Santa Igia

img_7035Il territorio di Santa Igia e il progetto di fondazione del Castello di Cagliari, città nuova pisana del 1215
Riassunto
Il nucleo della città nuova fu progettato dai pisani nel 1215 nei territori di Santa Igia, capitale del Giudicato di Cagliari. L’analisi di alcune parti pervenute del contesto originario permette una più ampia valutazione di vari aspetti della fondazione pisana, quali la strategia adottata per disconnettere l’assetto territoriale precedente e l’introduzione di innovazioni sul piano della costruzione urbanistica ed edilizia.
La caratura culturale della città nuova è quella di una “grande opera” in un panorama europeo nel quale le fondazioni sono una pratica diffusa. Il progetto di Cagliari interpreta istanze politiche e mercantili, eseguite secondo i più avanzati dispositivi militari, estetici, simbolici e culturali.
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Parole chiave
Cagliari; storia della città; paesaggio medievale

Abstract
1. Il contesto insediativo precedente il 1215. – 2. Un territorio ridisegnato e rifondato. – 3. A oriente. Un porto detto Karalitano. – 3.1. Il porto e il suo ambito demaniale. Un’origine antica? – 4. Castrum Veterum, Castrum Novum. Castro Novo Montis de Castro. – 4.1. Le falde del Mons de Castro e la posizione di “Bagnaria”. – 5. A occidente. San Paolo e San Pietro. Preesistenze e portualità. – 6. La fondazione del Castel di Castro e l’interruzione della unitarietà territoriale di Santa Igia. – 7. Il progetto del Castello Nuovo. – 8. Conclusioni. – 9. Bibliografia. – 10. Immagini. − 11. Curriculum vitae.

RiMe, n. 15/2, dicembre 2015, pp. 95-147
ISBN 9788897317227 ISSN 2035-794X
DOI 10.7410/1186

Marco Cadinu (Università di Cagliari)
The core of the new city was planned by Pisans in 1215 in the territory of Santa Igia, capital of Giudicato of Cagliari. The analysis of some parts of the original site allows a broader evaluation of many aspects of the Pisan foundation, such as the specific strategy adopted to disconnect the previous spatial planning and the introduction of innovations in terms of town planning and construction.
The new town’s cultural stature, is a “great work” in a European context in which foundations are a common practice. The plan of Cagliari interprets political bodies’ and merchants’ requests, performed with the most advanced military, aesthetic, symbolic and cultural equipment.
Keywords
Cagliari; history of towns; Medieval landscape

Marco Cadinu

1. Il contesto insediativo precedente il 1215
Nel 1976 Evandro Putzulu, in un’indagine sull’origine della città nuova pisana di Cagliari, si chiedeva: «Quale era la situazione topografica di Cagliari nel momento in cui Benedetta faceva la donazione del colle ai pisani?»1. La lacunosità delle fonti permetteva all’archivista solo parziali risposte; la radicale trasformazione che i territori hanno avuto nei secoli celava a lui, come a noi, le reali geografie del tempo medievale. E Putzolu di ciò aveva consapevolezza, al contrario di molti studiosi che analizzavano il problema sulla base di «un’idea del tutto anacronistica», attribuendo all’area forme che avrebbe in effetti assunto solo dopo lungo tempo.
Nuove letture delle fonti, i progressi della disciplina storico-urbanistica, la disponibilità di stratificazioni cartografiche permettono ora alcuni avanzamenti utili ad apprezzare il contesto precedente e lo stesso progetto di fondazione2.
Si è di fronte oggi ad una geografia del tutto moderna. La sua analisi in senso storico, ancora possibile sia pure solo per parti, coinvolge molteplici luoghi che, nel 1215, costituivano il territorio della città di Santa Igia, la capitale del Giudicato di Cagliari. In particolare la lunga fascia litoranea tra la laguna di Santa Gilla e il colle di Bonaria, area di massima densità culturale, richiede una rinnovata lettura unitaria.
La lunghezza litoranea della città antica, proverbiale e trasmessa dalla nota immagine letteraria della tarda classicità, viene riconsiderata nel presente contributo alla luce del riposizionamento topografico di una serie di capisaldi territoriali3. Ritengo che questa caratteristica, ereditata dalla Capitale giudicale di Santa Igia, possa essere una delle chiavi di lettura delle condizioni del territorio negli anni precedenti la fondazione del Castro Novo pisano del 1215.
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Note
1 E. Putzulu, “Il problema delle origini”, p. 115. Si tratta del primo saggio sistematico che analizza il rapporto tra documenti, processo storico e topografia, dopo l’importante opera di Dionigi Scano, già allora datata secondo l’autore. Cfr. quindi D. Scano, Forma Karalis. Una notevole produzione scientifica ha contribuito in seguito alla esplorazione del tema, parte della quale incontreremo nelle pagine successive.
2 Molti vincoli interpretativi sul piano topografico permangono, alcuni frutto di letture di segni molto successivi al medioevo, altri portati dalla difficoltà nella visione cartografica comparata delle fonti, dell’urbanistica storica e dell’architettura. In questa direzione è stato sviluppato il progetto “Elaborazione di metodi per la redazione delle planimetrie ricostruttive medievali e moderne delle città della Sardegna: analisi informatizzata della struttura particellare e dell’evoluzione urbanistica dell’insediamento storico.”, responsabile scientifico Marco Cadinu, finanziato dalla Regione Sardegna, L.R. n. 7/2007, a. 2008, e raccolti i primi prodotti in M. Cadinu (a cura di), I Catasti.
3 C. Claudianus, De bello gildonico, vv. 520-526: «Urbs Lybiam contra Tyrio fundata potenti / Tenditur in longum Caralis, tenuemque per undas / Obvia dimittit fracturum flamina collem. / Efficitur portus medium mare: tutaque ventis / Omnibus, ingenti mansuescunt stagna recessu. / Hanc omni petiere manu; prorisque reductis, / Suspensa Zephyros expectant classe faventes». Di questa immagine nel manoscritto di J. F. Carmona, Santuario de Sardegna, si serba la memoria ancora nel 1631, indicando la
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2. Un territorio ridisegnato e rifondato
Si deve notare che gli elementi noti della topografia tra XI e primo XIII secolo non sembrano dialogare particolarmente col patrimonio precedente, peraltro notevolissimo. Le fasi urbane due-trecentesche, slegate da una fase classica forse in gran parte già sepolta al tempo, rivelano rapporti solo occasionali con la topografia antica e il tardo medioevo, a meno di alcuni circoscritti ma frammentari scenari archeologici4.
Il primo dato in questo senso riguarda la totale estraneità del Castro Novo pisano alle tradizioni locali; i pisani importano in Sardegna nel 1215, per la prima volta con così precisa concezione progettuale, un sistema urbano concepito su un insieme complesso di strade curvilinee nuove e lottizzato a schiera5.
Si confermerebbe anche a Cagliari la decisa impostazione rifondativa registrata in più contesti urbanistici in questa parte del medioevo: le città nuove (pisana prima e aragonese dal primo Trecento) prescindono quasi totalmente dai sostrati antichi; ne sfruttano eventuali occasioni di sovrapposizione e ridisegnano ex novo, se necessario colmando e rimodellando il terreno, l’immagine urbanistica della loro modernità. Mi sembra un dato da considerare anche nella visione ricostruttiva della capitale giudicale Santa Igia – al momento impossibile per la sua completa scomparsa – che non permette eccessive
lunghezza pari a tre miglia e alcuni ulteriori significativi elementi, cfr. M. Cadinu, Simbolo e figura, pp. 139-144.

4 Il territorio, sebbene non ricostruibile in modo esaustivo, deve essere immaginato quale scenario topografico espressione delle dinamiche di riuso o abbandono dell’antica città romana, le cui vestigia interessano – coi suburbia – la fascia compresa tra la croce di Sant’Avendrace e l’area del Gesus, quindi la piana di Bonaria. Le aree sede delle principali necropoli sono Tuvixeddu, viale Regina Margherita, San Saturno e Bonaria. L’archeologia medievale dell’area di Cagliari ha approfondito solo alcuni scenari; si rimanda ad alcuni lavori ed alle loro bibliografie: R. Martorelli – D. Mureddu – F. Pinna – A. L. Sanna, Nuovi dati sulla topografia di Cagliari, pp. 365-408; R. Martorelli, Archeologia urbana a Cagliari, pp. 213-237. M. A. Mongiu, Archeologia urbana a Cagliari, pp. 51-78; M. Eadem, Cagliari e la sua conurbazione, pp. 89- 124. D. Salvi, Cagliari: l’area cimiteriale, pp. 215-223. R. Martorelli – D. Mureddu (a cura di), Archeologia urbana a Cagliari. Scavi in Vico II Lanusei. Per una mappatura e il regesto delle aree archeologiche antiche A. M. Colavitti, Cagliari: forma e urbanistica.
5 La natura del piano programmatico della città nuova è stata oggetto di analisi e datazioni in miei precedenti lavori: M. Cadinu, Urbanistica medievale, pp. 65-74 e tavv. 17-25, e pp. 105-113; una raccolta di articoli sul tema editi tra il 1996 e il 2008 in Idem, Cagliari; alcune sintesi sono esposte nel paragrafo più avanti dedicato.

Il territorio di Santa Igia

proiezioni, sebbene i luoghi delle sue possibili localizzazioni siano ancora ricchi di elementi di valutazione topografica e viaria, ben poco studiati in chiave storico-urbanistica6. Una città capitale di giudicato che comunque sarà stata il frutto di importanti azioni urbanistiche promosse dai suoi regnanti.
L’assetto del contado di Santa Igia, ancora oggi leggibile nella sopravvivenza di parte dei centri abitati medievali e delle principali vie di comunicazione, è il riflesso della reinterpretazione giudicale della forma antica del territorio7.
L’entroterra cagliaritano appare configurato nel primo Duecento secondo una costellazione di villaggi tesa al controllo di notevoli risorse territoriali; tutti i centri abitati dell’area e di gran parte del giudicato, alcuni dei quali di rilevante tenore, sono l’esito di una tradizione urbanistica vicina a quella delle medine mediterranee, distinte da un tracciato viario organico, tipologie edilizie a corte, prevalente edificazione in mattoni di terra cruda. Simili modelli potrebbero avere informato il primo nucleo della città di Santa Igia8.
I territori di Santa Igia, dovunque la città fosse, dovevano essere perfettamente noti ai tecnici di Lamberto Visconti che nel 1215 si apprestarono a fondare la nuova città pisana sul colle detto Mons de Castro, dove nel 1217 risulta il «casalinum unum positum in Castro Novo Montis de Castro Super
6 È necessario proseguire le indagini recentemente aperte in questo senso, a partire dalle letture urbanistiche e dalla caratura internazionale del suo Giudice, dal lavoro di R. Pinna, Santa Igia, in particolare al capitolo La Forma Urbis di Santa Igia: rifondazione di una città, pp. 144-173. Non pochi cenni documentari indicano concretamente alcuni episodi edilizi, cfr. Santa Igia capitale giudicale, poco approfonditi in chiave urbanistica. Un recente lavoro di sintesi degli aspetti storici è in A. Soddu, Processi di formazione, pp. 63-79.

7 Il ridisegno delle antiche vie romane, l’assegnazione di nomi-numero ai principali centri medievali del contado (Quartu, Sestu, Settimo, Decimo), sembra costituire l’impronta di una importante riorganizzazione insediativa e fondiaria giudicale, tesa a rigovernare un contesto antico e bizantino ormai lontano. La creazione “a tavolino” del centro urbano di Sestu, realmente a sei miglia da Cagliari ma su strade nuove medievali, indicherebbe tale circostanza. M. Cadinu, Le strade medievali, pp. 161-182. Ogni centro del contado è portatore di differenti complessità: G. G. Ortu, Ager et urbs; Idem, Villaggio e poteri signorili in Sardegna. Il caso di Quartu, recentemente studiato, rivela la dimensione rurale e al tempo lo spessore economico dell’entroterra produttivo giudicale: G. G. Ortu, Genesi e produzione storica. Importanti tracce di una fase bizantina, rilevabile nell’eredità artistica conservata in alcuni centri come Assemini o Maracalagonis, consentono di cogliere la profondità storica delle più antiche fasi di formazione: R. Coroneo – R. Martorelli, Chiese e culti, pp. 47-64; R. Coroneo, Ricerche sulla scultura medievale; Idem, Scultura mediobizantina.
8 Si tratta di una tradizione che non riguarda solo il nord Africa ma anche altre isole alcune regioni del meridione europeo; è stata ipotizzata a proposito una fase storica di stretta relazione tra la civiltà giudicale e quella delle regioni del vicino Maghreb. M. Cadinu, Elementi di derivazione islamica, pp. 387- 424; Idem, Originalità e derivazioni, pp. 101-146; Idem, Urbanistica medievale, pp. 16-28; Idem, Urban planning in Sardinia.
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Bagnaria hedificato»9. La loro azione intervenne sulla parte più preziosa dal punto di vista strategico e commerciale, quella fascia costiera sulla quale si inanellavano molteplici luoghi eminenti, tra la laguna e le anse litoranee ricche di approdi sul golfo.
I dati disponibili permettono alcune proiezioni ricostruttive che, seppure in prima analisi, possono contribuire a delineare il reale ruolo di tali luoghi nella geografia del primo Duecento.
I tre capisaldi costieri di Santa Maria de Portu Salis /Portu Gruttis presso quello che sarà il colle di Bonaria, Santa Lucia di Bagnaria, proprio sotto il colle scelto per la nuova fondazione del 1215, e San Paolo-San Pietro più a occidente sulla sponda della laguna di Santa Gilla, sono il terminale di percorsi storici e parte di un sistema unitario che si offre ancora ad una lettura storico-urbanistica10.
Su di essi, tutti sotto il controllo della capitale giudicale, sono utili alcune precisazioni di carattere topografico e soprattutto di valutazione dell’assetto storico-urbanistico dei percorsi viari al contorno.
Il porto del sale, le saline e i suoi apparati ad esempio, così come il canale di San Saturno – il cui tracciato non noto ho in passato identificato nel compluvio naturale occupato nell’Ottocento dalla via ferrata11 – sono stati sepolti da nuovi assetti topografici imposti dalla modernità, tanto da non essere più rintracciabili sul campo e solo in parte in letteratura.
9 Sui presupposti della fondazione esistenti al 1215 vedi C. Zedda – R. Pinna, Fra Santa Igia e il Castro Novo; C. Zedda, Cagliari. Le istituzioni e i commerci, pp. 247-251. Il documento del 1217
. Sancisce tra le molte cose la posizione di Bagnaria e l’esistenza di una città in buona parte formata (E. Putzulu, “Il problema delle origini”, p. 135 e sgg.).
10 Il patrimonio cartografico sette-ottocentesco, osservato attraverso opportune lenti interpretative, offre insieme alle fonti documentarie esistenti numerosi elementi di riflessione sulla forma urbanistica e topografica dell’area. La perfetta sovrapposizione delle planimetrie catastali con le immagini cartografiche moderne e le aereofoto, affinata in occasione del progetto su citato in nota n. 2 ha portato nuovi fondamentali dati sulla giacitura di chiese e percorsi storici. Di questi risultati mi avvalgo nel presente contributo.
edilizia nella Cagliari medievale, p. 52).
11 D. Scano, Forma Karalis, p. 130; M. Cadinu, Urbanistica medievale, p. 74, Idem, Elementi di derivazione islamica. Il percorso ferroviario in origine seguiva una traccia notevolmente incassata nel terreno, in corrispondenza di San Saturno e ancor più verso piazza Repubblica.
di Pisa, Diplomatico della Primaziale, 1218, ottobre, 11, è edito da B. Fadda, Le pergamene, doc. XVII, pp.
Il territorio di Santa Igia
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Oltre Santa Maria de Portu, San Paolo e Santa Lucia, sono state collocate
topograficamente altre chiese non più esistenti, quasi tutte di origine duecentesca: Santa Margherita
(citata nel testamento di Rinaldo del 1256: I Libri Iurium, vol. 1/6, doc. 1060, pp. 227-229); San Giorgio
(non completamente sepolta dai palazzi del dopoguerra sorti su via Fara); Sant’Andrea (non
esattamente mappabile in quanto mai rappresentata in catasto, ma individuabile grazie alla cartografia
settecentesca nella “Fossa di San Guglielmo”); Sant’Anna (la cui posizione originale di piccola chiesa è
orientata est-ovest, sul sito dell’altare della settecentesca grande parrocchiale del quartiere). Sant’Efisio
(in origine orientata est-ovest e sull’odierna area d’altare, vedi in M. Cadinu – L. Zanini, Urbanistica ed
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Archivio di Stato

