Risultato della ricerca: agricoltura

La Sardegna lotta per la rinascita con tutto il Meridione

Sardegna universitaria F FigariMeridione e neocolonialismo
di Gianna Lai *

Pubblichiamo l’intervento di Gianna Lai alla Conferenza di organizzazione Anpi per il Mezzogiorno

E’ molto importante la riflessione dell’Anpi sul Mezzogiorno nel contesto nazionale, importante che questa nostra conferenza dia un buon esito, dopo la crescita così veloce di sedi e nuove iscrizioni.

Il Meridione delle diseguaglianze, partendo dalla supremazia del Nord, a dire il vero ininterrotta politica dell’Italia unita fin dalla sua prima formazione, determinante l’alleanza tra gli imprenditori del Settentrione, sostenuti dai finanziamenti e dalle commmesse statali, con i proprietari assenteisti del Mezzogiorno, in funzione anticontadina. Un drenaggio di risorse verso il Nord, i ceti moderati affrontano i problemi del Sud attraverso la clientela e la corruzione, non certo in un’ottica di sviluppo. E del resto molto modesti i risultati raggiunti in Sicilia e in Sardegna , in questo secondo dopoguerra, pur garantite da leggi di autonomia speciale. Se pensiamo che da noi, mancando le leggi di attuazione, lo Statuto resta semplice espressione di decentramento amministrativo, un puro rapporto tra enti. Il Mezzogiorno è questione nazionale, di cui vuole discutere anche l’Anpi in tempi di minacciosa politica disgregatrice, a contrastare secessioni, neofascismi e mafie. Superare questo dualismo è necessario per costruire vera unità, storia e politica in questi venti di guerra che ci attraversano, i tempi della crisi del lavoro e della democrazia. Come al Nord, anche al Sud l’Anpi rifugio dei democratici, dopo la crisi dei partiti, anche qui siamo cresciuti durante i due referendum contro l’attacco alla costituzione da parte di Berlusconi e Renzi, complici entrambi dell’aggravarsi delle diseguaglianze e della crescita della destra.

Certo impressionanti i dati del divario su occupazione, spesa media statale e tassi di abbandono scolastico fra Nord e Sud, e di discriminazione delle donne (già partendo dal dato che solo il 6% del Pnrr è destinato complessivamente alle donne in Italia): le ragioni di una strutturale divisione del paese, che significa emigrazione di massa, già fin dai tempi della cassa del Mezzogiorno, funzionale al mercato del Nord, quando le industrie producono per gli enti di riforma operanti nel Meridione. Il Sud vero mercato coloniale di consumo, destinata la sua gioventù al tumultuoso boom economico del triangolo industriale anni Sessanta, un dualismo che dura e si mostra particolarmente oppressivo, crudele, nella destinazione a Servitù militari di vaste zone delle due isole in particolare, fin dall’adesione italiana al Patto atlantico. Ed in Sardegna il 65% del totale delle servitù nazionali, trattamento solitamente riservato alle periferie povere della emarginazione sociale e dell’emigrazione giovanile di massa. A Decimo una scuola per top gun del futuro, basi a Quirra Teulada e capo Frasca per le esercitazioni militari e per l’addestramento e la sperimentazione di armi usate poi in Libia, Iraq, Afganistan, Israele, Arabia Saudita, Iugoslavia Somalia. Veri scenari di guerra quelli sperimentati nell’isola, grave l’inquinamento da uranio impoverito a mettere a repentaglio abitanti e militari stessi, la bonifica mai seriamente affrontata. Mentre in nome di una politica degli indennizzi si corrompono le coscienze annullando mestieri millennari, vietata la pesca, l’agricoltura, l’allevamento, ancora emigrazione e abbandono. La Sardegna resterà territorio chiave per la difesa, in quei 35 mila ettari di territorio sottoposto a vincoli: dice Crosetto “queste servitù son vincolo necessario visto l’impegno cui son chiamate le nostre forze armate a svolgere ogni giorno nel contesto nazionale, e sopratutto internazionale, per tutelare gli interessi di tutti”. E a Capo San Lorenzo e a Domusnovas fabbriche di armi, con Vitrociset e Alenia e RWM, “armi sarde contro i bambini dello Yemen”, denunciava il cardinale Zuppi nel contesto di uno sciopero dei portuali genovesi contro l’invio di armi, sempre chiaro l’impegno pacifista per riconvertire la RWM, industria tedesca che fattura 5.6 miliardi l’anno, occupati poco più di 100 lavoratori a Domusnovas. Ma fortissime le spartizioni fra gli azionisti, specie dall’ inizio della guerra in Ucraina, quando vengono derogate leggi di grande rilevanza come la 185/1990, attuativa della Costituzione, che impedisce l’invio di armi in zone di guerra, e parla di conversione a scopi civili delle fabbriche di armi, secondo l’Art. 41 della nostra Carta: le decisioni in capo al presidente del Consiglio e ministri degli esteri e difesa, movimento delle armi è segreto di Stato. E siccome una legge particolarmente scomoda pur derogata, oggi la 185 in via di modifica, dice il costituzionalista Azzariti parlando dei recenti 417 milioni in vendita di armi all’Ucraina, “il parlamento informato dal governo a cose fatte. con la modifica in atto sarà più semplice la vendita di armi, l’intervento armato un atto proprio dell’esecutivo”. Ci opponiamo in Sardegna secondo lo spirito di Lussu che, in Assemblea Costituente e poi in Parlamento rappresentò dei sardi la volontà al neutralismo e al disarmo, vogliamo sostenere anche nelle Università del Sud, oltre che del Nord, la protesta di studenti e docenti contro i progetti Leonardo-Israele sulla ricerca finalizzata a armamenti e politiche di guerra. E mentre diventa operativo nel Comitato nazionale ANPI il nostro gruppo di lavoro sulle Servitù militari, presieduto dal compagno Amodio, che si è aperto nei giorni scorsi alla presenza del presidente Pagliarulo, ci sono anche a Cagliari prospettive di lavoro comune, in particolare con la Cgil, per la riduzione delle Servitù militari e la conversione delle industrie di armi, esplicito in tal senso il documento sul Congresso della Camera del lavoro cittadina, 2023 e le dichiarazioni del segretario regionale, “ In questo percorso è necessario il ridimensionamento delle Servitù militari nella nostra regione ed un’azione anche della nostra organizzazione a sostegno dell’economia di pace”

E poi il Meridione delle raffinerie dismesse o ancora funzionanti, le nostre magnifiche coste da quando l’Italia è diventata la principale sede europea di impianti di raffinazione del greggio medio orientale e africano. Contro la guerra dunque, un nuovo importante lavoro ci aspetta e ci vuole tutto il nostro impegno organizzativo, perché si diversificano gli scenari ma restano definiti i termini della Questione meridionale, un tempo costituzionalizzata nella nostra Carta, al comma 3 dell’art.119, penultimo capoverso, stesura del 1948, “Per provvedere a scopi determinati e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le isole lo stato assegna per legge e a singole regioni contributi speciali”. Il termine valorizzare con significato più ampio di intervento su tutti i fatti che determinano la trasformazione economica e sociale e culturale, nel rispetto della storia e delle popolazioni locali. Cancellata invece dal nuovo 119 nel nuovo titolo V, dove l’intervento per il Mezzogiorno e le isole è scomparso, sostituito da interventi per comuni, province, città metropolitane e regioni a dare adito alla politica leghista dell’Autonomia differenziata.

Per i progetti neocoloniali, i poligoni militari, l’energia e le scorie decide l’Europa, sulle cartine piatte evidentemente, se in Sardegna ritroviamo un nuraghe protetto dall’Unesco vicino al previsto centro del parco eolico. Noi invece, ribadendo che il Mezzogiorno è questione nazionale, vogliamo ancora piuttosto ispirarci allo spirito di Gramsci quando diceva “un grande passo avanti possono farlo solo le forze più avanzate del Nord in collegamento con quelle del Sud” .

* Su Democraziaoggi 16 Aprile 2024.
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Partiti! Auguri di buon lavoro ai nuovi consiglieri, ai nuovi assessori, alla nuova presidente Alessandra Todde. Nell’interesse dei sardi e della Sardegna.

img_6666 La presidente Alessandra Todde ha nominato i 12 assessori (50% donne) della giunta.
Alla Sanità: Arnaldo Bartolazzi (M5s). Al Lavoro: Desirè Manca (M5s). All’Urbanistica: Francesco Spanedda (quota Todde). Ai Trasporti: Barbara Manca (Todde). Alla Programmazione e Bilancio e vicepresidente: Giuseppe Meloni (Pd). All’Industria Emanuele Cani (Pd). All’Agricoltura: Gianfranco Satta (Progressisti). Ai Lavori Pubblici: Antonio Piu (Avs). Al Turismo: Franco Cuccureddu (Orizzonte comune). All’Ambiente: Rosanna Laconi (Pd). Cultura e Istruzione: Ilaria Portas (Sinistra Futura). Agli Affari generali: Mariaelena Motzo (Lista Todde).
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Oggi domenica 21 gennaio 2024

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democraziaoggi-loghettoCarbonia. Renzo Laconi. Dal Piano di lavoro Cgil al Piano Levi, dare organicità a studi e ricerche: l’acqua per l’agricoltura, il carbone per la produzione di energia elettrica, base dello sviluppo industriale. Lo spirito di Giommaria Angioy
21 Gennaio 2024
Gianna Lai su Democraziaoggi
Oggi, domenica, nuovo post sulla storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.
Dice Renzo Laconi nella relazione introduttiva, “Diamo forma definita al Piano economico e sociale attorno al quale si muoveranno le nostre prossime […]
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100 anni ad oggi la morte di Lenin. Gramsci e Lenin
21 Gennaio 2024 su Democraziaoggi

Ricorre oggi il centenario della morte di Lenin. La letteratura sul grande rivoluzionario russo è sterminata, come quella su Gramsci. Ed è facilmente reperibile. Ci limitiamo pertando a riprodurre un breve articolo del 2017 di Bruno Casati sul rapporto fra Lenin e Antonio Gramsci

In questo anno 2017 si collocano, intrecciandosi, due importanti ricorrenze: l’80° […]

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«Possano i fedeli cristiani, i credenti di varie religioni e gli uomini e le donne di buona volontà collaborare in armonia per cogliere le opportunità e affrontare le sfide poste dalla rivoluzione digitale, e consegnare alle generazioni future un mondo più solidale, giusto e pacifico»

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MESSAGGIO
DI SUA SANTITÀ
FRANCESCO
PER LA LVII
GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

1° GENNAIO 2024

Intelligenza artificiale e pace

All’inizio del nuovo anno, tempo di grazia che il Signore dona a ciascuno di noi, vorrei rivolgermi al Popolo di Dio, alle nazioni, ai Capi di Stato e di Governo, ai Rappresentanti delle diverse religioni e della società civile, a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo per porgere i miei auguri di pace.

1. Il progresso della scienza e della tecnologia come via verso la pace

La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano «saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro» (Es 35,31). L’intelligenza è espressione della dignità donataci dal Creatore, che ci ha fatti a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,26) e ci ha messo in grado di rispondere al suo amore attraverso la libertà e la conoscenza. La scienza e la tecnologia manifestano in modo particolare tale qualità fondamentalmente relazionale dell’intelligenza umana: sono prodotti straordinari del suo potenziale creativo.

