Risultato della ricerca: reddito di cittadinanza

Oggi sabato 17 dicembre 2022

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Eventi,Opinioni,Commenti e Riflessioni——————–———————
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LA POSSIBILE E NECESSARIA ALLEANZA TRA PD E M5S
Il MANIFESTO          16/12/2022        
di Alfiero Grandi

Dentro Schlein, fuori Ricci, le candidature per sostituire Letta sono in campo.
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Che succede?

c3dem_banner_04I TORMENTI DEL PD E GLI SPAZZINI LAUREATI
9 Dicembre 2022 su C3dem
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Che succede?

c3dem_banner_04RASSEGNA 2.12.2022. DUBBI SULLE SCELTE DEI SAGGI DEL PD
2 Dicembre 2022 su C3dem
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RASSEGNA. 1.12.2022.
1 Dicembre 2022 su C3dem

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Navigando in rete giovedì 24 novembre 2022

1b18458e-f1fb-4bdf-89f6-f30d902d79cdcoordinamento-dcostIl Coordinamento per la Democrazia Costituzionale propone un OdG che potrebbe essere sottoposto all’approvazione dei Consigli Comunali. Ci facciamo carico di promuovere tale iniziativa nei confronti di tutti i Comuni della Sardegna,

Ricordiamo che per firmare il DDL di iniziativa popolare per la modifica degli artt. 116 e 117 Cost., lanciato dal CDC nazionale, si può andare al sito del CDC:
http://www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it/ra
ccolta-firme-proposta-di-legge/

oppure direttamente al link:
https://raccoltafirme.cloud/app/user.html?codice=CDC
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Ordine del Giorno sull’Autonomia Differenziata (AD) ex art.116, c.3, cost. proposto dal CDC-ER e CDC nazionale

Il Consiglio Comunale di ______________________________________________
premesso che
> da parte delle Regioni Lombardia Veneto ed Emilia Romagna è stata richiesta nelle pre intese del 2019 la devoluzione ex art. 116, c.3, cost. rispettivamente di 20,23 e 16 materie tra quelle indicate nell’art. 117 cost. tutte di interesse anche nazionale;
> è vero che l’art.116, c.3, Cost. ammette il trasferimento a singole regioni che lo richiedano di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie indicate nell’art.117 Cost…” ma è altresì vero che la richiesta, estremistica e non conforme ad una lettura corretta dell’art.116 Cost di devolvere alle regioni tutte o quasi tutte le materie indicate stravolge in modo inammissibile lo stesso art.117 Cost. e viola i principi degli artt. 5 e 119 Cost;
> nel mese di novembre 2022 è stato presentato dal ministro Calderoli un disegno di legge sull’attuazione dell’AD che presenta/va i seguenti caratteri: a) al parlamento è riservato un ruolo solo notarile senza possibilità di intervenire nel processo di formazione delle intese. Ciò dato che la commissione bicamerale per le questioni regionali esprime un parere non vincolante e solo eventuale, mentre l’aula è chiamata a una “mera approvazione”, non potendo entrare nel merito dell’intesa; b) vengono sottratte alla Stato le competenze legislative e le relative funzioni amministrative per le materie richieste nelle pre-intese del 2019. Viene tolta potestà legislativa allo Stato persino sulla legislazione che disciplina i principi generali regolanti le singole materie, così alterando in modo inammissibile l’intero impianto dell’art. 117 Cost. Norma quest’ultima che prevede o materie di esclusiva competenza statale o materie di competenza concorrente tra Stato e Regione ma non certo materie di esclusiva competenza regionale; c) le intese sarebbero modificabili solamente se la Regione fosse d’accordo. In caso contrario diventerebbero immodificabili; d) le intese tra Regioni e Stato sarebbero approvate anche senza la preventiva definizione legislativa di LEP, costi e fabbisogni standard, perequazione strutturale; e) il finanziamento dell’AD avverrebbe all’inizio utilizzando il criterio della spesa storica (la stessa che perpetua le attuali diseguaglianze tra territori) , nell’ambito di un regime transitorio che non si sa come e quando avrà fine; f) con la clausola di invarianza per la finanza pubblica (art. 7 DDL Calderoli) se una regione avrà più risorse per le maggiori funzioni assunte, appare certo che altre regioni ne avranno di meno; d) risultano devolvibili anche materie di primario rilievo nazionale – scuola, sanità, infrastrutture strategiche, ambiente, lavoro, beni culturali, norme generali sull’istruzione, produzione e distribuzione nazionale dell’energia, e molto altro .
> se questa scelta di devoluzione si realizzasse sarebbe colpita a morte l’unità giuridica ed economica della Repubblica (art.2, 3 e 5 Cost.) con enormi complicazioni nel governo delle singole materie, in danno dell’uguaglianza dei cittadini, delle imprese e delle pubbliche amministrazioni locali e nazionali;
>Nessuna delle tre regioni richiedenti ha mai spiegato – né tantomeno dimostrato la fondatezza de – le ragioni per le quali sarebbe utile e giusto trasferire quelle materie alla competenza regionale;
>esiste una relazione e interdipendenza tra tutte le Regioni e i territori italiani tali per cui il sistema paese cresce o arretra assieme;
> il riordino istituzionale di cui ha bisogno il paese non riguarda soprattutto le Regioni quanto invece il rafforzamento delle autonomie locali;
> molte Regioni e moltissimi Sindaci, tra cui quelli di Bari, Napoli e Bologna, hanno manifestato contrarietà alle richieste ex art.116 Cost. da parte delle tre regioni

