Europa, Europa.

Europa_Bandiera_EuropeaIl sogno dell’Europa e la sua crisi: le responsabilità dei cristiani
TORINO, 27 Febbraio 2019
di Beppe Elia sul sito MEIC.

[MEIC] Un gruppo di credenti di Torino e alcune associazioni ecclesiali hanno diffuso un manifesto sull’Europa, pubblicato dal settimanale diocesano “La Voce e il Tempo”. Il manifesto, già ripreso e rilanciato da alcuni siti [lo fa anche Aladinews con questo post], è nato anche per l’impegno del gruppo Meic di Torino, ed esprime, insieme ad alcune idee forti sull’Europa, l’invito alle comunità ecclesiali (parrocchie, gruppi, associazioni) perchè divengano soggetti di un “processo di riflessione e di azione”, che aiuti a prendere coscienza dell’urgenza di una “testimonianza che ridia speranza all’Europa”.
E’ un invito che riguarda tutti noi del Meic ed è una sollecitazione a far sentire una voce di speranza contro tutte le chiusure e gli egoismi, là dove siamo, e collaborando con ogni uomo e donna di buona volontà.
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Ecco, di seguito, il testo del manifesto, che come Aladinews volentieri condividiamo e diffondiamo.

IL SOGNO DELL’EUROPA E LA SUA CRISI. LE RESPONSABILITA’ DEI CRISTIANI
Che l’Europa sia gravemente in crisi è un fatto evidente. La crisi è particolarmente preoccupante perché s’inserisce in un quadro mondiale di forti tensioni che minacciano la pace.
Oggi diventa urgente per i cristiani riflettere sulle parole di Papa Francesco: «La buona politica è al servizio della pace», e lo è soltanto se è vissuta come «servizio alla collettività umana».
La pace ci deve, dunque, impegnare come cristiani, e questo diventa tanto più vero quanto più appare evidente che questa azione di fraternità non possiamo semplicemente delegarla nel momento in cui le pratiche politiche prendono un orientamento contrario ai diritti dell’uomo, alla giustizia, alla solidarietà sociale. Oggi è necessario pensare e fare crescere una cultura buona che si opponga al prevalere dei principi dell’egoismo individuale e nazionale. Di fronte a queste pratiche abbiamo il dovere di reagire.
Per promuovere la pace occorre rafforzare tutte le forme di collaborazione e di unione sovranazionale, quindi per noi significa anzitutto rafforzare l’Europa. È questa un’esigenza imposta anche dalla globalizzazione. Nel momento in cui l’economia e la finanza assumono una dimensione sovranazionale, la politica non può non essere anch’essa sovranazionale. Se non è così, allora inevitabilmente economia e finanza si sottraggono al controllo della politica in generale e in particolare di una politica ispirata al principio del bene comune (e cioè universale).
Il potere politico se è sovrastato dai poteri economici, da un lato finisce per essere al loro servizio e dall’altro, in quanto non riesce a contrastare quei poteri, inventa altri nemici ai quali attribuire la responsa-bilità delle crisi economiche e sociali e abbandonando il principio del bene comune attizza nuovi nazionali-smi che rischiano di mettere la pace in grave pericolo. L’Europa poteva diventare un efficace antidoto a questa deriva, attestandosi a soggetto in grado di avviare un governo sovranazionale sulla base dei migliori valori della tradizione occidentale, che ha come sua com-ponente essenziale il cristianesimo.