Nella Costituzione Pastorale Gaudium et spes, il Concilio Vaticano II ha ribadito questa verità, dichiarando che «col suo lavoro e col suo ingegno l’uomo ha cercato sempre di sviluppare la propria vita» [1]. Quando gli esseri umani, «con l’aiuto della tecnica», si sforzano affinchè la terra «diventi una dimora degna di tutta la famiglia umana» [2], agiscono secondo il disegno di Dio e cooperano con la sua volontà di portare a compimento la creazione e di diffondere la pace tra i popoli. Anche il progresso della scienza e della tecnica, nella misura in cui contribuisce a un migliore ordine della società umana, ad accrescere la libertà e la comunione fraterna, porta dunque al miglioramento dell’uomo e alla trasformazione del mondo.

Giustamente ci rallegriamo e siamo riconoscenti per le straordinarie conquiste della scienza e della tecnologia, grazie alle quali si è posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano la vita umana e causavano grandi sofferenze. Allo stesso tempo, i progressi tecnico-scientifici, rendendo possibile l’esercizio di un controllo finora inedito sulla realtà, stanno mettendo nelle mani dell’uomo una vasta gamma di possibilità, alcune delle quali possono rappresentare un rischio per la sopravvivenza e un pericolo per la casa comune [3].

I notevoli progressi delle nuove tecnologie dell’informazione, specialmente nella sfera digitale, presentano dunque entusiasmanti opportunità e gravi rischi, con serie implicazioni per il perseguimento della giustizia e dell’armonia tra i popoli. È pertanto necessario porsi alcune domande urgenti. Quali saranno le conseguenze, a medio e a lungo termine, delle nuove tecnologie digitali? E quale impatto avranno sulla vita degli individui e della società, sulla stabilità internazionale e sulla pace?

2. Il futuro dell’intelligenza artificiale tra promesse e rischi

I progressi dell’informatica e lo sviluppo delle tecnologie digitali negli ultimi decenni hanno già iniziato a produrre profonde trasformazioni nella società globale e nelle sue dinamiche. I nuovi strumenti digitali stanno cambiando il volto delle comunicazioni, della pubblica amministrazione, dell’istruzione, dei consumi, delle interazioni personali e di innumerevoli altri aspetti della vita quotidiana.

Inoltre, le tecnologie che impiegano una molteplicità di algoritmi possono estrarre, dalle tracce digitali lasciate su internet, dati che consentono di controllare le abitudini mentali e relazionali delle persone a fini commerciali o politici, spesso a loro insaputa, limitandone il consapevole esercizio della libertà di scelta. Infatti, in uno spazio come il web, caratterizzato da un sovraccarico di informazioni, possono strutturare il flusso di dati secondo criteri di selezione non sempre percepiti dall’utente.

Dobbiamo ricordare che la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche non sono disincarnate dalla realtà e «neutrali» [4], ma soggette alle influenze culturali. In quanto attività pienamente umane, le direzioni che prendono riflettono scelte condizionate dai valori personali, sociali e culturali di ogni epoca. Dicasi lo stesso per i risultati che conseguono: essi, proprio in quanto frutto di approcci specificamente umani al mondo circostante, hanno sempre una dimensione etica, strettamente legata alle decisioni di chi progetta la sperimentazione e indirizza la produzione verso particolari obiettivi.

Questo vale anche per le forme di intelligenza artificiale. Di essa, ad oggi, non esiste una definizione univoca nel mondo della scienza e della tecnologia. Il termine stesso, ormai entrato nel linguaggio comune, abbraccia una varietà di scienze, teorie e tecniche volte a far sì che le macchine riproducano o imitino, nel loro funzionamento, le capacità cognitive degli esseri umani. Parlare al plurale di “forme di intelligenza” può aiutare a sottolineare soprattutto il divario incolmabile che esiste tra questi sistemi, per quanto sorprendenti e potenti, e la persona umana: essi sono, in ultima analisi, “frammentari”, nel senso che possono solo imitare o riprodurre alcune funzioni dell’intelligenza umana. L’uso del plurale evidenzia inoltre che questi dispositivi, molto diversi tra loro, vanno sempre considerati come “sistemi socio-tecnici”. Infatti il loro impatto, al di là della tecnologia di base, dipende non solo dalla progettazione, ma anche dagli obiettivi e dagli interessi di chi li possiede e di chi li sviluppa, nonché dalle situazioni in cui vengono impiegati.

L’intelligenza artificiale, quindi, deve essere intesa come una galassia di realtà diverse e non possiamo presumere a priori che il suo sviluppo apporti un contributo benefico al futuro dell’umanità e alla pace tra i popoli. Tale risultato positivo sarà possibile solo se ci dimostreremo capaci di agire in modo responsabile e di rispettare valori umani fondamentali come «l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la riservatezza e l’affidabilità» [5].

Non è sufficiente nemmeno presumere, da parte di chi progetta algoritmi e tecnologie digitali, un impegno ad agire in modo etico e responsabile. Occorre rafforzare o, se necessario, istituire organismi incaricati di esaminare le questioni etiche emergenti e di tutelare i diritti di quanti utilizzano forme di intelligenza artificiale o ne sono influenzati [6].

L’immensa espansione della tecnologia deve quindi essere accompagnata da un’adeguata formazione alla responsabilità per il suo sviluppo. La libertà e la convivenza pacifica sono minacciate quando gli esseri umani cedono alla tentazione dell’egoismo, dell’interesse personale, della brama di profitto e della sete di potere. Abbiamo perciò il dovere di allargare lo sguardo e di orientare la ricerca tecnico-scientifica al perseguimento della pace e del bene comune, al servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e della comunità [7].

La dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica famiglia umana devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e servire come criteri indiscutibili per valutarle prima del loro impiego, in modo che il progresso digitale possa avvenire nel rispetto della giustizia e contribuire alla causa della pace. Gli sviluppi tecnologici che non portano a un miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non potranno mai essere considerati vero progresso [8].

L’intelligenza artificiale diventerà sempre più importante. Le sfide che pone sono tecniche, ma anche antropologiche, educative, sociali e politiche. Promette, ad esempio, un risparmio di fatiche, una produzione più efficiente, trasporti più agevoli e mercati più dinamici, oltre a una rivoluzione nei processi di raccolta, organizzazione e verifica dei dati. Occorre essere consapevoli delle rapide trasformazioni in atto e gestirle in modo da salvaguardare i diritti umani fondamentali, rispettando le istituzioni e le leggi che promuovono lo sviluppo umano integrale. L’intelligenza artificiale dovrebbe essere al servizio del migliore potenziale umano e delle nostre più alte aspirazioni, non in competizione con essi.

3. La tecnologia del futuro: macchine che imparano da sole

Nelle sue molteplici forme l’intelligenza artificiale, basata su tecniche di apprendimento automatico (machine learning), pur essendo ancora in fase pionieristica, sta già introducendo notevoli cambiamenti nel tessuto delle società, esercitando una profonda influenza sulle culture, sui comportamenti sociali e sulla costruzione della pace.

Sviluppi come il machine learning o come l’apprendimento profondo (deep learning) sollevano questioni che trascendono gli ambiti della tecnologia e dell’ingegneria e hanno a che fare con una comprensione strettamente connessa al significato della vita umana, ai processi basilari della conoscenza e alla capacità della mente di raggiungere la verità.

L’abilità di alcuni dispositivi nel produrre testi sintatticamente e semanticamente coerenti, ad esempio, non è garanzia di affidabilità. Si dice che possano “allucinare”, cioè generare affermazioni che a prima vista sembrano plausibili, ma che in realtà sono infondate o tradiscono pregiudizi. Questo pone un serio problema quando l’intelligenza artificiale viene impiegata in campagne di disinformazione che diffondono notizie false e portano a una crescente sfiducia nei confronti dei mezzi di comunicazione. La riservatezza, il possesso dei dati e la proprietà intellettuale sono altri ambiti in cui le tecnologie in questione comportano gravi rischi, a cui si aggiungono ulteriori conseguenze negative legate a un loro uso improprio, come la discriminazione, l’interferenza nei processi elettorali, il prendere piede di una società che sorveglia e controlla le persone, l’esclusione digitale e l’inasprimento di un individualismo sempre più scollegato dalla collettività. Tutti questi fattori rischiano di alimentare i conflitti e di ostacolare la pace.

4. Il senso del limite nel paradigma tecnocratico

Il nostro mondo è troppo vasto, vario e complesso per essere completamente conosciuto e classificato. La mente umana non potrà mai esaurirne la ricchezza, nemmeno con l’aiuto degli algoritmi più avanzati. Questi, infatti, non offrono previsioni garantite del futuro, ma solo approssimazioni statistiche. Non tutto può essere pronosticato, non tutto può essere calcolato; alla fine «la realtà è superiore all’idea» [9]e, per quanto prodigiosa possa essere la nostra capacità di calcolo, ci sarà sempre un residuo inaccessibile che sfugge a qualsiasi tentativo di misurazione.

Inoltre, la grande quantità di dati analizzati dalle intelligenze artificiali non è di per sé garanzia di imparzialità. Quando gli algoritmi estrapolano informazioni, corrono sempre il rischio di distorcerle, replicando le ingiustizie e i pregiudizi degli ambienti in cui esse hanno origine. Più diventano veloci e complessi, più è difficile comprendere perché abbiano prodotto un determinato risultato.

Le macchine “intelligenti” possono svolgere i compiti loro assegnati con sempre maggiore efficienza, ma lo scopo e il significato delle loro operazioni continueranno a essere determinati o abilitati da esseri umani in possesso di un proprio universo di valori. Il rischio è che i criteri alla base di certe scelte diventino meno chiari, che la responsabilità decisionale venga nascosta e che i produttori possano sottrarsi all’obbligo di agire per il bene della comunità. In un certo senso, ciò è favorito dal sistema tecnocratico, che allea l’economia con la tecnologia e privilegia il criterio dell’efficienza, tendendo a ignorare tutto ciò che non è legato ai suoi interessi immediati [10].

Questo deve farci riflettere su un aspetto tanto spesso trascurato nella mentalità attuale, tecnocratica ed efficientista, quanto decisivo per lo sviluppo personale e sociale: il “senso del limite”. L’essere umano, infatti, mortale per definizione, pensando di travalicare ogni limite in virtù della tecnica, rischia, nell’ossessione di voler controllare tutto, di perdere il controllo su sé stesso; nella ricerca di una libertà assoluta, di cadere nella spirale di una dittatura tecnologica. Riconoscere e accettare il proprio limite di creatura è per l’uomo condizione indispensabile per conseguire, o meglio, accogliere in dono la pienezza. Invece, nel contesto ideologico di un paradigma tecnocratico, animato da una prometeica presunzione di autosufficienza, le disuguaglianze potrebbero crescere a dismisura, e la conoscenza e la ricchezza accumularsi nelle mani di pochi, con gravi rischi per le società democratiche e la coesistenza pacifica [11].