    questo premesso si chiede al Governo che

> qualunque futuro disegno di legge attuativo dell’autonomia differenziata ex art. 116, comma, 3, Cost., sia inviato alle Camere come DDL ordinario, al fine di permettere un approfondito e indispensabile dibattito pubblico nel paese su scelte che determineranno importanti e potenzialmente irreversibili conseguenze istituzionali, economiche e sociali. Coinvolgendo in tale dibattito sindacati, associazionismo, studiosi, autonomie locali e soprattutto il Parlamento a cui va riservato un ruolo centrale anche nella valutazione di merito delle eventuali intese;
> vengano obbligatoriamente definiti – prima di eventuali intese con singole regioni – LEP, costi fabbisogni standard e fondi perequativi, senza i quali non è possibile stabilire le risorse necessarie a finanziare le prestazioni sulla base del principio di uguaglianza. Vietando in particolare regimi transitori governati da fantomatiche “commissioni paritetiche” prive di qualsiasi legittimazione politica;
> ogni trasferimento di materie avvenga nel rispetto dei principi di solidarietà e unità nazionale, garantendo maggiori risorse a quei territori in cui permangono gap infrastrutturali, economici e sociali col resto dell’Italia;
> il processo di eventuale devoluzione di cui all’art.116, c.3. Cost. avvenga nel rispetto del principio di sussidiarietà nell’esercizio delle funzioni amministrative e non si traduca in un accentramento regionale in danno delle autonomie locali;
> il riconoscimento di ulteriori e particolari forme di autonomia ex art.116, c.3, cost trovi fondamento in specifiche e dimostrate esigenze della Regione richiedente, compatibili con l’unità della Repubblica e col principio di uguaglianza. Caratteri che non risultano presenti nelle richieste di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna;
> sia portato rapidamente alla discussione in Senato il DDL di iniziativa popolare per la modifica degli artt. 116 e 117 Cost., lanciato dal CDC nazionale, non appena completata la raccolta firme nell’aprile 2023.
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RASSEGNA STAMPA 23.11.2022.
23 Novembre 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem

La Rassegna stampa del 23 novembre 2022 (fonte S. Ceccanti e altro). Si segnalano: GOVERNO: Sabino Cassese sul governo Meloni: “Un bilancio a due facce” (Corriere della sera). Federico Fubini, “Il filo rosso della cautela, Ma ora serve un’idea per rafforzare il welfare e le imprese” (Corriere). Elsa Fornero, “La destra si piega alla linea europea” (La Stampa). Giuseppe Provenzano, “Questa manovra è da caccia ai poveri. E’ iniqua e pericolosa” (intervista a Repubblica). Linda Laura Sabbadini, “Non si risparmia su chi non ce la fa” (La Stampa). Chiara Saraceno, “Tagliano il reddito perché disprezzano i poveri” (intervista al manifesto). Ugo Magri, “Autonomia, la diga Mattarella: ‘Stessi diritti da Nord a Sud‘” (La Stampa). Lina Palmerini, “La prudenza di Giorgetti e la caccia al consenso di Salvini” (Sole 24 ore). PD: Stefano Folli, “Tre voci pessimiste sul futuro del Pd” (Repubblica). Stefano Ceccanti, “Lo scontro sulle primarie come quello tra bolscevichi e menscevichi” (intervista a Il Riformista). Daniela Preziosi, “Pd e M5s separati contro la manovra. Conte replica lo schema pacifista” (Domani). INOLTRE: Claudio Cerasa, “Il Mose, una diga anticialtroneria” (Foglio). Lettera al Foglio sul futuro del Terzo polo (Foglio). Stefano Feltri, “Ormai il caso Aboubakar è un problema per la sinistra” (Domani). Daniele Raineri, “La grande fuga da Kherson dei civili appena liberati e sotto bombe e gelo” (Repubblica). Caterina Soffici, “Tehran, stupro di Stato” (La Stampa).
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Domenica.
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Giovedì 1 dicembre 2022
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Prossimamente a dicembre
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Chiara Saraceno: “Tagliano il reddito di Cittadinanza perché disprezzano i poveri”
Su il manifesto.
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Che succede ?

