Sardegna Sardegna

4cb92ec2-86f5-443c-85f0-e31af5be5b3aOttobre tutti a Capo Frasca.
A foras sas bases: una battaglia che viene da lontano

di Francesco Casula
Già negli anni sessanta la Sardegna era massicciamente zeppa di basi militari, con centri di addestramento, poligoni di tiro, aeroporti, rampe missilistiche con eserciti di mezzo mondo.
Come se non bastasse il Governo italiano vuole aumentare ulteriormente la militarizzazione: l’esempio più clamoroso riguarda la vicenda di Pratobello: nel giugno del 1969 il ministro della difesa decide di espropriare i pascoli di quella zona di Orgosolo per insediarvi un poligono di tiro per artiglieria e una base di acquartieramento di contingenti dell’esercito. Gli orgolesi insorgono in massa: occupano il territorio che i militari invadono, impediscono le esercitazioni e, grazie alla mobilitazione di massa vincono una durissima battaglia.
A sostenere la loro lotta alcuni intellettuali sardi: Peppino Barranu (un sardo indipendentista della prima ora), Antonello Satta e Eliseo Spiga (che poi avrebbero dato vita al Movimento (e periodico) di Nazione sarda. Ed Emilio Lussu che il 24 giugno del 1969 da Roma, alla popolazione di Orgosolo invierà un significativo telegramma (non potendo partecipare direttamente alla lotta, per motivi di salute), ecco alcuni passi: “Quanto avviene Pratobello contro pastorizia et agricoltura est provocazione colonialista stop. Rimborso danni et premio in denaro est offensivo palliativo che non annulla ma aggrava ingiustizia stop. Chi ha coscienza dei propri diritti non li baratta stop. Responsabilità non est militare ma politica. Perciò mi sento solidale incondizionatamente con pastori et contadini Orgosolo che non hanno capitolato et se fossi in condizioni di salute differenti sarei in mezzo a loro stop. Allontanamento immediato poligono et militari si impone come misura civile e democratica lavoro et produzione stop”.
Il Governo italiano insiste: fa seguito – ricorda il Comitato Gettiamo le basi – quel che la stampa isolana definisce “il patto segreto firmato da Belzebù”. Nel 1972 il governo Andreotti, raggirando gli art.11-80-87 della Costituzione e prevaricando il Parlamento con il sotterfugio di qualificazione del patto “in forma semplificata”, stipula un accordo bilaterale segreto con gli Stati Uniti.
Tra il luglio e l’agosto del 1972, approdano a La Maddalena la nave appoggio Fulton e i sommergibili della 69 Task Force della VI flotta, scortati dalla portaerei Kennedy e da un appariscente dispiegamento di navi da guerra.
Il 15 settembre il portavoce del Comando della Marina Militare degli Stati Uniti comunica notizia della nuova funzione strategica dell’isola: base Usa per sommergibili a propulsione nucleare.
Si moltiplicano le iniziative di mobilitazione, soprattutto proprio contro la base atomica. L’intellettuale e scrittore antimilitarista, il compianto Ugo Dessy scrive un libro: “La Maddalena: morte atomica nel mediterraneo-La militarizzazione della Sardegna” (Bertani Editore, 1978, Verona).
Indetto dal periodico indipendentista Sa Republica Sarda ricordo un pubblico dibattito a La Maddalena (Sala del Consiglio comunale) al quale partecipò – insieme al sottoscritto, allora dirigente della Confederazione sindacale sarda, (CSS) – Francesco Rutelli (allora radicale) insieme a tanti altri: Tonino Dessì che svolgerà una relazione sui Referendum regionali consultivi, Isabella Puggioni, Elisa Spanu Nivola.
Il referendum consultivo sarebbe stato in seguito negato, defraudando il popolo sardo del diritto ad esprimersi su una vicenda che lo riguardava direttamente.
Nel 1983 alcuni intellettuali danno vita a un Comitato contro le basi militari: ne fanno parte, fra gli altri, oltre al sottoscritto, il poeta Francesco Masala, la scrittrice (nonché moglie di Emilio Lussu) Joyce, Franco Carlini (scrittore e poeta bilingue), Mario Puddu (l’autore del monumentale vocabolario sardo), Giuseppe Caboni (del Collettivo Emilio Lussu), lo scultore Pinuccio Sciola e tanti altri.