5. Temi scottanti per l’etica

In futuro, l’affidabilità di chi richiede un mutuo, l’idoneità di un individuo ad un lavoro, la possibilità di recidiva di un condannato o il diritto a ricevere asilo politico o assistenza sociale potrebbero essere determinati da sistemi di intelligenza artificiale. La mancanza di diversificati livelli di mediazione che questi sistemi introducono è particolarmente esposta a forme di pregiudizio e discriminazione: gli errori sistemici possono facilmente moltiplicarsi, producendo non solo ingiustizie in singoli casi ma anche, per effetto domino, vere e proprie forme di disuguaglianza sociale.

Talvolta, inoltre, le forme di intelligenza artificiale sembrano in grado di influenzare le decisioni degli individui attraverso opzioni predeterminate associate a stimoli e dissuasioni, oppure mediante sistemi di regolazione delle scelte personali basati sull’organizzazione delle informazioni. Queste forme di manipolazione o di controllo sociale richiedono un’attenzione e una supervisione accurate, e implicano una chiara responsabilità legale da parte dei produttori, di chi le impiega e delle autorità governative.

L’affidamento a processi automatici che categorizzano gli individui, ad esempio attraverso l’uso pervasivo della vigilanza o l’adozione di sistemi di credito sociale, potrebbe avere ripercussioni profonde anche sul tessuto civile, stabilendo improprie graduatorie tra i cittadini. E questi processi artificiali di classificazione potrebbero portare anche a conflitti di potere, non riguardando solo destinatari virtuali, ma persone in carne ed ossa. Il rispetto fondamentale per la dignità umana postula di rifiutare che l’unicità della persona venga identificata con un insieme di dati. Non si deve permettere agli algoritmi di determinare il modo in cui intendiamo i diritti umani, di mettere da parte i valori essenziali della compassione, della misericordia e del perdono o di eliminare la possibilità che un individuo cambi e si lasci alle spalle il passato.

In questo contesto non possiamo fare a meno di considerare l’impatto delle nuove tecnologie in ambito lavorativo: mansioni che un tempo erano appannaggio esclusivo della manodopera umana vengono rapidamente assorbite dalle applicazioni industriali dell’intelligenza artificiale. Anche in questo caso, c’è il rischio sostanziale di un vantaggio sproporzionato per pochi a scapito dell’impoverimento di molti. Il rispetto della dignità dei lavoratori e l’importanza dell’occupazione per il benessere economico delle persone, delle famiglie e delle società, la sicurezza degli impieghi e l’equità dei salari dovrebbero costituire un’alta priorità per la Comunità internazionale, mentre queste forme di tecnologia penetrano sempre più profondamente nei luoghi di lavoro.

6. Trasformeremo le spade in vomeri?

In questi giorni, guardando il mondo che ci circonda, non si può sfuggire alle gravi questioni etiche legate al settore degli armamenti. La possibilità di condurre operazioni militari attraverso sistemi di controllo remoto ha portato a una minore percezione della devastazione da essi causata e della responsabilità del loro utilizzo, contribuendo a un approccio ancora più freddo e distaccato all’immensa tragedia della guerra. La ricerca sulle tecnologie emergenti nel settore dei cosiddetti “sistemi d’arma autonomi letali”, incluso l’utilizzo bellico dell’intelligenza artificiale, è un grave motivo di preoccupazione etica. I sistemi d’arma autonomi non potranno mai essere soggetti moralmente responsabili: l’esclusiva capacità umana di giudizio morale e di decisione etica è più di un complesso insieme di algoritmi, e tale capacità non può essere ridotta alla programmazione di una macchina che, per quanto “intelligente”, rimane pur sempre una macchina. Per questo motivo, è imperativo garantire una supervisione umana adeguata, significativa e coerente dei sistemi d’arma.

Non possiamo nemmeno ignorare la possibilità che armi sofisticate finiscano nelle mani sbagliate, facilitando, ad esempio, attacchi terroristici o interventi volti a destabilizzare istituzioni di governo legittime. Il mondo, insomma, non ha proprio bisogno che le nuove tecnologie contribuiscano all’iniquo sviluppo del mercato e del commercio delle armi, promuovendo la follia della guerra. Così facendo, non solo l’intelligenza, ma il cuore stesso dell’uomo, correrà il rischio di diventare sempre più “artificiale”. Le più avanzate applicazioni tecniche non vanno impiegate per agevolare la risoluzione violenta dei conflitti, ma per pavimentare le vie della pace.

In un’ottica più positiva, se l’intelligenza artificiale fosse utilizzata per promuovere lo sviluppo umano integrale, potrebbe introdurre importanti innovazioni nell’agricoltura, nell’istruzione e nella cultura, un miglioramento del livello di vita di intere nazioni e popoli, la crescita della fraternità umana e dell’amicizia sociale. In definitiva, il modo in cui la utilizziamo per includere gli ultimi, cioè i fratelli e le sorelle più deboli e bisognosi, è la misura rivelatrice della nostra umanità.

Uno sguardo umano e il desiderio di un futuro migliore per il nostro mondo portano alla necessità di un dialogo interdisciplinare finalizzato a uno sviluppo etico degli algoritmi – l’algor-etica –, in cui siano i valori a orientare i percorsi delle nuove tecnologie [12]. Le questioni etiche dovrebbero essere tenute in considerazione fin dall’inizio della ricerca, così come nelle fasi di sperimentazione, progettazione, produzione, distribuzione e commercializzazione. Questo è l’approccio dell’etica della progettazione, in cui le istituzioni educative e i responsabili del processo decisionale hanno un ruolo essenziale da svolgere.

7. Sfide per l’educazione

Lo sviluppo di una tecnologia che rispetti e serva la dignità umana ha chiare implicazioni per le istituzioni educative e per il mondo della cultura. Moltiplicando le possibilità di comunicazione, le tecnologie digitali hanno permesso di incontrarsi in modi nuovi. Tuttavia, rimane la necessità di una riflessione continua sul tipo di relazioni a cui ci stanno indirizzando. I giovani stanno crescendo in ambienti culturali pervasi dalla tecnologia e questo non può non mettere in discussione i metodi di insegnamento e formazione.

L’educazione all’uso di forme di intelligenza artificiale dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico. È necessario che gli utenti di ogni età, ma soprattutto i giovani, sviluppino una capacità di discernimento nell’uso di dati e contenuti raccolti sul web o prodotti da sistemi di intelligenza artificiale. Le scuole, le università e le società scientifiche sono chiamate ad aiutare gli studenti e i professionisti a fare propri gli aspetti sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia.

La formazione all’uso dei nuovi strumenti di comunicazione dovrebbe tenere conto non solo della disinformazione, delle fake news, ma anche dell’inquietante recrudescenza di «paure ancestrali [...] che hanno saputo nascondersi e potenziarsi dietro nuove tecnologie» [13]. Purtroppo, ancora una volta ci troviamo a dover combattere “la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare muri per impedire l’incontro con altre culture, con altra gente” [14]e lo sviluppo di una coesistenza pacifica e fraterna.

8. Sfide per lo sviluppo del diritto internazionale

La portata globale dell’intelligenza artificiale rende evidente che, accanto alla responsabilità degli Stati sovrani di disciplinarne l’uso al proprio interno, le Organizzazioni internazionali possono svolgere un ruolo decisivo nel raggiungere accordi multilaterali e nel coordinarne l’applicazione e l’attuazione [15]. A tale proposito, esorto la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme. L’obiettivo della regolamentazione, naturalmente, non dovrebbe essere solo la prevenzione delle cattive pratiche, ma anche l’incoraggiamento delle buone pratiche, stimolando approcci nuovi e creativi e facilitando iniziative personali e collettive [16].

In definitiva, nella ricerca di modelli normativi che possano fornire una guida etica agli sviluppatori di tecnologie digitali, è indispensabile identificare i valori umani che dovrebbero essere alla base dell’impegno delle società per formulare, adottare e applicare necessari quadri legislativi. Il lavoro di redazione di linee guida etiche per la produzione di forme di intelligenza artificiale non può prescindere dalla considerazione di questioni più profonde riguardanti il significato dell’esistenza umana, la tutela dei diritti umani fondamentali, il perseguimento della giustizia e della pace. Questo processo di discernimento etico e giuridico può rivelarsi un’occasione preziosa per una riflessione condivisa sul ruolo che la tecnologia dovrebbe avere nella nostra vita individuale e comunitaria e su come il suo utilizzo possa contribuire alla creazione di un mondo più equo e umano. Per questo motivo, nei dibattiti sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, si dovrebbe tenere conto della voce di tutte le parti interessate, compresi i poveri, gli emarginati e altri che spesso rimangono inascoltati nei processi decisionali globali.

* * *

Spero che questa riflessione incoraggi a far sì che i progressi nello sviluppo di forme di intelligenza artificiale servano, in ultima analisi, la causa della fraternità umana e della pace. Non è responsabilità di pochi, ma dell’intera famiglia umana. La pace, infatti, è il frutto di relazioni che riconoscono e accolgono l’altro nella sua inalienabile dignità, e di cooperazione e impegno nella ricerca dello sviluppo integrale di tutte le persone e di tutti i popoli.

La mia preghiera all’inizio del nuovo anno è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti, e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana. Possano i fedeli cristiani, i credenti di varie religioni e gli uomini e le donne di buona volontà collaborare in armonia per cogliere le opportunità e affrontare le sfide poste dalla rivoluzione digitale, e consegnare alle generazioni future un mondo più solidale, giusto e pacifico.

Dal Vaticano, 8 dicembre 2023

FRANCESCO

[1] N. 33.

[2] Ibid., 57.

[3] Cfr Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 104.

[4] Cfr ibid., 114.

[5] Udienza ai partecipanti all’Incontro “Minerva Dialogues” (27 marzo 2023).

[6] Cfr ibid.

[7] Cfr Messaggio al Presidente Esecutivo del “World Economic Forum” a Davos-Klosters (12 gennaio 2018).

[8] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 194; Discorso ai partecipanti al Seminario “Il bene comune nell’era digitale” (27 settembre 2019).

[9] Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 233.

[10] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 54.

[11] Cfr Discorso ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita (28 febbraio 2020).

[12] Cfr ibid.

[13] Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 27.

[14] Cfr ibid.

[15] Cfr ibid., 170-175.

[16] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 177.

Copyright © Dicastero per la Comunicazione – Libreria Editrice Vaticana
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Carbonia

img_5299Carbonia. Per la Camera di Commercio “Carbonia può garantire alla Sardegna il suo fabbisogno massimo di energia elettrica ed anche alla penisola”. Ma si importa carbone estero e il Sulcis resta invenduto. Aiuti ERP: portati a termine solo gli impianti di Seruci 19 Novembre 2023
Gianna Lai su Democraziaoggi
Come tutte le domeniche, dal 1° settembre 2019, un post sulla storia di Carbonia.
Così, nel Bollettino Economico della Camera di Commercio Industria e Agricoltura di aprile, l’esito di una inchiesta sull’industria elettrica: “ora sono le centrali idroelettriche ad avere funzione integrativa rispetto alle termoelettriche, che funzionano con regolarità. Carbonia può garantire alla Sardegna […]
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Gli intellettuali sardi chiedono un aiuto per la Sardegna ad Adriano Olivetti

img_4337Adriano Olivetti e la Sardegna

Nei giorni venerdì 27 (mattina e sera) e sabato 28 ottobre (solo mattina) si terrà nell’Aula Motzo della Facoltà di Studi Umanistici dell’Università di Cagliari un Convegno su “Adriano Olivetti e la Sardegna. Attualità di una prospettiva umanistica”.