L’avanzamento della linea di costa, consistente negli ultimi cento anni come si evidenzia grazie alla cartografia storica, permette di individuare i segni di bonifiche e rinterri litoranei. La linea di costa, dal medioevo in tensione tra la crescita del livello del mare, la difesa degli approdi, la costruzione di saline litoranee, sembra essere stata in origine notevolmente arretrata. Le saline “vecchie” di San Pietro e del Lazzaretto ne registrano precisamente i contorni ottocenteschi, mentre quelle scomparse di Bonaria si rivelano nell’analisi topografica del terreno. Lo stesso fronte mare del centro storico, oggi distante 115 metri dal mare, sembra avere guadagnato spazi insediativi nel tempo, fin dalla fase aragonese. Insieme ai tre luoghi “salina” gli attuali giardini della Darsena devono essere intesi come ulteriore luogo di approdo; a ciascuno deve essere assegnata una fase storica di utilizzo12.
3. A oriente. Un porto detto Karalitano
È utile allineare le tracce documentarie che indicano non in una città pisana ancora inesistente prima del 1215 un concreto insediamento portuale. Un porto detto Karalitano, de Carali o con analoghe varianti.
Il suo nome, portus Karalitano, precede di molto la Cagliari pisana e con evidenza si riconnette alla memoria della città antica, mantenuta viva in ambiente giudicale, quindi pisano, poi francescano e oltre. Forse una semplice strategia di utilizzo di un “marchio” ben noto sul piano mediterraneo.
Si tratta di un porto dove il potere giudicale, disponibile a concessioni mercantili, favorisce il radicamento di comunità straniere.
Il porto viene esplicitamente nominato nel 1141, in relazione con la presenza dei monaci marsigliesi, insediati dal 1089 nella chiesa detta in quella occasione Sancti Saturni de portu Karalitano13.
12 Si stima che il livello del mare sia salito di circa 180 centimetri negli ultimi duemila anni, dall’XI secolo orientativamente della metà; ringrazio Gaetano Ranieri e Felice di Gregorio per i discorsi e le osservazioni sul tema. Su questo lungo ambito si dispongono due assi viari, da oriente a occidente: il primo sulla via di mezza costa, sulla traccia della via romana per San Saturno, il piede del Mons de Castro e quindi il Corso; il secondo litoraneo, funzionale ai collegamenti dell’area del Promontorio di Sant’Elia, il golfo del Lazzaretto, il colle di Bonaria, già Portu Gruttis o Portu Salis, l’approdo di Santa Lucia Bagnaria, la portualità interna alla laguna di Santa Gilla presso San Pietro e San Paolo, quindi verso il ponte di Decimo.
13 La chiesa di San Saturno nel 1089, viene affidata dal Giudice di Cagliari ai monaci di San Vittore di Marsiglia. La chiesa è associata a vari appellativi e, nel quadro in esame, sembra essenziale riconsiderare la citazione del 1141, nella conferma di concessione del Giudice Costantino ai monaci Vittorini di Marsiglia, in Cartulaire de l’Abbaye, doc. 850, pp. 241-242: «(…) scilicet eandem ecclesiam monasteriumque sancti Saturni de portu Karalitano, sancti Helie de Monte, sancte Marie de portu de
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Nel 1212 un atto di accordo stipulato tra mercanti pisani e genovesi viene controfirmato dai «consules hominum pisanorum et eius districtus existentium in Karali», a riprova della centralità del luogo portuale nei movimenti mercantili internazionali; ancora nel 1212-13 i genovesi trafficano «apud Calarim portum»14.
La presenza di consoli comporta la formazione di fondaci e di tante altre strutture al contorno, legate all’approdo, al deposito ed alla residenza15.
Deve far riflettere il fatto che nel 1230 la chiesa di Santa Maria del Porto, collocata sotto il colle dove sorgerà Bonaria, sia oggetto della prima sede dei Francescani nella Sardegna meridionale. L’Ordine, notoriamente rivolto verso gli ambiti urbani consolidati, al di là della provvisoria sede tesa al «recipere locum» in attesa di una definitiva fondazione conventuale, potrebbe avere intravisto nell’area il nucleo di una insediamento importante, forse in fase calante ma ancora dotato di prestigio e, in definitiva, di quella caratura strategica da sempre gradita all’ordine. Qualcosa di molto vicino ad un vero nucleo urbano, collegato alla non lontana capitale Santa Igia e in origine suo braccio commerciale e forse militare. In ogni caso appare singolare la collocazione francescana così tanto separata sia da Santa Igia sia dal Castello di Cagliari: la scelta di un luogo “terzo” comunque vitalissimo sul piano insediativo, potrebbe essere stata solo in parte la conseguenza delle tensioni esistenti tra le due vicine “capitali” e dalla incompiutezza del Castello di Cagliari sul piano del riconoscimento religioso. Il protrarsi della sede francescana nel tempo è indice della vitalità del luogo: solo dopo la visita dell’arcivescovo pisano Visconti del 1263, e la costruzione della Darsena sotto il Castro Nuovo attestata epigraficamente nello stesso anno, nel 1274 si creano le condizioni per il trasferimento del convento16.
Salis, sancti Platani, sancti Ananie de Portu, (…), sancte Lucie de Bagnaria, sancti Salvatoris de Bagnaria, (…) Sancti Petri de piscatore (…)». Cfr. in C. Zedda – R. Pinna, 1183: l’anno della concordia, pag. 10-11.
14 Si vedano le considerazioni e le puntuali citazioni a riguardo in R. Pinna, Santa Igia, pp. 104-106. Cfr. anche cenni in E. Putzulu, “Il problema delle origini”, p. 120, che nota come la colonia cagliaritana dei mercanti pisani è «una delle più numerose e importanti tra quelle del Mediterraneo Occidentale»; ancora A. Solmi, Studi Storici, p. 237. È quindi proprio qui che un cantiere navale – e certamente una darsena – esistevano ben prima se nel 1212-13, se ai consoli genovesi perviene la notizia che i pisani stanno armando «naves et galeas apud Kalarim» con l’intenzione di aggredire i loro traffici con Alessandria, cfr. Ottone, Annali genovesi, p. 126, r. 20: «(…) et audientes quod Pisani armarent naues et 20 galeas apud Kalarim, et offensionem, si possent, nostrarum nauium de ultra mare et Alexandria redientium facere intenderent (…)».
15 E. Concina, Fondaci. Sul tema M. Cadinu, “I foundouk”, pp. 58-69.
16 Sulle scelte insediative francescane in generale, alle soglie degli anni trenta del Duecento in stretta relazione topografica col perimetro della città, E. Guidoni, Città e ordini mendicanti, pp. 69-106.
Sulla incompiutezza del Castello di Castro pisano dal punto di vista del riconoscimento religioso si veda R. Pinna, Santa Igia, pp. 151-153. Nel 1263 Federico Visconti, arcivescovo di Pisa, sbarca e viene ospitato

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Nel 1256 la stessa chiesa è dei «Fratibus minoribus Sancte Marie de Portu Calari»17 quindi ancora francescana. Nel 1256 il toponimo compare ancora quando il Giudice di Cagliari «concedet comuni Ianue et Ianuensibus qui voluerint portare salem Ianuam de salina sua de Kalaro (…)»18.
È stato chiarito da tempo che l’area del porto doveva essere collocata presso delle saline, testimoniate nel primo Trecento ai limiti di una delle porte della cittadella aragonese di Bonaria; al suo fianco era la chiesa di Santa Maria de Portu Salis, identificata nel San Bardilio distrutto nel primo Novecento, un tempo in riva al mare19. Al di là delle possibili ulteriori analisi sulla denominazione del porto, che progressivamente tenderà a spostarsi presso la città nuova pisana20, il quadro documentario appare chiaro. Il Portu Gruttis, collocato nel 117421 in corrispondenza della chiesa di Santa Maria de Portu Gruttis, detta de Portu Salis nel 1089, poi dedicata a San Bardilio, è qualcosa di ben più complesso e articolato di quanto fino ad oggi prospettato22. Le saline, come vedremo, possono essere considerate estese in parti della depressione poi
dai francescani insediati in Santa Maria del Porto; il giorno successivo intraprende la sua ricognizione itinerante dei luoghi sacri della città pisana.
17 Già segnalato in Petrucci il lascito di Rinaldo del 1256 ai Fratibus minoribus Sancte Marie de Portu Calari, noto da I libri iurium, vol. II, doc. 1060 (1256, luglio 27).
18 Il documento dal Liber Iurium della Repubblica di Genova è riportato in S. Petrucci, Cagliari nel Trecento, p. 539, n. 1966: cfr. anche in C. Zedda, “Cagliari. Le istituzioni e i commerci”, p. 258.
19 Dopo G. Spano, Guida della città, pp. 304-5; G. Cossu Pinna, “La carta pisana”, pp. 41 e sgg.; M. Tangheroni, “Alcuni aspetti”; M. B. Urban, Cagliari, pp. 36-38 è certa l’identificazione della chiesa e la sua collocazione presso le saline e il porto del sale. Nel 1288 il porto, forse lo stesso, collegato alle saline, era accessibile a navi leggere; il porto del sale resta attivo almeno fino al 1352, quando per facilitare il carico sulle galee viene spostato all’interno del porto di Lapola, sotto il Castello, cfr. S. Petrucci, Cagliari nel Trecento, pp. 541, 550, con riferimento a C. Manca, Aspetti dell’espansione, pp. 52-53, 312-315; P.F. Simbula, Il porto di Cagliari, pp. 303-304. La chiesa di Santa Maria de Portu era posta sulla «riba del mar», presso una omonima porta della trecentesca cittadella di Bonaria, cfr. M. B. Urban, Cagliari, p. 36 e n. 72; la chiesa viene ipotizzata fuori dal circuito murario di Bonaria, da S. Petrucci, Cagliari nel Trecento, p. 143; il documento ivi riportato in nota 459 lascerebbe però pensare il contrario. Un ulteriore luogo di attracco per il caricamento del sale sarebbe stato presso le antiche saline del Lazzaretto, un tempo un ampio golfo prima del promontorio di Sant’Elia, già segnalato dallo Spano, secondo una ottima logica topografica cui ho dato in passato ampio credito; per lo studioso: «Al tempo dei pisani in questa rada vi era il fondo e l’ancoraggio», G. Spano, Guida della città, p. 372; M. Cadinu, Architettura e tecnologia.
20 Ma non abbandonato: il porto di Bonaire è segnalato ancora ante 1520 dall’ammiraglio Piri Rèis, cfr. M. Pinna, Il Mediterraneo, pp. 172-175. All’uscita dalla palizzata davanti a Lapola l’ammiraglio, diretto verso Carbonara, annota:«c’è un porto che si chiama Pôrtô de Bonaire, che è un porto per le barça. Entro quel porto dalla parte NE c’è un borgo chiamato Santa Maria de Bonaire».
21 Data della sua concessione da parte del giudice ai genovesi «sicut pisani habebant», cfr. P. Tola, Codex, I, doc. CII, pp. 244-245.
22 Il luogo è stato notevolmente sottovalutato dalla letteratura; in S. Petrucci, Tra Santa Igia e Castel di Castro”, p. 236 e in particolare in nota 10, si coglie «L’importanza del Porto Gruttis per gli insediamenti sia pisani sia genovesi (…)» con pertinenti osservazioni sul suo ruolo in fase precedente la città pisana.
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occupata dal vecchio parco delle “Ferrovie Complementari” e dal complesso Rai e Velodromo.
Nel 1288 il toponimo compare negli accordi di pace tra il Comune di Genova e il Comune di Pisa nel pignolo elenco dei beni immobili che devono passare in possesso del comune ligure «ripam et portum dicti castri et totum portum kallaritanum». Sono ben distinti la riviera e il porto di fronte alla città pisana (dicti Castri) dal Porto Karalitano («totum portum Kallaritanum cum omni apparatu, instrumentis et rebus pertinentibus ad ipsum portum et defensionem ipsius»)23. Ne deduco che il porto Karalitano, addirittura notevolmente difeso, è a quella data – nonostante la costruzione della darsena sotto il Castello nel 1263 – ancora il vero porto della città; è quello dotato di “strumenti”, come i moli e le gru da carico, che a Bagnaria, come vedremo, compaiono solo nel 1300.
I mercanti pisani “del porto” e i loro consoli ruotano da principio e ancora a lungo attorno alla chiesa di Santa Maria de Porto; solo nel 1318, con la redazione del Breve Portus Kallaretani da parte della comunità de «li mercanti del porto» (X), essi regolano i rapporti tra la nuova sede della Castello e l’Opera della chiesa di Santa Maria del Porto (XXII e XXIII), ancora responsabile della festa che vi si tiene, dedicata all’Annunziata nel mese di marzo24. I mercanti si definiscono «del porto di Kallari», credo a riprova del fatto che il giovane porto del Castello ancora non avesse sostituito tutte le funzioni, ma soprattutto il prestigio del vecchio porto giudicale Karalitano. Si tratta di una comunità decisamente consistente, composta da «(…) tucti li omini jurati del porto soprascripto di Kallari, si degli artefici come dei mercatanti (…)»25. Ancora un elemento che conduce verso la valutazione di un borgo portuale di dimensioni considerevoli, dove abitano in tanti tra artigiani e mercanti, in una sede che permette una certa autonomia – anche politica – ad una parte della colonia pisana26. Le loro famiglie, stanziate nel porto Karalitano e in ottimi affari nel giudicato da lungo tempo, credo si debbano considerare danneggiate
23 Il documento in P. Tola, Codex, doc CXXV, p. 414.
24 I riferimenti dei mercanti sono entrambi lontani dal Castello di Cagliari, ai due capi del territorio: Santa Maria del Porto e l’Annunziata. Quest’ultimo luogo – in contatto con l’area urbana di Santa Igia – è considerato estremo del territorio urbano ancora nei regolamenti ottocenteschi della città; sebbene non vi siano prove della sua esistenza nel sito odierno durante il XIII secolo annotiamo la sua posizione in armonia con i residui precorsi curvilinei originari poi destrutturati nel corso del XIX-XX secolo.
25 F. Artizzu, Gli ordinamenti pisani, pp. 49 e sgg.
26 Si devono considerare le possibili divergenze di posizione e forse di parte politica tra la comunità dei mercanti del porto (da “sempre” nell’area), e i castellani, sostenitori dei Visconti e in quantità giunti a Cagliari dopo la fondazione del Castello. Sulla «latente differenziazione di interessi» tra la comunità pisana del porto e quella di Castello si veda M. Tangheroni, “Famiglie nobili pisane”, p. 216; riprese in M. Cadinu, Urbanistica medievale, p. 69; considerazioni al tempo riferite a Bagnaria, da traslare ora verso il Porto Karalitano.

