Cosa fare per le periferie?

lampadadialadmicromicro132Nell’agenda del nuovo Parlamento e del (prossimo) nuovo Governo. Riprendere da dove era arrivato il Parlamento della precedente legislatura.
fullsizerender COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE CONDIZIONI DI SICUREZZA E SULLO STATO DI DEGRADO DELLE CITTA’ E DELLE LORO PERIFERIE
LE LINEE EVOLUTIVE: INDIRIZZI E PROPOSTE

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Estratto dalla Relazione conclusiva approvata in Commissione nella seduta del 14 dicembre 2017
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(…) 6. Le politiche attive per il sociale
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Nel quadro di un rinnovato piano per le periferie, un’attenzione particolare va data all’infrastrutturazione sociale per aumentare le opportunità per i soggetti più deboli, non solo attraverso investimenti in opere ma, soprattutto, con la realizzazione di servizi, sperimentazione di azioni immateriali, sostegno a progetti di inclusione sociale, di produzione culturale, di nuovo welfare. Una strada è quella di costituire Agenzie sociali di quartiere, dove possano essere impiegati giovani agenti di sviluppo, miste dal punto di vista della gestione, che operino un’interfaccia accogliente ed efficace, nella logica dello sportello unico, per superare la frammentazione del trattamento amministrativo dei bisogni.
Di immediata necessità è l’ampliamento dei servizi di welfare a sostegno delle misure contro la povertà, in particolare in seguito all’entrata in vigore del decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147 recante “Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà”, che prevedono l’introduzione del cosiddetto reddito di inclusione attiva. Occorre dunque un potenziamento dei servizi sociali e la creazione di nuove figure professionali per la presa in carico di persone e famiglie in difficoltà.
Sono, inoltre, da sostenere e rafforzare tutte le iniziative di co-housing per disabili e soggetti deboli, studenti, famiglie; lo sviluppo dei servizi domiciliari e la tutela locale “di quartiere” delle persone anziane attraverso servizi di monitoraggio e prevenzione.
Particolare rilievo ha il rafforzamento della scuola nelle periferie, non ancora pienamente inclusiva a causa degli elevati tassi di dispersione e abbandoni e che, invece, deve essere messa nelle condizioni di contrastare il disagio e l’esclusione, ricostruendo comunità e offrendo nuove opportunità di crescita. Occorre proseguire l’esperienza di scuola al centro, prolungando l’orario di apertura, offrendo un arricchimento dell’offerta formativa agli studenti e soprattutto un punto di riferimento per il territorio.
L’obiettivo è altresì quello di ampliare i servizi educativi per l’infanzia (0-3), garantendone la presenza attraverso un’equa distribuzione territoriale, specie nelle periferie, e superando le sperequazioni esistenti nel territorio nazionale.

La presenza di rom e sinti abitanti nei campi e in situazioni di precarietà (per metà italiani, non più “nomadi”, per metà minori) è potenziale fonte di conflitto sociale nelle periferie.
La Commissione ha affrontato il tema dell’illegalità e degli alti tassi di fenomeni criminali sia negli insediamenti regolari, sia nelle baraccopoli, causa di degrado, come la produzione di rifiuti negli insediamenti abusivi, i roghi dei residui di materiali ferrosi, o le forme di “abusivismo commerciale”. Di fronte a reali problemi sociali (condizioni di vita inaccettabili, scarsa scolarizzazione, illegalità), le Istituzioni devono sia garantire sicurezza ai cittadini (anche attraverso i nuovi Comitati metropolitani), sia agire concretamente a favore dell’inclusione, dell’inserimento sociale e della scolarizzazione.
Si tratta di attuare la strategia nazionale di inclusione di Rom, Sinti e Camminanti (2012- 2020) approvata dal Consiglio dei ministri nel febbraio 2012 in attuazione della Comunicazione n.173 del 2011 della Commissione europea. Rom e Sinti hanno chiesto da tempo il riconoscimento come minoranza storico-linguistica, anche al fine di contrastare il diffuso antigitanismo. Tale strategia comporta, a ben vedere, una azione coordinata tra inclusione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita di queste popolazioni e adozione di misure rigorose di tutela della sicurezza pubblica e dei cittadini, laddove si manifestino pratiche illegali, criminali o lesive della pubblica convivenza come nel caso dei roghi tossici, del traffico illegale di rifiuti, di pratiche di microcriminalità diffusa, di abbandono dei minori o loro istradamento a condotte illegali o all’abbandono scolastico. La Commissione considera pertanto decisiva per restituire fiducia alle Istituzioni in relazione al tema delle periferie, l’attenzione verso queste problematiche, nonché la capacità di contemperare il massimo impegno sia per l’inclusione dei nuclei familiari che restano nel campo della legalità, sia per il contrasto netto e determinato per gli elementi portatori di condotte illegali o addirittura criminali.
Particolare attenzione meritano, infine, tutte quelle esperienze civiche che si muovono nel campo della sussidiarietà sociale urbana.
La Commissione ha potuto riscontrare come, accanto ai fenomeni di degrado e di difficoltà si sviluppi, nelle periferie e nelle zone critiche a vario titolo delle città, una reazione positiva fatta di associazionismo diffuso e di volontariato che opera nel campo dei servizi sociali, della cultura, della cura e manutenzione dei beni comuni, dello spazio pubblico, dell’ambiente e dell’agricoltura e come, anche, si debba registrare il fiorire di una diffusa creatività giovanile che si indirizza verso la musica, l’arte ed esperienze creative di tipo più moderno come il cinema, la fotografia, il web.
Particolarmente significativa appare l’esperienza dell’universo Retake, un movimento di ispirazione americana, che sta diffondendosi in tutte le maggiori città italiane e che organizza migliaia di volontari intorno ad obbiettivi di recupero degli spazi pubblici.
Si impone, da parte delle amministrazioni a ogni livello, la necessità di stabilire un rapporto di vera alleanza con queste realtà, ascoltando e cercando di dare risposte alle mille esigenze pratiche che esse propongono (e su cui ci sono riferimenti nel testo della relazione) e che vanno dalla necessità di convenzionare gli interventi volontari, assicurare i rischi di infortunio, garantire un uso calmierato (ma rigorosamente controllato in termini di legalità e trasparenza degli usi) di parti di patrimonio pubblico per far fiorire le tante esperienze civiche che si generano nelle città e creare spazi polifunzionali e creativi per i giovani.
Moltiplicare nei quartieri i luoghi di aggregazione, di formazione, di diffusione del senso e dell’educazione civici, della cura dei beni comuni e delle buone pratiche di convivenza rappresenta un fattore decisivo per spostare in positivo gli equilibri tra indifferenza, rassegnazione al degrado e partecipazione attiva, solidarietà, inclusione. Queste energie non solo non possono essere disperse, ma è dovere delle Istituzioni favorirle e consolidarle.
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One Response to Cosa fare per le periferie?

  1. […] Parlamento. Assurdo che i coerenti interventi vengano ora ridimensionati. Ecco il documento: http://www.aladinpensiero.it/?p=81435. – La valutazione dell’assessora all’Urbanistica del Comune di Cagliari, su fb. […]

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