Il Convegno è organizzato dalla Fondazione Sardinia, Università degli Studi di Cagliari: Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni culturali – Gruppo di ricerca Comunità e lavoro del Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni culturali dell’Università di Cagliari – Dipartimento di Giurisprudenza, dalla Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, con il patrocinio della Fondazione Adriano Olivetti.

Adriano Olivetti (1901-1960) “è tra le figure più influenti e singolari del Novecento. Imprenditore straordinario, eminente uomo di cultura, politico, innovatore delle scienze sociali e precursore dell’urbanistica e dell’architettura, tra il 1930 e il 1960 ha condotto la fabbrica di macchine per scrivere del padre e dei primi computer, ai vertici del successo mondiale e dell’innovazione tecnologica. Il suo progetto di riforma sociale in senso comunitario è oggi riconosciuto come una tra le realizzazioni più attuali e avanzate di sostenibilità”.

Dopo i saluti istituzionali, introdurrà i lavori Francesca Crasta, proponendo una prospettiva filosofica alla base del pensiero olivettiano, mentre Beniamino de’Liguori Carino, Segretario generale della Fondazione Olivetti parlerà dell’eredità culturale di Adriano Olivetti. Con il coordinamento di Salvatore Cubeddu, la prima sessione sarà dedicata all’esperienza di Adriano Olivetti in Sardegna, quando stipulò un accordo elettorale con il Psd’az. Le relazioni saranno tenute da Luca Lecis (Aspetti del dibattito sulla Rinascita), Stella Barbarossa (L’attività politica di Adriano Olivetti in Sardegna), Nicolò Migheli (L’esperienza comunitaria a Santu Lussurgiu), Duilio Caocci (Antonio Cossu: uno scrittore olivettiano in Sardegna), Franciscu Sedda (La simbologia comunicativa di Adriano Olivetti).

Nella II Sessione, pomeridiana, coordinata da Gianni Loy, sarà trattato il tema del lavoro e relazioni industriali nella fabbrica di Adriano Olivetti. Le relazioni saranno tenute da Enrico Mastinu (Le relazioni industriali nella “fabbrica” di Adriano Olivetti), Piera Loi (La responsabilità sociale dell’impresa), Sonia Fernandez Sanchez (Il welfare aziendale). La III Sessione, ultima della sera, coordinata da Duilio Caocci, tratterà la teoria della comunità. Le relazioni saranno tenute dal Card. Arrigo Miglio (Cattolici politica DC e Comunità-partito di Olivetti), Remo Siza (La Comunità in una società individualizzata), Simona Campus (Sinisgalli, Nivola, Pintori e l’umanismo pubblicitario di Olivetti), Mauro Pala (Ancestors: le radici britanniche del pensiero di Adriano Olivetti).

La III sessione riprenderà sabato mattina 28 ottobre 2023 con le relazioni di Antonella Camarda (Olivetti va in America. Italianità e internazionalismo negli show-room d’oltreoceano), Aldo Lino (Gli architetti di Adriano), Stefania Lucamante (Il ritratto di Adriano Olivetti nel “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg). Dopo uno spazio dedicato agli interventi del pubblico, le conclusioni saranno svolte a cura di Giuseppe Riggio s.j. e del Comitato scientifico composto da Duilio Caocci; Salvatore Cubeddu; Gianni Loy e Franco Meloni; Cardinale Arrigo Miglio; Giulio Parnofiello s.j. La conclusione dei lavori è prevista alle ore 13.30. I media partner sono Aladinpensiero News e il manifesto sardo.
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Convegno “Adriano Olivetti e la Sardegna. Attualità di una prospettiva umanistica”.
Cagliari, 27 e 28 ottobre 2023
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Comitato scientifico e Relatori
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Comitato Scientifico

Duilio Caocci

img_4708Duilio Caocci insegna Letteratura italiana e Letteratura sarda presso la Facoltà di Studi Umanistici di Cagliari. Tra il 2009 e il 2011 è stato componente del Comitato Nazionale per le Celebrazioni del centenario della nascita di Giuseppe Dessì e dal 2016 è segretario della Commissione Nazionale per l’opera omnia di Grazia Deledda istituita presso il Ministero per i beni e le attività culturali. È inoltre condirettore del Seminario internazionale sull’opera di Andrea Camilleri e redattore dei Quaderni camilleriani.
Ha pubblicato numerosi saggi sulla letteratura italiana medievale e sulla letteratura sarda tra Cinque e Novecento.
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Salvatore Cubeddu

img_4698Salvatore Cubeddu. Sociologo, già dirigente sindacale e politico. Giornalista pubblicista. Autore di saggi sulla politica e sulla società sarda contemporanea. Già Sindaco di Seneghe. Direttore della Fondazione Sardinia.
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Gianni Loy

img_4878Gianni Loy. Scrittore e poeta. Già professore ordinario di Diritto del Lavoro nell’Università di Cagliari.
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Franco Meloni

img_3744Franco Meloni, laureato in Economia e commercio, già dirigente dell’Università degli Studi di Cagliari, esperto di formazione degli adulti in ambito organizzativo. Giornalista pubblicista, direttore della news online Aladinpensiero.
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Card. Arrigo Miglio

img_4821Il card. Arrigo Miglio è Arcivescovo emerito di Cagliari. Presbitero dal 1967, Vescovo di Iglesias 1992, Vescovo di Ivrea 1999, Arcivescovo di Cagliari 2012, Cardinale dal 2022.
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Giulio Parnofiello sj

img_4703Giulio Parnofiello, dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, è entrato nella Compagnia di Gesù e ha completato la sua formazione con la licenza e il dottorato in teologia morale presso la Pontificia Università Gregoriana. È stato docente a Roma, Cagliari e Napoli, dove attualmente insegna presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Sez. S. Luigi.

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Relatori e Coordinatori

Francesca Crasta
Beniamino de’ Liguori Carino
Salvatore Cubeddu
Luca Lecis
Stella Barbarossa 
Nicolò Migheli
Duilio Caocci
Franciscu Sedda
Gianni Loy
Enrico Mastinu
Piera Loi
Sonia Fernandez Sanchez
Card. Arrigo Miglio
Antonella Camarda
Remo Siza
Simona Campus
Mauro Pala
Stefania Lucamante
Aldo Lino
Giuseppe Riggio sj
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Francesca Crasta

img_4819Francesca Maria Crasta è Professoressa ordinaria di Storia della Filosofia presso l’Università degli Studi di Cagliari. Nell’ambito dei suoi studi si è occupata di metafisica e di cosmologia in età medievale e moderna; della filosofia della natura; della diffusione del razionalismo cartesiano; dei rapporti fra erudizione, filosofia e scienza; della tradizione neoplatonica in età moderna. Tra le sue pubblicazioni figurano: La filosofia della natura di Emanuel Swedenborg, L’eloquenza dei fatti. Filosofia, erudizione e scienze della natura nel Settecento veneto. Geografia celeste e Mundus imaginalis da Swedenborg a Strindberg.
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Beniamino de’ Liguori Carino

img_4827 Beniamino de’ Liguori Carino è Segretario Generale della Fondazione Adriano Olivetti e Vicepresidente dell’Associazione Archivio Storico Olivetti. La Fondazione nasce nel 1962, due anni dopo la sua morte, e nel primo articolo del suo statuto ha il mandato di “promuovere l’opera culturale e sociale suscitata da Adriano Olivetti”. Questo è l’obiettivo che la Fondazione cerca tuttora di perseguire, in risposta all’interesse che la storia imprenditoriale e intellettuale di Olivetti continua a suscitare.

Luca Lecis

img_4828Luca Lecis è professore associato di Storia contemporanea nel Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni culturali, dove svolge anche la sua attività di ricerca.
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Stella Barbarossa

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Stella Barbarossa. 2 Novembre 2022 – in corso – Ammissione presso Scuola di Archivistica, Paleografia e
Diplomatica presso l’Archivio di Stato di Cagliari.
18 Febbraio 2022 Conseguimento Dottorato in Storia, Beni culturali e Studi internazionali presso l’Università degli Studi di Cagliari, con un progetto dal titolo “Per una rigenerazione totale dell’isola: il Partito Sardo d’Azione e la sua ripresa politica e organizzativa.
Settembre 2018 – Febbraio 2022 Dottorato in Storia, Beni culturali e Studi internazionali presso l’Università degli Studi di Cagliari, con un progetto dal titolo “Per una rigenerazione totaledell’isola: il Partito Sardo d’Azione e la sua ripresa politica e organizzativa”.
20 Aprile 1018 – Conseguimento della Laurea magistrale in Storia e società presso l’Università degli Studi di Cagliari, con votazione 110/110 e lode e dignità di stampa; tesi in Storia e Società sulla nascita e lo sviluppo della Facoltà di Filosofia e Lettere presso l’Università di Cagliari dal 1764 al 1900. [titolo: Il Collegio e la Facoltà di Filosofia e Arti presso la Regia Università di Cagliari (1764- 1900). (Relatore: Professoressa Cecilia Tasca]
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Nicolò Migheli

img_4831Sociologo, si occupa di sviluppo rurale e di comportamento organizzativo. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni di carattere scientifico, molte delle quali dedicate alla cultura, alla storia, alla tradizione di vari territori e comunità sarde. È anche autore di numerosi interventi e articoli su agricoltura, pastorizia, cibo e altre tematiche collegate alla conservazione e gestione dei saperi e peculiarità dell’isola. Esordisce nella narrativa nel 2011 con il fortunato romanzo Hidalgos (Arkadia Editore), con il quale è finalista al Premio Alziator 2012, al Premio Chambery 2013 e al Premio Cuneo, pubblicato anche in Bulgaria. Sempre per Arkadia Editore, nel 2013, partecipa all’antologia La cella di Gaudì e pubblica il romanzo La storia vera di Diego Henares de Astorga. Ultimo libro, 2023: Il cavaliere senza onore (Arkadia Editore).
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Franciscu Sedda

img_4706Franciscu Sedda è professore associato presso l’Università degli Studi di Cagliari, dove insegna Semiotica delle lingue e dei linguaggi, Semiotica della comunicazione contemporanea, Semiotica Culturale. È stato visiting professor presso la Harvard University e la Pontificia Universidade di São Paulo.

 

Enrico Mastinu

img_4823Enrico Maria Mastinu è professore associato di diritto del lavoro nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Cagliari in seno ai cui corsi di studio insegna Diritto del lavoro e Diritto della previdenza sociale.
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Piera Loi

img_4822Piera Loi è professoressa ordinaria di Diritto del lavoro presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Cagliari. È componente di gruppi di ricerca sia a livello internazionale che nazionale; oltre ai temi del diritto comparato del lavoro e del diritto del lavoro dell’Unione Europea, in questi ultimi anni si è dedicata allo studio dei cambiamenti del diritto del lavoro causati dall’uso delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale.
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Sonia Fernandez Sanchez

img_4800 Sonia Fernandez Sanchez è professoressa Associata in Diritto del lavoro presso l’Università degli Studi di Cagliari.
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Remo Siza

img_4710Remo Siza. Collabora con riviste di politiche sociali in Italia e nel Regno Unito. È componente dell’Editorial Board del Journal of International and Comparative Social Policy (Cambridge University Press) e consulente scientifico dell’Osservatorio nazionale e delle politiche sociali. Docente di Politiche sociali e progettazione dei servizi presso l’Università di Sassari.

