Risultato della ricerca: Marino de Medici

America America

815d2a26-c55b-4937-912e-6a543cad2a517c1b0f1f-b8fa-473a-8e2b-5a2b5580b9a5Facebook and capitalism
by Marino de Medici
The problems with Facebook are humongous, but one thing is clear.
Facebook is a creature of capitalism that knows only one rule: growth at all costs. Growth is becoming unsustainable in the world and governments are unable to curb its excesses. Witness the inability of the U.S. government to reform the governance structures of corporations like Facebook so that they become less focused on share price and quarterly returns and concentrate on more value for all. It is inconceivable that during the COVID-19 epidemic the portfolio of the rich grew by 40% while a large swath of humanity tried to survive while it faced great obstacles in getting the anti-virus vaccines.
The behemoths of the Facebook variety resist all pressures to reform and play an immutable refrain that asks for lower taxes, less regulation, less government and more market.

[segue]

America America. Trump fermato da Cipollone

trump-di-marino2a8e3663d-4ad7-4ab1-a6eb-d4c3c9265f5b L’avvocato Cipollone e il colpo di stato sventato
di Marino de Medici

Ormai non c’è ombra di dubbio. Donald Trump ha tentato con ogni mezzo di attuare un colpo di stato servendosi avventatamente del Dipartimento della Giustizia, un organo federale cui spetta il compito di imporre il rispetto delle leggi. Trump ha chiesto nove volte al Dipartimento della Giustizia di intervenire per rovesciare il risultato delle elezioni presidenziali sulla base di presunti brogli elettorali.
Il piano del presidente repubblicano era articolato sulla sostituzione del facente funzione di Attorney General Jeffrey Rosen con un funzionario di medio livello del Dipartimento della Giustizia, Jeffrey Clark, che si era prestato ad avallare la necessità di un intervento della giustizia per mettere in discussione l’esito della consultazione presidenziale, nell’intento di affidare una revisione del voto alle legislature di un certo numero di stati. La strategia di Trump venne valutata in una drammatica sessione alla Casa Bianca durante la quale tutti gli alti funzionari del Dipartimento della Giustizia e due avvocati della Casa Bianca dissero chiaro e tondo al presidente che il suo piano illegittimo li avrebbe costretti a dimettersi in massa.
Uno di quei due avvocati era l’italo-americano Pasquale Cipollone, noto come Pat, White House Counsel ossia avvocato del presidente a partire dal 2018.
Il nome di Cipollone passerà alla storia [segue]

America, America

45926d82-9679-4bbe-aca3-f6ced7dfad2668872b50-456f-4e94-ba70-0e6b1d170f07LA CORRUZIONE ANTI-SOCIALE NEGLI STATI UNITI

di Marino de Medici
Se mai qualcuno dubitasse della crescente corruzione e malgoverno nella culla americana della democrazia, basta esaminare la mancanza di una coscienza sociale tra molti membri del Congresso ed in modo speciale il loro profondo asservimento agli interessi delle grandi “corporations”, prime fra tutte quelle farmaceutiche.
Tutti sanno che il costo delle medicine negli Stati Uniti è astronomico e che la principale ragione di questa deprecabile situazione è che il governo non è in grado di negoziare i prezzi delle medicine con le aziende farmaceutiche. Il risultato è che gli americani pagano fino a dieci volte di più per normali farmaci, come quelli prescritti per il diabete. [segue]

America, America

LA DEMOCRAZIA AMERICANA IN PERICOLO
di Marino de Medici

trump-di-marino2Negli Stati Uniti ormai suona il segnale d’allarme. Nel Novembre 2022 la democrazia americana potrebbe estinguersi in conseguenza di una riconquista repubblicana della Camera dei Rappresentanti. Fatalmente, segnerebbe il prepotente ritorno di Donald Trump come candidato alla sua seconda elezione nel 2024 e l’affermazione di una minoranza elettorale, quella repubblicana, padrona come non mai delle leve del potere.
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America, America