dall’invasione pisana del 1215, con tutta probabilità dannosa per i locali equilibri e le pratiche commerciali consolidate e redditizie; lo statuto nomina ancora nel 1318 due porti, quello detto «porto di Kallari» (XXII) e quello nuovo («porto di Bagnaia di Castello di Castro», LXIII) sottolineando topograficamente e politicamente una concreta distanza dalla città nuova, riflesso di divisioni politiche presenti a Pisa.
La cartografia storica trasmette dal primo Ottocento un’immagine dell’area ormai trasformata da notevoli interventi moderni27: i due viali rettilinei divergenti (oggi Bonaria e Diaz) sono con evidenza frutto di un ritracciamento da collegarsi ad una probabile azione di estesa bonifica attuata o completata – probabilmente dal 1749 o in precedenza – in occasione della “rinascita” dell’area ispirata dalla grandiosa ricostruzione della vicina Basilica di Bonaria. Si datano agli anni sessanta e settanta del Settecento opere di rettifica stradale e di estesa piantumazione con olmi, che verosimilmente conferiscono all’intero comparto un volto del tutto nuovo, in linea con le coeve sistemazioni dei sobborghi torinesi28.
La sua estensione corrisponde all’area occupata dall’ottocentesco parco ferroviario “complementare”, mentre l’analisi topografica dell’area evidenzia la forte depressione altimetrica di un’area molto più ampia, non inferiore ai 10 ettari, comprendente le caserme dell’esercito (via Nuoro), i lotti adiacenti e il campo “Rai”, ex velodromo29.
È quindi possibile che l’intera piana possa essere stata già in precedenza un’area in parte “umida”, comunque nel tardo medioevo attraversata da un collegamento viario quasi corrispondente all’odierno viale Bonaria, e comunque
27 La più completa raccolta cartografica ragionata in senso storico e urbanistico rimane quella edita in I. Principe, Cagliari.
28 Il tracciamento delle due vie rettilinee può essere considerato quale esito di una fase di grande attenzione settecentesca per il comparto, sotto la spinta del governo piemontese; la ricostruzione della chiesa di Bonaria, su progetto dell’architetto Viana, è datato 1778 (Archivio Basilica di Bonaria, progetto Viana). Si deve però notare che l’intero processo potrebbe essere stato concepito già nel 1653, quando il Convento comunica alla Città le intenzioni di ingrandire la chiesa, che risulta in cantiere nel 1703; i programmi di trasformazione dell’area, interessano anche, a più riprese, i viali e le vie limitrofe: del 1773 è il piano di rettilineamento dei contorni dall’orto botanico fino alla darsena e a san Bardilio dell’ing. Belgrano di Famolasco (Archivio Comunale di Cagliari, sez. Antica, Del. Cons. Part., vol. 65, cc. 159r- 160r., ivi, p. 171; il programma di alberature con olmi dall’Orto Botanico alla Darsena è del 1767, ACC, sez. Antica, Biglietti Segr. Stato, vol. 132, fasc. XI, ivi p. 171; del 1749 lavori di colmata e livellamento di lagune, fossi e pantani nell’area di Villanova, ACC, sez. Antica, Del. Cons. Part., vol. 61, c. 244, ivi p. 172. Le collocazioni archivistiche sono estratte dal regesto edito in E. Gessa Maggipinto – M. Vincis, Le fonti archivistiche, p. 180.
29 La cartografia IGM 1:25.000 del 1885 è preceduta da numerosi rilievi topografici e catastali del Genio Militare. La georeferenziazione delle carte catastali ha portato a precise nuove interpretazioni delle superfici e delle partizioni fondiarie.
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limite tra la terra e il mare, tra San Bardilio/Santa Maria del Porto e l’area del Gesus con la porta di Lapola, il quartiere aragonese sul porto30.
Ecco che, liberi dai vincoli interpretativi dovuti alle forme moderne del territorio, si configura una vasta area pianeggiante, ricca di acque interne, canali e con un porto31. Credo di potere ipotizzare, senza forzare particolarmente le fonti a disposizione, che alla base del colle di Bonaria si aprisse un varco in forma di canale navigabile, accesso ad una portualità interna utilizzato per il carico del sale. E che tale canale navigabile passasse di fronte alla chiesa di San Saturno.
Le saline in questione nel 1174 sono affidate dal Giudice di Cagliari Pietro in concessione ai genovesi, con il «portum Grote [...] sicut pisani habebant»; nell’atto è associata loro la libertà di raccolta del sale, credo di “quelle” saline. Non quindi di saline in genere, tra le numerose presenti nel golfo, né di quelle di Molentargius, delle quali non abbiamo nessuna notizia nel XII secolo32.
La presenza delle saline e del canale, se associata al porto, configura un prezioso approdo interno, in un tratto di costa altrimenti assolutamente non adatto alla portualità. Il litorale è esposto alle mareggiate; durante le conclusive ma lunghe bonifiche novecentesche più volte i lavori furono resi vani dall’allagamento dell’area dovuto allo scavalco della diga da parte delle onde di mareggiata33. Una condizione geografica tipica della portualità del periodo, e quindi giudicale, decisamente orientata verso le acque interne secondo scelte
30 A monte di questa direttrice si progetta da parte di Alfonso IV una nuova espansione urbana mai realizzata (V. Angius, “Cagliari”; R. Conde y Delgado De Molina – A. M. Aragò Cabañas, Castell de Càller; M. B. Urban, Cagliari; P. Sanjust, La grande Cagliari”; D. Corda, “Castel de Bonayre: riscontri archeologici”; G. Todde, “Castel de Bonayre”). Si trattava di una strada nuova da realizzarsi presso la riva del mare e da utilizzarsi quale asse di lottizzazione per un nuovo insediamento; una strada mai realizzata forse da farsi regolarizzando il percorso esistente, quello dove un vetraio riceve un lotto per la propria officina nel 1325, tra la strada e il mare, cfr. M. B. Urban, Cagliari, p. 290.
31 La conformazione topografica dell’area è decisamente segnata dal compluvio verso San Saturno. La portualità giudicale predilige i porti interni, ricavati nei sistemi naturali piuttosto che di fronte al mare aperto. Olbia all’interno di un profondissimo porto naturale, Bosa sull’estuario del Temo, Oristano nelle anse finali del Tirso o alle spalle dei cordono litoranei di Cabras, sono solo alcuni dei porti del XII-XIII secolo indagati in questi anni dalla ricerca.
32 Vi sono saline, secondo la cartografia storica e la documentazione trecentesca, a Perda Bianca, al “Lazzaretto”, a San Pietro, e numerose altre lungo il litorale della Plaia, fino alla Maddalena presso Caput Terrae. Le saline di Bonaria durano nel tempo: nel 1365 un attacco arborense a Bonaria porta alla distruzione delle “case dei salinieri”, cfr. M. B. Urban, Cagliari, p. 86, rimanda a F. C. Casula, La Sardegna catalano aragonese, pp. 281 e sgg. Credo si tratti di una importante conferma di un’area di borgo ancora abitata stabilmente, e soprattutto del persistere del suo interesse economico e strategico ancora nel 1365. 33 F. Corti, La grande colmata.
Il territorio di Santa Igia
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che precedono la diffusione di palizzate ed altri presidi portuali esterni alla linea di costa34.
Un porto canale quindi precocemente attestato, presso la chiesa detta nel 1141 Sancti Saturni de portu Karalitano, la cui relazione col mare non è mai stata molto considerata35.
Ci si può quindi chiedere se non sia proprio nel Portu Karalitano che nel 1248 «mercanti marsigliesi si recano a Cagliari» per acquistare alcune navi36.
Attorno a questo ben protetto porto, secondo differenti dinamiche, si alternano pisani, genovesi; lo stesso Giudice vi possiede le «platzas de donnikellu Petru ki ssuntu ante clisia de Santu Saturni», citate nel 108937. Poco oltre è la “Casa dei Bagni”38 con i ruderi di un tempietto circolare39, in uno scenario che tra fine Duecento e primo Trecento appare quale locus amoenus, ricco di orti, irriguo e stabilmente abitato, precisamente definito, «per fines sine fictas limitatus»40.
34 In Sardegna i casi Bosa, ibidem, e Terranova, ma anche Orosei e Santa Gilla esemplificano tale naturale atteggiamento. Sulla diffusione delle palizzate tardo duecentesche e trecentesche una sinesi in M. Cadinu – R. Pinna, Azioni urbanistiche pisane. Oltre alla nota palizzata del porto pisano di Cagliari di circa 500 pali si ricorda nel 1339 risulta in corso il «complementum» la fortificazione costituita da una palizzata del porto di Vada, pochi chilometri a nord della foce del Cecina, , L. Galoppini, “Storia di un territorio”, pp. 120-1. 400 pali vengono previsti a Piombino il 16 luglio 1337, M. L. Ceccarelli Lemut, “I porti della Maremma settentrionale”, pp. 95-106, in particolare p. 100; «pali del porto» sono indicati a Falesia, Ivi, p. 101; un «molum steccatam sive palatam» era a Castiglione della Pescaia nel 1290 (10 giugno, Archivio di Stato di Siena, Caleffo Nero, Cap. 3, cc. 762-3, 1290, 10 giugno. Una ulteriore palizzata proteggeva il porto di Valencia. Ulteriori quadri in P. Simbula, I porti del Mediterraneo in età medievale.
35 Relazioni dei mercanti marsigliesi con la Sardegna nel XII-XIII sono attestate a Oristano (dove è concesso loro un fondaco nel 1250) e a Bosa (dove i loro consoli governano nel 1254 una fiorente base di commercianti e corallari). Su Pisani e Marsigliesi vedi E. Salvatori, Boni amici. Ricordiamo i contatti Ventimiglia – Marsiglia – Sardegna evidenziati in L. Balletto, “Tra Cagliari e Ventimiglia”, pp. 147-155. Sul caso di Bosa, dove il rapporto tra Marsigliesi e Giudici risulta essere basilare per la comprensione delle dinamiche di nascita della città precedente la signoria dei Malaspina, cfr. M. Cadinu, “Fondaci mercantili” (in corso di stampa).
36 M. Cadinu, Urbanistica medievale, p. 71, notizia da F. Artizzu, La Sardegna, p. 25-26.
37 Nuove letture sugli anni in questione e sulla “donazione” del Giudice Costantino Salusio a San Saturno nel 1089 in C. Zedda – R. Pinna, “La nascita dei Giudicati”, in particolare p. 70.
38 Con probabilità le Terme in proprietà Ravenna, inglobate nelle difese del campo di assedio aragonese.
39 G. Spano, In via Nuoro, “Tempio del Sole”, vedi il rilievo d’archivio edito in D. Mureddu, Le presenze archeologiche, p. 18.
40 Gli orti sono estesissimi, cfr. M. Cadinu, Villanova; Idem, “Elementi di derivazione islamica”; ancora nel Trecento si ricorda la comunità degli ortolani di Cagliari, riconosciuti come gli «homens de la Orta del dit Castell», forse in relazione con gli Orta del Canal, nominato nel XV secolo così come il Canald’En Margens, cfr. M. B. Urban, Cagliari, pp. 203 e 279. Ulteriori nomi di canali in relazione con gli orti determinano il paesaggio della zona. La linea di costa, chiaramente disegnata dalla abbondante cartografia che la descrive dal primo Ottocento, può essere ulteriormente arretrata; per la fase più antica
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Un canale collega le saline di Bonaria col mare, mentre un altro nell’area è detto Canal d’En Margens; uno di questi costituisce una opportunità di difesa per il campo aragonese di Bonaria del primo Trecento. Potrebbe essere lo stesso canale di San Saturno, o un altro chiamato vall de Villanova, oggetto di ulteriore scavo a scopo difensivo con il fine di proteggere la città, ma prima ancora gli orti, in occasione della crisi militare contro gli Arborea negli anni ’60 del Trecento41.
3.1. Il porto e il suo ambito demaniale. Un’origine antica?
L’area del Porto Karalitano medievale, qui oggetto di nuova interpretazione, è nel tempo caratterizzata da una straordinaria dimensione demaniale e militare che giunge fino alla età moderna, probabilmente ancorandosi a ben precedenti condizioni urbanistiche; varie caserme, la piazza d’armi, il Campo del Re, ne sono esempio42; la Corona d’Aragona ne eredita lo status demaniale che in parte si registra al tempo giudicale (delle proprietà del donnikellu Petru durante l’XI secolo ho su riferito43) trasferendone poi alcune parti alla chiesa di Sant’Eulalia, altre alle aristocrazie iberiche radicatesi in città44.
Alfonso Stiglitz indica un porto e accenna ad un’ansa profonda verso via XX Settembre, forse eccessivamente spinta all’interno per via dei livelli e della presenza di vestigia romane quali il tempietto su ricordato; rimane comunque una apertura culturale valida, riferita del resto ad un ragionamento sugli assetti costieri in fase punica, per valutare le possibili portualità antiche in adiacenza a quella che poi sarà Darsena medievale esterna alla Marina, A. Stiglitz, “Osservazioni sul paesaggio”, pp. 1129-1138.
.
41 D. Corda, “Castel de Bonayre: riscontri archeologici”, p. 519, riprende A. Arribas Palau, La conquista, p.
340; un ulteriore fossato è in discussione nel 1325, cfr. M. Tangheroni, “Alcuni aspetti”, doc. IX, pp. 164- 5, e M. B. Urban, Cagliari, p. 26, n. 34.
42 Riguardo alle valenze demaniali della piana, derivanti dalla presenza del Campo del Re, poi Piazza d’Armi, si possono elencare le funzioni, tutte demaniali, presenti nelle cartografie e nei catasti otto- novecenteschi: Esercito, Carabinieri, Vigili del Fuoco, Rai, GIL, Gasometro Comune di Cagliari, Proprietà di Sant’Eulalia e dell’Arcivescovo (poi in affitto alla Società Ossigeno e Idrogeno), Mattatoio, Monumento ai Caduti, Orto Botanico vecchio “Sa Butanica”, Cimitero degli Acattolici (sul sito della Società degli Operai), Manifattura Tabacchi e Magazzini del Sale, Inps, Archivio di Stato, Ferrovie Complementari (parco ferroviario e Stazione Vecchia). Lo stesso sedime della ferrovia, se ricalca il canale di San Saturno su citato, riutilizza una striscia di terreno secca da secoli ma probabilmente rimasta al demanio. Ho relazionato dettagliatamente sul tema nell’ambito del programma di “Conferenze del giovedì in Pinacoteca” con una comunicazione dal titolo “San Saturnino, lontano dai rumori della città”, Cagliari, Pinacoteca Nazionale, Cittadella dei Musei, 26 maggio 2011.
43 Una prospettiva di ricerca sulla demanialità del Mons de Castro, su cui viene costruito il Castello Nuovo pisano, si trova nel confronto tra la donazione giudicale al monastero di San Saturno del 1088- 1089 e la sentenza del 1246 in cui Innocenzo IV ribadisce la pertinenza del monte allo stesso monastero, a Santa Maria di Cluso e al titolare del giudicato, in quella occasione vacante; cfr. C. Zedda – R. Pinna, “Fra Santa Igia e il Castro Novo”. Posso ipotizzare che le estensioni demaniali imperiali originarie, da cui potrebbero discendere quelle giudicali dell’XI secolo, partissero dal Mons de Castro e arrivassero fino
Idem, Cagliari fenicia e punica, fig. 3 p. 46, e p. 50, dove è annotata la portualità medievale insieme ai resti di una colmata nella parte occidentale, verso il palazzo Enel
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Il porto medievale individuato, nella sua consistenza produttiva, plurifunzionale e quindi insediativa delineabile fin dall’XI secolo, potrebbe essersi evoluto da precedenti assetti territoriali.
In quanto demaniale e ambito periurbano della Karales posta ad occidente e sulle falde meridionali del Mons de Castro, tutto l’ampio territorio ad oriente del Mons de Castro – non certo privo di interessanti vestigia – può essere interpretato quale sede di un insediamento diverso, oppure di un castrum sede di particolari forze militari, con carattere portuale e inevitabilmente mercantile45. Un’area demaniale imperiale dove, all’esterno del nucleo principale, si aprivano nel territorio episodi insediativi meno ufficiali, ruotanti attorno alla città, ai suoi interessi commerciali, ai militari di stanza; nominati canabee o vici simili ambiti si riscontrano con una certa frequenza nelle variate dinamiche di crescita o evoluzione esterna alle città romane46; qui, accanto ad un nucleo distinto da funzioni militari, ulteriori e tollerati insediamenti civili, di veterani, di mercanti potevano evolvere in senso anche monumentale, con episodi architettonici di rilievo, con l’ottenimento di particolari rappresentanze e autonomie, e potevano giungere alla occasionale difesa organizzata nei più tardi periodi di crisi47.
La citazione di un munitus vicus Caralis del V secolo, al momento non ulteriormente identificabile, potrebbe riferirsi ad apprestamenti posti a difendere parte di questa area48.
al promontorio di Sant’Elia. In quest’ottica il documento sardo in caratteri greci sarebbe da interpretare non come una dotazione di terreni privati del giudice ma come una «secatura de Rennu», ossia un frazionamento del demanio giudicale, a favore del privato monastero di San Vittore di Marsiglia. In questo quadrante territoriale ritroveremo nel tempo vaste demanialità, quali il Saltus di Monte Urpinu (al 1338), o gli stagni orientali, in seguito sempre regi.
44 Il catasto ottocentesco ne registra le ampie tenute agricole periurbane. Notevoli nell’intorno ulteriori proprietà ecclesiastiche e vescovili.
45 In fase repubblicana ma con maggiori riscontri dalla fase augustea in poi, P. Sommella, Urbanistica romana, pp. 205-206; Ravenna, col porto canale, o Ancona, evidenziano chiare separazioni topografiche e di fasi cronologiche di sviluppo dai centri consolidati, ivi, pp. 200-201.
46«Nelle provincie occidentali il termine vicus (villaggio) era abitualmente riferito anche agli insediamenti più grandi che non avevano autorità municipale. Il termine aveva un preciso valore giuridico in quanto si applicava a comunità dipendenti, che non ostante una limitata autonomia locale, dovevano obbedienza ad un’autorità civile più alta, a volte la tribù, spesso una città vicina», in A. Poulter, “Gli insediamenti”, pp. 81-2, con rimando a Festo (cfr. sul tema anche il saggio di C. Letta, “’Vicus’ rurale e ‘vicus’ urbano”, pp. 81-96) e Isidoro da Siviglia, Etimologie, XV.2, 11-2), con la precisazione che «il termine vicus è applicato anche agli insediamenti vicini alle piazzeforti».
47 La difesa dell’ambito periurbano «per proteggere la comunità di mercanti e veterani che viveva all’esterno della fortezza di Fasi nel Caucaso (in odierna Georgia)» è citata ivi, p. 72. Le casistiche studiate per la fase imperiale e tarda permettono utili raffronti col caso cagliaritano.
48 Oltre alla citazione di P. Terenzio Varrone Atacino alcune utili annotazioni sulla condizione altomedievale in L. Pani Ermini, Il complesso martiriale, pp.7-38: le sollecitazioni alla difesa di Gregorio
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Non possiamo escludere che la Cagliari romana, attestata ad occidente attorno ad un foro non lontano dal mare e dall’area della odierna Piazza del Carmine, vantasse sul fianco orientale, oltre il Mons de Castro, un Castrum dallo spiccato ruolo infrastrutturale e demaniale, caratterizzato da funzioni militari e portuali49, in relazione con il distaccamento della flotta Misenate presente in città, di cui è nota la necropoli dei classarii50.
Questo potrebbe portare alla interpretazione di Karales come città doppia51.
La stessa caratura martiriale di San Saturno invita a valutare confronti urbanistici con altre realtà. La sua costruzione, frutto di acquisizione di aree da parte delle comunità cristiane o di concessioni imperiali, denota la condizione periurbana piuttosto che quella di contado52.
Un’area periurbana ricca di necropoli cui si alternano edifici di culto, terme, indizi di horrea imperiali presso via Iglesias, di deambulationes e ulteriori necropoli paleocristiane verso Bonaria, ma anche di edifici civili53.
Magno a Cagliari, sul «(…) dotare le città e i punti nodali di castra e di strutture fortificate…», ivi, p. 25, sull’ipotesi di collocazione di un «vicus martis et Aesculap(ii)» tra il colle di Bonaria e via Sonnino, ivi, p. 18. . Chiara Portale – S. Angiolillo – C. Vismara, Le grandi isole del Mediterraneo, pp. 218-219.
49 Il valore archeologico delle acque antistanti la piana di Bonaria rinforzerebbe tale visione; cfr. prospezioni recenti in corso di studio da parte di Ignazio Sanna e Laura Soro.
50 Il cimitero dei marinai misenati a Karales era posto sulle pendici collinari adiacenti, in vicinanza della Manifattura dei Tabacchi, cfr. G. Lilliu, “Notiziario archeologico”, pp. 104-106; E. Putzulu, “Il problema delle origini”, p. 104; M. A. Mongiu, “Il quartiere”, pp. 13-22, in particolare p. 21; P. Meloni, La Sardegna romana.
51 Non sono rare le città doppie in tempo romano, una civile e l’altra militare; in aree di frontiera anche “campi doppi”, ciascuno edificato da una legione, eventualmente giunta da lontano in differenti momenti. Un castrum al fianco di una colonia non è raro, anche distante dalla città, e a sua volta luogo di attrazione per borgate di servizio ai militari. Un inquadramento generale in A Poulter, “Gli insediamenti”, pp. 69-97, in particolare pp. 72-82. A Budapest (Aquincum) il castrum militare, ben separato dalla città, dispone anche di un anfiteatro, più piccolo di quello della città madre ma a suo esclusivo uso. Magonza (Esser) ha un porto e insediamenti esterni al castrum legionario, ibidem. La stessa Ravenna è ricordata quale città doppia, in un complesso sistema di strutture tra le acque (Sidonio Apollinare, Epistulae, libro I, 5.5-6).
52 Sulla complessità interpretativa della formazione di ambiti dedicati alle prime comunità cristiane vedi una sintesi in P. Testini, Archeologia Cristiana, pp. 112 e sgg.
53 Una sintesi degli abbondanti rinvenimenti archeologici in D. Mureddu, Le presenze archeologiche, pp.15- 22; Eadem, “Dai primi insediamenti”, pp. 22-23. Interessante la planimetria di questa zona, preparatoria della Forma Karalis di Dionigi Scano, edita in A. M. Colavitti, Cagliari, p. 4. Non corrisponde a tale abbondanza alcuna proiezione ricostruttiva; le necropoli, in teoria al limite dell’insediamento romano, disorientano perché disposte lungo un’area vasta, entro la quale si alternano edifici civili e di culto. La lettura di due Karales aiuterebbe a immaginare più limiti urbani separati e difesi, quindi più “fuori porta” e aree di necropoli lungo le vie. La piana e i suoi limiti collinari, se luogo di insediamento antico, sarebbe stata per pura ipotesi adatta ad ospitare ulteriori infrastrutture o un circo; un sito in letteratura frequente sede di necropoli paleocristiane, non facilmente immaginabile nella densità dell’area della