Senza dimenticare che l’Unione europea ha significato anche il superamento di secoli di guerre devastanti fra i diversi stati del continente. Ora invece sembra che il processo di unità europea si vada disfacendo, con la Brexit e con il risorgere di nazionalismi, che, mentre si alleano per disfare l’Europa, non possono che pre-parare futuri conflitti.
Il servizio alla pace che l’Europa oggi può rendere non riguarda solo il superamento degli antichi conflitti interni, ma anche da un lato una funzione di equilibrio tra le grandi potenze mondiali e le derive pericolose che stanno prendendo, dall’altro, anche per la sua posizione geografica, un rapporto con i paesi africani e mediorientali, che sostituisca all’antico e nuovo sfruttamento coloniale un efficace sostegno economico e nell’immediato una diffusa pratica di accoglienza degli immigrati.
Di fronte alla concreta prospettiva che con le prossime elezioni europee si avvii un processo dissolutivo fondato sul principio del first (prima io, la mia famiglia, la mia regione, la mia nazione, la mia razza, la mia religione), occorre che i cristiani facciano sentire una voce contraria.
Noi cristiani dobbiamo capire l’urgenza di una testimonianza che ridia speranza all’Europa e al mondo e che ci allontani dal baratro, proponendo una politica fondata su principi universalistici e di solidarietà. Essere cristiani non può ridursi alla cura della propria anima e alla difesa di tradizioni e devozioni antiche. Ci sono momenti, come questo, in cui siamo chiamati con particolare urgenza a quell’uscita a cui ci sollecita Papa Francesco, un’uscita che deve riguardare anzitutto le parrocchie e le associazioni, perché facciano sentire la loro voce e soprattutto perché lavorino per la giustizia e per la pace.
Non possiamo dimenticare che gli spaventosi disastri del secolo scorso (per non parlare dei secoli precedenti) forse non sarebbero accaduti se i cristiani non fossero stati distratti e in molti casi acquiescenti e persino consenzienti, con pochissime e sia pure straordinarie eccezioni, quali ad esempio Bonhoeffer o i fratelli Scholl. L’opera e la testimonianza dei martiri non giustifica il nostro disimpegno, ma piuttosto condanna la nostra pigrizia.
L’uscire per annunciare il Vangelo, che Papa Francesco ci propone, richiede un atto di coraggio, perché significa riconoscere e denunciare quelle logiche del mondo a cui il Vangelo si oppone, collaborando con tutti gli uomini di buona volontà per la difesa dei poveri, degli immigrati, degli emarginati e degli scartati, per affermare il primato del bene comune, della giustizia e della pace.
Per uscire occorre organizzare presto, nei prossimi mesi, iniziative che coinvolgano parrocchie e associazioni e tutti i livelli del corpo ecclesiale, per conseguire quegli obiettivi e anzitutto per risvegliare le nostre coscienze addormentate di cristiani ancora troppo uniformati alla mentalità del mondo o ancora legati a un cristianesimo individualistico o devozionale, fedele alle consuetudini ma lontano dal Vangelo.
Questa riflessione ci spinge a rivolgerci alle parrocchie, alle associazioni e a tutti i cristiani, per promuovere e sostenere nella diocesi un processo di riflessione e di azione su questi temi.
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- Il testo del Manifesto (pdf).