c0ea4fd5-3e12-4faa-b81d-cbdd724b324eLA DECADENZA AMERICANA E LO SCADERE DELLA COSTITUZIONE
di Marino de Medici*
E’ ormai innegabile che gli Stati Uniti d’America hanno imboccato una strada che segna una inevitabile decadenza. La verità che accompagna tale decadenza è che questa involuzione non è l’unico prodotto della presidenza Trump. Di fatto, il trumpismo esisteva e Donald Trump non ha fatto altro che percepire il fenomeno, abbracciandolo ed infine esasperandolo. Sono molti, e lancinanti per la coscienza nazionale, i fenomeni portanti di tale involuzione, inclusi quelli che direttamente e indirettamente additano lo scadimento dei principi fondanti del documento di cui la grande massa di americani è sempre stata estremamente fiera, la Costituzione. Questo documento storico è stato redatto con un contenuto tale da renderlo non emendabile. Tale caratteristica ha perennemente intralciato ogni sua riforma ed ha imposto un percorso proibitivo nel processo decisionale per l’adozione di emendamenti con l’imposizione di super-maggioranze per l’approvazione degli stessi.
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America, America

trump-di-marinoI QUATTRO ANNI CHE SCONVOLSERO LA POLITICA AMERICANA. DONALD TRUMP VISTO DA MARINO DE MEDICI.
Recensione di Francesco Neri
Il 6 gennaio 2021 una folla di sostenitori di Donald Trump, tra cui spiccava un pittoresco “sciamano” che ha trovato un imitatore perfino in Italia, ha lanciato un inaudito assalto alla sede del Congresso degli Stati Uniti per protestare contro i supposti brogli che avrebbero assicurato la vittoria all’attuale Presidente in carica Joe Biden.[…]

11 settembre

26fea7b9-35cb-46f1-9b2b-e31602f000a4L’AMERICA E IL DOPO 11 SETTEMBRE
di Marino de Medici
E’ già stato scritto che Osama Bin Laden ha riportato una grande vittoria postuma sugli Stati Uniti. Di certo, l’era successiva all’11 settembre ha segnato una netta perdita di potenza dell’America, l’avvento di tumultuose divisione interne e lo scadimento del rispetto di cui godeva nel mondo. A venti anni dalla distruzione delle torri gemelle, dopo una guerra ininterrotta nell’Afghanistan, l’America ha perso il predominio che la rendeva, nelle parole di un suo Segretario di Stato, la “nazione indispensabile”. Il reale dramma degli Stati Uniti è nel fatto che la sua società, e con essa la democrazia stessa, hanno subito un processo di penosa involuzione dovuto in gran parte proprio alla risposta all’attacco di Osama Bin Laden. La reazione, per quanto giustificata, ha innescato una serie di iniziative che hanno alterato il ruolo preminente dell’America nei campi più svariati, dalla sicurezza internazionale ai diritti umani. Basti citare a questo proposito la cosiddetta Autorizzazione all’Uso della Forza Militare (AUMF) che fu approvata il 18 settembre 2001 allo scopo di conferire al presidente gli strumenti necessari per combattere al-Quaida. Quella legge è ancora in vigore e costituisce la piattaforma per il vasto utilizzo di azioni belliche condotte con droni in molti teatri di conflitto che hanno scarsa relazione con quello nell’Afghanistan. Da più parti negli Stati Uniti si sono levate grida di allarme e di protesta, collegate al fatto che la risposta al 9/11 ha prodotto più danni all’America dell’attacco originario. Un altro esempio investe la legittimità della risposta che ha generato cruenti esempi di torture autorizzate dal governo federale e l’impianto di un campo di feroce detenzione nella base di Guantanamo in base a prove incerte, che gli stessi accusatori non riescono a far valere. In questi giorni, cinque musulmani sospettati di aver participato ad azioni terroristiche sono comparsi nella corte di Guantanamo che conduce una sessione “pre-trial”, ossia propedeutica al processo dentro la base. Sono passati diciannove anni da quando la prigione di Guantanamo aprí le porte nel gennaio del 2002.
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Costituente Terra