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Per quanto non sia possibile stimare la continuità di uso dell’eventuale porto militare antico, è però possibile che le radici altomedievali di un approdo così importante siano state esito di più momenti di riuso e manutenzione.
Pertanto si può proporre la visione di Santa Igia nell’XI-XII e parte del XIII secolo come “città doppia”, in diretta discendenza da quella che propongo di considerare una “città doppia” romana, composta da una sede istituzionale e civile posta a occidente e sulle pendici del Mons de Castro e da un Porto Caralitano collocato ad oriente, ricco di pertinenze. È quest’ultimo che diventa il principale porto mercantile e militare della città, verosimilmente fulcro della marineria militare giudicale, affidato o no, in tutto o solo in parte, a pisani o genovesi54.
La sua articolata disposizione, in parte caricatoio del sale, altrove porto commerciale, in altro lato approdo militare, non ci è nota. Ma la valenza insediativa del luogo, da considerare un importante borgo portuale di pertinenza della città giudicale disposta più ad occidente, appare indubbia.
Del resto la lunga storia di questo porto, come abbiamo visto, inizia ben prima della venuta dell’Infante Alfonso e della fondazione della cittadella d’assedio di Bonaria nel 1323. All’epoca della conquista aragonese di Cagliari il colle di Bonaria, collocato sopra il porto, si ripropone quale valida posizione militare dove costruire un optimum castrum sul pulxer podium ad latus maris, capace di mettere in scacco la città pisana, di innescare una decisiva magna alteratio all’assetto militare dei luoghi55.
Il portu de Bonayre, la cui precedente attrezzatura doveva essere ancora migliorata nel 1326 anche con la costruzione di una macchina per elevare e scaricare le merci (lapole), sarebbe stato rinforzato con una palizzata e una catena di chiusura. La dicitura di opere portuali da eseguirsi infra ediffitia è un’ottima conferma che si trattasse del “porto canale” interno da me su ipotizzato56.
Karales civile, quella che si ritiene posta a occidente, presso la laguna, Viale Trieste e la Marina, col Campidoglio nell’area dell’odierna Piazza del Carmine.
54 Non conosciamo nulla delle ben possibili ulteriori presenze mercantili, della forma di fondaci o strutture di servizio alla portualità del primo Duecento. Apre a questa possibile complessità portuale R. Pinna, Santa Igia, p. 133.
55 Circostanza precisamente registrata da S. Petrucci, Cagliari, p. 134, anche con riferimento a M. Tangheroni, “Alcuni aspetti”, doc. II, 1324, p. 154.
56I dati sulle opere portuali aragonesi sono riportati da S. Petrucci, Cagliari, p. 146-147, anche con riferimento a M. Tangheroni, Alcuni aspetti, doc. IX; si intende rinforzare l’accesso del porto con una catena e una palizzata, e quindi con la costruzione di una lapola. Petrucci però interpreta il termine lapola come riferito ad un quartiere nuovo simile a quello a valle del Castello di Cagliari, presso Bagnaria. Ma il documento, con grande chiarezza, dice che la lapola si deve costruire col materiale ricavato dallo smontaggio di due navi in disuso. Non si tratta quindi un quartiere urbano ma di una gru: una
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Credo quindi che quella aragonese sia la ripetizione storica di una strategia già verificata in passato. Colui che esercitava il controllo militare e navale sul Portus Gruttis – in tutti i tempi – era in grado di sbarrare la via navale di accesso a tutti gli ulteriori approdi a occidente, e ancor più all’ingresso della laguna, recesso portuale protetto da ogni vento.
È questo – e non altri – il luogo oggetto della presa di possesso aragonese nel 1323: la tradizione militare ricordava bene quanto fosse quello il nodo terrestre e navale dell’area, chiave del suo controllo57. Ed è quindi con altissima probabilità questo il luogo dove prese terra l’esercito di Lamberto Visconti nel 1215, determinato a occupare il colle del Mons de Castro per fondarvi una città nuova. Non vi sono del resto altri luoghi così opportuni; l’azione di guerra non risulta sia stata portata direttamente sulla città giudicale di Santa Igia, né sembra strategicamente valida l’ipotesi che i pisani potessero sbarcare all’interno della laguna, forzandola e bloccando le proprie forze oltre le catene, a poca distanza dalla città del Giudice. È lecito infatti pensare che la portualità della laguna, nel primo Duecento, fosse tramite un accesso definito, di cui il toponimo IGM Is Cadenas legato ad una delle piccole isolette potrebbe costituire l’ultima testimonianza.
4. Castrum Veterum, Castrum Novum. Castro Novo Montis de Castro
Il nome Castro Novo Montis de Castro voluto dal Comune di Pisa nel 1215 allude con chiarezza ad una novità fondativa (noviter edificato, quindi realizzato ex novo anche se non necessariamente ex nihilo58), da contrapporre alla memoria di un Castro “vecchio”: una nuova operazione militare e progettuale la cui fama,
macchina per elevare la merce, adoperata per caricare sulle navi i pesanti colli depositati sul molo. Sul significato di lapola (gru, puleggia), e la sua trasposizione in toponimo cfr. in M. Cadinu, “Il nuovo quartiere aragonese”, pp. 164-164 e nn. 20, 21 e 22, p. 169.
57 Petrucci ricorda lo sbarco delle trenta galee aragonesi presso la chiesa di Santa Maria del Porto, respinte dagli abitanti del Castello d’intesa con quelli delle “Appendici”, che impediscono la costruzione di una posizione costiera fortificata, cfr. S. Petrucci, Cagliari, p. 95 e n. 252.
58 Consistenti indizi permettono di mantenere aperte le ricerche su strutture preesistenti sul colle: murature diagonali, pertinenti a precedenti case a schiera, inglobate nella lottizzazione duecentesca a schiera (M. Cadinu, Urbanistica medievale); un sedime di teatro antico riusato come limite per il circuito delle mura pisane presso la torre dell’Elefante, analogamente al caso di Volterra (M. Cadinu, Urbanistica medievale e Idem, I catasti). La complessità dell’estremo meridionale del Castello è in questi anni sede di indagini archeologiche, cfr. “Cagliari, indagini archeologiche”; S. Cisci – M. Tatti, “Cagliari. Indagini archeologiche”, pp. 1-24.

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per chiarezza, deve distinguersi da altre realtà evidentemente preesistenti o presenti nella memoria59.
Il luogo è il Mons de Castro, un colle il cui nome deve essere interpretato quale «monte pertinenza dell’antico Castrum»60.
Dalle circostanze su esposte emerge con maggiore forza la possibile esistenza di un «castrum»; questo potrebbe essere stato il nome assegnato alla parte militare e portuale ad oriente della città romana, la cui memoria, probabilmente favorita da non secondarie persistenze insediative, attraversa il medioevo. A prescindere dalle differenti linee di continuità o trasformazione che potrebbero avere avuto le due parti della città antica, occidentale civile e orientale militare, nel 1215 il concetto di preesistenza antica viene percepito chiaramente; e trattandosi di una parte occidentale ormai chiusa entro le mura giudicali, è probabile che la più duratura idea della città antica sia legata a quella orientale con la sua portualità Karalitana. La cosciente attribuzione pisana del termine Novo alla loro opera urbanistica ritengo comprovi tale condizione di complessità.
4.1. Le falde del Mons de Castro e la posizione di “Bagnaria”
La percezione di un “quartiere” sulla falda tra il Mons de Castro e il mare, ossia di un nucleo urbano definito, difeso o dotato di una propria dimensione amministrativa, non è assolutamente supportata da alcun dato precedente il 1215. Della sua formazione abbiamo notizie molto più tardi, e solo relativamente alle questioni portuali legate prima al sito detto Bagnaria e poi Lapola. Il portus Bagnarie Castelli Castri compare solo nel 1272.
Il sito detto Bagnaria risale invece almeno al 1119, quando viene nominato per la prima volta in relazione alla chiesa di Santa Lucia61. Si tratta di un’area litoranea notevole, tra gli attivissimi sobborghi di Santa Igia, la cui estensione e ruolo ante 1215 deve essere discussa. Nel XII secolo vi insistono le chiese di
59 Il Castel Nuovo di Napoli, il Castrum Novum di Algeri − per limitarsi a due esempi − si distinguono dai vicini più noti e più datati.
60 Sulla questione nuovo/vecchio in M. Cadinu, Urbanistica medievale in Sardegna, pp. 66-67 e p. 95, n. 21 nella quale ho preso distanza dalla tesi di Putzulu che indica una derivazione del Castro in questione dal sardo castru, ossia monte, E. Putzulu, “Il problema delle origini”, p. 133 e sgg.
61 In F. Artizzu, La Sardegna, alcuni elementi sulle prime fasi del “quartiere”; il documento in F. Artizzu, Documenti inediti, I, doc. 18, p. 23. Sulla rilettura del sito di Santa Lucia e del suo ruolo nel quadro urbano e portuale dei secoli XI-XII si veda in M. Cadinu, “Il rudere della chiesa”, pp. 244-248, insieme ad alcune riflessioni sul toponimo Bagnaria, per lunga tradizione legato a terme ed acque. Il Portu Bagnarie Castelli Castri è ricordato ancora in un documento del 1300, cfr. F. Artizzu, Documenti inediti, I, p. 56-7; ancora il port de Banyayra è citato nel 1326, cfr. M. B. Urban, Cagliari, p. 30, n. 49.
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Santa Lucia62 e San Salvatore, site in “Bagnaria”, distinte dall’appellativo de Civita63.
È ora il caso di collegare, per la prima volta, il San Salvatore detto de Bagnaria nel 1120 e 1141 con quello citato il 19 aprile 1540, posto a occidente di un terreno sulla via tra Lapola e Sant’Avendrace, confinante a oriente con san Nicolò64; in questo sito, sulla chiesa, i carmelitani erigono il loro convento alla fine del XVI secolo. A fronte di questo assunto il disegno della forma della Bagnaria giudicale può includere e scavalcare il fittizio margine del viale ottocentesco dedicato a Carlo Felice, inquadrando un ambito che dobbiamo immaginare entro il poligono tra San Salvatore, San Nicola65, San Leonardo con l’ospedale66, Santa Lucia e il mare67. All’interno di tale poligono ricade il sacello ipogeico di Sant’Agostino, ricostruito in forme nuove nel XVII secolo su un sito che può essere reputato ben precedente68.
62 Le Santa Lucia sarde, ma soprattutto quelle mediterranee, insistono su approdi defilati rispetto al centro, e si circondano di funzioni come quelle descritte in M. Cadinu, “Il rudere della chiesa”, pp. 544- 575 e in particolare pp. 545-548. Sulla ipotizzata funzione di luce notturna per l’approdo ivi ricordata sovviene il nome di un «Lucius de Santa Luce [...] habitator Stampacis», cagliaritano impegnato in un contratto del 16 gennaio 1302 stile pisano, citato in F. Artizzu, Documenti inediti, I, doc. 39, p. 61.
63 Nel 1119 sono citate: S. Salvatoris, & S. Luciae de Civita, cfr. VeterumScriptorum, coll. 657-658. Nel 1120: sancti Salvatoris de Bagnaira, sancte Lucie de Civita, Cartulaire, doc. 850, pp. 241-242. Nel 1141: Sancte Lucie de Bagnaria; Sancti Salvatoris de Bagnaria, ivi, doc. 1008, pp. 467-468.
64 A. Pasolini – G. Stefani, “Microstoria di un sito urbano”, p. 19 e n. 59, con una sintesi trascritta dal documento conservato nell’Archivio di Stato di Cagliari. Dionigi Scano aveva citato il documento e indicato la chiesa quale sito su cui viene edificato il convento dei Carmelitani, senza però collegare la chiesa con quella del 1119, cfr. D. Scano, Forma Karalis, p. 110.
65 Sul Sancti Nicolai de Capusolio, quindi del Campidoglio, incardinato a tubazioni di derivazione dell’acquedotto antico, cfr. A. Pasolini – G. Stefani, “Microstoria di un sito urbano”, pp. 22-24. Sul radicamento della dedica nel territorio regionale giudicale cfr. ivi, p. 18. Un confronto in R. Martorelli, “Il culto di santa Cecilia”, pp. 85-102.
66 Nel 1225 vi è traccia di tali funzioni data la presenza in un documento di un «donno Guidoni rectori hospitalis de Bagnaria», con ospedale per infermi, terre e orti adiacenti, cfr. M. B. Urban, Cagliari, p. 59, n. 21; V. Schirru, “Le pergamene”, pp. 100-103. La dipendenza dell’ospedale di San Leonardo di Bagnaria da quello di San Leonardo di Stagno al Porto Pisano e la vicinanza politica tra questo e le casate giudicali sancita da altre donazioni (da parte del giudice Barisone nel 1176 e da parte del Giudice Pietro nel 1178), cui segue la vicinanza con i Marchesi di Massa, porta Raimondo Pinna a ipotizzare la fondazione della chiesa di Bagnaria alla fine del XII secolo, cfr. R. Pinna, Santa Igia, pp. 338-340.
67 Santa Lucia è vicinissima al mare; San Salvatore è nel documento del 1540 sulla via da Marina a Sant’Avendrace, a breve distanza dal mare, cfr. A. Pasolini – G. Stefani, “Microstoria di un sito urbano”, p. 19, n. 59.
68 L’epigrafe sul sito del vecchio convento rimanda alla ricostruzione dell’altare nel 1638 in ricordo delle spoglie del santo lì costudite tra il 504 e il 722.