 

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Antonella Camarda

antonella-camarda-ftAntonella Camarda è ricercatrice RTDB in Museologia, Storia della Critica d’Arte e del Restauro presso l’Università di Sassari. Dal 2015 al 2022 è stata direttrice del Museo Nivola di Orani, con cui continua a collaborare come curatrice aggiunta. I suoi interessi di ricerca includono la scultura, la storia transculturale del Modernismo e il rapporto tra arte, artigianato, design e architettura.

 
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Simona Campus

img_4903 Simona Campus. È curatrice del MUACC Museo universitario delle arti e delle culture contemporanee, recentemente fondato in seno all’Università di Cagliari, e referente responsabile per il Sistema museale d’Ateneo. Il suo lavoro curatoriale muove dall’idea di mostra come luogo di ricerca, rivolgendosi alle istanze dell’epoca contemporanea.
All’Università di Cagliari ha, inoltre, l’incarico per gli insegnamenti di Museologia e Storia delle esposizioni e delle pratiche curatoriali. I suoi interessi si rivolgono, in particolare, alla pluralità e interazione tra differenti codici espressivi, alla restituzione e alla rilettura dell’opera delle artiste tra XX e XXI secolo, all’arte come possibilità di impegno, partecipazione, inclusione.

Mauro Pala

img_4817Mauro Pala è Professore Ordinario di Letterature Comparate presso il Dipartimento di Lingue, Lettere e Beni Culturali dell’Università di Cagliari; dal 2018 coordina il Dottorato Internazionale in Studi Filologici- Letterari e Storico-Culturali. I suoi interessi di ricerca comprendono la teoria critica, la letteratura postcoloniale, i Cultural Studies. Ha insegnato e tenuto conferenze presso università americane, statunitensi ed europee, tra le sue pubblicazioni recenti figurano saggi su John Steinbeck, Edward Said, Siegfried Kracauer, James Joyce, Stendhal, il concetto di intertestualità. Nel semestre in corso tiene un corso di Laurea Magistrale su letteratura e lavoro.

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Stefania Lucamante

img_4697Stefania Lucamante. Ha insegnato per circa trent’anni negli Stati Uniti e da quattro ha preso servizio all’Università di Cagliari dove insegna letteratura italiana contemporanea.
Ha pubblicato sulla scrittrice Elsa Morante, Primo Levi, Carlo Levi, Natalia Ginzburg e altri autori. In particolare si occupa della narrativa di donne e della narrazione della Shoah.

Aldo Lino

img_4829Aldo Lino, architetto per esclusione (di matematica, lettere e filosofia), professore per combinazione (architettonica e urbana), ai tempi giovane promessa nel paesaggio locale (degli architetti (eh…), insulari e peninsulari).
Il suo lavoro è stato pubblicato su diverse riviste e settimanali (Panorama, L’Europeo, Ottagono, Domus, L’industria delle Costruzioni, Vita Nostra, Archivi di Architettura, Quaderni oristanesi, D’Architettura, Quaderni del Corso di Progettazione della Facoltà di Ingegneria di Cagliari… ) e diversi libri (Muratore, Italia gli ultimi trent’anni; Masala, Architettura del Novecento in Sardegna; Lucchini, L’identità molteplice; Scaglione, Oltre i maestri; Atzeni, Sardinian young Architecture, …). Tra le varie attività di progetto e costruzione si possono citare le case popolari a Solarussa e Oristano, il Centro sociale a Palmas Arborea, le torri campanarie a Nurachi e Villasimius, il Municipio di Ollastra, la palestra a Solarussa, il Parco termale a Sardara, il restauro di numerose chiese tra cui la Basilica di Santa Giusta, la Chiesa cattedrale di Bosa, il Duomo di Oristano e diversi oggetti di arredo domestico (una culla, un seggiolino, un appendiabiti, una sedia, una panchina, un tavolo, una cassetta per le lettere, un lume, …).
Dopo aver infruttuosamente portato borse nelle università di Cagliari e di Sassari e aver cercato di essere all’altezza dell’Istituto Europeo del Design di Cagliari, luogo scomodo dove bisognava pensare in grande, attualmente insegna Progettazione architettonica, urbana e varie altre amenità al Dipartimento di Architettura di Alghero, raccontando degli altri ma non di se’.
Di scrittura avaro (Attorno alla storia, alla geografia, all’architettura; Le città di fondazione in Sardegna; La città ricostruita; Praga memories 1977), di parola scorrevole (numerose conferenze in diverse sedi universitarie sugli anni Cinquanta e i suoi protagonisti), instancabile animatore (Circolo di architettura, Aperitivi di architettura, Attività culturali del Dipartimento di Alghero, …), armatore fallito, marinaio disponibile, pittore e fotografo a tempo perso per guadagnare tempo e qualche sorriso. Coltiva l’ambizione di imparare a suonare la tromba.

Giuseppe Riggio sj

img_4810Giuseppe Riggio SJ è direttore di Aggiornamenti Sociali dal 2022. È autore di una monografia teologica sul gesuita francese Michel de Certeau (storico, antropologo e studioso dei mistici del Seicento) ed è coautore di Il nome giusto delle cose, pubblicato nel 2018, un volume sul discernimento ignaziano rivolto ai giovani e a quanti li accompagnano. Nel novembre 2021 è stato nominato Consulente ecclesiastico nazionale dell’UCSI, l’associazione dei giornalisti cattolici.

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Verso il Convegno su Adriano Olivetti e la Sardegna – Documentazione

img_4862img_4876Verso il Convegno di Cagliari del 27 e 28 ottobre 2023. ADRIANO OLIVETTI E LA SARDEGNA, quando il comunitarismo incontrò il sardismo.
di Salvatore Cubeddu, sul sito della Fondazione Sardinia.
La storia del rapporto tra Adriano Olivetti e il partito sardo nelle elezioni politiche del 1958. Il racconto dell’intellettuale lussurgese Antonio Cossu inviato da Ivrea in Sardegna. Il testo dell’accordo elettorale tra Adriano Olivetti e Titino Melis, segretario del PSd’A(z) (i due nelle foto). Il programma politico-economico-culturale (stralcio). Le elezioni politiche del 1958 in Sardegna.
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Convegno “Adriano Olivetti e la Sardegna. Attualità di una prospettiva umanistica”. Comitato scientifico e Relatori

img_4780Convegno “Adriano Olivetti e la Sardegna. Attualità di una prospettiva umanistica”.
Cagliari, 27 e 28 ottobre 2023
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Comitato scientifico e Relatori
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La mafia in Sardegna… all’improvviso?

img_4613COMUNICATO – Il “mondo di mezzo” in Sardegna.
L’operazione “Monte Nuovo” portata a termine dai carabinieri del Ros ieri, 27 settembre 2023, in Sardegna ha prodotto 31 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone indagate, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, associazione segreta, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, abuso d’ufficio, rivelazione di segreto d’ufficio, corruzione aggravata dal metodo mafioso, peculato e procurata inosservanza di pena aggravata dal metodo mafioso.
Secondo il tenente colonnello Giorgio Mazzoli, comandate del Ros di Cagliari, “questa operazione dimostra un cambiamento del paradigma in cui si pensava che la Sardegna avesse solo associazioni e bande modulari legate alle attività storiche come ali assalti ai portavalori e sequestri”

LA “DICHIARAZIONE SULLA FRATERNITÀ UMANA”

img_351317 Giugno 2023 by Fabio | su C3dem
È stata scritta e firmata da Premi Nobel e da rappresentanti delle Organizzazioni internazionali insignite del Nobel per la Pace durante il primo Meeting Mondiale della Fraternità Umana che si è tenuto il 10 giugno 2023 a Roma in piazza San Pietro nella Città dello Stato Vaticano. Per la Santa Sede, la Dichiarazione è stata firmata dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato.
Uniamoci alla voce di Papa Francesco che ci invita a scegliere la fraternità per rimanere umani e condividere lo stesso destino: «Siamo diversi, siamo differenti, abbiamo differenti culture e religioni, ma siamo fratelli e vogliamo vivere in pace».

DICHIARAZIONE SULLA FRATERNITÀ UMANA
ROMA, Piazza San Pietro, 10 giugno 2023
«Siamo diversi, siamo differenti, abbiamo differenti culture e religioni, ma siamo fratelli e vogliamo vivere in pace» (Papa Francesco).
Ogni uomo è mio fratello, ogni donna è mia sorella, sempre. Vogliamo vivere insieme, da fratelli e sorelle, nel Giardino
che è la Terra. È il Giardino della fraternità la condizione della vita per tutti.
Siamo testimoni di come in ogni angolo del mondo l’armonia perduta rifiorisce quando la dignità è rispettata, le lacrime vengono asciugate, il lavoro è remunerato equamente, l’istruzione è garantita, la salute è curata, la diversità è apprezzata,
la natura è risanata, la giustizia è onorata e le comunità abbracciano solitudine e paure.
Insieme scegliamo di vivere le nostre relazioni basate sulla fraternità, che è alimentata dal dialogo e dal perdono, che «non implica il dimenticare» (FT, n. 250), ma il rinunciare «ad essere dominati dalla stessa forza distruttiva» (FT, n.
251) di cui tutti soffriamo le conseguenze.
Uniti a Papa Francesco vogliamo ribadire che «la vera riconciliazione non rifugge dal conflitto, bensì si ottiene nel conflitto, superandolo attraverso il dialogo e la trattativa trasparente, sincera e paziente» (FT, n. 244). Questo nel contesto dell’architettura dei diritti umani.
Lo vogliamo gridare al mondo nel nome della fraternità: Non più la guerra! È la pace, la giustizia, l’uguaglianza a guidare il destino di tutta l’umanità. No alla paura, alla violenza sessuale e domestica! Cessino i conflitti armati. Diciamo basta alle armi nucleari e alle mine antiuomo. Mai più migrazioni forzate, pulizia etnica, dittature, corruzione e schiavitù.
Fermiamo l’uso manipolativo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, anteponiamo e fecondiamo di fraternità lo sviluppo tecnologico.
Incoraggiamo i Paesi a promuovere sforzi congiunti per creare società di pace, come ad esempio, l’istituzione di un Ministero per la pace.
Ci impegniamo a bonificare la terra macchiata dal sangue della violenza e dell’odio, dalle disuguaglianze sociali e dalla corruzione del cuore. All’odio rispondiamo con l’amore.
La compassione, la condivisione, la gratuità, la sobrietà e la responsabilità sono per noi le scelte che nutrono la fraternità personale, quella del cuore.
Far crescere il seme della fraternità spirituale inizia da noi. Basta piantare un piccolo seme al giorno nei nostri mondi relazionali: la propria casa, il quartiere, la scuola, il luogo di lavoro, la piazza e le istituzioni in cui si prendono le decisioni.
Crediamo anche nella fraternità sociale che riconosce uguale dignità per tutti, alimenta l’amicizia e l’appartenenza, promuove l’educazione, le pari opportunità, condizioni di lavoro dignitose e la giustizia sociale, l’accoglienza, la solidarietà e la cooperazione, l’economia sociale solidale e una giusta transizione ecologica, una agricoltura sostenibile che garantisca l’accesso al cibo per tutti, per promuovere relazioni armoniose, radicate nel rispetto reciproco e nella cura del benessere per tutti.
In questo orizzonte è possibile sviluppare azioni di prossimità e leggi umane, perché «la fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza» (FT, n. 103).
Insieme vogliamo costruire una fraternità ambientale, fare pace con la natura riconoscendo che “tutto è in relazione”: il destino del mondo, la cura del creato, l’armonia della natura e stili di vita sostenibili.
Desideriamo edificare il futuro sulle note del Cantico delle Creature di san Francesco, il canto della Vita senza fine. La trama della fraternità universale tesse l’ordito delle strofe del Cantico: tutto è in relazione e nella relazione con tutto e
con tutti è la Vita.
Pertanto noi, riuniti in occasione del primo Incontro Mondiale della Fraternità Umana, rivolgiamo a tutti gli uomini e le donne di buona volontà il nostro appello alla fraternità. I nostri figli, il nostro futuro possono prosperare soltanto in un mondo di pace, giustizia ed uguaglianza, a beneficio dell’unica famiglia umana: solo la fraternità crea umanità.
Sta alla nostra libertà volere la fraternità e costruirla insieme in unità. Sottoscrivi insieme a noi questo appello per abbracciare questo sogno e trasformarlo in prassi quotidiane, affinché giunga alle menti e ai cuori di tutti i governanti e a chi, ad ogni livello, ha una piccola o grande responsabilità civica.