Il Comitato elaborerà una “Proposta di legge nazionale di iniziativa popolare (A norma degli articoli 28-29-51 dello Statuto speciale della Sardegna) avente per oggetto :”Liberazione della Sardegna dalle basi militari e da ogni struttura nucleare; nuova organizzazione delle Forze Armate e del servizio di protezione civile nell’Isola; controllo democratico dei servizi di sicurezza; iniziative per la pacificazione del Mediterraneo e per una nuova collocazione internazionale dell’Italia”.
Dopo una serie di iniziative e di dibattiti per far conoscere la proposta si iniziò la raccolta di firme, regolarmente autenticate. Non si riuscì a raccogliere il numero necessario. Tutti, dai Partiti ai Sindacati, agli stessi Comuni la boicottarono.
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12 OTTOBRE – ORGANIZZIAMO INSIEME IL RITORNO A CAPO FRASCA PER LA SMILITARIZZAZIONE DELLA SARDEGNA.
(Dalla pagina fb di Claudia Zuncheddu) [segue]
IL 12 ottobre 2019 manifestazione davanti al poligono di Capo Frasca, più di 40 gli organizzatori
Il movimento sardo contro le basi, le esercitazioni e l’occupazione militare chiama a raccolta comitati, movimenti, associazioni, sindacati, categorie professionali, intellettuali e tutto il nostro popolo a mobilitarsi e protestare contro il prossimo inizio delle esercitazioni militari in Sardegna.
Le diverse realtà che hanno a cuore le sorti della nostra terra torneranno a manifestare insieme contro l’oppressione militare il prossimo 12 ottobre 2019 davanti al poligono militare di Capo Frasca, arricchendo quella giornata ognuno con la propria sensibilità e i propri contenuti.
Dopo la capitolazione delle ultime giunte regionali davanti alle pressioni del ministero della Difesa e dopo la mortificazione di ogni opposizione esistente all’interno delle istituzioni (dal Comipa fino al processo sui veleni di Quirra) appare sempre più chiaro che l’unica strada percorribile è la creazione di una forte opposizione popolare.
Lottiamo per non dover più sottostare al ricatto occupazionale che legittima fabbriche di morte e multinazionali che sperimentano i loro armamenti nella nostra terra.
Lottiamo per contrastare lo spopolamento e l’emigrazione forzata causata dalle diseconomie di questa presenza oppressiva.
Lottiamo per alternative economiche possibili davanti alla devastazione ambientale e alla speculazione sul territorio.
Lottiamo contro la guerra, per una Sardegna non più sottomessa alle politiche di guerra che minacciano e colpiscono altri popoli.
Le esercitazioni militari devono essere fermate subito, le basi e i poligoni devono essere dismessi e bonificati, per essere restituiti alle comunità sarde che finalmente possano utilizzare quelle terre per il loro sviluppo.
A Foras Contra a s’Ocupatzione Militare de sa Sardigna,
Comitato Gettiamo le Basi,
Tavola Sarda della Pace,
Comitato Su Sentidu,
Comitato Su Giassu,
Comitato Amparu,
Comitato Sa Luxi,
Comitato Riconversione RWM,
Kumone Ozastra Sàrrabus,
Movimento Nonviolento Sardegna,
Sardigna Natzione Indipendéntzia,
Sardigna Libera,
IRS – Indipendéntzia Repùbrica de Sardigna,
Laboratorio Politico Sa Domu,
Sardegna Possibile,
Potere al Popolo Sardegna
Associazione Sardegna Palestina,
Associazione Sarda Contro l’Emarginazione,
Arci Sardegna,
Coordinamento dei Comitati Sardi
BDS Sardegna,
Rete Kurdistan Sardegna,
Scida Assòtziu Indipendentista,
Cìrculu Indipendentista Hugo Chàvez,
Cagliari Social Forum,
Presidio Piazzale Trento,
Non Una di meno Cagliari,
Fridays for Future Cagliari,
Rete Unitaria Antifascista Sulcis-Iglesiente,
Comitato No Metano Sardegna,
Zero Waste Sardegna,
Assòtziu Consumadoris Sardigna,
Assemblea Permanente Villacidro,
Associazione Bixinau,
Associazione Culturale Pararrutas Isili,
No Megacentrale Guspini,
Caminera Noa
CSS – Confederazione Sindacale Sarda,
COBAS Scuola – Sardegna,
USB – Unione Sindacale di Base,
COBAS Comitati di base della scuola – Cagliari,
UNICA 2.0
Collettivo Furia Rossa – Oristano
Comitato NO 5G Sardegna
Aladinpensiero online.
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Riflessioni
di Adriano Sofri.