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Un toponimo adiacente alla chiesa di San Salvatore, detto nel 1561 «Turri Longas», è indizio del ruolo limitaneo del sito, confine tra nuclei diversi69.
San Nicola è citata nel 1222 in relazione alla revoca della scomunica subita dai sodali di Ubaldo Visconti, colpevoli di avere invaso il Giudicato di Cagliari70; è il papa Onorio III che nell’occasione si rivolge al priore pisano della chiesa. La circostanza mi sembra quasi sufficiente ad affermare che la chiesa esisteva anteriormente al 1215, e fosse quindi pertinente agli assetti periurbani di Santa Igia: non credo che la cancelleria del Laterano, da dove la lettera partiva, si rivolgesse a chiese fondate da pochissimi anni.
Bagnaria è un approdo mercantile secondario, privo di particolari attrezzature portuali fino alla costruzione del grande porto del Castello pisano munito di palizzata, testimoniata ben più tardi, di servizio all’area portuale e alla Darsena costruita nel 1263. Solo nel 1300 compare la «Leppula portu Bagnarie Castelli Castri» con la menzione della leppula, una macchina per il sollevamento delle merci posta sul molo del porto71.
Nel 1215 e in anni precedenti Bagnaria, un ampio ambito costiero alle falde del Mons de Castro, si affaccia quindi al mare sui due lati di quello che dobbiamo ritenere, anche in epoca medievale, un limite costiero tra la laguna e il golfo. Sul versante interno Bagnaria è in adiacenza dei luoghi dove sorgono nel tempo le saline di San Pietro, interrando quello che potrebbe essere stato il primo luogo utile dove approdare al riparo della laguna; sul litorale marino, di fronte a Santa Lucia, solo in teoria si sarebbe potuto avere un piccolo approdo
69 Il toponimo, come la chiesa, ancora ricordati nel 1570, scompaiono pochi anni dopo in fase di costruzione della chiesa e convento dei Carmelitani, che accorpano a questi luoghi ampie proprietà all’intorno; il documento è in Archivio di Stato di Cagliari, Ufficio Insinuazione, Tappa Cagliari, Notaio Melchiorre de Silva, Atti Sciolti, vol. 256, s.c.
70 Due documenti, recentemente editi ma non tanto noti, retrodatano ulteriormente al 1222 la presenza di una chiesa di San Nicola. I documenti sono stati trascritti di recente in Onorio III e la Sardegna, docc. 115, 116, pp. 147-148. Ringrazio Corrado Zedda per la riproduzione degli originali (Archivio Segreto Vaticano, Registri Vaticani, Vol. 11, f. 189, 2; 3), attualmente suo oggetto di studio.
71 Si tratta di una gru da carico, verosimilmente montata su base rotante e assimilabile alle macchine di cantiere mosse da uomini al cammino all’interno di una grande ruota di legno per mezzo della quale si aziona un albero orizzontale sul quale si avvolgono le funi che raggiungono in alto le pulegge. Il termine è già adoperato nel 1264 in un contratto di nolo di un nave che viaggia tra Pisa e Bugia in Tunisia dove si legge che la lappula esiste anche nel Porto Pisano, F. Artizzu “Il porto”, p. 24, cita in parte il documento del 1264 che descrive la nave Bonaventura e le circostanze del viaggio, da M. L. De Mas Latrie, Traités de paix, Volume 1, documento del 10 agosto 1263 stile pisano p. 39; sempre all’Artizzu, che però non decodifica il termine, si deve l’edizione del documento del 1300, cfr. F. Artizzu, Documenti inediti, I, doc. 37 p. 56-7. I due documenti esprimono invece chiaramente, a mio avviso, la dinamica di consegna carico delle merci e stivaggio delle merci, e la consuetudine di consegnarle per l’imbarco ai piedi della Lappula. Tali macchine, diffuse nell’antichità e nel medioevo, erano in servizio a Cagliari fino alla metà del XIX secolo, si veda M. Cadinu, “Il nuovo quartiere aragonese”, p. 165. Le pulegge sono attestate nella cantieristica e nella pratica medievale, cfr. C. Du Cange, Glossarium, s.v. Polegia.
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come quelli in questa epoca spesso registrati presso tali dedicazioni periurbane72.
In Bagnaria e al suo immediato intorno si delinea una notevole presenza di acque, sia disponibili per l’utilizzo, sia destinate ad usi rituali, cui riferire anche il toponimo fonte nuova73, la vasca battesimale presente a monte nelle pertinenze della chiesa del Santo Sepolcro74, le adiacenti cisterne e pozzi75, una fontana antica presso Sant’Eulalia76, l’ulteriore grande cisterna sotto l’aula di refettorio di San Francesco da Paola77, il citato pozzo di Santa Lucia di Bagnaria.
Bagnaria vive strette relazioni con la chiesa di San Saturno dei monaci di San Vittore di Marsiglia, cui Santa Lucia e San Salvatore vengono concesse nel 1119. Il collegamento tra San Saturno e Bagnaria rimane nel tempo, documentato
72 Approdi spesso separati, come a Napoli o a Palermo, o in corrispondenza di differenti pertinenze, come la fondazione arcivescovile di una Santa Lucia de loco Baniaria nei dintorni di Salerno, negli anni 1047 e 1051; sulla questione M. Cadinu, “Il rudere della chiesa di Santa Lucia”, p. 547 e sgg.
73 Registrato dal catasto sul luogo della Piazza Savoia e già oggetto di tante osservazioni sul suo eventuale ruolo in antico, da Motzo in poi; un collegamento seppure impreciso già in I. Principe Cagliari, p.35,n.6.
74 La vasca “paleocristiana” è stata posta in evidenza in recenti scavi nella Sacrestia. Il collegamento tra l’acqua e il Salvatore, con stratificazioni antiche e preistoriche, è stato fatto nel caso dell’omonima chiesa del Sinis: R. Zucca L’ipogeo di San Salvatore.
75 Un barquilio, tipico vascone di accumulo presso i pozzi a noria, è testimoniato nel ricco documento inedito dall’Archivio della Parrocchiale di Sant’Eulalia, 1519, 2 dicembre: «Ego [...] Michael Oriol notarius publicus civitatis Callaris [curatore dell’eredità dei] pupillorum filiorum et heredum honorabili magistri Anthono Orrù maniscalli ville nove [vendo] … duas domos contiguas simul cum coquina [sta]bulo ac corrallo barquillo sive aquario in dicto corrallo costructo et quondam gruttam sive (cloaclam ?) simul contiguas sitas intus villam llapole ad latus hospitale Sancti Antoni [proprietà onerata da alcuni censi] …ipsas domos contiguas coquina stabule corrale barquilio et quondam gruttam… de abisso usque ad celum quas dicto nomine seu dicti pupilli et heredes tenent et possident per purum liberum et francum alodium in dicta villa llapole latus hospitalis Sancti Anthoni et terminatur a parte ante cum pa[... ...]s et dirrutis veteris et platea dicte hereditatis via publica mediante partim et partim cum domo magistri Gabrielis Murta manescalli vico mediante ex uno latere cum capella invocationis Sancti Sepulcri vico hospitalis mediante ex alio latere cum corrallo hered[...um?] [di]cti xico et a parte retro cum dicto hospitalis [...]». I compratori erano magistro Petro Manies e sua moglie Talasia, per un prezzo di 280 libbre di monete correnti. Nel documento si identifica con precisione il vicolo tra l’area di San Sepolcro e l’Ospedale, oggi Scalette di San Sepolcro, in adiacenza con ruderi antichi (dirrutis veteris); nella piazza un profondo pozzo, ritrovato nelle recenti fasi di ripavimentazione, è ancora oggi visibile. La costruzione dell’Ospedale di Sant’Antonio, su autorizzazione reale e del Vescovo di Cagliari, è del 1365, G. Cavallo, “Il porto di Cagliari”, p. 24, cita ACA, Cancilleria, reg. 1008, f. 266.
76 Citata in M. B. Urban, Cagliari, p. 271. La grande cisterna “ottocentesca” sotto il sagrato della chiesa potrebbe avere avuto a che fare con la fonte antica. La trecentesca Sant’Eulalia costituisce il perno di eventi che, a seguito degli imponenti rinterri trecenteschi e di poche evidenze archeologiche, non è precisamente valutabile nel suo assetto durante il XII secolo; un’area certo di notevole carisma e attività, atteso il fatto che oltre agli importanti sostrati antichi ancora nel Trecento se ne evidenziano complessità e storia; cfr. R. Martorelli – D. Mureddu – F. Pinna – A. L. Sanna, Nuovi dati sulla topografia di Cagliari.
77 G. Spano, Guida, p. 202. 115

ancora nel 1338 e fino al 1405, mentre i “francesi” rimarranno per secoli ancora radicati alla chiesa di Santa Lucia78.
All’interno del poligono descritto Bagnaria, senza alcuna cesura urbanistica verso oriente nota ante 1215, può essere vista in relazione col sito dove nel XV secolo sorge il complesso di Santa Maria di Gesus, poi manifattura dei tabacchi, per il quale possiamo solo ipotizzare un pur probabile e precedente importante monumento.
Il sito, naturale conclusione della formazione collinare di promontorio alle sue spalle, incombe orograficamente su quello che sarà il bacino della Darsena medievale pisana dopo il 1263, denso di preesistenze antiche e più oltre di notevoli murature forse protese verso il mare79.
Il ritrovamento in loco della stele dell’arcivescovo Rico del 1190, che ricorda la fondazione di un’opera di architettura a noi non nota, ci proietta ancora verso la fase storica immediatamente precedente la fondazione del Castello pisano80.
5. A occidente. San Paolo e San Pietro. Preesistenze e portualità
La posizione un tempo litoranea delle due chiese di San Pietro e della non più esistente chiesa di San Paolo suggerisce una condizione di portualità sulle sponde della laguna di Santa Gilla, disposta in lunghezza tra le due chiese, in un contesto topografico ben differente dall’attuale.
78 E. Baratier, “Inventaire”, p. 54, G. Spano, Guida, p. 195. Santa Lucia col suo hospicium passa all’arcivescovo nel 1405, in cambio di San Leonardo e altri beni. Santa Lucia è «Oratorio de’ Francesi» nella carta della seconda metà del XVIII secolo edita in copia in Scano, Forma Karalis, fuori testo. I Quinque Libri riportano dal 1606 al 1720 numerosi cittadini francesi, provenzali in vari casi, sepolti nella chiesa; la seconda cappella a destra è inoltre documentata come concessa alla famiglia del conte Guglielmo Touffani, conte di Nureci e Asuni per acquisizione del feudo nel 1753; di origine marsigliese, si stabilizza a Cagliari ed entra in possesso di estesi possedimenti agrari nel contado, cfr. M. Cadinu, Il rudere, passim e le ricerche tutt’ora in corso. Ho contribuito con questo aspetto alla Relazione dal titolo “Indagini di archeologia urbana nell’area della chiesa di S. Lucia della Marina”, svolta con R. Martorelli, D. Mureddu, F. Pinna, nell’ambito di “Ricerca in Cittadella. Giornate di studio di Archeologia e Storia dell’Arte”, Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio. Cagliari, Cittadella dei Musei, 12 maggio 2012.
79 Tra via XX Settembre, via Campidano e viale Regina Margherita ulteriori notevoli preesistenze romane, vedi A. M. Colavitti, Cagliari; R. Martorelli -D. Mureddu, Archeologia urbana a Cagliari. Scavi in Vico II Lanusei.
80 Sulla stele vedi A. Guerriero, “Ipotesi sulla provenienza”, pp. 53-64, dove la si inquadra come proveniente da altra area, o quale materiale di spoglio della chiesa di Santa Maria di Cluso, ancora però non precisamente identificabile. In R. Pinna, Santa Igia, p. 333 e sgg., si ipotizza l’esistenza in loco di un’altra opera, forse un lazzaretto. L’autore evidenzia la straordinaria caratura della figura di Rico, Arcivescovo per due decenni nella fase cruciale precedente la fondazione del Castello Nuovo Pisano.
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La chiesa di San Paolo è un luogo notevole del suburbio trecentesco, non una banale chiesa scomparsa, se nel 1337 è ricordata un’Opera di San Paolo81. Essa è collocabile con precisione, a 500 metri da quella dedicata a San Pietro, con la quale stringe evidenti relazioni82. Entrambe giacevano sulla sponda della laguna da cui si dipartivano – prima della costruzione della ferrovia – gli originali tracciati della strada comunale San Paolo e Contrada di San Pietro83.
Il tracciamento ottocentesco dei viali Trieste, Sant’Avendrace, Trento (prolungamento del Corso dall’Annunziata in poi), e della piazza del Carmine, quindi quello della strada ferrata lungo l’originale sponda della laguna, ha radicalmente cambiato gli assetti di un’area dal determinante ruolo nelle dinamiche di trasformazione tra la città antica e le fasi medievali; i percorsi precedenti e la linea di costa, considerati nel loro documentato disegno ottocentesco, permettono di ricostruire le forme dei luoghi con attendibilità e quindi di riconsiderarne il valore storico.
In questa porzione suburbana le linee dei percorsi curvilinei persistenti nella cartografia storica differiscono radicalmente da quelli di impostazione otto- novecentesca. Alcuni di essi devono essere considerati – sulla base della qualità del tracciato e della lottizzazione a schiera – coevi o precedenti la costruzione del Castello di Cagliari; in particolare il Corso, di notevole e regolarissima sezione stradale, lottizzato a schiera, si propone come asse commerciale medievale84.
Non è possibile stabilire con certezza se il Corso sia un borgo esterno al Castello di Cagliari – e quindi immediatamente successivo alla sua fondazione – oppure se preesista, in parte residuo urbano della strada principale della
81 L’iscrizione è riportata in A. Pistuddi, Architetti e muratori, «A(NNO) D(OMINI) MCCC/XXX VII OPERA/RIU MASTRO HIDE /DEO EVENESIONE G / ARA OPERE S(AN)C(T)I PA/ULI».
82 Circostanza notata in P.G. Spanu, La Sardegna bizantina, pp. 28-29; l’autore indica una serie di ritrovamenti che giustificano l’ipotesi di aree cimiteriali – con quella di San Pietro – attive in fase paleocristiana. La chiesa è nel 1089 «Sancti Petri de Piscatore», cfr. G. Cossu Pinna, “Inventari”, pp. 249- 260, doc. 1010, pp. 470-471.
83 La sovrapposizione dei catasti storici e della cartografia d’archivio permette la precisa lettura dei luoghi, supportata da più documenti cartografici di dettaglio tra cui la planimetria conservata nell’Archivio Comunale di Cagliari, A 01, in scala 1:500; la chiesa distrutta di San Paolo è all’interno del parco ferroviario, in un luogo che sembra in parte intatto, ideale sede di prospezione archeologica. La tradizione dotta ottocentesca ha attribuito a queste due chiese un valore nella identificazione della città giudicale di Santa Igia. G. Spano, Guida, p. 330, ricorda al fianco di San Paolo il cimitero dei «cholerosi», documentato, mentre si abbaglia nel collocarvi le Sancti Pauli Portas, indotto dal Martini e le false pergamene di Arborea, affermando quindi con lui che lì incominciava Santa Igia, estesa verso Nord e il Fangario. Dopo lo Spano in tanti hanno seguito in modo acritico tale intepretazione.
84 M. Cadinu, Urbanistica medievale; Idem, “Originalità e derivazioni”. La sinuosità, particolarmente evidente nel tratto tra Portoscalas e Palabanda, è tipica delle strade curvilinee disegnate e lottizzate a schiera nel XII e primo XIII secolo; sul tema cfr. E. Guidoni Arte e Urbanistica; Idem, Il Duecento.

