offensiva, ma anche poco malevola.
Con molti compagni di LEU ho condiviso e condivido tratti di strada importanti e penso di ritrovarli in ogni occasione che conta.
Ho guardato e guardo con interesse all’esperimento in Sardegna di AutodetermiNazione e trovo diverse assonanze e amici e compagni con cui ho condiviso tanto in anni lontani e ancora oggi.
Al suo interno, però, sono presenti posizioni manicheiste e linguaggi che non condivido.
Io non penso ad un mondo in cui un indifferenziato “noi” sia contrapposto ad un altro indifferenziato “loro”.
Mi sento sardo di nazione e per cittadinanza italiano e quando posso e riesco cerco di comprendere la complessità del reale e a sfuggire dalle semplificazioni.
So che qualcuno non nega l’esistenza di una questione di classe anche all’interno di una colonia di uno stato avanzato come è l’Italia, so però che in tanti pensano ad una marcia trionfante di tutti i sardi.
Aspetto che le loro posizioni si chiariscano e se i vari tasselli saranno capaci di avanzare proposte anche e soprattutto in previsione delle prossime elezioni regionali.
Li invito al dialogo anche se sono sicuro che molti sono e saranno disponibili.
In virtù di questo e della mia storia ho deciso laicamente.
Laicamente nel senso che non cerco una chiesa, né tanto meno una dottrina a cui conformarmi acriticamente.
E’ un vizio mortale della sinistra quello della divisione, dell’astio e dell’improperio, come se l’affermazione dell’uno passi necessariamente dalla distruzione dell’altro. Sappiamo che invece è all’origine della fuga, dello scoraggiamento e dell’astensione dal voto.
La sinistra, per sua natura, non può essere una, le sensibilità e le culture sono tante e non possiamo cadere nell’errore di dipingere quadri omogenei di un solo colore; la prospettiva da seguire e quella del mosaico, dei meravigliosi fili intrecciati di Maria Lai, del canto polifonico in cui voci di toni diversi insieme producono armonia.
Se la prospettiva imminente non è la società di liberi ed eguali, del lavoro liberato dalle logiche dello sfruttamento capitalistico, rimane tuttavia la necessità di pensare, contro le logiche della fine della storia, all’utopia di un mondo diverso.
Penso che solo una prospettiva di lunga durata, un’utopia razionale, dei punti fermi, possono guidare i nostri passi altrimenti incerti, ondivaghi e contraddittori.
POTERE AL POPOLO nel panorama politico italiano è una novità, una scommessa.
Nessuno esprime con altrettanta chiarezza la necessità di combattere il veleno neoliberista che ha ammorbato tanta parte di quella che una volta non si vergognava di essere di sinistra.
Ora la parola SINISTRA non è mai sola, si accompagna con ingredienti vari (liberale, centro ecc.).
I convegni con l’alta finanza, le visite alla City londinese, l’ammiccamento ai poteri forti hanno sostituito la frequentazione dei quartieri popolari, delle periferie devastate, delle fabbriche per dialogare con gli operai.
Intanto la ricchezza si è andata concentrando nelle mani di pochi che possono prosperare della precarietà e della disperazione dei molti che senza guida si trovano spesso in balia di demagoghi e mestatori di ogni risma.
L’odio del povero verso chi è ancora più povero è anche frutto di questa mutazione.
I dati sono sotto gli occhi di tutti, la precarietà non crea lavoro, ma deprime ulteriormente e sposta in modo indegno ed incivile le risorse dal lavoro al profitto.
Oggi chi lavora onestamente è umiliato ed offeso, mentre gli speculatori di ogni risma sono celebrati e portati ad esempio.
Ci sentiamo minacciati da chi è più povero di noi, ma siamo indifferenti, nella logica dei piazzisti senza scrupoli pronti a vendere la propria madre, se satrapi, anche se rappresentanti della versione più retriva dell’Islam, un’offesa per il solo fatto che esistono, vengono a fare i loro interessi da noi,.
Si potrebbe parlare della realizzazione del disegno egemonico del capitale ( scusate se l’espressione è fuori moda) che convince le vittime di essere minacciate da altre vittime, impedendo loro di individuare percorsi d’uscita.
E’ caduto il mito della rivoluzione, anche in conseguenza degli orrori del socialismo reale, ma le disparità crescenti, la miseria e la disperazione che attanagliano gran parte della popolazione mondiale, stanno lì ad indicare la necessità di ricominciare a pensare progetti di liberazione.
Non saranno le vie percorse nel ‘900, dobbiamo trovarne altre, nei modi e nei tempi, tenendo saldo il principio della dignità della persona e la necessità di una società giusta di eguali.
In questa direzione il messaggio più chiaro, più radicale e per me convincente e quello di POTERE AL POPOLO.
La sua critica al liberismo, il suo rivolgersi ai giovani lavoratori precarizzati e sul punto di essere espulsi dal proprio paese, la richiesta della dignità della persona, non come principio vuoto, ma come diritto che trova concretezza nella sicurezza, nella garanzia, nella giusta retribuzione del lavoro, sono un ottimo avvio e mi confortano.
Mi convincono poi altre cose:
- il rispetto per la Costituzione e la richiesta forte della sua applicazione integrale, la considerazione che essa ha origine nella Resistenza al nazifascismo e che i suoi principi fondamentali sono da ritenere non negoziabili;
- la difesa della scuola pubblica e l’opposizione ai finanziamenti della scuola privata confessionale
( vero scandalo per uno stato laico);
- il sottolineare il dramma delle disparità sociali e delle sofferenze diffuse;
- l’importanza che si dà alla cultura, ai beni artistici ed ambientali;
- il tema dell’accoglienza;
- il parlare di Meridione come questione cruciale per tutto il paese.
Ma, tralasciando altro pur importante, presente e documentato nel programma, l’idea di fondo della democrazia che vive solo ed esclusivamente nella partecipazione. Questione dirimente oggi in cui i centri di comando si concentrano in organismi sottratti al controllo della sovranità popolare.
Mi auguro una presenza in parlamento di POTERE AL POPOLO, la condizione è che raggiunga il 3%, è possibile, ma non certo.
E’ CERTO CHE UNA SUA PRESENZA IN PARLAMENTO POTREBBE ESSERE UTILE PER RILANCIARE LA SFIDA DELLA COSTRUZIONE DI UNA SINISTRA AUTENTICA IN QUESTO PAESE.
E’ TEMPO DI RICOMINCIARE A MARCIARE IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA.

One Response to Elezioni. Dichiarazioni di voto

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