Il documento in formato pdf è disponibile qui: https://www.fondazionefratellitutti.org/wp-content/uploads/2023/06/Dichiarazione-sulla-fraternita-umana-1.pdf

Firma il documento e invita anche la tua famiglia, il tuo quartiere, la tua parrocchia, le scuole e le università a fare lo stesso.
Hanno già firmato e sostengono il documento, tra gli altri, i seguenti Premi Nobel e le Organizzazioni Nobel per la Pace: Juan Manuel Santos, Oscar Arias Sánchez, Jody Williams, Shirin Ebadi, Muhammad Yunus, Leymah Gbowee, Tawakkol Karman, Denis Mukwege, Nadia Murad, Giorgio Parisi, Maria Ressa, Mairead Corrigan Maguire, Bureau International de la Paix (IPB), American Friends Service Committee (AFSC), Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), International Physicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW), Pugwash Conferences on Science and World Affairs, International Campaign to Ban Landmines (ICBL), International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN), Center for Civil Liberties.
Unisciti a noi e firma la dichiarazione: “Sta alla nostra libertà volere la fraternità e costruirla insieme in unità. Sottoscrivi insieme a noi questo appello per abbracciare questo sogno e trasformarlo in prassi quotidiane, affinché giunga alle menti e ai cuori di tutti i governanti e a chi, ad ogni livello, ha una piccola o grande responsabilità civica”.
La storia lo insegna: i grandi cambiamenti iniziano da una scelta e da gesti concreti che promuovono la fraternità.
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Mercoledì 29 marzo 2023 Commenti Opinioni Riflessioni Eventi

Commenti Opinioni Riflessioni Eventi
La sinistra e la critica necessaria del capitalismo
21/03/2023 – Fabrizio Venafro Su Volerelaluna
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articolo21_orig2-1Sulcis: operai disperati, il governo pensa alle passerelle
ARTICOLI
Ottavio Olita
26 Marzo 2023 su Art.21 News.

In giro sulla rete martedì 22 novembre 2022

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Come sfamare tutti
di Carlo Petrini
[ripreso dal blog di Enzo Bianchi]

Undici anni fa il mondo tagliava il traguardo dei sette miliardi di abitanti, oggi siamo arrivati a otto.

E così, presto o tardi, si tornerà a discutere della presunta necessità di aumentare la produzione alimentare per poter sfamare l’intera popolazione della Terra. Di cibo, in verità, ce n’è in abbondanza: già oggi, quasi un terzo di quello che viene prodotto a livello globale va sprecato, buttato via senza essere stato consumato: dal campo alla pattumiera, potremmo dire. A volte scartato semplicemente perché in eccesso rispetto alle necessità; altre volte perché mal conservato lungo le rotte infinite sulle quali viaggia da una parte all’altra del mondo; spesso sprecato da noi consumatori dei Paesi ricchi, che non diamo valore al cibo.

Oggi se ne produce per 12 miliardi di persone. Il cibo c’è, eppure 800 milioni di persone ogni anno soffrono la fame.

Secondo la Fao, nel 2030 la percentuale di persone che ne patiranno sarà la stessa del 2015: l’8%.

Significa che, nonostante i discorsi, le tante parole pronunciate e le promesse, in quindici anni non sarà cambiato nulla. Un altro dato penso debba far riflettere: il 13% degli adulti che vivono nel mondo è obeso. Da una parte c’è chi muore di fame, dall’altra chi convive con malattie dovute alla sovralimentazione e alla cattiva alimentazione. La dolorosa constatazione è che si soffre di malnutrizione non per scarsità di cibo, ma per povertà.

Credo che il fallimento delle attuali politiche alimentari sia sotto gli occhi di tutti: il cibo, oggi, non è per tutti; non è pulito, considerato che un terzo delle emissioni di gas serra è legato alla filiera alimentare; e spesso non è nemmeno particolarmente buono.

Ma io sono convinto che otto miliardi di persone possano vivere e alimentarsi in modo sostenibile.

Dico sostenibile, intendendo di questo aggettivo il significato più autentico: utilizzando cioè le risorse in modo che possano continuare a essere disponibili in futuro. Alimentarsi in modo sostenibile (meglio in modo duraturo) significa allora far sì che ciò che noi sfruttiamo oggi possa continuare a essere sfruttato dai nostri figli, a partire dal suolo che è l’origine di tutto il cibo che mangiamo. Per essere sostenibile, ad esempio, l’agricoltura deve abbandonare i pesticidi: veleni che uccidono la fertilità dei terreni, oltre a far male alla salute.

Nel mondo esistono tante realtà virtuose: pensate che oltre la metà della popolazione viene alimentata da 500 milioni di produttori di piccola scala, imprese familiari oppure piccole cooperative. Un tessuto enormemente prezioso, da salvaguardare e tutelare, da difendere e promuovere, da sostenere, ma che invece si trova sempre più spesso strozzato in un sistema che privilegia le multinazionali, l’agroindustria, i big della chimica applicata al cibo, chi possiede i brevetti e i semi ibridi, gli stessi che incassano una grande fetta dei fondi stanziati a livello internazionale. Per sfamare otto miliardi di persone la strada è tanto chiara quanto rivoluzionaria: smettere di inseguire la produttività e cominciare a difendere la produzione alimentare. Il cibo dev’essere un diritto, non un bene da scambiare in Borsa, non una commodity grazie alla quale arricchirsi a discapito di qualcuno, della salute del pianeta e del futuro stesso dell’umanità.
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Ai figli si vuol garantire tutto tranne la fede la nuova religione adulti è la giovinezza
Un teologo fra i più attenti nello studiare l’epocale crisi nel rapporto tra giovani e il cristianesimo individua la causa principale nella rottura della catena generazionale nella trasmissione del credo. E scongiura la chiesa di creare le condizioni per permettere ai ragazzi di ritornare a Messa.

La Stampa – Tuttolibri – 19 Novembre 2022
di Enzo Bianchi [sul suo blog]
Mai come in questi ultimi anni i giovani sono al centro di studi sociologici, di ricerche antropologiche e di riflessioni filosofiche che concordi gettano un grido di allarme sulle condizioni del mondo giovanile, mostrando inquietudine per la complessità e drammaticità di problematiche che questa generazione manifesta. Anche la chiesa cattolica in questi ultimi tempi ha prestato molta attenzione all’universo giovanile, mentre constata l’estraneità dei giovani nei confronti del messaggio cristiano e il tracollo della loro presenza all’interno della sua vita. Gli oceanici raduni di giovani cattolici che dal 1986 hanno caratterizzato le “Giornate mondiali della gioventù” volute da Giovanni Paolo II e proseguite dai suoi successori si sono rivelate un miraggio: milioni di giovani che hanno riempito gli stadi ma che disertano in massa le chiese. Un fallimento? Di certo qualcosa di decisivo non ha funzionato. Neppure il Sinodo dei vescovi del 2018 interamente dedicato ai giovani sembra aver invertito la tendenza.

Ed è dai risultati di questo Sinodo che muove l’ultima di una nutrita serie di pubblicazioni che da anni Armando Matteo dedica alla condizione del mondo giovanile cattolico, mostrandosi come il teologo italiano che con maggiore lucidità riflette sulla epocale crisi nel rapporto tra i giovani e la fede. Nel suo ultimo saggio Riportare i giovani a Messa. La trasmissione della fede in una società senza adulti, Matteo formula l’ipotesi che la persistente fatica dei giovani nei confronti della fede sia essenzialmente da individuare nel fatto che il Sinodo sui giovani non abbia riflettuto fino in fondo sulla rottura della catena generazionale della trasmissione fede. Da qui il chiarissimo grido d’allarme: “Fatto il Sinodo, la trasmissione della fede ai giovani non rappresenta più, per i credenti e i loro pastori, un problema, un’urgenza, un tema cui dedicare altra attenzione e altra energia”.

Con questo volume Armando Matteo, teologo e segretario del Dicastero per la dottrina della fede, conclude la “triologia di Pete Pan”, cioè la riflessione da lui avviata con i saggi Pastorale 4.0 e Convertire Peter Pan sul fenomeno dell’ateismo giovanile e il suo strettissimo legame con la crisi degli adulti nell’attuale società occidentale, definita “società dell’eterna giovinezza”. La rimozione compiuta dal Sinodo sui giovani consiste essenzialmente per Matteo nella mancata cognizione della grande responsabilità che gli adulti hanno nei confronti dei giovani. Più esattamente l’incapacità di “pensare la crisi dell’iniziazione cristiana delle nuove generazioni in piena continuità con l’evoluzione della crisi di adultità specifica delle nostre società”. La nostra è con tutta evidenza una società senza adulti incapace di educare e che alimenta un solo mito: la giovinezza. Agli occhi dei cosiddetti “adulti” i giovani avendo la giovinezza hanno già tutto ciò che serve nella vita e non hanno bisogno di essere educati, e tanto meno necessitano di una iniziazione alla vita religiosa. La società dell’eterna giovinezza abbandona i giovani a una povertà umana e spirituale.

La crisi della fede nei giovani è in realtà per Armando Matteo la crisi dell’adultità degli credenti e della loro incapacità di educare i figli alla fede e di esserne testimoni credibili. L’effetto è sotto gli occhi di tutti: il grembo della chiesa è sterile e incapace di generare nuovi cristiani, e fino a quando non si avrà di nuovo la capacità di riavviare legami credibili e significativi con le nuove generazioni la chiesa in occidente diventerà, utilizzando parole di papa Francesco, “una chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire”. Senza giovani la chiesa è destinata a morire dissanguata.

Armando Matteo invita, anzi scongiura la chiesa e i credenti a creare le condizioni attraverso le quali permettere ai giovani di diventare cristiani, intersecando la loro reale difficoltà a diventare adulti: “Riportare i giovani a Messa implica dunque l’onerosa fatica di aiutarli a diventare adulti, nel tempo in cui i loro genitori e adulti di riferimento vogliono unicamente essere e fare i giovani per sempre”.

