Che ci succede? Alghero: l’uccisione di Alberto ci rivela un mondo brutto e alla deriva, ma non è un esito inarrestabile

muro
di Vanni Tola*

Alghero è una città che amo da sempre. Per oltre un decennio è stata la sede della mia attività di insegnante presso la scuola media del quartiere La Pietraia. In quegli anni sono entrato in contato con una umanità reale e sincera, molto problematica. La tragica scomparsa di un diciottenne lascia sgomenti, tristi, addolorati. La cronaca dei quotidiani locali e il chiacchiericcio della gente si sviluppano secondo un copione più volte recitato. La difficile condizione degli adolescenti, il rapporto con la violenza, le armi, la cultura dello sballo, la incomunicabilità, a mio avviso più presunta che reale, con il mondo degli adulti. Si spegneranno anche questa volta i riflettori dei media e tutto tornerà come prima o quasi. Nessuno ha ricette miracolistiche da proporre, la questione giovanile è certamente una priorità assoluta nella nostra società. Servono occhiali nuovi per leggere questa parte di mondo, quello giovanile, che troppo spesso non abbiamo saputo comprendere. Parlare di incomunicabilità, mancanza di valori, incoerenza dei giovani fa a pugni col fatto che molti giovani e giovanissimi sono attualmente in prima fila nella lotta per la difesa contro i cambiamenti climatici, nel volontariato, nella reazione alle violazioni delle fondamentali regole della democrazia messe in discussione da nuove forze politiche di ispirazione fascista. Sono loro, i giovani, che cominciano a porre con forza l’esigenza di un nuovo ordine mondiale. E’ giusto quindi auspicare analisi e riflessioni sulla questione giovanile con un obiettivo ben preciso. Individuare iniziative reali e concrete, programmi, credibili e realizzabili per modificare significativamente le condizioni esistenziali di coloro che rappresentano il futuro. Attivare una campagna generalizzata per il disarmo della società e il rifiuto della violenza armata quale strumento per difendere le proprie ragioni. Dare vita a una seria campagna contro la logica dello “sballo” come unico ed esclusivo percorso per raggiungere una pseudo felicità temporanea nei fine settimana che spesso si concludono al pronto soccorso. L’uso responsabile dei mezzi di trasporto. La pratica di comportamenti virtuosi di convivenza pacifica tra gli individui.
*Con questa prospettiva riprendiamo l’intervento pubblicato in facebook dall’amico Antonio Budruni, insegnante di diritto, storico e saggista e invitiamo i componenti il gruppo “Lettori” a intervenire nella discussione [https://www.facebook.com/groups/LettVT/permalink/2175854782493905/]. (V.T. su fb)
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UN COLPO DI PISTOLA
Antonio Budruni
su fb, 6 aprile alle ore 10:51