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Pace. «Una foresta di persone contro la logica delle armi»

fa129f14-d460-4d0e-be70-009765d9d6a1«Una foresta di persone contro la logica delle armi»
intervista a Giovanni Ricchiuti a cura di Luca Kocci
in “il manifesto” del 5 novembre 2022

Nel popolo che oggi scende in piazza contro la guerra ci sono anche molti cattolici. Il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, giovedì scorso su Avvenire ha scritto una lettera aperta «a chi manifesta per la pace» per dire «liberi insieme dalla guerra». Pochi giorni prima i presidenti di 47 associazioni e movimenti cattolici hanno firmato un documento con cui chiedono non armi ma dialogo e diplomazia. Fra loro anche Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura e presidente di Pax Christi.
Monsignore cosa risponde a chi dice che oggi c’è la solita manifestazione delle “anime belle” prive di realismo politico o dei filo-Putin?
Io continuo a preferire un’anima bella, anzi tante anime belle, a quanti invece sono senza anima, cioè sono talmente rassegnati e pessimisti che non vedono soluzioni se non quelle armate. E poi non sono anime, ma corpi e voci che in tante occasioni non si sono limitate a scendere in piazza, ma sono andati sui luoghi delle sofferenze e delle guerre, per esempio in Ucraina con le carovane per la pace. Inoltre nessuno di noi ha mai messo in dubbio che l’aggressore è la Russia, l’aggredito è l’Ucraina.
Il movimento per la pace si sta rianimando?
Penso e spero di sì. Molti, come al solito, ironizzano sui pacifisti. A me viene sempre in mente quel proverbio: fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Oggi in piazza ci saranno decine di migliaia di persone, questo significa che la foresta è silenziosamente cresciuta, in mezzo al rumore delle bombe di una guerra che da otto mesi sta insanguinando l’Europa. In questi anni le strade si sono un po’ svuotate, ma i pacifisti, anzi gli operatori di pace, hanno continuato a portare avanti tante iniziative, quindi forse il bilancio non è così negativo o fallimentare come qualcuno vuole far credere.
Il documento delle associazioni cattoliche chiede «un impegno più determinato nella ricerca della pace» perché «affidarsi esclusivamente alla logica delle armi rappresenta il fallimento della politica». In questi mesi però ci si è affidati alle armi, non alla diplomazia. Perché? Per almeno due motivi. Il primo è l’assenza di una cultura di pace in chi ha la responsabilità di orientare e guidare la politica. «Parlano di pace, ma hanno nel cuore hanno la guerra», dice un salmo. Noi abbiamo sentito pronunciare tante volte la parola pace, poi nelle azioni politiche abbiamo visto prevalere la logica delle armi. In questi otto mesi non ci sono stati seri tentativi di dialogo e di negoziato o proposte di interposizione non armata, l’unica risposta è stata quella di fornire armi all’Ucraina per la propria difesa.
E il secondo?
Interessi politici ed economici, spesso ben mascherati. Nel 2021 l’Italia ha esportato armi per oltre quattro miliardi e mezzo di euro. E poi l’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil: ne vogliamo parlare? È un muro di interessi davvero difficile da abbattere.
Il nuovo governo italiano ha confermato la linea di fedeltà assoluta alla Nato, e quindi l’invio di armi. Non sembra emergere l’intenzione di farsi promotori di una seria iniziativa diplomatica per la pace…
Per niente! Del resto non c’era da sperare qualcosa di diverso rispetto al passato più recente. E purtroppo credo che a livello politico le cose non cambieranno nemmeno per il futuro.
Le associazioni cattoliche hanno rinnovato la richiesta al governo di ratificare il trattato Onu di proibizione delle armi nucleari, per affermare «che non vogliamo armi nel nostro territorio». Anche qui però non si vede una svolta. Anzi pare che gli Usa stiano potenziando gli arsenali atomici di Ghedi e Aviano.
Abbiamo voluto ricordare al governo che l’Onu, con un trattato entrato in vigore nel gennaio 2021, ha dichiarato illegali le armi nucleari. Oltre cinquanta Stati lo hanno ratificato. L’Italia no, perché siamo membri della Nato. Ci si difende ancora dietro il principio della deterrenza. Addirittura alcuni teologi hanno rispolverato la dottrina della guerra giusta. Poi per fortuna papa Francesco ha detto che il possesso delle armi nucleari non è solo illegale, ma anche immorale.
Con la guerra aumentano le disuguaglianze sociali, a pagare sono sempre gli ultimi, come diceva Brecht. Subito dopo le elezioni del 25 settembre, la Cei aveva dichiarato che avrebbe vigilato sui diritti dei più deboli. Il nuovo governo va in questa direzione?
I primi segnali destano molta preoccupazione. Continueremo a copertina_anello_deboledenunciare le ingiustizie e le ineguaglianze sociali. A dire che di fronte a cinque milioni e mezzo di poveri assoluti, secondo l’ultimo rapporto Caritas, occorrono misure di redistribuzione del reddito, di riduzione delle spese militari e aumento delle spese sociali. Ma temo che non ascolteranno.
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logo76Newsletter n.282 del 6 novembre 2022