costituente-terra-logo
Notiziario n. 45 del 9 settembre 2021

Dal fallimento al progetto

Cari Amici,
come abbiamo scritto nella nostra ultima newsletter del 30 agosto la caduta di Kabul e la rotta degli Stati Uniti e dei loro alleati dall’Afghanistan, è un evento che ha un valore simbolico epocale, paragonabile al crollo del muro di Berlino del 9 novembre 1989. Quell’evento segnò la fine di un’epoca, la fine del mondo bipolare, del confronto politico, strategico e militare fra le due superpotenze uscite vincitrici dalla seconda guerra mondiale, un conflitto. che aveva congelato le nazioni nella morsa della guerra fredda; l’abbandono dell’Afghanistan rappresenta per contro il fallimento della risposta dell’Occidente a quella crisi e segna la fine dell’ordine globale instaurato dopo la caduta del comunismo e dell’ordine bipolare. Ne esce sconfitta la pretesa dell’Occidente di sostituirsi al socialismo scomparso instaurando un unico dominio su un mondo ridotto alla propria misura e finisce il sogno degli Stati Uniti di dar corso a un nuovo secolo americano.
Questa analisi, poi ripresa da Domenico Gallo e largamente circolata sui social, suggerisce una lettura di largo respiro degli eventi in corso ai fini di non farne andare perduta la lezione. Un tentativo analogo di interpretazione del ferragosto afghano all’altezza della portata dell’evento è stato compiuto, in un’intervista all’agenzia RIA Novosti, da Mikail Gorbaciov, che era stato a suo tempo protagonista di un’analoga esperienza, avendo nel 1989 ordinato il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan. L’autocritica di Gorbaciov sull’errore sovietico di voler trapiantare il comunismo in Afghanistan è diventata così la critica agli Stati Uniti e alla loro pretesa di volervi impiantare la democrazia: “era fin dall’inizio un’impresa fallita – ha detto il leder della perestroika – anche se nella prima fase la Russia l’ha sostenuta. Come molti progetti simili, si basava su un’esagerazione della minaccia e su concetti geopolitici poco chiari”, ciò a cui si erano aggiunti “tentativi irrealistici di democratizzare una società multi-tribale”.
Il giudizio di Gorbaciov è tanto più significativo perché la sua decisione di porre termine all’avventura sovietica in Afghanistan si inseriva allora in un grande progetto volto a instaurare con l’Occidente un nuovo ordine mondiale basato sulla rinuncia alle armi nucleari e sulla nonviolenza, progetto che aveva trovato espressione nella dichiarazione di Nuova Delhi che il capo dell’URSS aveva firmato il 26 novembre 1986 con il leader indiano Rajiv Gandhi, tre anni prima della rimozione del muro di Berlino. Si trattava, come recitava quel testo, di costruire un mondo fondato sul diritto, sulla coesistenza pacifica e sulla considerazione della “vita umana come valore supremo”, Quella proposta , avanzata a nome di un miliardo di persone, un quinto dell’umanità, tale essendo allora l’entità dei popoli dell’URSS e dell’India messi insieme, fu del tutto ignorata dall’Occidente che puntava invece alla sconfitta della Russia sovietica e a dar vita a quel bel mondo unipolare che poi è riuscito a costruire. Tuttavia la rilettura della dichiarazione di Nuova Delhi è quanto mai utile perché mostra che un mondo diverso può essere concepito. e perché il fallimento della politica di dominio di una grande Potenza – ieri l’Unione Sovietica, oggi gli Stati Uniti – invece che condurre a scelte ancora più nefaste può essere l’occasione, come fu sperato allora, per mettere in cantiere un ordine mondiale di pace, di giustizia economica e di salvaguardia e risanamento dell’ambiente, al fine di garantire la sopravvivenza dell’umanità: che è appunto ciò che oggi siamo chiamati a fare. Perciò la dichiarazione di Nuova Delhi, che fu pubblicata in Italia solo dalla rivista “Bozze 87”, si può considerare un precedente dell’attuale movimento per instaurare una Costituzione della Terra.
Una valutazione negativa delle politiche di ingerenza delle grandi Potenze in contesti politici e culturali diversi per imporvi i propri modelli è stata espressa anche dal papa nella sua intervista alla radio spagnola Cope, sulla scia di un giudizio formulato in un incontro a Mosca tra Angela Merkel e Vladimir Putin: “Bisogna porre fine alla politica irresponsabile di intervenire dall’esterno e costruire la democrazia in altri Paesi, ignorando le tradizioni dei popoli” ha detto il papa citando Putin e la Merkel. Questo vuol dire che la democrazia non può varcare i confini dei Paesi in cui è già istituita? Se così fosse nemmeno una Costituzione mondiale potrebbe essere pensata. Però la via è un’altra: occorre diffondere nel mondo la cultura della democrazia e renderla effettiva dove almeno formalmente esiste. La democrazia è infatti la condizione indispensabile per dar vita a istituzioni che realizzino e garantiscano i grandi valori costituzionali della pace, del diritto, della pari dignità di uomini e donne, della libertà di pensiero e di religione, della giustizia sociale: e proprio la tragedia che si sta consumando in Afghanistan nella transizione dagli occupanti pseudoliberali d’Occidente ai talebani integralisti delle scuole coraniche intransigenti ne rivela la necessità e l’urgenza. Nell’ “Angelus” del 5 settembre il papa ne ha indicato lo strumento, che è quello dell’educazione, che è anche educazione alla democrazia, a cominciare dai giovani: “Possano i giovani afghani – ha detto Francesco – ricevere l’istruzione, bene essenziale per lo sviluppo umano. E possano tutti gli afghani, sia in patria, sia in transito, sia nei Paesi di accoglienza vivere con dignità, in pace e fraternità coi loro vicini”.
Dalle armi alla cultura, dal dominio all’educazione reciproca, all’ascolto e al dialogo: non è questa la grande rivoluzione da fare?
Nel sito potete trovare l’articolo di Domenico Gallo e un’opinione di Paula Guerra Cáceres sull’arroganza della cultura dell’Occidente sia riguardo a ciò che accade in Afghanistan che riguardo alle culture e alle storie “altre”; nel sito “Biblioteca di Alessandria” potete trovare la dichiarazione di nuova Delhi del 1986, richiamata in questa lettera.