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  1. […] IL SOGNO DELL’EUROPA E LA SUA CRISI. LE RESPONSABILITA’ DEI CRISTIANI Che l’Europa sia gravemente in crisi è un fatto evidente. La crisi è particolarmente preoccupante perché s’inserisce in un quadro mondiale di forti tensioni che minacciano la pace. Oggi diventa urgente per i cristiani riflettere sulle parole di Papa Francesco: «La buona politica è al servizio della pace», e lo è soltanto se è vissuta come «servizio alla collettività umana». La pace ci deve, dunque, impegnare come cristiani, e questo diventa tanto più vero quanto più appare evidente che questa azione di fraternità non possiamo semplicemente delegarla nel momento in cui le pratiche politiche prendono un orientamento contrario ai diritti dell’uomo, alla giustizia, alla solidarietà sociale. Oggi è necessario pensare e fare crescere una cultura buona che si opponga al prevalere dei principi dell’egoismo individuale e nazionale. Di fronte a queste pratiche abbiamo il dovere di reagire. Per promuovere la pace occorre rafforzare tutte le forme di collaborazione e di unione sovranazionale, quindi per noi significa anzitutto rafforzare l’Europa. È questa un’esigenza imposta anche dalla globalizzazione. Nel momento in cui l’economia e la finanza assumono una dimensione sovranazionale, la politica non può non essere anch’essa sovranazionale. Se non è così, allora inevitabilmente economia e finanza si sottraggono al controllo della politica in generale e in particolare di una politica ispirata al principio del bene comune (e cioè universale). Il potere politico se è sovrastato dai poteri economici, da un lato finisce per essere al loro servizio e dall’altro, in quanto non riesce a contrastare quei poteri, inventa altri nemici ai quali attribuire la responsa-bilità delle crisi economiche e sociali e abbandonando il principio del bene comune attizza nuovi nazionali-smi che rischiano di mettere la pace in grave pericolo. L’Europa poteva diventare un efficace antidoto a questa deriva, attestandosi a soggetto in grado di avviare un governo sovranazionale sulla base dei migliori valori della tradizione occidentale, che ha come sua com-ponente essenziale il cristianesimo. Senza dimenticare che l’Unione europea ha significato anche il superamento di secoli di guerre devastanti fra i diversi stati del continente. Ora invece sembra che il processo di unità europea si vada disfacendo, con la Brexit e con il risorgere di nazionalismi, che, mentre si alleano per disfare l’Europa, non possono che pre-parare futuri conflitti. Il servizio alla pace che l’Europa oggi può rendere non riguarda solo il superamento degli antichi conflitti interni, ma anche da un lato una funzione di equilibrio tra le grandi potenze mondiali e le derive pericolose che stanno prendendo, dall’altro, anche per la sua posizione geografica, un rapporto con i paesi africani e mediorientali, che sostituisca all’antico e nuovo sfruttamento coloniale un efficace sostegno economico e nell’immediato una diffusa pratica di accoglienza degli immigrati. Di fronte alla concreta prospettiva che con le prossime elezioni europee si avvii un processo dissolutivo fondato sul principio del first (prima io, la mia famiglia, la mia regione, la mia nazione, la mia razza, la mia religione), occorre che i cristiani facciano sentire una voce contraria. Noi cristiani dobbiamo capire l’urgenza di una testimonianza che ridia speranza all’Europa e al mondo e che ci allontani dal baratro, proponendo una politica fondata su principi universalistici e di solidarietà. Essere cristiani non può ridursi alla cura della propria anima e alla difesa di tradizioni e devozioni antiche. Ci sono momenti, come questo, in cui siamo chiamati con particolare urgenza a quell’uscita a cui ci sollecita Papa Francesco, un’uscita che deve riguardare anzitutto le parrocchie e le associazioni, perché facciano sentire la loro voce e soprattutto perché lavorino per la giustizia e per la pace. Non possiamo dimenticare che gli spaventosi disastri del secolo scorso (per non parlare dei secoli precedenti) forse non sarebbero accaduti se i cristiani non fossero stati distratti e in molti casi acquiescenti e persino consenzienti, con pochissime e sia pure straordinarie eccezioni, quali ad esempio Bonhoeffer o i fratelli Scholl. L’opera e la testimonianza dei martiri non giustifica il nostro disimpegno, ma piuttosto condanna la nostra pigrizia. L’uscire per annunciare il Vangelo, che Papa Francesco ci propone, richiede un atto di coraggio, perché significa riconoscere e denunciare quelle logiche del mondo a cui il Vangelo si oppone, collaborando con tutti gli uomini di buona volontà per la difesa dei poveri, degli immigrati, degli emarginati e degli scartati, per affermare il primato del bene comune, della giustizia e della pace. Per uscire occorre organizzare presto, nei prossimi mesi, iniziative che coinvolgano parrocchie e associazioni e tutti i livelli del corpo ecclesiale, per conseguire quegli obiettivi e anzitutto per risvegliare le nostre coscienze addormentate di cristiani ancora troppo uniformati alla mentalità del mondo o ancora legati a un cristianesimo individualistico o devozionale, fedele alle consuetudini ma lontano dal Vangelo. Questa riflessione ci spinge a rivolgerci alle parrocchie, alle associazioni e a tutti i cristiani, per promuovere e sostenere nella diocesi un processo di riflessione e di azione su questi temi. —————–— Su Aladinews […]

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