TRAVISATI

Cari Amici,
sabato ci sono state le manifestazioni. Ci sono andati in centomila. A Roma e in Bahrein, per la pace, a Milano per la guerra. Il cardinale Zuppi per la pace: “Caino vide nel fratello Abele solo un nemico”, Francesco: “Amare tutti, amare i nemici”; Letta e Micromega per la guerra: “Solidarietà con l’Ucraina, Putin go home”, “Si alle armi, coerenti alle nostre posizioni dal 24 febbraio”. Interdette le bandiere di partito, cioè interdetto il discernimento delle ragioni, se ci sono, delle due parti.
Sabato c’è stato anche il blocco delle navi delle ONG, il divieto di sbarco, fuori dai porti negati.
C’è dunque una divergenza tra chi decide che la gente deve morire e chi pensa di salvarla, di preservarne la vita. Nel vocabolario la prima posizione si chiama assassinio, la seconda soccorso. Scongiurare la guerra significa buongoverno, sacrificare tutto alla vittoria significa terrore.
Se è un assassinio lasciare uomini, donne, bambini (quelli accompagnati , vispi e senza dissenteria) in mezzo al mare perché vadano alla deriva e muoiano non subito ma in differita, gli assassini sono travisati , perché si mascherano con la buona azione di “farsi carico delle emergenze sanitarie, di minori, donne incinte, donne con bambini piccoli, gente con la febbre”, e che gli altri si perdano.
Se è un assassinio mandare armi e sempre più armi perché i Russi siano scannati non meno degli Ucraini, gli assassini sono travisati perché si mischiano con il popolo della pace e con le sue bandiere.
Se la guerra, quella che una volta era dichiarata in buona e debita forma, è ordinata all’annientamento del nemico che va “debellato”, allora c’è una guerra che non mira all’annientamento dell’Ucraina ma è stata motivata dalla sua negata neutralità, e c’è una guerra che mira all’annientamento della Russia, a metterla “in condizioni di non poter mai più combattere” e a ridurla “con sanzioni mai viste prima” allo stato di paria.
Se la guerra è essa stessa un crimine, non essere equidistanti significa cercare i criminali di guerra sia ad Est che ad Ovest, compresa la NATO.
Se la difesa dei confini della Patria consiste nello sbarrare porti e coste contro Saraceni che non ci sono e naufraghi senz’armi, questa è una ragione di irreparabile rottura tra un Paese che ieri nella Resistenza ha lottato per un mondo accogliente per tutti e un governo dell’altro ieri che si mette in stato d’assedio sul mare, anche se la sua Presidente non ha simpatia per il regime dei Tribunali speciali per la difesa dello Stato che pregava Dio di “stramaledire gli Inglesi”.
Con i più cordiali saluti,

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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Documento. Il mondo cattolico è pronto alla sfida: «Insieme a Francesco, per la pace»

I 54 firmatari sabato 29 ottobre 2022

A pochi giorni dalla grande manifestazione per la pace del 5 novembre a Roma e uniti a Papa Francesco, offriamo questo contributo di riflessione al dibattito e al confronto in corso sul drammatico problema della guerra e sulla necessità di avviare concreti percorsi di pace.

Dal 24 febbraio 2022 la Russia di Putin con l’invasione dell’Ucraina ha portato la guerra nel cuore dell’Europa. Una guerra che comporta in prevalenza vittime civili, tra cui in maggioranza donne, bambini e anziani, a causa di bombardamenti su abitazioni, scuole, ospedali, centri culturali, chiese, convogli umanitari. Questa guerra si pone accanto alle tante altre sparse per il mondo, per lo più guerre dimenticate perché lontane da noi.

Da quando è apparso sulla terra l’uomo ha cominciato a combattere contro i propri simili: Caino ha ucciso Abele. E poi tutta una sequela di guerre: di conquista e di indipendenza, guerre rivoluzionarie e guerre controrivoluzionarie, guerre sante e guerre di religione, guerre difensive e guerre offensive, crociate… fino alle due guerre mondiali. Con la creazione delle Nazioni Unite si pensava che la guerra fosse ormai un’opzione non più prevista, una metodologia barbara, dunque superata, per la soluzione dei conflitti. E invece no. Eccoci ancora con il dramma della guerra vicino a noi.

Don Primo Mazzolari, dopo l’esperienza drammatica di due guerre mondiali, era giunto alla conclusione, in “Tu non uccidere”, che la guerra è sempre un fratricidio, un oltraggio a Dio e all’uomo, e di conseguenza, tutte le guerre, anche quelle rivoluzionarie, difensive ecc., sono da rifiutare senza mezzi termini. È quanto aveva scritto ai governanti dei Paesi belligeranti anche Papa Benedetto XV nel pieno della prima guerra mondiale, indicandola come «una follia, un’inutile strage». E come non ricordare Paolo VI all’Onu nel 1965 con il suo grido rivolto ai potenti del mondo: «Mai più la guerra, mai più la guerra, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con le armi in pugno»?