Con i più cordiali saluti

www.costituenteterra.it
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Il pensiero che aprì il Muro
LA DICHIARAZIONE DI NUOVA DELHI DEL 27 NOVEMBRE 1986

Tre anni prima della rimozione del muro di Berlino Mikhail Gorbaciov e Rajiv Gandhi a nome dell’URSS e dell’India, un quinto dell’umanità, chiedevano un totale rovesciamento della politica di dominio e di guerra e proponevano di costruire un mondo libero dalle armi nucleari e non violento in cui la vita umana fosse considerata il valore supremo. Il messaggio fu del tutto ignorato in Occidente

Il testo del documento firmato a Nuova Delhi dai leaders sovietico e indiano

L’umanità si trova oggi ad una decisiva fase di svolta della propria storia. L’arma nucleare minaccia di distruggere non solo quanto l’uomo ha realizzato nei secoli, ma anche lo stesso genere umano e persino la vita sulla Terra. Nell’era nucleare gli uomini debbono elaborare una nuova mentalità politica, una nuova concezione della pace, che sia una garanzia certa di sopravvivenza dell’umanità. La gente vuole vivere in un mondo più sicuro e più giusto. L’umanità merita un destino migliore, non deve essere ostaggio del terrore nucleare e della disperazione. Occorre cambiare la situazione internazionale venutasi a determinare e costruire un mondo libero dall’ordigno nucleare, libero dalla violenza e dall’odio, dal terrore e dal sospetto.
Il mondo che abbiamo ereditato appartiene alle generazioni presenti e future, il che impone di dare priorità ai valori universali. Occorre riconoscere il diritto di ogni popolo e di ogni persona alla vita, alla libertà, alla pace ed alla ricerca della felicità. E’ necessario rinunciare all’uso della forza e alla minaccia del suo impiego. Dev’essere rispettato il diritto di ogni popolo ad una scelta propria: sociale, politica e ideologica. Dev’essere respinta la politica volta ad affermare la supremazia di alcuni su altri. La crescita degli arsenali nucleari, la messa a punto delle armi spaziali minano la convinzione unanimemente riconosciuta, secondo cui la guerra nucleare non deve essere mai scatenata e non può essere vinta da nessuno.
A nome di oltre un miliardo di uomini, donne e bambini dei nostri due paesi amici, che insieme fanno un quinto dell’umanità intera, rivolgiamo ai popoli ed ai dirigenti di tutti i paesi l’appello ad intraprendere azioni immediate, che debbono portarci verso un mondo senz’armi di sterminio di massa, senza guerre.
Pienamente consapevoli della nostra comune responsabilità per le sorti dei nostri paesi e dell’umanità intera, noi proponiamo i seguenti princìpi per la costruzione di un mondo libero dagli armamenti nucleari e dalla violenza:

1. La coesistenza pacifica deve diventare una norma universale dei rapporti internazionali:
nell’era nucleare è indispensabile ristrutturare le relazioni internazionali, affinché il confronto sia soppiantato dalla cooperazione e le situazioni di conflitto siano risolte con mezzi politici pacifici e senza ricorrere alle armi.

2. La vita umana dev’essere considerata il valore supremo:
il progresso e lo sviluppo della civiltà umana possono essere assicurati in condizioni di pace e soltanto dal genio creativo dell’uomo.

3. La nonviolenza dev’essere alla base della vita della comunità umana:
la filosofia e la politica fondate sulla violenza e sull’intimidazione, sulla disuguaglianza e sull’oppressione, sulla discriminazione di razza, di fede religiosa o di colore della pelle sono immorali e inammissibili. Esse sprigionano uno spirito di intolleranza, sono deleterie per le nobili aspirazioni dell’uomo e negano tutti i valori umani.

4. La comprensione reciproca e la fiducia devono sostituire la paura e il sospetto:
la sfiducia, la paura e il sospetto fra i paesi e i popoli alterano la percezione del mondo reale. Generano tensione e, in ultima analisi, arrecano danno a tutta la comunità internazionale.

5. Deve essere riconosciuto e rispettato il diritto di ogni Stato all’indipendenza politica ed economica:
è necessario instaurare un nuovo ordine mondiale per garantire giustizia economica e uguale sicurezza politica per tutti gli Stati. La cessazione della corsa agli armamenti è il presupposto necessario per l’instaurazione di un simile ordine.

6. Le risorse impiegate per gli armamenti devono essere volte ad assicurare lo sviluppo sociale ed economico:
soltanto con il disarmo si possono disimpegnare ingenti risorse supplementari, necessarie alla lotta contro l’arretratezza economica e la miseria.

7. Devono essere garantite le condizioni necessarie per uno sviluppo armonioso della personalità:
tutti i paesi devono operare insieme per risolvere i problemi umanitari maturi e cooperare nel campo della cultura, dell’arte, della scienza, dell’istruzione e della medicina, per uno sviluppo completo della personalità. Un mondo senza armi nucleari e senza violenza aprirà grandiose prospettive a questo riguardo.

8. Il potenziale materiale e intellettuale dell’umanità deve essere utilizzato per risolvere i problemi globali:
è necessario trovare la soluzione di problemi globali quali il problema alimentare e quello demografico, la liquidazione dell’analfabetismo, la tutela dell’ambiente circostante attraverso un impiego razionale delle risorse della terra. Gli Oceani, il fondo marino e lo spazio cosmico sono patrimonio comune dell’umanità. La cessazione della corsa agli armamenti creerà le migliori condizioni per raggiungere tale obiettivo.

9. La sicurezza internazionale globale deve prendere il posto dell’«equilibrio del terrore»:
il mondo è uno e la sua sicurezza è indivisibile. Est e Ovest, Nord e Sud, indipendentemente dai sistemi sociali, dalle ideologie, dalle religioni e dalle razze, devono essere uniti nella fedeltà al disarmo e allo sviluppo;
la sicurezza internazionale può essere garantita con l’adozione di misure globali nel campo del disarmo nucleare, mediante tutti i mezzi accessibili e concordati di controllo, nonché con l’adozione di misure di fiducia e con una giusta composizione politica dei conflitti regionali attraverso trattative pacifiche e con la cooperazione nei campi politico, economico e umanitario.

