Accenti nuovi.

I VESCOVI NON RIMPIANGONO LA POLITICA TRADIZIONALE E CHIEDONO UN GOVERNO PER IL BENE DEL PAESE
23 MARZO 2018 / EDITORE / DICONO I FATTI /
Un nuovo stile nel rapporto tra la Chiesa e la politica italiana viene rilevato e apprezzato da “Noi siamo Chiesa”. Vittorio Bellavite.

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Accenti nuovi
I VESCOVI NON RIMPIANGONO LA POLITICA TRADIZIONALE E CHIEDONO UN GOVERNO PER IL BENE DEL PAESE
Un nuovo stile nel rapporto tra la Chiesa e la politica italiana viene rilevato e apprezzato da “Noi siamo Chiesa”
Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa

Il Consiglio Episcopale Permanente, per la prima volta nella sua storia, non è iniziato con una lunga prolusione del suo Presidente che dava la linea su tutto per cui il dibattito successivo tra i trenta vescovi diventava solo un contorno quasi inutile. Bassetti ha tirato le conclusioni alla fine con un breve testo di grande importanza perché esprime la voce collettiva dei vescovi dopo il 4 marzo. Mi pare quindi che valga la pena di conoscerlo e di cercare di capire quali siano gli orientamenti che stanno emergendo in un periodo nel quale, abbiamo detto altre volte, la linea della CEI è in una fase di transizione.

Una prima constatazione: il testo fa una analisi abbastanza realistica della situazione. Inoltre non ci sono le sollecitazioni arroganti nei confronti della politica o le “pagelle” a cui eravamo abituati, non ci sono rivendicazioni in relazione ai recenti cavalli di battaglia della destra cattolica, contro la legge sulle unioni civili e contro la legge sul fine vita.

Poi i vescovi si prendono le responsabilità che competono ai credenti per “una fede che incide poco”, “spesso dissociata dal giudizio sulla realtà sociale e dalle scelte conseguenti” che ne dovrebbero derivare. E finalmente ci si orienta a pensare alla “concretezza di un lavoro educativo e formativo appassionato” per “ragionare insieme e in maniera organizzata al cambiamento d’epoca in atto”. E’ un tipo di impegno prepolitico di cui si sente la mancanza da troppo tempo, sempre trascurato perché bastavano le direttive e le alleanza di vertice a risolvere tutto. Siamo ben lontani dai pasticci degli incontri di Todi del 2011 e 2012 di cui Bagnasco era protagonista nel tentare di mettere insieme associazioni e movimenti della galassia cattolica per una nuova presenza politica.

L’orizzonte generale nel quale si colloca il testo è quello di una “Carta costituzionale bella e cara” con i suoi tanti valori. Si ricorda il valore essenziale della pace e l’Europa . Si citano Moro e De Gasperi. I principi della Costituzione non sono “astratti, buoni per qualche declamazione retorica”.

Bassetti parla poi di “inadeguatezza della politica tradizionale” e di “disaffezione profonda e diffusa” nei confronti della politica. Sembra che i vescovi , nel prendere atto di ciò, non giudichino e non prendano quindi la difesa della situazione precedente . Mi sembra che la classe dirigente uscente non trovi conforto, non venga giustificata.

Parole esplicite sono contenute nei confronti dell’area di opinione che è stata poi organizzata dalla Lega e dal centrodestra : “la paura che spesso trova nell’immigrato il suo capro espiatorio… spesso è indice di insicurezze e chiusure su cui rischia di attecchire una forma di involuzione del principio di nazionalità”. Il richiamo indiretto è alla deprecata bocciatura della legge sullo jus soli.

Un altro passaggio centrale è questo: “ha avuto buon gioco una nuova forma di protagonismo e di consenso dal basso, attivo e diffuso, anche se non è ancora prova di autentica partecipazione democratica”. Sembra il ritratto dei 5 Stelle. I vescovi li sdoganano, forse potevano farlo molto prima. Ma in questa categoria si potrebbe comprendere anche “Potere al popolo”, iniziativa coraggiosa come testimonianza controcorrente.

Il documento si conclude con una richiesta esplicita di governo. “I partiti oggi hanno non solo il diritto, ma anche il dovere di governare ed orientare la società. Per questo il Parlamento deve esprimere una maggioranza che interpreti non soltanto le ambizioni delle forze politiche ma i bisogni fondamentali della gente, a partire da quanti sono più in difficoltà”. Quindi le elezioni anticipate sono fuori dall’orizzonte all’interno del quale ragionare. E’ probabile che i vescovi aspettino una soluzione vincente da Mattarella. Però, sulla base dei loro giudizi, non tutte le soluzioni sono ambivalenti.

A me sembra che il testo dei vescovi sia qualitativamente diverso da altri interventi, si faccia in qualche modo portavoce delle sofferenze e dei disagi presenti nel paese e dell’amarezza diffusa nei confronti della politica. I vescovi (come i parroci), se non si chiudono nella loro casta, sono dei terminali preziosi della sensibilità popolare. Resta però esclusa ancora una netta e indispensabile autocritica da parte del vertice della CEI che per troppi anni è stato accondiscendente nei confronti del potere senza rendersi conto adeguatamente della crisi o limitandosi a brontolare (come sulla politica famigliare).

Vittorio Bellavite
coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa

Roma, 21 marzo 2018

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