Un grido, questo, ripetuto da Giovanni Paolo II nel tentativo di scongiurare la guerra in Iraq e l’invasione del Kuwait e da Benedetto XVI ad Assisi accanto ai leader religiosi mondiali.

Ora, di fronte al drammatico conflitto in corso in Ucraina, è papa Francesco a ricordarci costantemente che la guerra è «una follia, un orrore, un sacrilegio, una logica perversa»: «Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? In nome di Dio e in nome del senso di umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate il fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili. E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana, nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze e delle legittime preoccupazioni» (Angelus di domenica 3 ottobre 2022).

Come realtà del mondo cattolico italiano e dei movimenti ecumenici e nonviolenti a base spirituale, vogliamo unire la nostra voce a quella di Papa Francesco per chiedere un impegno più determinato nella ricerca della pace.

Affidarsi esclusivamente alla logica delle armi rappresenta il fallimento della politica. Il nostro Paese deve da protagonista far valere le ragioni della pace in sede di Unione Europea, di Nazioni Unite e in sede Nato. Il dialogo, il confronto, la diplomazia sono le strade da percorrere con determinazione.

Servono urgentemente concrete scelte e forti gesti di pace. Di fronte all’evocazione del possibile utilizzo di ordigni atomici, e dunque di fronte al terribile rischio dello scatenarsi di un conflitto mondiale, un gesto dirompente di pace sarebbe certamente la scelta da parte del nostro Paese di ratificare il “Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari”, armi di distruzione di massa, dunque eticamente inaccettabili. L’abbiamo già chiesto ad alta voce in 44 presidenti nazionali di realtà del mondo cattolico e come movimenti ecumenici e nonviolenti a base spirituale, con la sottoscrizione, nella primavera del 2021, del documento “L’Italia ratifichi il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari”, e poi con un secondo documento del gennaio 2022. L’hanno chiesto centinaia di Sindaci di ogni colore politico. L’hanno chiesto in un loro documento i vescovi italiani. L’hanno chiesto associazioni e movimenti della società civile.

Rinnoviamo ora questa richiesta al nuovo Governo e al nuovo Parlamento affinché pongano urgentemente all’ordine del giorno la ratifica del “Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari”, a indicare che il nostro Paese non vuole più armi nucleari sul proprio territorio e che sollecita anche i propri alleati a percorrere questa strada di pace. Purtroppo, anche dopo tante guerre, noi non abbiamo ancora imparato la lezione e continuiamo ogni volta ad armarci, a fare affari con la vendita di armi e a prepararci alla guerra.

Forse sarebbe opportuno con determinazione e coraggio percorrere altre strade. Forse sarebbe opportuno riempire di precise scelte e contenuti quella che Giorgio La Pira chiamava «l’utopia della pace ». Prima che sia troppo tardi.

«La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo e di impostare le relazioni internazionali» (papa Francesco, 24 marzo 2022).

Ecco tutti i firmatari dell’appello
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Il programma del Governo Meloni: elencazione dei problemi senza possibili soluzioni

fbc239be-946e-431b-9cc7-023ab752eb69Francesca Ghirra su fb.
Questo pomeriggio alla Camera c’è stato il dibattito sulle dichiarazioni programmatiche della Presidente del Consiglio dei Ministri. Un intervento durato oltre un’ora, in cui è stato delineato il manifesto ideologico delle destre che si accingono a governare il Paese.
Meloni ha parlato, infatti, di come intende portare avanti la riforma costituzionale in senso presidenziale, di autonomia differenziata, di come smantellare il reddito di cittadinanza, di famiglia e natalità. Ha parlato di un nuovo patto fiscale, senza dire come intende tassare gli extraprofitti. Ha riesumato un disegno di politiche antimigratorie, ripristinando l’intollerabile distinzione tra migranti politici ed economici. Ha parlato di un “Piano Mattei per l’Africa”, mi astengo da ogni commento in proposito.
[…]

“Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? …Si giunga subito al cessate il fuoco.”

ed769876-dd6d-4a32-967f-848d7679851dCessate il fuoco

Con l’annessione delle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, la Russia ha scavato una trincea “politica” lungo le linee dei territori occupati, facendo sapere al nemico che da quelle linee non si muoverà, costi quel che costi.
Domenico Gallo​ 7.10.2022