10. Un mondo libero dalle armi nucleari e nonviolento richiede misure concrete e urgenti volte al disarmo:
Ci si può arrivare attraverso la stipulazione di accordi concernenti:
– la totale eliminazione degli arsenali nucleari entro la fine di questo secolo;
– l’inammissibilità della dislocazione di armi di qualsiasi tipo nello spazio, che è patrimonio comune dell’umanità;
– la totale interdizione degli esperimenti dell’arma nucleare;
– il divieto di creare nuovi tipi di armi di sterminio di massa;
– la messa al bando delle armi chimiche e l’eliminazione delle loro scorte;
– l’abbassamento dei livelli degli armamenti convenzionali e delle forze armate.

Finché le armi nucleari non saranno liquidate, l’Unione Sovietica e l’India propongono di stipulare immediatamente una convenzione internazionale che vieti l’uso delle armi nucleari o la minaccia di esso. Ciò rappresenterebbe un grosso passo concreto sulla via del disarmo nucleare totale.
La costruzione di un mondo libero dalle armi nucleari e nonviolento esige una trasformazione rivoluzionaria della mentalità degli uomini, l’educazione dei popoli nello spirito della pace, il rispetto reciproco e la tolleranza. Occorre vietare la propaganda della guerra, dell’odio e della violenza e rinunciare agli stereotipi della mentalità di chi vede un nemico in altri paesi e popoli.
La saggezza consiste nel non permettere che si accumulino e si aggravino i problemi globali, poiché evitare di risolverli oggi richiederà domani maggiori sacrifici.
Grande è il pericolo che incombe sull’umanità. Ma quest’ultima dispone di ingenti forze per scongiurare la catastrofe e aprire la strada che conduce ad una civiltà senza armi nucleari. La coalizione della pace, che sta accumulando le forze e che unisce gli sforzi del movimento dei non allineati, del gruppo dei «Sei», di tutti i paesi, partiti politici e organizzazioni sociali amanti della pace, ci dà motivo di speranza e di ottimismo. E’ arrivato il momento di azioni decisive e improrogabili.

Dalla rivista “Bozze 87”, gennaio/febbraio 1987, anno decimo, numero 1, pp. 17-21
Questa dichiarazione non fu pubblicata in Occidente.

Afghanistan.

667fa5fa-5335-493b-96f7-8f621087d6f0 Kabul come Saigon, un paragone che non sta in piedi
di Marino de Medici*

Come già nel 1975, quando Saigon passò nelle mani dell’esercito nordvietnamita, i catastrofisti americani ed europei sputano fuoco e fiamme per il tragico abbandono dell’Afghanistan. Kabul come Saigon, dunque. Una sconfitta “epica” che cancella ogni credibilità dell’America, proclamano i catastrofisti tra i quali si distingue il Corriere della Sera con uno sfogo occultamente anti-americano. Gli storici seri sanno invece che il Vietnam non segnò la fine della credibilità degli Stati Uniti e avvertono che il disastro afghano avra’ uno svolgimento simile. Vero è che come per l’Afghanistan, molti in America chiedevano a gran voce maggiori stanziamenti per difendere il Vietnam, a cominciare da Henry Kissinger che nel Marzo 1975 dichiarava: “Non possiamo abbandonare gli amici in una parte del mondo senza mettere a repentaglio la sicurezza degli amici dappertutto”. Ma quanta e quale credibilità persero in realtà gli Stati Uniti? I nemici dell’America gongolavano e Mosca in particolare si apprestava a raccogliere i frutti della ritirata americana dal Sud-est asiatico. Di fatto, però, gli interessi strategici americani non subivano un crollo, mentre era l’Unione Sovietica ad accusare un colpo micidiale, quello della disfatta in Afghanistan nel 1979.
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America, America

usa-e-gettaL’America che cambia…

di Marino de Medici.