distrutta città Santa Igia; quest’ultima ipotesi, verosimile e ipotizzata da Raimondo Pinna, comporterebbe la visione in sistema del Corso e della Via Carloforte su citata, insieme alle vie adiacenti testimonianza della unitaria strutturazione curvilinea dell’area85.
La via Carloforte giunge al Corso dalla chiesa di San Pietro86 con un percorso sinuoso di rilevante caratura topografica che collegava la mezza costa (il Corso) con l’ambito litoraneo lagunare. Si definisce qui un rilevante nodo urbano dove il Corso, curvilineo secondo il tracciato medievale, è affiancato a monte da tratti rettilinei dell’acquedotto romano della città87. In questo punto, alla confluenza delle due strade, sul terminale della valle di Palabanda88, alcune osterie costruite secondo la tipologia delle corti chiudibili, sono verosimilmente “eredi” di fondaci medievali89. La loro posizione, di regola in diretta relazione con le porte urbane e all’esterno delle mura, deporrebbe a favore della collocazione di un insediamento giudicale in luoghi non distanti da questi90.
Nella valle, poco più a monte, in posizione non precisata dalle fonti, si ricorda il «fossar maior nou» della giuderia, «posat en la porta appelat a Falabanda», porta non nota tra quelle di Stampace; forse una porta rurale o meglio l’esito di
85 R. Pinna, Santa Igia, pp. 144-182. La tesi di possibile collocazione di Santa Igia lì espressa si sviluppa a seguito delle mie valutazioni sulla possibilità di datare il corso al primissimo Duecento (R. Pinna, Santa Igia, pp. 16-17; M. Cadinu, Urbanistica medievale, p. 69); riprendo quindi con piacere il dibattito.
86 Chiamata così in seguito la costruzione dei viali a valle: il nome di Stradone di San Pietro viene attribuito alla strada, oggi detta viale Trieste, nell’Ottocento.
87 Sebbene non vi siano prove non si può scartare l’idea che nel medioevo parte della linea d’acqua potesse essere ancora in uso o restaurata; nel 1274 i Francescani si situano nelle sue immediate vicinanze.
88 Si deve precisare che il toponimo Palabanda si estende alla valle tra il quartiere di Stampace, l’anfiteatro romano, la parte che alla metà del XIX secolo sarà l’Orto Botanico e il Corso. Orti e alberi sono indicati nel 1584, «in termino Stampacis», presso una fontana (D. Scano, Forma Karalis, p. 109). La fontana di Palabanda, concessa da Filippo II a Giovanni Tommaso Porcell con l’ampio e fertile podere al contorno, «(…) gittava agli eredi del Porcell mille ducati annui di rendita ai tempi dello scrittore Bonfant. (…)», citato in P. Martini, Biografia Sarda, vol. 3, p. 60.
89 La forma di grande corte rettangolare con tante cellette disposte sui lati, col portico anche al piano superiore è documentata anche da immagini d’epoca oltre che dalle planimetrie catastali. L’arco di Palabanda era in origine l’ingresso di una di queste (l’Osteria S’Ecca Manna – ossia del Grande Cancello); in adiacenza un’altra corte-fondaco era detta Osteria Sa Sciarra mentre di fronte una terza analoga corte è leggibile nelle forme catastali, nonostante lo sfondamento funzionale all’apertura della ottocentesca via Osteriedda. M. Cadinu, Urbanistica medievale, pp. 147-149.
90 Alle spalle delle case a monte del Corso più siti di case romane, con mosaici, e le insule dette “villa di Tigellio”. Sulla ricerca e riutilizzo francescano di siti antichi si veda in L. Zanini, Les ordres mendiants, p. 97 e sgg.; la “via del Condotto”, oggi via Angioi, discende ortogonalmente verso il mare in adiacenza coi lotti francescani.
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precedenti assetti urbani, non necessariamente da riconoscere con l’attuale arco91.
La posizione del cimitero “nuovo” è molto periferica rispetto a quello posto in San Guglielmo e adiacente alla giuderia del Castello; ci si deve chiedere quindi il perché di tale assegnazione periferica, e se la comunità, presente in Castello dall’epoca pisana, non potesse avere ricevuto in quel frangente aree in luoghi già di sua competenza, rimaste a lungo inutilizzate92.
Il censo di questo fossario, pari a XXV alfonsini minuti, si paga il giorno «de Sant Pere et de Sant Pau», quindi titolo delle due chiese “giudicali” a valle, e nel documento si annota che il prezzo equivale a quello di 1 fiorino di Firenze, quindi moneta toscana, evidentemente adoperata in un precedente tempo per la determinazione del censo93; potrebbe trattarsi di un retaggio di consuetudini precedenti la fase aragonese. Al contrario, in anni non distanti, i censi del fossario adiacente al Castello si onorano il giorno della «Santa Maria de Agost»94. Vale la pena di ricordare che i fossari sono concessi alla comunità ebraica dal Re, e sono quindi da considerare quali luoghi demaniali95.
Fondaci medievali e fossari della giuderia, in genere adiacenti alle città, non costituiscono alcuna prova ma indicano ancora una qualche caratura urbana del sito tra Palabanda e il Corso.
A rinforzo di tali considerazioni si può portare il dato costituito dal tracciato a doppio arco inflesso del percorso della via Carloforte e la sua continuazione sul Corso, dai piedi di San Michele, all’arco delle osterie di Palabanda sul Corso, fino a San Pietro dei Pescatori. L’andamento è ben definito e analogo a quello dei borghi di prima formazione di numerosi centri del periodo, posti tra due eminenti nodi urbani. Limitandosi ad alcuni confronti di area toscana si chiamano i tracciati dei primi borghi lineari di Massa Marittima, Scarlino e nella stessa Pisa.
91 Il documento in C. Tasca, Gli ebrei, pp. 642-3. Pagava nel 1403 un censo di XXV alfonsini minuti. L’attuale arco è invece l’accesso dell’osteria ottocentesca su ricordata.
92 Ricordo la analoga difficoltà di ricollocamento immobiliare delle aree della vecchia giuderia del Castello, dove «nessun cristiano voleva andare ad abitare», sottratta nel Trecento e infine riassegnata alla comunità, cfr. in M. Cadinu, “Ristrutturazioni urbanistiche”.
93 Il censo in Alfonsini, che è pari ad 1 fiorino di Firenze secondo il documento, mi permette di identificare il fossario – se pure con le riserve del caso – con quello citato nel 1365 in C. Tasca, Gli ebrei, p. 416.
94 Il fatto che vi sia un passaggio di “cambiavalute” tra il Trecento e il Quattrocento indica − con le dovute cautele − che il fossario di Palabanda ha in una prima fase una valutazione alla toscana, poi convertita in un’altra catalana.
95 Nello studio dell’area di Palabanda e sull’ipotesi di collocare lì l’antico fossario della comunità ebraica, è rilevante il fatto che la valle si ricorda essere stata nella disponibilità dei Gesuiti di San Michele di Stampace, dipendenti in origine dalla sede di Santa Croce, chiesa del Castello costruita sulla sinagoga che incamera ampie pertinenze della Juharia cagliaritana.

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Una ulteriore via, scomparsa quasi del tutto, collegava il tratto basso della via Carloforte con la chiesa dell’Annunziata96.
Non abbiamo maggiori elementi di riprova sulla possibile localizzazione di Santa Igia in questo ambito; credo però che su queste basi si possano ricercare le cornici interpretative di un’area tutt’altro che anonima e periferica. Possiamo ipotizzare che la sua posizione, interna al circuito della antica Karales, abbia offerto molti requisiti ad una rifondazione medievale, coerente con i processi di “ritiro” della dimensione insediativa classica97.
Santa Igia degli anni precedenti il 1215 doveva avere una forma urbanistica completa ed evoluta; questo dato – il più difficile da comprovare oggi – deve comunque essere indagato lavorando intorno a questioni topografiche e modelli interpretativi sulla scala geografica, alla luce di metodiche proprie della storia dell’urbanistica medievale. Un sicuro porto giudicale della città, entro la laguna, presso San Paolo o San Pietro de Portu, o tra qui e Bagnaria, porterebbe il baricentro di Santa Igia molto vicino all’antico centro della città romana.
In questo scenario i luoghi dedicati a Pietro, Paolo e Lorenzo possono essere il segno di una riorganizzazione del territorio secondo le direttive impartite dalla riforma “gregoriana”. Al loro intorno l’Annunziata, San Nicola in Campidoglio, San Salvatore e Sant’Efisio98, pur non omogenei in termini di datazione documentata, determinano una condizione di straordinaria densità cultuale probabilmente derivata da una notevole componente insediativa tra XII e inizi del XIII secolo99.
Qui, prima della fondazione del Castello, si dovrebbero intensificare le ricerche di Santa Igia; pur tenendo conto che Stampace, dove forse i profughi di Santa Igia vengono ospitati (o costretti) dopo il 1258, si caratterizza per essere l’area a maggiore densità di culto della Sardegna meridionale. Emerge la notizia dell’oratorio di San Paolo, forse omologo intra moenia di quello rimasto nel territorio periurbano. Il numero di chiese e oratori esistenti dentro le mura di Stampace potrebbe riflettere la complessità sociale, etnica e culturale dei suoi
96 Interrotta dagli sventramenti urbanistici realizzati per l’apertura delle vie Mameli e Pola, residua nel suo tratto a valle.
97 La complessità del tema, e la mancata definizione del circuito di Karales rende ancora più complessa la questione; orientamenti disciplinari in E. Guidoni, La città europea; Idem, Il Medioevo, P. Demeglio – C. Lambert (a cura di), La Civitas christiana.
98 La chiesa di Buon Cammino o San Lorenzo, di arcaica tipologia a due absidi, rilevante nella geografia cagliaritana, è collocata sul crinale a monte dell’anfiteatro romano della città. Nel Giubileo del 1330 è luogo di visita per l’ottenimento delle indulgenze (G. Spano, Guida, p. 356). Si aggiunge Santa Anania (cripta di cui non sappiamo nulla, ma presso il lotto del San Francesco nel 1274).
99 Un orientamento sulla caratura delle dediche in R. Martorelli, Martiri e devozione. 120

abitanti; ciascuno dei loro gruppi potrebbe avere avuto la possibilità di dedicare le propria strada ad un santo, quindi ad erigervi una propria sede100.
Nella conclusione del XII secolo e l’esordio del XIII – fase di notevoli cambiamenti nella storia dell’urbanistica italiana ed europea – l’intensificarsi delle relazioni giudicali con le regioni d’oltremare può essere considerata portatrice di importanti aggiornamenti progettuali, in particolare verso l’affermazione del “borgo lineare” sinuoso, cui assegnare un ruolo direzionale e commerciale portante.
In altri centri sardi in fase di crescita alle consuetudini urbanistiche di chiara impronta mediterranea sembra affiancarsi l’adozione di questo modello stradale, in fase di piena affermazione nel panorama italiano ed europeo. Nel centro-sud della regione ricordo centri come Santa Giusta o Villamassargia, caratterizzati da nuove fasi urbanistiche cui la cultura giudicale sembra pienamente partecipe101.
Possono essere quindi mantenute in secondo piano – almeno in questa fase di studi – le proiezioni di identificazione del sito della città di Santa Igia in aree lontane, totalmente scollegate dal cuore insediativo della città antica, prive di caratura religiosa, di portualità, di evidenze urbanistiche. Almeno che i pur interessanti contesti archeologici non si associno a ulteriori evidenze che convincano che non si tratti di episodi insediativi collocati nel ricco contado medievale cagliaritano.
6. La fondazione del Castel di Castro e l’interruzione della unitarietà territoriale di Santa Igia
Il colle sul quale viene fondato il Castello di Cagliari è il terminale di “promontorio” di una lunga conformazione geografica di crinale, in diretta
100 Efisio, Restituta, Margherita, Giorgio, Michele (e nel XV secolo sul sito S. Egii e S. Alfò, cfr. M. B. Urban, Cagliari, p. 245), Antonio (ibidem), Paolo (oratorio, D. Scano, Forma Karalis, p. 112). Nell’immediato intorno Andrea, Guglielmo, oltre a San Francesco e la cripta di Santa Anania (1274) e Bernardo. Terranuova Bracciolini, fondazione toscana più tarda, conserva una densità di chiese altissima che testimonia la documentata e forzata provenienza dei suoi popolatori da vari borghi dotati di molti vicinati legati a propri santi, cfr. C. Fabbri, “Le terre nuove fiorentine”, pp. 9-32.
101 Le aperture oristanesi e bosane verso il Midi e il Monferrato, le relazioni con Toscana, Liguria, gli ambienti imperiali e altre aree centro meridionali d’Italia, rendono interessanti i percorsi di lettura delle espressioni urbanistiche giudicali, ricchi di componenti in questi decenni di studi in fase di emersione come dotati di una propria identità. Su Villamassargia e i borghi lineari sardi vedi M. Cadinu, Urbanistica medievale, p. 62; Idem, “Originalità e derivazioni”, pp. 118-122; sul caso di Santa Giusta, M. Cadinu, “Il contesto territoriale e urbano”; su Bosa M. Cadinu, “Fondaci mercantili”. Sul contesto europeo e mediterraneo si rimanda a E. Guidoni, La città europea; Idem, Storia dell’urbanistica. Il Medioevo.
Il territorio di Santa Igia
121