Il 5 ottobre con la firma di Putin delle ratifiche dei trattati di annessione delle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson a seguito dell’esito dei referendum, si è verificato un fatto nuovo che cambia profondamente la natura del conflitto. Grazie ad un artifizio giuridico, la Russia ha trasformato i territori occupati dalle sue truppe in territorio della Federazione russa. In altre parole ha unilateralmente modificato i suoi confini, includendo nella Russia dei territori ancora formalmente soggetti alla sovranità dell’Ucraina. E’ evidente che ci troviamo di fronte ad una flagrante violazione del diritto internazionale, tanto della Carta dell’ONU, che dell’Atto finale della Conferenza di Helsinky (1975), che ha ribadito l’inviolabilità delle frontiere: queste possono essere modificate esclusivamente con mezzi pacifici e mediante accordo. Non può sussistere, pertanto, alcun dubbio sull’illegalità dell’annessione di questi territori alla Federazione russa. La Comunità internazionale non può riconoscere una modifica delle frontiere realizzata con la violenza bellica, ma questo non vuol dire che le vecchie frontiere debbano essere ripristinate con la forza.

La Comunità internazionale si è sempre rifiutata di riconoscere l’annessione di fatto realizzata da Israele della Cisgiordania a seguito della guerra dei sei giorni (1967). Più volte il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha qualificato Israele come potenza occupante, disconoscendo anche l’annessione di Gerusalemme est (in particolare con la Risoluzione 465), da ultimo lo ha fatto la Corte di Giustizia dell’ONU con la sentenza sull’illegalità del muro (9/7/2004), ma a nessuno è venuto in mente di spingere la Giordania o la Siria a riprendersi con la guerra i territori sottratti da Israele per ripristinare le frontiere violate. E’ pur vero che l’Ucraina può sempre invocare il diritto naturale di autotutela previsto dall’art. 51 della Carta dell’ONU, ma la mossa di Putin fa sì che, almeno su fronte interno, il Governo russo possa invocare il medesimo principio e trasformare “l’operazione militare speciale” in una sorta di guerra santa per la difesa della madre patria. Di qui il rischio che, di fronte ad un pericolo di smembramento, la Russia possa fare ricorso alle armi nucleari, come prevede la sua dottrina militare. Con questa svolta la Russia ha scavato una trincea “politica” lungo le linee dei territori occupati, facendo sapere al nemico che da quelle linee non si muoverà, costi quel che costi. Il fatto che la controffensiva ucraina stia riguadagnando il terreno perduto non è una buona notizia perché non può far altro che spingere la Russia ad incrementare il proprio impegno militare e alzare il livello dello scontro.

Si profila una fase nuova della guerra, simile alla guerra di logoramento che si combattè su vari teatri europei nel corso della Prima guerra mondiale. Nella sola battaglia di Verdun, che si protrasse dal febbraio al dicembre del 1916, ci furono nei due schieramenti oltre 700.000 morti. In tutto il conflitto la Francia ebbe oltre 1.300.000 morti (700.000 in Italia). Di fronte ad una catastrofe simile, aveva un senso chiedersi chi avesse iniziato o chi avesse vinto? La guerra era il male assoluto e la riannessione alla Francia delle terre di confine dell’Alsazia e della Lorena non poteva certo giustificare o mitigare le tremende devastazioni provocate dalla guerra e la perdita di milioni di vite umane. In questa nuova situazione la determinazione dell’Ucraina di recuperare manu militari i territori occupati dall’esercito russo apre uno scenario tremendo di violenza bellica simile a quello della Prima guerra mondiale, con la differenza che all’epoca non esistevano ancora le armi nucleari. Tanto per non suscitare equivoci sulle sue intenzioni, il Presidente Zelensky, dopo aver chiesto di essere anche formalmente ammesso nella NATO, ha emesso un decreto che vieta di aprire qualsiasi negoziato con la Russia.

La possibilità che la Russia, messa alle strette, ricorra all’uso di armi nucleari tattiche comporterebbe l’automatica estensione della guerra a tutti i 30 paesi della NATO poiché, come ci ha avvertito, da ultimo il gen. Petraeus, gli Stati Uniti, insieme agli alleati della Nato, “eliminerebbero” le forze russe in Ucraina e distruggerebbero la flotta russa nel Mar Nero. Nessun Parlamento potrebbe battere ciglio, l’Italia, come gli altri paesi NATO si troverebbe coinvolta in una tempesta di fuoco con la Russia, sullo sfondo della quale ci sarebbe l’olocausto nucleare Abbiamo visto che gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse al proseguimento di una guerra che dissangua la Russia e danneggia soltanto l’Europa, ma è possibile che tutti gli Stati europei continuino ad appoggiare con finanziamenti e rifornimenti militari questa aspirazione dell’Ucraina di andare allo scontro finale con la Russia? Di fronte a queste prospettive tremende, l’unica speranza è che venga ascoltato l’ultimo accorato appello al cessate il fuoco di papa Francesco: ” Mi addolorano le migliaia di vittime, in particolare tra i bambini, e le tante distruzioni, che hanno lasciato senza casa molte persone e famiglie e minacciano con il freddo e la fame vasti territori. Certe azioni non possono mai essere giustificate, mai! (..) E che dire del fatto che l’umanità si trova nuovamente davanti alla minaccia atomica? È assurdo. Che cosa deve ancora succedere? Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? In nome di Dio e in nome del senso di umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate-il-fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili.”