Questo libro indica con estrema lucidità l’urgenza che si aprano nuovi modi di pastorale, di presenza in mezzo ai giovani, di vicinanza. Perché se manca quello e se manca anche la voglia generativa della chiesa verso la fede allora non ci sarà una generazione cristiana futura. Sì, non si diventa cristiani se non si diventa adulti.
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——————————————-Da Aladinpensiero———
In libreria
«Giovanni XXIII. Il Vaticano II un Concilio per il mondo», di Marco Roncalli ed Ettore Malnati, collega l’assise avviatasi l’11 ottobre 1962 al percorso sinodale: prefazione di Papa Francesco.
Dal Dossier Caritas 2022 (in allestimento)
(…) 8302ef74-53e3-4e69-87bc-5df492cc6029. Scegliamo, infine, di riprendere in sintesi la prefazione di Papa Francesco al libro “Il Vaticano II un Concilio per il mondo”, uscito di recente (8) nel quale definisce il Concilio un «evento di grazia per la Chiesa e per il mondo», «i cui frutti non si sono esauriti» e che «non è stato ancora interamente compreso, vissuto e applicato». E così lo collega al Sinodo: «Siamo in cammino, e una tappa fondamentale di questo cammino è quella che stiamo vivendo con il Sinodo e che ci chiede di uscire dalla logica del “si è sempre fatto così”, dall’applicazione dei soliti vecchi schemi, dal riduzionismo che finisce per voler inquadrare sempre tutto in ciò che è già risaputo e praticato». «Dal Concilio Ecumenico Vaticano II abbiamo ricevuto molto. Abbiamo approfondito, ad esempio, l’importanza del popolo di Dio, categoria centrale nei testi conciliari, richiamata ben centottantaquattro volte, che ci aiuta a comprendere il fatto che la Chiesa non è un’élite di sacerdoti e consacrati e che ciascun battezzato è un soggetto attivo di evangelizzazione. Non si comprenderebbe il Concilio e nemmeno l’attuale percorso sinodale, se non si mettesse al centro di tutto l’evangelizzazione». E continua, lodando il libro in questione: «[dobbiamo] riscoprire l’ispirazione del Concilio e come passo dopo passo questo evento abbia trasformato la vita della Chiesa, è l’occasione per affrontare meglio il percorso sinodale, che è fatto innanzitutto di ascolto, di coinvolgimento, di capacità di far spazio al soffio dello Spirito, lasciando a Lui la possibilità di guidarci».
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La carne artificiale questa sconosciuta.

92e52e81-c71a-4f96-a529-495229663305Le politiche del Governo della destra. I primi passi dei ministri tra confusione e fantasie. Una sostanziale conferma di posizioni negazioniste in merito alle scoperte scientifiche. Il caso della carne artificiale.
di Vanni Tola
L’ideologia negazionista e antiscientifica pervade le scelte programmatiche dei ministri del Governo Meloni ed evidenzia una sostanziale impreparazione diffusa della “cabina di regia” governativa che ha esordito con interventi legislativi che si sono rivelati consistenti flop del governo. Le polemiche diffuse dai non vax contro la politica sanitaria realizzata dal governo precedente per arginare il Covid, saranno poca cosa al confronto con le discussioni violente e faziose che si avvieranno sull’importante evento scientifico che sta catalizzando l’interesse della comunità scientifica internazionale, relativo alla possibilità di realizzare la carne artificiale per risolvere alcuni dei più grandi problemi del pianeta, riducendo drasticamente le produzioni di CO2 e la mancanza di cibo di molti paesi.
Cos’è la carne artificiale? [segue]

I giovani sardi ci sono!

6dccc89f-18b5-44dd-b4b2-567364b07174Sardegna chiama Sardegna: grande successo per la prima assemblea pubblica
8 Novembre 2022
[red il manifesto sardo]
(Segue)

I giovani sardi alla riscossa. Se non ora quando?

Si terrà oggi domenica 6 novembre a Sant’Anna (OR), a partire dalle ore 10, presso il Centro polivalente Padre G.Vaira, una grande assemblea politica promossa con un appello firmato da quasi 80 under 40 provenienti da tutta la Sardegna e pubblicato sul sito www.sardegnachiamasardegna.eu. Attese quasi 300 persone, registratesi in soli 10 giorni grazie al passaparola e al tam-tam sui social network. Ottima iniziativa. Seguiamo con attenzione, speranza, ottimismo della volontà!
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12bd1b8e-bbaa-41b3-af68-a660e7b919e9Il 6 novembre iniziamo a cambiare la Sardegna, insieme
6 novembre / Sant’Anna (OR) / ore 10

Centro Polivalente “Padre G. Vaira”

Piazza Verona 2

Siamo sarde e sardi come te, di nascita o per scelta. Siamo giovani sotto i 40 anni, viviamo vite precarie e non ci sentiamo rappresentati dai gruppi politici da troppo tempo al governo della nostra isola. Ereditiamo da loro una Sardegna sempre più impoverita, spopolata e depressa.

Vogliamo costruire un’alternativa a tutto questo insieme a tutti coloro che – indipendentemente da età ed esperienze pregresse – vogliono una Sardegna più giusta, generativa di opportunità, democratizzata e autodeterminata. Per questo ti chiamiamo a un incontro in cui raccontarci la Sardegna che vorresti anche tu. Perché è arrivato il momento di unirci e cambiare tutto.

Il nostro appello
Perché ti chiamiamo

Siamo sardi e sarde come te, di nascita o per scelta: lavoratrici e lavoratori autonomi o dipendenti, in cerca di occupazione, studenti e studentesse.
Siamo giovani sotto i 40 anni, viviamo vite precarie e non ci sentiamo rappresentati dai gruppi politici da troppo tempo al governo della nostra isola. Una classe politica spesso clientelare e piena di arrivisti, che ignora esigenze e aspettative delle persone, che azzera dialogo e coinvolgimento, che sacrifica a interessi lontani le risorse della Sardegna. Una classe politica in larga parte corrotta da interessi opposti a quelli della stragrande maggioranza delle persone che vivono la nostra terra, ossia quelli di multinazionali, grandi aziende predatorie, fondazioni private e massoneria che decidono le sorti della Sardegna senza mai essere stati eletti da nessuno.
La Sardegna che ereditiamo da loro è a pezzi, sempre più spopolata e depressa. Una terra che sembra essere condannata a un presente e a un futuro di lavoro precario e sfruttato, disoccupazione, difficoltà a fare buona impresa, povertà, caro energia, inquinamento, servizi inefficienti e quindi, spesso, emigrazione forzata.
Eppure, nonostante tutto, ci impegniamo tutti i giorni, con passione e competenze, per vivere dignitosamente e rendere la nostra isola un posto migliore. Perché, diversamente da chi la governa, riusciamo a intravvedere le sue immense potenzialità.
C’è chi tra noi dedica quasi tutte le sue energie a studiare, a lavorare con passione o creare nuovo lavoro. C’è chi si impegna nelle amministrazioni locali, nell’associazionismo, nel mondo della cultura e del volontariato. C’è chi invece ha animato e anima i comitati per la difesa della sanità, le lotte per un prezzo giusto del latte, per la difesa dei posti di lavoro e i diritti, le proteste per i tagli dei servizi, le battaglia per scuole e università accessibili… e tante altre lotte giuste e necessarie che riempiono le cronache dei nostri giornali.

Sei con noi?

Allora sarai d’accordo sul fatto che questo impegno non può più bastare.
Non basta più se vogliamo arrestare il collasso della nostra terra sul piano economico, sociale, ambientale e demografico.
Non basta più perché la Sardegna sia finalmente un mosaico di luoghi in cui si possa vivere dignitosamente, dalle città al più piccolo dei paesi.
Non basta più se vogliamo opporre al collasso un’idea di Sardegna che investe nei giovani e nella loro istruzione, in un nuovo modello di sviluppo giusto socialmente ed ecologicamente sostenibile che generi ricchezza per chi vive questa terra, nella valorizzazione delle sue lingue e della sua storia, nel suo protagonismo politico ed economico in ambito euromediterraneo.
Non basta più se vogliamo una Sardegna coinvolta, democratizzata, autodeterminata e generativa di opportunità.
Per provare a realizzarla dobbiamo fare quello che chi governa da troppo tempo non vorrebbe: metterci insieme, facendo rete tra noi, per costruire un grande movimento di cambiamento politico e culturale, verso e oltre le prossime scadenze elettorali regionali e amministrative. Un movimento animato da chi tiene in piedi questa terra per riconquistare la possibilità di decidere su di essa.
Per questo ti chiamiamo a un incontro per raccontarci la Sardegna che vorresti anche tu. Il collasso non è inevitabile e il cambiamento possiamo costruirlo assieme, per il nostro bene e per quello di coloro che abiteranno la Sardegna del futuro.

La Sardegna che ereditiamo
Dai governi italiani, per decenni, abbiamo ricevuto solo le briciole, in termini di strade, trasporti, servizi e – quando ci sono stati – progetti occupazionali inquinanti o insostenibili che continuano a segnare il presente della nostra isola.
Dai palazzi della Regione Sardegna non ci è andata meglio, essendo occupati da troppo tempo da persone arriviste e arroganti, motivate dal solo fine di curare, senza intralci, le loro clientele. Al di fuori di alcune stagioni positive, i governi che si susseguono in via Roma si contraddistinguono per le loro scelte sbagliate, mancate o lontane dagli interessi della maggior parte dei cittadini. Interessi di gruppi di potere che decidono tanto delle sorti della Sardegna senza mai essere stati eletti da nessuno. Un esito scontato, se si coltiva una classe “dirigente” largamente incompetente e vecchia nelle idee, prima che anagraficamente, che non fa altro che alimentare la condizione di sottosviluppo dell’isola, piuttosto che guidare il suo sviluppo sociale ed economico.
Sia chiaro: ci sono tante persone di valore che si impegnano nel quadro politico esistente, ma alla fine chi prende le decisioni importanti sono sempre i soliti noti.
Ad ogni tornata elettorale, compresa quest’ultima, assistiamo a giochi di potere e a tante promesse di progettualità e sviluppo per la nostra isola che vengono puntualmente tradite.
Così, la nostra amata terra, sembra essere condannata a un presente e un futuro di lavoro precario e sfruttamento, disoccupazione, povertà, lavoro sommerso, spopolamento e quindi, spesso, emigrazione forzata. Condannata ad avere un’economia dipendente, poco dinamica e produttiva, segnata da svantaggi infrastrutturali, mancati investimenti in innovazione di processo e prodotto, una struttura produttiva sottodimensionata e frammentata su interi settori.