relazione fisica con il mare. La posizione di promontorio, altamente considerata nelle dinamiche territoriali medievali, permette la difesa naturale di tre lati; sul quarto lato, il più debole, una solida fortificazione può proteggere la stretta via di crinale di accesso al terminale del promontorio, nel caso di Cagliari corrispondente alla porta di San Pancrazio102.
La vicinanza tra l’estremo del promontorio e il mare costituisce la componente strategica principale dell’occupazione pisana: il controllo militare del colle permette loro di tagliare letteralmente in due la secolare organizzazione lineare litoranea cagliaritana.
La traumatica cesura stravolge gli assetti del ricco territorio di Santa Igia: i contatti tra l’area della città giudicale ad occidente (forse tra San Pietro, San Paolo, San Nicola, il Corso ecc.) e la valle di San Saturno e Santa Maria del Porto a oriente (con le saline, il porto del sale già porto Gruttis o di Kallari, il polo mercantile) sono per la prima volta interrotti103; l’approdo di Bagnaria è posto sotto la diretta minaccia del colle (il Mons de Castro), da cui si controllano le percorrenze territoriali est-ovest lungo la costa e la mezza costa, fondamentali nella più intima ragione storica dell’insediamento cagliaritano104.
L’arco di crinale che dalle quote costanti intorno ai 90 metri degrada verso il mare descrive un limite naturale di alta valenza strategica; una linea dal lato orientale notevolmente scosceso, dall’area posta sopra l’odierna piazza d’Armi, verso il crinale di Buoncammino, lungo il Colle del Castello e verso il tratto finale verso il mare, dove l’ottocentesco viale Regina Margherita viene realizzato artificialmente colmando discontinuità fino a 9 metri di profondità (presso via Eleonora d’Arborea, scavi Vivanet, fronte bastione di Monserrato- Scala di Ferro) e 4 metri (verso la manifattura tabacchi, al tempietto scavato da M. A. Mongiu)105.
102 La posizione di promontorio, tipicamente nelle confluenze fluviali, o in ambiti collinari è così diffusa nel medioevo europeo da rendere poco utili elenchi e casistiche. Sulla questione dei crinali, dei promontori e delle prime scelte insediative medievali, è sempre utile l’analisi di G. Caniggia, Strutture, passim. Devono essere poi discussi sul piano progettuale le fondazioni di centri come Cagliari, Berna, Gualdo Tadino, Vitoria o Abbadia San Salvatore, analoghi fisicamente al caso cagliaritano e sede di coeve fondazioni pianificate.
103 La via per l’oriente dell’isola, da San Saturno, filtrata dalla presenza del Castello, viene scollegata dalla sua origine. È forse questa la fase che prelude ad un nuovo tracciamento di alcune strade, quindi a nuovi equilibri insediativi dell’area.
104 Un’ampia fascia territoriale circostante il colle, fatta di falde ripide ma anche di versanti degradanti, cambia i suoi assetti a seguito dell’azione militare di Lamberto Visconti del 1215. Sulla precedente condizione di parziale utilizzo del colle si veda C. Zedda – R. Pinna, “Fra Santa Igia e il Castro Novo”; C. Zedda, Cagliari, pp. 247-251. Cfr. soprattutto Idem, “La Sardegna giudicale”.
105 Cfr. i dati in M.A. Mongiu, Il quartiere, pp. 20-21. 122

La presa e la fortificazione del Mons de Castro comporta l’esigenza militare pisana di un sicuro controllo dei punti di approdo immediatamente a valle e – verosimilmente – la protezione fisica delle vie di comunicazione tra il Castello Nuovo e il mare.
Due siti di approdo a mare, Bagnaria e la Darsena, possono avere motivato interventi urbanistici sulle falde verso il mare del Mons de Castro.
Il più vicino punto di contatto tra il colle e il mare è quello che si ritiene fosse Bagnaria, approdo commerciale presto noto anche come porto, esplicitamente citato nel 1217 e noto dal 1119 in relazione la chiesa litoranea di Santa Lucia106.
Il tracciamento della via Barcellona – strada portante di massima pendenza del quartiere tardomedievale, documentata dal primo Trecento in poi – può risalire a questa fase: secondo un profilo curvilineo, si dirige precisamente da Santa Lucia verso la porta del Leone, accesso meridionale al nuovo Castello107. Due linee murarie di difesa essenziali la avrebbero protetta, racchiudendo un’area disegnata da percorsi curvilinei tra loro coordinati, ancora presenti nella Marina odierna, forse parte dell’insediamento di Bagnaria108.
I due muri tra Castello e il mare, costruiti solo dopo il 1215, lasciano fuori a occidente il complesso San Salvatore e San Nicola, come abbiamo visto considerabili quale parte della originaria Bagnaria.
Sappiamo di questi muri dalla testimonianza del 1327 di Alfonso IV, che indica l’area per lo sviluppo del quartiere aragonese «[...] inter castrum predicti et mare, sicut includitur inter muros qui protenditur ab utroque latere Castri predicti usque ad mare [...]» e quindi descrive le mura pisane109.
Una torre, sul sito di Sant’Agostino/San Leonardo, segnalata da tempo quale parte di una prima linea fortificata, è assegnabile a mio parere solo agli anni immediatamente successivi il 1215 e al tratto orientale di questa prima difesa. Le due cortine murarie possono quindi essere ipotizzate nel tracciato
106 «Castro Novo Montis de Castro super Bagnaria edificato», Archivio di Stato di Pisa, diplomatico Primaziale, 11 ottobre 1217, in B. Fadda, “Le pergamene”, doc. XVII. Il «super» indica una posizione di inequivocabile incombenza, cfr. E. Putzulu, “Il problema delle origini”, p. 99, n. 17.
107 Non deve essere considerato il tratto terminale di valle della via Barcellona, oggetto di rettilineamento nel quadro della rifondazione aragonese trecentesca che potrebbe aver comportato un artificiale avanzamento della linea di costa, secondo prassi adoperate in quegli stessi anni dai tecnici della Corona d’Aragona a Barcellona, Palermo, Napoli ecc. cfr. M. Cadinu, “Il nuovo quartiere aragonese”. Il suo tratto superiore, destrutturato con la costruzione dei bastioni tra Cinquecento e Seicento, risolveva con curve o rampe il salto di quota e gli accessi agli antemurali.
108 Sono quelli della parte alta di Marina, parte più antica del quartiere, M. Cadinu, “Ristrutturazioni urbanistiche”; Idem, Urbanistica medievale; Idem, “Il nuovo quartiere aragonese”.
Stupisce vedere a distanza di due decenni ricostruzioni, anche recenti, che indicano in quella zona aree di vuoto o campagna, appiattite sulla ricostruzione di Dionigi Scano del 1934, ormai insostenibile, che indicava la prima Marina nelle strade a reticolo “romano” a valle.
109 Traggo la citazione dal documento edito in M. B. Urban, Cagliari, p. 43.

occidentale che lambisce la chiesa di Sant’Agostino Nuovo e in quello orientale passante non lontano dall’abside della chiesa di Sant’Eulalia110.
Non abbiamo ad oggi particolari motivi per affermare che Bagnaria fosse un’area murata prima del 1215. La percezione dei due viali Haussmanniani ai lati del quartiere – generati in conseguenza dell’abbattimento delle mura medievali e poi moderne – ne aveva obliterato l’immagine, creando un presupposto interpretativo nella lettura dei luoghi.
Un ulteriore approdo, favorito dalle condizioni preesistenti, si colloca nella Darsena, lungo la prosecuzione ideale del crinale su citato.
La discesa del crinale verso il mare porta a considerare l’eminenza del rilievo a monte di Sant’Eulalia, oggi Santa Rosalia e presidio militare dell’Esercito, e un secondo rilievo sul mare, quello dove sarebbe sorto il Gesus111, sotto il quale sembra disporsi la Darsena medievale. Questo sito, forse ancora nel medioevo protetto da più antiche sostruzioni a mare112, potrebbe essere stato riorganizzato in chiave militare a seguito della fortificazione del Castello Nuovo pisano a protezione del porto di Bagnaria posto subito a occidente. Ma questa azione deve essere stata caratterizzata da una certa lentezza, dovuta alla piena funzionalità del Porto Karalitano dove la comunità mercantile pisana si mantiene attiva durante la fase di coesistenza di Santa Igia e del Castro Novo. È solo nel 1263 che abbiamo testimonianza di una Tersana113, in genere un luogo di scalo protetto militarmente, con cantieri navali, di frequente posto al limite delle mura, spesso quasi distaccato dalla figura della città; il caso di quella di Pisa, lungo l’Arno, esemplifica tale consuetudine.
Sul piano progettuale la Darsena si dispone in perfetta coerenza col disegno della nuova fondazione, allineata alle due torri della città alta, dette del Leone e dell’Aquila (San Pancrazio): le torri sulle porte, che possiamo immaginare
110 In M. A. Mongiu, Il quartiere, p. 20, fig. 12, viene indicata una torre riusata come campanile in Sant’Agostino nuovo; in A. Cossu, Storia militare, p. 25 si indica, se pure senza riferimenti topografici, una ricostruzione di due cortine parallele molto vicine tra loro.
111 Lungo questa linea si devono registrare i potenti riempimenti storici posti a risarcire altrettanti salti di livello. Il primo a oriente del crinale, (angolo viale Regina Margherita – via Eleonora d’Arborea) dove la necropoli risulta circa 9 metri sotto il piano stradale; il secondo sul sito della parrocchiale di Sant’Eulalia, con variabili interri, anche di 6 metri, che separano la città romana dal Trecento.
112 Nessuna evidenza documentaria permette di valutare questa posizione portuale come attiva nel XII secolo. D’altra parte la densità delle preesistenze più antiche, quale il famoso muro di via Campidano, avrebbero favorito la difesa dell’ansa protetta esistente al suo occidente anche nel primo Duecento. Il grande muro di via Campidano, se resto di una più antica portualità, potrebbe avere costituito una preziosa spalla di protezione ad oriente dell’approdo. La citata lapide di Rico costituisce un forte indizio di presenza insediativa negli anni precedenti il 1215. Su ulteriori più datate preesistenze cfr. A. M. Colavitti, Cagliari.
113 Sull’epigrafe, ritrovata in Sant’Anna, quindi fuori posto, vedi D. Scano, Forma Karalis, p.145: «Hec Tersana Castri fuit edificata (…)».
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presenti se pure in forma diversa da quelle trecentesche fin dalla prima fondazione, sono funzionali alla percezione dal mare dell’allineamento nautico necessario per seguire la rotta di “entrata” delle navi in porto. Quali segnacoli di avvicinamento in porto per i naviganti di alto mare le torri del Leone e dell’Aquila (San Pancrazio) si allineano con la Darsena e disegnano tre elementi di un medesimo originario requisito progettuale militare indispensabile per la città-porto114.

7. Il progetto del Castello Nuovo
In questo contesto, sfruttando in modo spregiudicato le opportunità offerte dalle condizioni litoranee, il disegno del progetto del Castello di Cagliari fu tracciato al suolo a seguito di una meticolosa analisi del terreno, delle preesistenze e della forma topografica del sito.
La necessità di programmare centinaia di “casalini”, lotti edificabili a schiera secondo un piano stradale ordinato, creando le condizioni per la loro rapida assegnazione e costruzione, non distolse i progettisti dalla valutazione di più alti principi fondativi, sostenuti da una vera e propria ”arte del costruire le città” nel XIII secolo ben collaudata sul piano europeo115.
La complessità deriva dalle notevoli qualità dei suoi sconosciuti progettisti, intenzionati a realizzare una “grande opera”. Ubaldo Visconti, già potestà di Siena – città regina delle pianificazioni urbanistiche e monumentali in questa fase storica – legato alle amministrazioni di città quali la stessa Pisa, Massa Marittima o Volterra, sembra in questo caso attingere alle grandi realizzazioni centroeuropee.
È possibile affermare che il disegno della città sia stato redatto ed approvato nei suoi particolari e quindi, dopo un tracciamento unitario, avviato verso l’esecuzione ed il completamento116. Tale azione, come si verifica in tanti contesti del tempo, comporta sia la preliminare assegnazione “sulla carta
114 M. Cadinu, Cagliari vista dal mare, Idem, Urbanistica medievale; Idem, “Il nuovo quartiere aragonese”. Un assetto destinato a cambiare a seguito della rifondazione del quartiere del porto da parte degli Aragonesi, con la rotazione del fronte del mare secondo il nuovo reticolo progettuale, calibrato sulla via Napoli.
115 Circa 750 case risultano nel catasto aragonese degli anni ’30 del Trecento, cfr. F. Bocchi, “Regolamenti urbanistici spazi pubblici”; E. Guidoni Il Duecento; Idem, Storia dell’urbanistica; Idem, L’arte di progettare le città.
116 Indicazioni sui miei precedenti studi sul piano di fondazione del Castello pisano, nella precedente nota 4; prima di tali lavori non era presente nella letteratura locale il concetto di fondazione urbana medievale: Cagliari, come altre città della Sardegna, sarebbero nate gradualmente, o in modo spontaneo secondo la forma dei declivi, dei crinali, dopo certe date, prive di un controllo tecnico e urbanistico.

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progettuale” ancor prima del tracciamento, sia l’assegnazione con incentivi particolari o con favori a nuove categorie di popolatori, sia la concessione – in genere per 29 anni o per un tempo definito – a fronte di un censo alto o simbolico; una quota di lotti programmati in origine, i casalini, possono costituire una riserva per assegnazioni successive oppure restare vuoti117.
Tra gli elementi che indicano che anche il Castello di Cagliari dovette seguire questo schema vi è il documento del 1217 che – a brevissima distanza dalla data di nascita della città – descrive sia la Piazza del Comune sia la Ruga Mercatorum, elementi centrali della fondazione; i casalini ivi nominati sono nella documentazione del periodo con gran frequenza associati al progetto di espansioni urbane e nuove fondazioni118.
Un fascio di linee curve, disposte secondo il verso della lunghezza del colle, gestisce il disegno di urbanizzazione della città nuova. La precisione del loro tracciamento presuppone una notevole sicurezza nel controllo del disegno preparatorio: assunta quale guida la centrale Ruga mercatorum il disegno viene ripetuto a oriente e a occidente, rispettando sostanzialmente la posizione delle traverse, ossia delle strette vie di collegamento tra le strade principali. La traversa più settentrionale viene tracciata tramite una corda disposta sull’angolo meridionale della torre dell’Aquila.
L’aderenza del segno curvo alle forme flessuose della natura, teorizzata e applicata tanto da lasciare precise tracce nella trattatistica rinascimentale, segue semplici regole compositive e si giustifica con ideali estetici e razionali119.
La Ruga Mercatorum, primo asse viario della città ed elemento regolatore del reticolo curvilineo di impianto, è disegnata trascurando la posizione del crinale del colle. Case di legno, ma anche cinte urbane di legno, sono di norma realizzate nelle prime fasi urbane delle città europee; le testimonianze di steccati a Iglesias, così come di tecnologie edilizie del legno e della terra cruda a Sassari,
117 Tanti casi di fondazione indicano la realizzazione nel tempo di un progetto definito; l’assegnazione dei casalini, così come la fondazione di mura e torri, segue prime fasi provvisorie, spesso in legname, per poi concretizzarsi in definitive forme, cfr. M. Cadinu, “I Casalini”, passim. Non conosciamo i tempi del completamento delle assegnazioni, ma si può ritenere che, almeno in forma di piccole case in legno, la fondazione ebbe un buon immediato successo: nel 1223 l’area dell’Elefante è già ricca di edificato, nel 1330, alla conquista aragonese, sembra non esserci più un lotto rimasto libero.
118 Nel documento si nomina anche la Ruga Marinarorum. I casalini e le loro ricorrenze documentarie nelle città italiane sono analizzati in M. Cadinu, “I casalini”.
119 Leon Battista Alberti ricorda ancora, pur in pieno rinascimento, i motivi funzionali ed estetici della strada in curva. L. B. Alberti, De re aedificatoria, libro IV, cap. 5, e libro VIII, cap. 8.
E. Guidoni, Arte e Urbanistica in Toscana. Idem, Il Duecento, pp. 197-212. 126