Anche noi ci chiediamo, cos’altro deve succedere prima che si verifichi un sussulto morale nella coscienza collettiva che faccia capire ai responsabili politici delle Nazioni che stanno commettendo un errore imperdonabile, perché la guerra in sé stessa è un orrore?

Per fortuna l’intervista di Conte ad Avvenire (5/10) dimostra che si sta aprendo una seria breccia nel muro dell’indifferenza della politica.

(una versione ridotta di quest’articolo è stata pubblicata dal Fatto quotidiano del 7 ottobre con il titolo: ha senso solo la via del Papa)

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Cessate il fuoco
Con la formale annessione alla Federazione Russa delle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson si è verificato un fatto nuovo che cambia profondamente la natura del conflitto in corso in Ucraina e apre la strada ad un’ulteriore escalation.
A fronte di una situazione critica sul piano militare dopo sette mesi di combattimenti ininterrotti, che hanno causato decine di migliaia di morti e distruzioni incalcolabili, questo ulteriore sviluppo rischia trasformare quella che il Governo russo ha definito una “operazione militare speciale” in una sorta di guerra santa per la difesa della madre patria. Si profila, pertanto un indurimento del conflitto, testimoniato dalla mobilitazione dei riservisti russi.
In questa nuova situazione le minacce di utilizzare l’arma nucleare da parte russa e la determinazione dell’Ucraina di recuperare manu militari i territori occupati dall’esercito russo apre uno scenario tremendo di violenza bellica simile a quello della Prima guerra mondiale, con la differenza che all’epoca non esistevano ancora le armi nucleari.
Il decreto del Presidente Zelensky che vieta di aprire qualsiasi negoziato con la Russia è un ulteriore segnale della volontà di portare il conflitto alle sue estreme conseguenze, incurante del rischio di un olocausto nucleare.
Di fronte a queste prospettive tremende, è urgente un cambiamento di rotta.
Non possiamo continuare ad alimentare l’ambizione del governo ucraino di “vincere” la guerra con la Russia e – persino – di recuperare con la forza quei territori che si sono distaccati nel 2014. L’Ucraina ha il diritto di difendersi ma non quello di trascinare il mondo in una guerra mondiale e tanto meno nucleare che cancellerebbe buona parte dell’umanità.
Condividiamo l’accorato appello al cessate il fuoco del Papa: “Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? …Si giunga subito al cessate il fuoco.”
La Presidenza del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale condivide la necessità di una mobilitazione popolare promossa dal più largo schieramento possibile di associazioni e di persone che vogliono un immediato cessate il fuoco, l’avvio di trattative di pace, una conferenza internazionale per definire come uscire da questo pericoloso conflitto.
Il Cdc aderisce alle iniziative di associazioni laiche e cattoliche, dalle reti italiane ed europee che invocano il cessate il fuoco immediato, condizione imprescindibile per costruire percorsi di pace ed avviare una conferenza internazionale (come quella di Helsinky del 1975), che consenta di ricostruire una convivenza pacifica in Europa e nel mondo.
Invita tutti gli aderenti a lavorare per la più ampia partecipazione alle iniziative per il cessate il fuoco e per arrivare alla pace.

La Presidenza del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale
7/10/2022
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807de71e-2958-4561-ac01-376205c3c894L’appello della Conferenza episcopale russa.

Fratelli e sorelle amati nel Signore,
membri del clero, monaci e laici,

Il confronto in Ucraina è degenerato in un conflitto armato su larga scala, che ha già cancellato migliaia di vite, ha minato la fiducia e l’unità tra le nazioni e i popoli, e minaccia l’esistenza di tutto il mondo. Come sei mesi fa, noi desideriamo ripetere il magistero della Chiesa, secondo il Santo Vangelo e l’antica Tradizione: la guerra non è mai stata né mai sarà un mezzo di risoluzione dei problemi tra le nazioni; «Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra» (Pio XII, 1939).

Oggi i nostri cuori sono pieni di dolore e di impotenza per l’incapacità di fare qualcosa o anche solamente di trovare parole giuste, che possano cambiare la situazione in maniera decisiva ed evitare ulteriori vittime. Insieme a voi, fratelli e sorelle, ascoltiamo con attenzione le parole del Santo Padre, pronunciate in occasione della sua visita in Kazachstan: «Non abituiamoci alla guerra, non rassegniamoci alla sua ineluttabilità. Andiamo in aiuto di chi soffre e insistiamo perché si provi davvero a raggiungere la pace. L’unica via d’uscita è la pace, e l’unica strada per raggiungerla è il dialogo».

