Sa die. Il Comitato impegnato nella valutazione di quella passata verso l’edizione 2019

sa-die-28-4-2018 Verso Sa die 2019.
Appuntamento presso la sede della FONDAZIONE SARDINIA, in Piazza S. Sepolcro, 5, CAGLIARI, per MERCOLEDI’ 9 MAGGIO, a partire dalle ORE 17,30.
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Di seguito la lettera di convocazione.
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Una riflessione di Gianni Loy su Nuovo Cammino, quindicinale della Diocesi di Ales-Terralba.

Cagliari, 3 maggio 2018
Agli Amici del Comitato per Sa Die de sa Sardigna
LORO SEDI
Cari Amici,
è ormai tradizione che ci si incontri a qualche giorno dalla celebrazione di Sa Die, per una valutazione su quanto vissuto e per un confronto sugli adempimenti prossimi e futuri.
Questa volta siamo stati impegnati su più fronti ed abbiamo interloquito con numerosi interlocutori. In tanti hanno collaborato per il buon esito delle numerose manifestazioni. Ma i risultati dei nostri sforzi sono stati incerti fino ad una settimana dalla festa. Una serie di motivi hanno fatto ricadere l’impegno prevalente solo su alcuni di noi. In vista di una serena continuità è bene che di tutto si ragioni, per fare ancora meglio nell’avvenire.
Per tutto questo, ci diamo appuntamento presso la sede della FONDAZIONE SARDINIA, in Piazza S. Sepolcro, 5, CAGLIARI, per MERCOLEDI’ 9 MAGGIO, a partire dalle ORE 17,30.
E’ importante che siamo presenti,
con un presto arrivederci, Vi saluto cordialmente
SALVATORE CUBEDDU, direttore della Fondazione Sardinia

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Una riflessione di Gianni Loy per il quindicinale “Nuovo Cammino”
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Sa die de sa Sardigna
I vescovi sardi colgono i segni dei tempi e riprendono il cammino conciliare della liturgia in lingua sarda.
di Gianni Loy
A dispetto dei surreali dibattiti sulle varianti, dell’opportunità o meno di una lingua unificata, delle acrobazie di linguisti che propongono modelli di scrittura fuori dalla storia, Monsignor Angelo Becciu, il 28 aprile, in occasione della solenne celebrazione in cattedrale della Die de Sa Sardigna, ci ha fornito due preziosi insegnamenti.
Il primo è la naturalità. Chiamato ad esprimersi “in limba”, nell’ambito del processo che speriamo possa presto riconoscere ai sardi di poter celebrare la santa messa nella loro lingua, non si è posto il penoso dilemma: “quale sardo”. Si è semplicemente espresso nella propria variante, quella appresa da bambino. Né si è preoccupato del fatto che ci trovassimo in campidano. Ha parlato, naturalmente, nella “sua” lingua, e non per discettare delle bizzarre vicende di una lingua strapazzata persino dai suoi più fedeli accoliti, bensì per predicare la parola di Dio. Ci vuol tanto a comprendere che l’unica urgenza che abbiamo in Sardegna, di fronte al rischio della scomparsa di una lingua, è quella di far si che tutti coloro che ancora la conoscono, riprendano semplicemente a parlarla ed a tramandarla ai propri figli, così come è loro pervenuta? Che si riprenda a pregare in sardo, con i versi e le ricchissime melodie immagazzinate durante secoli?
Il secondo stimolo, ci porta a riflettere perché mai la Chiesa sarda, ed i suoi vescovi, siano oggi così attenti all’uso della lingua sarda nella liturgia.
Anche in questo caso, occorre invertire i termini del ragionamento. Le scelte dell’episcopato sardo traggono origine non già da un improvviso innamoramento per la limba, anche se nessuno impedisce ai pastori di vivere personalmente un’esperienza del genere, bensì dal dovere di attuazione di una delle tante “rivoluzioni” del Concilio Vaticano II, che ha sostituito il latino con le lingue parlate dai cristiani di tutto il mondo. A partire da quel momento si è incominciato a celebrare il sacrifico eucaristico nelle lingue effettivamente parlate e comprese dai fedeli e non più in una lingua che pur rappresentando simbolicamente l’universalità della chiesa, era già, da tempo, una “lingua morta”.
La Chiesa, insomma, predica e celebra il sacrifico nella lingua dei fedeli ai quali si rivolge. Se la rivoluzione del Concilio Vaticano II ha riguardato principalmente le lingue nazionali, ha, tuttavia, interessato anche lingue di più ridotta diffusione, persino di poche migliaia di abitanti.
Perché ciò non è avvenuto, a suo tempo, in Sardegna? Ci si sbizzarrisca quanto si voglia nel formulare ipotesi. La risposta, per quanto umiliante, è una sola: perché i Sardi, all’epoca del Concilio, e negli anni immediatamente successivi, non hanno mai espresso o rivendicato tale esigenza. Come avrebbe detto il poeta, erano in tutt’altre faccende affaccendati. Impegnati, cioè, in una sorta di battaglia iconoclasta contro tutto ciò che riguardasse la sardità, riti, lingua, arredamento, costumi. Non me ne vogliano i paladini che, durante tutti quegli anni, si sono coraggiosamente opposti alla crociata anti sardista, la loro è stata per lungo tempo una battaglia minoritaria, persino rischiosa, se è vero che, ancora negli anni 70, i primi movimenti di riscossa, come “Natzione sarda” o “Su populu sardu”, venivano criminalizzati. La linea ufficiale era “italianizzare” a tutti costi, creando un teatro che irrideva la difficoltà dei sardi di parlare correttamene l’italiano, creando, allo tesso tempo, il mito del sardo che: lui si che parla l’italiano senza accento, espellendo la limba dalla scuola, dalla televisione, dagli uffici pubblici. Anche la Chiesa ha fatto la sua parte, in tutti quegli anni. Il Concilio ha costituito l’occasione per svecchiare le forme ed abbandonare molti dei riti di una imponente religiosità popolare. La Chiesa è arrivata persino a vietare l’uso della lingua sarda ai seminaristi che, se sorpresi, venivano puniti con sanzioni anche pecuniarie.
Ebbene, oggi la Chiesa riprende il cammino post-conciliare, che non aveva ancora intrapreso, semplicemente perché ha colto “i segni dei tempi”. Segni che, in Sardegna, hanno tardato per troppo tempo. Per dirla tutta, ed è questo un merito che le va riconosciuto, la Chiesa sarda ha colto i primi fermenti del movimento che reclama di poter pregare con la propria lingua. I vescovi sardi anticipano così una realtà che nella società civile, a dire il vero, non è ancora consapevolmente maturata.

Gianni Loy
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nuovocammino13maggio2018

One Response to Sa die. Il Comitato impegnato nella valutazione di quella passata verso l’edizione 2019

  1. […] adesione al Comitato per la riconversione della fabbrica RWM di Domusnovas; – formalizzazione adesione al Comitato Sa die de Sa Sardinia; – adesione all’istituzione di una giornata annuale in memoria dei martiri di Palabanda a […]

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