si associano bene alla casa in legno nominata nel Castello di Cagliari nel 1223120. La frequente citazione di portici nella documentazione duecentesca lascia immaginare che tale elemento, completamente perduto, concorresse a conferire eleganza ad alcune vie del Castello di Cagliari.
Il grande incendio del 1386, capace di distruggere interi isolati del Castello, avvia un processo di ricostruzione in pietra e la contestuale annessione dello spazio del portico alle unità edilizie. Le case-torri, pur ipotizzabili e in piccola misura residue nel tessuto urbano, sarebbero state definitivamente inglobate nell’edificato121. Tali circostanze porterebbero a costruire l’immagine urbana duecentesca, fatta di case a schiera, molte in legname, con portici lignei; le sezioni stradali, con la considerazione degli spazi semi privati dei portici, avrebbero quindi avuto ben maggiore ampiezza.
Tre animali mitici vengono evocati a protezione del Castello Nuovo, e ad essi vengono associati i nomi delle tre torri-porta. L’associazione dei tre animali, presente nell’arte medievale122, invita a tenere in debito conto la loro caratura simbolica, astrologica e apotropaica; è pur possibile che, come avvenuto in altre fondazioni, essi possano avere avuto un ruolo nelle decisioni legate al progetto o alla posa della prima pietra123; è possibile però discuterne in merito alla proiezione della sua forma araldica, particolarmente evidente nel progetto della città tardo-duecentesca quadripartita in forma di aquila.
La città di Berna presenta alcune interessanti analogie col caso di Cagliari; ritengo che, tra le tante fondazioni del periodo, essa sia stata considerata quale mirabile e “grandioso” esempio da seguire, vista la scala monumentale dell’impianto e la magniloquenza della concezione curvilinea delle nuove strade porticate.
Fondata nel 1191124, si colloca in un’ansa fluviale che riproduce nella sostanza la condizione cagliaritana di città su promontorio. Il suo punto terminale, una preesistente posizione fortificata posta ad impegnare l’estremo del
120 Documento citato in parte in E. Putzulu, “Il problema delle origini”, p. 117, n. 69, ora pubblicato da Corrado Zedda in questo stesso volume, dall’Archivio della Certosa di Calci, Fondo Pergamene, Pergamena n. 402, 1223 marzo 22, Cagliari.
121 M. Cadinu, “Documenti e testimonianze”.
122 Vedi ad esempio nella Cattedra di Ursone, citata in M. Cadinu, Figura e simbolo; Idem, Urbanistica medievale.
123 A Pisa l’ariete, e il suo segno zodiacale inserito in un quadro astrologico, è considerato nel piano della fondazione, cfr. E. Guidoni, Arte e Urbanistica.
124 Da Berthold V di Zähringen Cronica de Berno, I, scritta nel 1325 c., che celebra la precoce presenza in città dell’Ordine Teutonico, dal 1233 nell’Ospedale di Santo Spirito, presente dal 1218. Molto documentata la presenza teutonica a Pisa, ma dopo l’avvio del Trecento, con la chiesa di San Giorgio de’ Tedeschi, e notevoli espressioni artistiche di scuola tedesca ad essa collegata.
Il territorio di Santa Igia
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promontorio, potrebbe costituire un ulteriore elemento di raffronto con Cagliari125.
La presenza sistematica dei portici a Berna, nel Castello di Cagliari presenti ma in una misura non nota, è solo una delle similitudini strutturali; la fondazione svizzera presenta analogie nella disposizione del gruppo cattedrale- palazzo civico lungo un asse centrale trasversale, separatore di due porzioni della organizzazione urbana126.
Le due città, i cui isolati curvilinei sono esito di tracciamenti ex novo di fasci geometrici paralleli, possiedono le «traverse», stretti elementi di collegamento tra le vie, coordinati planimetricamente tra loro; il centrale (Kreuzgasse) collega il Münster con il Rathaus, attraverso la fontana centrale127; a Cagliari, dove il luogo di cambio dei nomi della via «de supra» e «inferiori» non è noto, sulla serie di traverse centrali si collocano la piazza (platea comunis), la fontana, il gruppo monumentale composto da arcivescovado, cattedrale, palazzo civico, loggia.
Il disegno della città nuova raccoglie quale prima esigenza quella di rendere accessibile alla navigazione il suo principale approdo, probabilmente la Darsena. Le due torri sul colle, se pure ancora non nelle forme colossali assunte nei primi anni del Trecento, svolgono il ruolo di segnacoli (probabilmente diurni e notturni) per le navi provenienti da alto mare. Così come testimoniato nel Porto Pisano, allineare la rotta alle torri garantisce alle navi una “entrata” sicura da bassifondi e insidie. La direzione geografica individuata, forse utile per il settaggio delle bussole, è quella che unisce Cagliari con Pisa, e diviene l’«asse sacro» nella fondazione della città128.
125 Sulle interessanti preesistenze in corso di studio e scavo nei pressi della torre del Leone vedi S. Cisci – M. Tatti, “Cagliari. Indagini archeologiche”.
126 I portici di Berna sono documentati in fase di ricostruzione in muratura dopo l’incendio del 1405, cfr. F. Opll, “I portici nelle città a Nord delle Alpi”, p. 250. La presenza di portici in area tedesca fin dalle fasi duecentesche suggerisce la possibilità che la loro esistenza a Berna, eventualmente in costruzione lignea, possa risalire all’impianto di fondazione, motivando la straordinaria larghezza delle vie edificate con un chiaro orizzonte culturale di strada-piazza mercato, orientata est-ovest, secondo una tradizione che al tempo della fondazione della città coinvolge altri luoghi urbani quali Palermo o Sassari, con riferimento alle città mercato mediterranee. M. Cadinu, Urbanistica medievale in Sardegna, p. 77.
127 È il punto di cambio dei nomi delle strade e dei numeri civici. M. Cadinu, I catasti, p. 64.
128 Le due torri rivelano la posizione navale della città a chi possiede una carta nautica. Il confronto con la così detta “Carta Pisana” (fine XIII secolo) permette di verificare la validità di questa tesi, contrassegnata da un eccellente grado di precisione oggi misurabile con strumentazioni avanzate. (M. Cadinu, “Cagliari vista dal mare”; Idem, “Simbolo e figura”). L’orientamento non verrà abbandonato all’atto della fondazione dei due quartieri di espansione della città, Stampace e Villanova, disegnati dopo la metà del XIII secolo, le cui strade principali sono direzionate esattamente nella medesima inclinazione (M. Cadinu – L. Zanini, “Urbanistica ed edilizia”; M. Cadinu, Urbanistica medievale). L’assialità dell’impianto sembra essere considerato importante nelle fondazioni urbane del periodo,
128

Questo requisito sembra essere alla base del progetto. Nessuna altra variabile, quale la posizione del crinale del colle o le preesistenze, modificano la scelta, i cui esiti si trasmettono nella tradizione urbanistica e militare successiva, tanto da essere registrati con chiarezza nelle rappresentazioni della città ancora nel XVI secolo129.

8. Conclusioni
Nel tempo immediatamente precedente la fondazione del Castello di Cagliari da parte dei pisani la topografia dei luoghi è profondamente differente dall’immagine ottocentesca sulla quale si è configurata la cartografia pervenuta. Alcuni nodi territoriali, di cui i documenti offrono un’immagine via via più definita, disegnano un’area di stratificazioni, percorsi e portualità complesse meritevoli di rinnovate letture.
La città giudicale di Santa Igia, disposta ad occidente del Mons de Castro in un’area non precisabile ma ad alta densità di indizi monumentali e urbanistici, è collocabile tra San Paolo, il Corso e il Carmine, in dialogo con l’area del porto Karalitano; è questo un approdo interno posto ad oriente, sotto il colle dove sorgerà Bonaria, presso delle saline e lungo un canale oggi non più esistenti, dove i porti nei secoli XI e XII sono detti anche “del sale“ e “delle grotte”. Una condizione strategica, dai rilevanti apparati insediativi fissi, prima sede mercantile pisana, in relazione con la ricca piana di San Saturno, tale da attirate il primo insediamento francescano della città.
Tale disposizione lungo il litorale configura in fase giudicale una forma urbana “in lunghezza” e “doppia”, ereditata dalle fasi tardo antiche. In posizione litoranea mediana un’area di notevole caratura, parte della civitas dell’XI secolo ma esterna alla città di Santa Igia, ha il nome di Bagnaria: si estende notevolmente a cavallo della linea di istmo che separa il mare del golfo dalla laguna di Santa Gilla, includendo luoghi quali Santa Lucia, San Nicola del Campidoglio e la scomparsa San Salvatore, da riconoscersi sul sito del Carmine.
A seguito della presa del colle detto Mons de Castro e della fondazione “sopra Bagnaria” del Castello Nuovo pisano nel 1215, si creano le condizioni per la radicale riorganizzazione della portualità dell’area giudicale cagliaritana, questa volta in senso pisano. Il nuovo castello presidia il litorale e ne interrompe

come recenti studi hanno indicato nel caso di Piombino, rifondata dal 1212, data della costruzione della Porta di Terra, cfr. G. Bianchi, “Dalla progettazione”, pp. 394-399.
129 Il disegno edito nel 1550 per la Cosmographia Universalis del Münster vi si ispira esplicitamente, cfr. M. Cadinu, “Cagliari vista dal mare”, passim.

traumaticamente la tradizionale linearità insediativa, isolando Santa Igia sulla parte lagunare.
Bagnaria e la Darsena – con rispettivi ruoli commerciale e militare – entrano in relazione diretta con la nuova fondazione, a esclusivo suo vantaggio; su di essi si spostano, se pure con lentezza e con maggiori indizi dopo la distruzione di Santa Igia da parte dei pisani nel 1258, gli interessi mercantili pisani incentrati sul porto Karalitano. Si definisce un assetto inedito che, dopo avere assoggettato al controllo del Castello pisano l’accesso navale alla laguna di Santa Gilla, ne definisce il tramonto.
Tra le conseguenze della cesura operata dai pisani, esito delle difese militari necessarie a difendere il contatto tra il Castello e il mare, vi è la creazione di un “dentro” e un “fuori” dell’area della Marina, ossia del sistema Bagnaria- Darsena. Parte di Bagnaria – l’ambito di San Salvatore e San Nicola del Campidoglio – rimangono fuori dalle nuove mura erette tra il Castello e il mare.
Osservata in questo contesto, la decisione di impiantare una città nuova pisana nel 1215 in danno al potere giudicale locale appare maggiormente motivata e strategica. Il piano distrugge le condizioni geografiche preesistenti e mette in crisi i consolidati assetti mercantili e militari. Mediante un progetto moderno, basato sulla definizione di eleganti strade curvilinee, coordinato con i nuovi accessi portuali, la città di Pisa crea una sua seconda sede, destinata a condurre la linea della sua politica mediterranea.

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―. “1183: L’anno della concordia. Il compromesso tra Ricco, arcivescovo di Cagliari e Austorgio, abate di San Vittore di Marsiglia”, in Archivio Storico Giuridico Sardo di Sassari, Nuova Serie, n. 18, 2013, pp. 1-47.
Zucca, Raimondo. L’ipogeo di San Salvatore del Sinis, Sassari, Carlo Delfino Editore, 1992.

10. Immagini
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Fig. 1
La fascia litoranea tra la laguna di Santa Gilla e il promontorio di Sant’Elia ha subito nei secoli ripetute fasi di trasformazione dovute all’avanzamento della linea di costa e alla costruzione di saline litoranee (di San Pietro a occidente, di Bonaria nella piana, e ad oriente quelle dette del Lazzaretto). La linea tratto punto (c-c) indica l’ipotesi della linea di costa nel XIV secolo, notevolmente arretrata rispetto alla documentata linea ottocentesca (b-b).
Lungo il tracciato romano da oriente (a-a) si dispone la chiesa di San Saturno (23, dal 1089); a occidente del Castello Pisano la densa monumentalità periurbana è probabilmente legata alla destrutturazione della capitale Giudicale di Santa Igia, non precisamente collocabile. Fanno parte della geografia del primo Duecento il borgo di Bagnaria (indicativamente nel circuito puntinato, a oriente di Santa Igia, con le chiese di San Salvatore (16, 1119, distrutta nel XVI secolo) e Santa Lucia (20, 1119), quindi quelle di San Nicola al Campidoglio (17, 1222) e di San Leonardo (18, 1225); San Pietro (2, 1089) e San Paolo (1, XIV secolo).
Ulteriori luoghi notevoli: l’Annunziata (3), l’anfiteatro romano (4), l’ipotizzato sito del teatro romano (14), Santa Maria di Castello (15), Sant’Efisio (8, 1223), Santa Restituta (10, 1263), San Michele-Sant’Alfò (9, 1478), Santa Maria del Porto (24, 1230) presso il Canale di San Saturno (d- d). Qui erano i porti Gruttis e Salis, nell’area detta Porto Karalitano.
Documentati al XIV secolo Sant’Eulalia (21), Sant’Antonio (19), Bonaria (25) e San Lorenzo (5). Sono indicati inoltre San Guglielmo (6), Sant’Andrea (7), il sito del Gesus (22), il tempietto circolare di via Nuoro (27) e il muro litoraneo di via Campidano (26).
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Fig. 2.
Luoghi eminenti ad occidente del Castello, presso la linea costiera dello stagno di Santa Gilla (puntinato a-a) e le antiche Saline di San Pietro.
1 San Paolo; 2 San Pietro; 3 area scavi via Nazario Sauro; 4 Osterie-fondaci di Palabanda (presso il fossario della giuderia), 5 L’Annunziata, 6 San Salvatore di Bagnaria, 7 San Nicola in Campidoglio, 8 San Michele, 9 Sant’Efisio, 10 Santa Restituta, 11 Santa Lucia.
In evidenza la via Carloforte, verso san Pietro, e la rete di percorsi curvilinei periurbani sostituiti dalla viabilità ottocentesca.
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Fig. 3.
Il nodo dei percorsi tra via Carloforte (verso San Pietro) e il Corso, al termine della valle di Palabanda. dove si collocavano tre osterie ottocentesche ancora edificate secondo il modello dei fondaci medievali (rielaborazione dal catasto urbano, fine XIX, scala 1:500, da M. Cadinu, Urbanistica medievale in Sardegna).

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Fig. 4.
L’area del Portus Gruttis e del Portu Salis, sulla base georeferenziata del catastale del primo Novecento, con in evidenza la linea di costa ipotizzabile nel primo Trecento (in tratto punto, b- b); presso l’area interna, una depressione dove possono essere ipotizzate le saline di Bonaria (A), si dovrebbe collocare il Porto Karalitano. In tratteggio (a-a) è indicata la linea di costa documentata dalla cartografia ottocentesca, stabilita dopo che un’ampia area viene recuperata al mare e consolidata dai rettifili alberati impiantati nel corso del Settecento, quindi destinata a parco ferroviario (B). Con (C) le note ulteriori aree di bonifica recuperate ancora al mare nel XX secolo.
Sono segnati: 1 San Saturno e con le platzas de donnikellu Petru (1089); (d-d) Canale di San Saturno; (c-c) la via Romana orientale, 2 l’area del tempietto circolare di via Nuoro e di altri resti termali antichi. 5 San Bardilio-Santa Maria del Porto, con 4 il sito delle costruzioni civili recentemente rinvenute, forse utilizzate nella cittadella trecentesca di Bonaria.

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Fig. 5.
La storia delle saline del Lazzaretto, ad oriente della città, in relazione con la chiesa di San Bartolomeo (ante 1291) ripropone il disegno di un golfo e di uno scalo progressivamente acquisiti alla terraferma. Dinamiche analoghe possono avere portato alla trasformazione della piana di Bonaria, con l’obliterazione del Canale di San Saturno, del Portus Gruttis e del Porto del Sale. (Archivio Storico Comunale di Cagliari, imagcartogr, serie L_L 01, particolare).

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Fig. 6.
La curvilineità delle vie del Castello di Cagliari, valore estetico nel progetto artistico e urbanistico del primo Duecento, è alla base dei disegni urbani concepiti negli stessi anni a Siena e in altre città della Toscana. Le torri-porta dell’Aquila a Nord e del Leone a Sud, ai capi della Ruga Mercatorum, costituiscono i segnacoli di allineamento per l’entrata nautica nella Darsena e indicano la direzione verso la città di Pisa (da M. Cadinu, Urbanistica medievale in Sardegna).

11. Curriculum vitae
s65_marco-cadinuMarco Cadinu è ricercatore alla Facoltà di Architettura dell’Università di Cagliari. Architetto, urbanista è membro dell’Associazione Storia della Città.
Fra le sue pubblicazioni, Urbanistica medievale in Sardegna, Roma, 2001 e Cagliari. Forma e progetto della città storica, Cagliari, 2009.
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Il territorio di Santa Igia

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