La storia, anzi la Storia, sembra porsi una domanda decisiva, ogni volta la stessa: com’è stato possibile che succedesse quello che è successo? Mentre succede, infatti, si è troppo distratti per farsi la domanda. Bene, un capitolo sull’estate del 2019 scritto nel 2039 si interrogherà su alcuni dettagli. Per esempio. Si chiederà come potessero dichiarare, i governanti italiani di allora, la propria fedeltà al diritto internazionale e alla superiore legge umana che obbliga al soccorso in mare, e poi vietare che le persone soccorse e i loro soccorritori sbarcassero da qualche parte. Avevano forse immaginato un alto mare via via attraversato da sempre più navi cariche di gente, nera per lo più, che vi avrebbe così trascorso intera la propria esistenza? Dei consigli internazionali di ministri dei rispettivi interni che annunciassero, sulla scorta di quelli della Giustizia che annunciano continuamente la costruzione di nuove carceri, la costruzione di nuove navi?

E’ noto del resto che le navi hanno una lunga tradizione in questo senso, e perciò si dice galera, e in alcuni paesi leader del mondo civile si è già sperimentato il ritorno a questa soluzione al sovraffollamento di terra e di mare. Si interrogheranno, gli storici – nel 2039 la categoria sarà diecimila volte più numerosa di quella dei metalmeccanici, e appena inferiore a quella degli idraulici e dei rabdomanti – sulla misteriosa aspirazione di notevoli folle di italiane e italiani (sulle italiane, soprattutto, ci si interrogherà drammaticamente) in coda per farsi un selfie con Salvini piuttosto che con Richard Gere e Antonio Banderas.Perché Salvini era “uno di loro” e Richard Gere no? Ma no, basta guardarle, quelle code, quasi nessuna, nessuno, era così brutto. E loro, quelle e quelli in coda, avrebbero davvero lasciato annegare le persone se se le fossero trovate davanti mentre facevano la loro gita in barca? Non è facile, infatti: contavano davvero sulla Guardia costiera libica e, addirittura, sulla Guardia di Finanza italiana? Siccome avranno archivi spettacolosi in cui tutto sarà conservato – tutto – forse guarderanno un’intervista televisiva ad Alberto Asor Rosa in una rubrica culturale del Tg2 che ho guardato io l’altra notte perché si trattava di Machiavelli.

L’intervistatore chiedeva insistentemente ad Asor Rosa se Machiavelli fosse sovranista, e lui rispondeva un po’ interdetto, come cazzo ti viene in mente infatti, finché deve aver mangiato la foglia, e dopo aver energicamente difeso l’ispirazione dell’ultimo capitolo del “Principe” e l’Italia riscattata e i barbari, si è anche autodifeso e ha spiegato che oggi la nazione è una dimensione inetta ed è l’Europa l’ambito in cui pensare alla convivenza col resto del mondo. Fulmineo l’intervistatore ha insinuato: “Allora lei è per un sovranismo europeo contro i barbari!” Neanche questo avventuroso agguato è andato a segno: qualche traccia di barbarie in giro si trova anche oggi, ha risposto l’interrogato. Ma l’interrogativo sul quale specialmente si arrovelleranno questi storici del 2039, il post Ventennio, che avranno letto una lunga intervista del Papa del 2019 alla Stampa, si chiamava Francesco, Francesco e basta, sarà: ma come poté succedere che il Papa dicesse le cose che diceva e, a cento anni esatti dall’appello a tutti i liberi e forti di don Luigi Sturzo (che poi da un Papa fu spedito in esilio) non ci fosse una forza politica laica e popolare cristianamente ispirata a far argine all’impostura del brutto uomo dei selfie che agitava rosari e invocava una volta l’Immacolata e un’altra Maria Vergine? Come poté succedere? Eh? Come?
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