L’importanza dei “beni comuni”

img_5696lampada aladin micromicro di Franco Meloni
Premesso che io mi ritengo fondamentalmente un “pratico”, con un approccio sostanzialmente “giornalistico”, rispetto agli esperti e agli accademici (i chierici), che hanno studiato e studiano la questione dei “beni comuni”, mi permetto di proporre in argomento alcune sintetiche riflessioni, che avevamo condiviso con alcuni amici nella fase di costituzione di un “Osservatorio sui beni comuni della Sardegna”, progetto che è rimasto sulla carta oltre che nelle buone intenzioni, ma che non disperiamo di riprendere quando i tempi saranno propizi e le risorse sufficienti.
L’argomento nella sua complessità è veramente importante e per me decisamente intrigante. E pertanto ne propongo opportuni approfondimenti a tutti i livelli, non solo a quelli accademici e propri dei centri studi e documentazione (recentemente il sottoscritto ha proposto che l’argomento “beni comuni” venga inserito nella programmazione delle attività dell’Istituto Gramsci per la Sardegna, trovando, mi pare, favorevole accoglienza dei soci), ma a tutti i centri di iniziativa politica e culturale presenti nella realtà sarda. Credo di essere in buona compagnia per sostenere questo impegno culturale, con importanti implicazioni politiche. Al riguardo, tra tutti gli esperti che giustamente enfatizzano l’importanza dell’argomento, voglio citare l’economista Giulio Sapelli che in un suo recente libro (Oltre il capitalismo, Guerini e Associati Editore) sostiene: “(…) La soluzione rivoluzionaria (…) è rilanciare su larga scala la filosofia e la pratica del common goods. Di questo esistono i presupposti teorici (…) In questo filone analitico risiede la concezione di una possibile alternativa all’odierno capitalismo.[segue]

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Di seguito alcuni APPUNTI pertinenti.
Il concetto di “beni comuni” è da individuare concretamente nelle “cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona (…) che devono essere tutelati e salvaguardati dall’ordinamento giuridico, anche a beneficio delle generazioni future” (1) e dei quali favorire la fruibilità e la gestione da parte dei cittadini attivi e organizzati in accordo con le Pubbliche amministrazioni. La categoria dei “beni comuni” è immensa. Il primo bene comune universale è la terra, nella sua generalità (superficie e sottosuolo), da utilizzare a beneficio di tutti, nel rispetto dei limiti imposti dall’ordinamento giuridico. E possiamo continuare in un’elencazione di dettaglio, non certo esauriente, traendola dalle elaborazioni della Commissione Rodotà (1):
“i fiumi, i torrenti e le loro sorgenti; i laghi e le altre acque; l’aria; i parchi come definiti dalla legge, le foreste e le zone boschive; le zone montane di alta quota, i ghiacciai e le nevi perenni; i lidi e i tratti di costa dichiarati riserva ambientale; la fauna selvatica e la flora tutelata; i beni archeologici, culturali, ambientali e le altre zone paesaggistiche tutelate” (1).
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I “beni comuni urbani”, particolare categoria dei “beni comuni”.
A noi interessa che nella gestione di questi “beni comuni” intervengano direttamente i cittadini, nella pratica attuazione del principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale, di cui all’art. 118, ultimo comma della Costituzione: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Detta norma, allo stato attuale largamente disattesa, riconosce ai cittadini – e dunque alle loro organizzazioni/associazioni nelle più diverse espressioni – la capacità di attivarsi autonomamente nell’interesse generale e dispone che le istituzioni debbano sostenerne le coerenti iniziative.
Unendo il generale al particolare possiamo individuare gli strumenti per praticare con tutta la possibile urgenza tali obbiettivi. Per esempio aiutando il Comune di Cagliari (così pure gli altri Comuni sardi) a dotarsi di un buon “Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni”, magari da copiare, adattandolo, dai migliori regolamenti tra quelli attualmente vigenti in più di 100 Comuni italiani (vedasi www.labsus.it).
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(1). Proposta di articolato Commissione Rodotà – elaborazione dei principi e criteri direttivi di uno schema di disegno di legge delega al Governo per la novellazione del Capo II del Titolo I del Libro III del Codice Civile nonché di altre parti dello stesso Libro ad esso collegate per le quali si presentino simili necessità di recupero della funzione ordinante del diritto della proprietà e dei beni (14 giugno 2007).
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Approfondimenti su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=64813.
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Torrade a Su Connottu
In argomento sarebbe interessante approfondire la situazione sarda prima e dopo l’editto delle chiudende (rif. http://www.contusu.it/a-su-connottu-la-ribellione-del-1868/)
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Per quanto riguarda una essenziale bibliografia sull’argomento, abbiamo chiesto la collaborazione del prof. Gianfranco Sabattini, che cortesemente ce l’ha fornita e che puntualmente riportiamo in altra parte della News. Tra i testi fondamentali c’è, ovviamente, “Governare i beni collettivi” di Elinor Ostrom (Marsilio Editore), premio Premio Nobel 2009 per l’economia, insieme a Oliver Williamson, per l’analisi della governance e, in particolare, delle risorse comuni (vedasi: https://it.wikipedia.org/wiki/Elinor_Ostrom).

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