Che succede?

c3dem_banner_04SE IL TALAMO E’ ANCORA CALDO…
28 Agosto 2019 by Forcesi | su C3dem.
Dice Arturo Parisi all’Avvenire: “Il Pd sbaglia. Subentrare nel talamo ancora caldo, appena abbandonato dal precedente coniuge, non è il modo migliore per dare vita a una convivenza” (“Salvini andava sfidato al voto“). Il vecchio Ciriaco De Mita, intervistato dal Mattino, dice invece: “Carissimi nemici, insieme si può, ma servono intelligenza e umiltà”. Per Claudio Cerasa l’accordo va bene: “La discontinuità è il populismo dimezzato” (Foglio). Ma Raffaele Salinari, sul Manifesto, chiede: “La prima discontinuità sia sui migranti”. Antonio Polito, sul Corriere, dice che l’intesa Pd-M5s è “Nel segno della necessità”. Ma Claudio Tito, su Repubblica, avverte che “L’antisalvinismo non basterà”. Osservazioni critiche anche da Alessandro Campi sul Messaggero (“Il programma prima dei posti o non si danno risposte”) e Giovanni Orsina su La Stampa (“Il rischio di alienarsi il Nord“). Stefano Folli, più che perplesso sull’accordo, analizza, per adesso, “Uno psicodramma per Di Maio” (Repubblica). Federico Geremicca spinge lo sguardo più in là e dice: “Zingaretti per un nuovo bipolarismo” (la Stampa). Singolare la nota di David Carretta sul Foglio: “Il M5S implora alleanza in Ue”.
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picasso-toninoL’aspettativa che non sia un Governo di sacrifici economici imposti ai soliti e che rigore e serietà siano sinonimi di equità sociale e non di mera ragioneria finanziaria
Tonino Dessì su fb.
Dato l’incarico a Conte, temo che la settimana sarà ancora intasata dalla discussione sui Vice Primi Ministri e sui nomi degli altri componenti dell’Esecutivo.
Ieri in serata a ingarbugliare le cose ci si è messo anche Grillo.
Poi magari un voto a caspita su un’improbabile piattaforma digitale potrebbe mandare a monte tutto.
Nel frattempo (ho conosciuto momenti analoghi), immagino che qualche volenteroso si ingegnerà a buttar giù uno schema di programma, non sia mai che alla fine serva davvero averne uno.
Sul quale programma tuttavia al momento non esistono nemmeno indicazioni politiche di massima, perché tali non sono nè i cinque punti della Direzione PD, nè i dieci illustrati durante le consultazioni da Di Maio. [segue]
Ora, sempre senza la pretesa di suggerire alcunchè di stravagante, non dovrebbe sfuggire a nessuno che una cosa sola accomuna la gran parte degli elettori dei due partiti eventualmente contraenti l’accordo di governo e accomuna questo elettorato con una presumibile maggioranza di italiani.
L’aspettativa che non sia un Governo di sacrifici economici imposti ai soliti e che rigore e serietà siano sinonimi di equità sociale e non di mera ragioneria finanziaria.
Io perciò in cima, in premessa al programma ci metterei: “Il Governo si impegna a proporre al Parlamento misure volte a migliorare strutturalmente la condizione dei lavoratori, a favorire l’uscita di giovani e meno giovani dal precariato e dalla disoccupazione, ad assicurare un’esistenza dignitosa ai senza casa, ai poveri e ai bisognosi, a gestire l’immigrazione mediante un sistema civile e legale di accoglienza e di avvio verso un inserimento sostenibile, in un contesto non solo nazionale, ma europeo, a garantire un buon livello dei servizi socio-sanitari universali e dell’istruzione pubblica, a promuovere gli investimenti nella cultura, nella ricerca e nell’innovazione, a sostenere l’impiego di ingenti risorse, in concorso con i soggetti privati, per un grande programma di ammodernamento delle reti infrastrutturali del Paese, a partire da quelle occorrenti per rilanciare il Sud e le Isole”.
A seguire elencherei le principali misure corrispondenti e l’indicazione delle risorse reperibili per finanziarle nel corso dei restanti quasi quattro anni della corrente legislatura.
Non è, questa di un post mattutino su FB, la sede per indicare dove e come reperire le risorse finanziarie, concordando con la UE i termini di ammissibilità e di compatibilità.
Ma nessuno mi venga a dire che non ci sono i margini per farlo: di proposte in questi anni ne son state avanzate tante e anche congrue, ma a me è sempre parso che, pur di non intaccare l’esistente e soprattutto per l’incapacità di metter mano all’iniquità annosamente accumulata e stratificata nella gestione finanziaria e tributaria italiana, si sia piuttosto preferito ricorrere o a misure di draconiana riduzione lineare della spesa o a velleità demagogiche di ritorno a politiche di spesa aggiuntiva incontrollata.
Vie di mezzo virtuose invece ce ne sarebbero: la condizione principale è tuttavia riposta anzitutto nell’onestà politica e nella serietà operativa dei partiti e del personale di governo.
Ah. Post scriptum. Tornando ai nomi, non vorrei leggere ancora sciocchezze. Per dirne una, su Minniti agli Interni dico assolutamente no. Ma è solo il più simbolico degli esempi.
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