La Sardegna che vorremmo
Non è più il momento di delegare a chi ci ha portato a questa situazione le sorti della nostra terra. Per questo, vorremmo immaginare insieme a te e a tutte e tutti coloro che che ce l’hanno a cuore, quale Sardegna costruire nei prossimi decenni. Ti proponiamo soltanto una cornice di valori, da arricchire con il tuo contributo, sui quali ti chiamiamo a prendere parola e ad attivarti insieme a noi.
1. Vorremmo una Sardegna capace di combattere le disuguaglianze sociali definendo un nuovo modello di sviluppo più giusto e sostenibile, che parta finalmente dalle nostre peculiarità produttive e culturali da reinventare o innovare, per creare un tessuto economico robusto, diversificato e dinamico, in grado di competere nel mondo grazie alla qualità dei prodotti e dei servizi, alla cooperazione degli attori, agli investimenti in innovazione tecnologica e digitale, al benessere economico e alla formazione delle lavoratrici e dei lavoratori, alle produzioni e ai servizi ecologicamente sostenibili e socialmente impattanti.
2. Vorremmo una Sardegna che investa sui saperi, sul diritto allo studio e sul libero accesso alla cultura lungo tutto l’arco della vita, innalzando vertiginosamente il numero di diplomati e laureati, aumentando le conoscenze e competenze decisive per rinnovare il mondo del lavoro, per costruire una democrazia compiuta e accrescere il benessere sociale.
3. Vorremmo una Sardegna dove essere donne non sia uno svantaggio nel lavoro e nella quotidianità, con politiche sul lavoro innovative, nuovi servizi all’infanzia, alla cura degli anziani e delle persone con disabilità, servizi socio-sanitari territoriali, consultori e centri antiviolenza diffusi, un’educazione alla sessualità e all’affettività nelle scuole per sradicare alla radice la violenza di genere e omolesbotransfobica.
4. Vorremmo una Sardegna plurilingue, che parli orgogliosamente la propria lingua in ogni ambito della sfera pubblica e che conosca la sua storia di popolo, smettendo di percepirsi come periferia, bensì come un centro e parte integrante della storia europea e mediterranea.
5. Vorremmo una Sardegna come un mosaico di luoghi in cui si possa vivere dignitosamente, grazie a un’occupazione di qualità, la garanzia dei servizi e dei diritti sociali e civili, dalle città al più piccolo dei paesi. Perché non esistano più territori di serie A, B e Z.
6. Vorremmo una Sardegna 100% rinnovabile ed energeticamente indipendente, non al servizio di multinazionali del vento e del sole, ma delle comunità e delle imprese dell’isola.
7. Vorremmo una Sardegna che si prenda cura del territorio e che torni a valorizzarlo attraverso l’agricoltura multifunzionale e politiche volte alla chiusura delle filiere, al sostegno alla produzione, a percorsi formativi innovativi per un ricambio generazionale che faccia battere il cuore delle nostre campagne.
8. Vorremmo una Sardegna che permetta di dare risposte ai nuovi bisogni di chi la vive, con nuove infrastrutture e una Pubblica Amministrazione efficiente e trasparente che sostiene attivamente il processo di modernizzazione economica e di rafforzamento del tessuto sociale e culturale.
9. Vorremmo una Sardegna libera da vecchi e nuovi centralismi, che proceda a grandi passi verso la propria autodeterminazione politica e istituzionale in ambito euromediterraneo e che, sin da ora, sfrutti al massimo la sua Autonomia per far valere i propri interessi verso lo Stato e per riequilibrare i poteri a livello regionale a favore degli Enti Locali.

Quale movimento vorremmo
1. Aperto, plurale e inclusivo: capace di costruire legami, diffondere conoscenza, generare fiducia nell’azione collettiva. In una società dove il tempo libero è sempre meno, vogliamo restituire la bellezza della partecipazione politica a tutte e tutti.

2. Partecipato, dinamico e costruttivo: una piattaforma civica, in presenza e online, dove discutere, decidere, mettere in connessione idee, proposte programmatiche, formative e di attività, dando voce al contempo ai tanti che stanno fuori dall’isola ma che vogliono contribuire a cambiarla.

3. Coinvolgente, diffuso e presente nelle città e nei paesi: che risponda ai bisogni reali dei territori, a partire dal protagonismo di chi li vive, con l’aiuto di organizzatori di comunità che attivino processi di consapevolezza e cooperazione per lo sviluppo locale, la rigenerazione sociale, produttiva e culturale.

4. Al servizio dell’isola che già si muove nella giusta direzione, che offre strumenti, servizi e formazione per la promozione di nuove relazioni tra professionisti, progetti mutualistici contro vecchie e nuove povertà, sinergie tra imprese sane e innovative per migliorare e costruire nuove occasioni per i propri prodotti e servizi, momenti di condivisione di saperi e professionalità tra chi è sull’isola e chi sta fuori, la costruzione di momenti di confronto con esperienze di governo innovative in giro per il mondo.

Da dove veniamo
Vogliamo far germogliare una stagione di progetti di cambiamento e impegno civico per spazzare via la rassegnazione, la paura e il risentimento. Non vogliamo testimoniare di averci provato, ma convincere la maggioranza di chi vive questa terra a scegliere di percorrere insieme questo cammino.
C’è chi, spaventato da questa proposta innovatrice, proverà a cucirci addosso etichette vecchie e desuete per depotenziarla. Ma non ci riusciranno, perché a differenza dei colpevoli del collasso economico e sociale della Sardegna, da sempre impegnati nella conservazione dei propri posti e nel servire interessi lontani che hanno storicamente sfruttato persone e risorse, e inquinato e depredato territori, noi non abbiamo interessi da salvaguardare o posizioni di rendita da conservare.
Ci sentiamo figli e figlie della gente che ha tenuto in piedi quest’isola: siamo il ritorno al futuro dell’operosità e perseveranza contadina, del sacrificio di generazioni di pastori, minatori e operai, della versatilità dei nostri artigiani, della bellezza che nasce dalle mani di Costantino Nivola o di Maria Lai, della scommessa imprenditoriale di Francesca Sanna Sulis e di Amsicora Capra, dell’animo resistente alle ingiustizie di Paskedda Zau, dell’educazione sentimentale di Peppino Mereu, Montanaru e Sergio Atzeni, dello studio che emancipa ed esplora la nostra identità di Michelangelo Pira o Nereide Rudas, dell’anelito alla libertà e alla giustizia per la nostra terra di Eleonora d’Arborea e Giovanni Maria Angioy, dell’intelligenza, della volontà e dell’esempio di Antonio Gramsci.
Noi siamo nuove e nuovi, ma siamo quelle e quelli di sempre. Apparteniamo alla storia di un popolo intraprendente, ricco di grandi valori e risorse, da sempre in cammino per la propria dignità. Con nuovi sguardi e nuovi strumenti, vogliamo proseguirlo, aprendo una nuova stagione per la democrazia sarda animata da chi la ama davvero. Una presa di parola plurale e ambiziosa, armonica e potente, come il più bel canto a tenore ancora da immaginare.

Cosa vogliamo fare il 6 novembre
Cosa? Un giorno di discussione in assemblea e in laboratori di idee e progettualità in presenza e online.
Con chi? Con chiunque voglia, indipendentemente dall’età e dalle esperienze pregresse, condividere competenze, idee ed energie per costruire un’alternativa per la Sardegna.
Come? Con tavoli di lavoro che utilizzeranno metodi di discussione e deliberazione ad alta intensità democratica, sperimentando strategie di partecipazione attiva e progettazione partecipata da replicare in tutti i territori della Sardegna, per decidere assieme lungo l’anno che verrà un programma di progetti per cambiare l’isola e, insieme, migliorare le nostre vite.
Il gruppo promotore

Riccardo Angius, 33 anni, Guspini
Massimo Angius, 27 anni, Monserrato
Francesco Ara, 26 anni, Serramanna/Roma
Francesca Atzas, 27 anni, Sedilo
Simone Azzu, 28 anni, Bologna
Valentina Bazzi, 35 anni, Osidda/Gavoi
Cristiana Cacciapaglia, 28 anni, Bosa
Salvatore Cadeddu, 27 anni, Pattada
Riccardo Caoci, 26 anni, Sestu
Mirko Casiddu, 29 anni, Putifigari
Emilia Casula, 36 anni, Cagliari
Luana Cau, 31 anni, Cagliari
Laura Celletti, 33 anni, Cabras
Sofia Cheratzu, 23 anni, Ghilarza/Milano
Paolo Cherchi, 26 anni, Olbia
Pier Michele Chessa, 40 anni, Sassari
Carlo Coni, 34 anni, Laconi
Marco Contu, 28 anni, San Vero Milis
Paolo Costa, 31 anni, Sassari/Cagliari
Ivana Cucca, 33 anni, Dorgali
Agostino D’Antonio, 29 anni, Nuoro Gianfranco Delussu, 34 anni, Gavoi Stefania Dessì, 33 anni, Guspini
Mauro Falchi, 29 anni, Bosa
Ambra Floris, 37 anni, Seneghe
Valeria Floris, 37 anni, Sini/Cagliari
Nicoletta Galisai, 31 anni, Guspini
Riccardo Lai, 27 anni, Gergei
Tommaso Lai, 27 anni, Cagliari
Enrico Lallai, 38 anni, Cagliari
Danilo Lampis, 29 anni, Ortueri
Nicola Leo, 22 anni, Guspini
Claudia Licheri, 29 anni, Abbasanta
Michela Lippi, 23 anni, Cagliari
Alessia Loi, 23 anni, Quartu Sant’Elena
Samuele Loi, 28 anni, Ussassai
Omar Ruggero Manca, 30 anni, Elmas

Marco Meloni, 33 anni, Monserrato/Madrid/Southampton
Antonio Marras, 29 anni, Sorgono
Marco Mele, 31 anni, Atzara
Francesco Mereu, 31 anni, Orgosolo/Milano
Elena Mereu, 29 anni, Dorgali/Nuoro
Silvia Mocci, 33 anni, Gonnosfanadiga Maria Luisa Mura, 28 anni, Sassari
Alessandro Murgia, 28 anni, Cagliari
Roberta Murgia, 30 anni, Seulo
Ester Napolitano, 33 anni, Guspini/Cagliari
Luca Orunesu, 29 anni, Nuoro/Cagliari
Emanuele Perra, 32 anni, Assolo
Davide Piacenza, 26 anni, Sant’Antioco/Cagliari
Josephine Pilia, 33 anni, Monserrato/Villamassargia
Marika Pinna, 26 anni, Gonnostramatza
Eleonora Piras, 32 anni, Ilbono/Olbia
Niccolò Piras, 24 anni, Assago/Cagliari
Nicola Piras, 40 anni, Iglesias
Giorgio Pirina, 33 anni, La Maddalena/Venezia
Alessandra Pisu, 28 anni, Pimentel/Cagliari
Luigi Pisu, 33 anni, Cagliari
Giada Podda, 25 anni, Gonnostramatza
Nicoletta Pucci, 27 anni, Cagliari
Claudia Puligheddu, 32 anni, Cagliari
Andrea Pusceddu, 32 anni, Bruxelles
Andrea Rizzu, 31 anni, Simaxis Stefano Saderi, 35 anni, Ruinas
Caterina Vittoria Roselli, 25 anni, Sassari
Anita Secci, 26 anni, Ruinas
Luca Solinas, 30 anni, Siniscola
Francesco Riccardo Sotgiu, 27 anni, Selargius
Carla Spanu, 28 anni, Sassari
Lorenzo Tecleme, 21 anni, Sassari/Bologna
Sabrina Tomasi, 33 anni, Gonnosfanadiga
Nicola Usai, 33 anni, Cuglieri/Siamaggiore
Martina Vincis, 27 anni, Iglesias/Cagliari
Enrico Zanda, 34 anni, Cagliari
Giuseppe Zingaro, 32 anni, Alghero/Esporlatu
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