Finalmente una buona notizia per un futuro migliore per l’America.
Il rapporto appena pubblicato dall’Ufficio del Censimento accentua quel che i demografi si attendevano: la popolazione bianca continua a restringersi ed è ora inferiore al 60 per cento; il Paese è sempre piú diverso e più anziano. Gli hispanici, che nel 2000 rappresentavano il 13 per cento della popolazione, hanno raggiunto il 20 per cento. I democratici ritrarranno un vantaggio dal fatto che i candidati a cariche pubbliche dovranno far conto su coalizioni più avanzate e da una evoluzione demografica in cui la nazione diventa non solo più diversa e più anziana, ma si sposta sempre più verso le aree metropolitane.
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America, America

biden-marinoIL 6 GENNAIO, UNA MACCHIA INDELEBILE
di Marino de Medici
Lo spettacolo infame offerto dal partito repubblicano a
proposito dell’inchiesta congressuale sull’invasione del
Campidoglio in un giorno che è già passato alla storia – il 6
gennaio 2021 – torna agli occhi degli americani che avevano assistito al drammatico evento trasmesso dai canali televisivi. Ma quello che gli americani credenti nella democrazia sicuramente ricorderanno è lo spettacolo inverecondo dei capi repubblicani, plagiati in misura irreversibile dalla “Big lie” – la “grande menzogna” – di Donald Trump. Un Congressman della Georgia, Andrew Clyde, ha infatti dichiarato che l’assalto ai palazzi del Campidoglio era una “normale visita turistica”.
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America, America

trump-di-marino Donald Trump: Quattro Anni Di Democrazia a Rischio.
di Marino de Medici
Il mio libro Donald Trump: Quattro Anni di Democrazia a Rischio, pubblicato da ArtemiaNovaEditrice, sarà
disponibile presso librerie ed altri centri culturali in Italia a partire dal 2 agosto. E’ disponibile sin da adesso
mediante ordinativi alla casa editrice, anche dall’estero:
info@artemianovaeditrice.it. (tel: 39 347/5364795)
Il costo è di euro 25.
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Oggi giovedì 29 luglio 2021

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——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni————————
Tra incendi e apparati dove va la Sardegna?
29 Luglio 2021
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Scorrendo i titoli dei giornali sardi, leggere il testo è troppo doloroso, ti colpiscono alcune notizie. Questi giorni certamente la distruzione dei boschi è il fatto che colpisce. Altri, per esempio Tonino Dessì su questo blog, hanno fatto le loro analisi e hanno proposto i loro rimedi. Tonino con la speciale competenza che gli […]
———————————–Anticipazioni——————-
trymp-libro-fi-mdm
- Per ordinarlo.
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America, America. Novità per Cuba?

cuba-2-348x215CINISMO E SPERANZE PER CUBA
di Marino de Medici

Le recenti manifestazioni di protesta all’Avana ed altri centri di Cuba giustificano un quesito che per mezzo secolo appariva
irrealistico: è possibile che a Cuba sia nella fase di incubazione un movimento verso un sistema politico più inclusivo, basato su una nuova base economica che non sia vittima delle imposizioni esterne, dallo sfruttamento di Cuba nel quadro geopolitico mondiale ed in modo particolare dell’embargo americano che continua a gravare sull’isola?
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America, America

4c62a1e6-4ac2-4d56-914e-669c4767af69I VACCINI E LE GUERRE CULTURALI
di Marino de Medici

Anche i vaccini ormai sono una parte integrante delle “culture wars”, le guerre culturali sulle quali fanno conto i repubblicani, ed in modo speciale la maggioranza trumpista tra di essi, per riconquistare il potere a Washington. La retorica anti-vax ha aumentato il suo volume presso le autorità elette di vari stati ed i media, soprattutto quelli “social” di estrema destra. In una congiuntura che registra un forte aumento di infezioni da Covid-19 in quegli stati dove vengono praticate poche vaccinazioni, può sembrare incredibile che i legislatori di più di quaranta stati abbiano presentato proposte per vietare i cosiddetti “vaccine passports”, e che non pochi governatori abbiano formalmente vietato tali passaporti. Ma quel che stupisce ancor più è che i governatori e funzionari preposti alla salute pubblica abbiano accampato pubblicamente i dubbi sollevati da movimenti di destra sull’efficacia e sicurezza dei vaccini quando le autorità scientifiche federali e private garantivano effetti benefici su vasta scala.
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