Alberto Melone è stato mio alunno, qualche anno fa. No, non era studioso e neppure tranquillo. Aveva qualcosa dentro che sembrava bruciargli l’anima. Piccolo, seduto al secondo banco a destra, cappellino calato sugli occhi. Occhi che guardavano lontano, altrove. Ma aveva 14 anni, tutta una vita davanti. Poi, le nostre strade si sono divise. Un cambio di sezione, nuovo insegnante di diritto. Ecco, l’insegnante di diritto. Ha un ruolo importante nella formazione dei ragazzi, soprattutto negli istituti professionali dove, nel biennio, si insegna la Costituzione. Mi sono sempre detto che i ragazzi dei professionali e dei tecnici sono, per certi versi, fortunati proprio perché hanno la possibilità di apprendere la Costituzione. Certo, il livello di profondità non può essere quello universitario, naturalmente, ma imparano i principi fondamentali, che rappresentano le colonne su cui poggia il nostro stato democratico. Imparano che l’Italia si fonda sul lavoro, che la solidarietà è un dovere, che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, che gli stranieri hanno diritto di asilo, che l’Italia rifiuta la guerra.
Alberto sembrava avere altri interessi, altre passioni: quelle di tutti gli altri suoi compagni di classe. Solo, appariva un po’ più triste della media.
L’insegnante di diritto diventava un punto di riferimento, però, nei momenti di bisogno.
Quando qualcuno veniva “caricato”, nel linguaggio dei ragazzi significa fermato dalle forze dell’ordine o arrestato, allora ti chiedevan consigli, ti giuravano che non lo avrebbero fatto più, che avevano capito, che non ne valeva la pena. Eppure, questo mondo di adolescenti, in crisi di indentità, è considerato poco interessante da chi dovrebbe occuparsi di loro. Certo, le famiglie in primo luogo, gli insegnanti, ma anche chi dovrebbe investire su di loro che rappresentano il futuro prossimo del Paese e delle città e dei piccoli centri.
Tutti sanno che l’erba circola, quasi con normalità, all’interno delle scuole, ma anche negli altri ambienti di aggregazione dei ragazzi. L’atteggiamento degli adulti è spesso contradditorio: oscilla tra l’allarmismo esagerato e il menefreghismo. “Se ti scopro con la roba ti tronco le ossa”. Oppure: “Che sarà mai una canna? Sono ragazzi, poi cresceranno“. “Non stiamogli troppo addosso”. “Io devo lavorare, non posso stargli appresso dalla mattina alla sera”. Ecco questi ragazzi, figli nostri, avvertono a pelle il clima sociale: tutti di corsa a fare ciò che è più importante E cioè: lavorare, riposarsi, divertirsi. E loro succhiano questo humus, si convincono che le cose importanti della vita siano quelle che sono importanti per tutti, o, almeno, per la stragrande maggioranza delle persone con le quali si rapportano.
Questi sono i valori dominanti! Già, i valori. Quelli che un tempo trovavi in famiglia, in parrocchia e a scuola. Oggi, la famiglia fatica a orientarsi, la parrocchia è in crisi profonda e la scuola non è più, da tempo, il veicolo unico attraverso il quale i valori vengono proposti e accolti dalle giovani generazioni. Si dice che il dialogo intergenerazionale sia stato interrotto da un po’. Si dice che i due mondi, quello giovanile e quello degli adulti, non siano più in grado di comunicare. Tutte scuse. I ragazzi, come da sempre nella storia dell’umanità, hanno un bisogno vitale di valori. Ma di valori veri, forti, nei quali riconoscersi. Di valori che si trasmettono con l’esempio, non con la parola.
E l’esempio che oggi viene trasmesso ai giovani trasuda odio, indifferenza, egoismo sfrenato. E allora non resta che lo sballo, la coltivazione dell’odio, dell’egoismo e dell’indifferenza.
E tutti quei valori, scolpiti sulla pietra della nostra Costituzione, spiegati dall’insegnante di diritto, ma non praticati nella società, sembrano prediche, richiami a cose inesistenti, lontane dal senso comune.
Guardiamoci allo specchio, noi adulti: forse stiamo contribuendo a bruciare le nostre generazioni più giovani. Ma, per fortuna e ad onta del nostro tentativo di autodistruzione, arrivano segnali incoraggiati dagli adolescenti. Nonostante noi, un futuro ci sarà.
Che ti sia lieve la terra, Alberto.
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Una iniziativa che condividiamo promossa dai nostri amici Vanni Tola e Tonino Budruni
“Mai più un’arma in tasca”
Perché il gruppo “Mai più un’arma in tasca”? I recenti, e sempre più frequenti, fatti di cronaca ci spingono a reagire. Reagire come possiamo: con l’esempio,con la parola, creando alleanze tra di noi. Mai più un’arma in tasca, è l’obiettivo intorno al quale vorremmo creare un gruppo su facebook per inviare un segnale forte a tutti, in primo luogo ai ragazzi, ma anche ai genitori, agli educatori, ai “politici” e a tutti quelli che influenzano le scelte quotidiane delle giovani generazioni. Mai più un’arma in tasca, per indicare un modo di essere, di ritrovarsi. Per non correre rischi e non farne correre agli altri. Mai più un’arma in tasca, perché la civiltà può e deve farne a meno. Mai più un’arma in tasca, perché è possibile, sempre, agire diversamente. La parola, l’esempio, la comprensione, la solidarietà, il senso di umanità, sono caratteristiche che ci contraddistinguono. Usiamole: con generosità.
Link: https://www.facebook.com/groups/266930177592924/?hc_location=group_dialog
mai-piu-un-arma-in-tasca-vt
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One Response to Che ci succede? Alghero: l’uccisione di Alberto ci rivela un mondo brutto e alla deriva, ma non è un esito inarrestabile

  1. […] Una iniziativa che condividiamo promossa dai nostri amici Vanni Tola e Tonino Budruni “Mai più un’arma in tasca” Perché il gruppo “Mai più un’arma in tasca”? I recenti, e sempre più frequenti, fatti di cronaca ci spingono a reagire. Reagire come possiamo: con l’esempio,con la parola, creando alleanze tra di noi. Mai più un’arma in tasca, è l’obiettivo intorno al quale vorremmo creare un gruppo su facebook per inviare un segnale forte a tutti, in primo luogo ai ragazzi, ma anche ai genitori, agli educatori, ai “politici” e a tutti quelli che influenzano le scelte quotidiane delle giovani generazioni. Mai più un’arma in tasca, per indicare un modo di essere, di ritrovarsi. Per non correre rischi e non farne correre agli altri. Mai più un’arma in tasca, perché la civiltà può e deve farne a meno. Mai più un’arma in tasca, perché è possibile, sempre, agire diversamente. La parola, l’esempio, la comprensione, la solidarietà, il senso di umanità, sono caratteristiche che ci contraddistinguono. Usiamole: con generosità. Link: https://www.facebook.com/groups/266930177592924/?hc_location=group_dialog […]

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