Consapevoli della nostra impotenza, preghiamo di vivere nello spirito della consacrazione dell’Ucraina e della Russia al Cuore Immacolato di Maria fatta da Papa Francesco, con piena fiducia nella cura di Dio per i suoi figli e nella sua infinita misericordia. L’unico modo per vivere così è essere umili costruttori di pace e difensori della giustizia, nella misura in cui i nostri talenti e le circostanze della nostra vita ce lo permettono.

La mobilitazione parziale proclamata in Russia ha posto molti nostri fedeli davanti a una scelta morale molto seria. Sappiamo che in determinate circostanze le autorità statali non solo hanno il diritto, ma devono anche usare le armi ed esigere dai cittadini l’adempimento dei doveri necessari per la difesa della patria; e che coloro che compiono rettamente il servizio militare per la patria servono il bene comune. Tutto questo è vero se le azioni militari sono finalizzate a una più rapida conclusione del conflitto e ad evitare il moltiplicarsi delle vittime (Cfr. il Catechismo della Chiesa cattolica 2307-2317).

In conclusione, la questione se sia ammissibile partecipare alle azioni di guerra è una questione che riguarda la coscienza personale, che è il santuario più segreto e sacro dell’uomo, nel quale egli è solo con Dio, e al cui giusto giudizio è sempre tenuto a obbedire (ibid., 1795, 1800).

D’altra parte, la Chiesa ricorda alle autorità dello Stato che esse «devono trovare una giusta soluzione nel caso in cui una persona si rifiuti di imbracciare le armi per sua convinzione, pur rimanendo obbligata a servire la comunità umana in altro modo» (ibid., 2311). Questo diritto è sancito dall’articolo 59, paragrafo 3, della Costituzione della Federazione Russa e ne chiediamo l’osservanza coerente.

Per quanto riguarda gli esponenti del clero e i monaci della Chiesa cattolica, va rimarcato che è categoricamente impossibile per loro partecipare alle ostilità, sia secondo le antiche regole della Chiesa che secondo le convenzioni internazionali in vigore.

Rinnoviamo l’invito a tutti i nostri fedeli a intensificare le preghiere e il digiuno per una pace giusta e sicura. I sacerdoti sono invitati a celebrare la Santa Messa per il mantenimento della pace e della giustizia, utilizzando la Preghiera Eucaristica per la riconciliazione, recitando la preghiera dall’Ufficio liturgico «sulla pace e la patria» e includendo nella Preghiera dei fedeli le richieste per la cessazione delle azioni militari e la salvaguardia della vita umana.

Paolo Pezzi
Arcivescovo metropolita della Madre di Dio a Mosca
A nome della Conferenza episcopale dei vescovi cattolici in Russia.
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È online
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Le primavere nascono d’inverno
Editoriale di Mariano Borgognoni

Abbiamo voluto dedicare la copertina alle alle ragazze, alle donne, ai giovani iraniani che si battono per avere il diritto alla libertà. Alla memoria di Mahsa Amini, di Hadis Najafi e alle tante e ai tanti assassinati dalla feroce repressione del regime. Assassinati nel nome di una immagine di Dio, sia detto con chiarezza, di cui è bene sentirsi atei. Speriamo che sempre più questa protesta senta il sostegno di quante e quanti in ogni parte del mondo avvertono l’emancipazione e la liberazione femminili come valori universali. Ci siamo sentiti toccati dal canto di Bella ciao intonato dalle giovani iraniane nella loro lingua; un canto di lotta per la dignità e la giustizia che, radicato nella Resistenza italiana, accomuna ormai quanti, in ogni parte del mondo, rifiutano di piegare la testa a violenze e soprusi.

Sull’esito delle elezioni del 25 settembre in Italia vi invito a leggere i notevoli approfondimenti di Ritanna Armeni, Andrea Gaiardoni e Maurizio Salvi. È l’inizio di una riflessione sulla situazione politica italiana che, continuerà nei prossimi numeri. Consentite soltanto alcune considerazioni molto più grossier.
1) Il dato altissimo ed allarmante dell’astensionismo che si avvicina al 40% degli aventi diritto al voto e che in molte parti del Paese (in particolare al Sud) supera il 50% è segno certo di un disagio e di una radicale sfiducia nei confronti della capacità della politica di affrontare i problemi della propria esistenza individuale e sociale. Stavolta è indice anche, per una parte non irrilevante, di un profonda irritazione, soprattutto nel centro-sinistra, nei riguardi di una offerta politica ritenuta del tutto inadeguata o velleitaria. La vergognosa, semidemocratica, ma consapevolmente non modificata legge elettorale, che l’editoriale impedisce di fatto una vera elezione del Parlamento, riduce la politica a un gioco tra pochi e stacca i nominati a Camera e Senato da qualsiasi rapporto reale con i territori. Eppure non c’è alcun partito che si proponga realmente di cambiarla. Attenzione perché di questo passo l’opinione pubblica comincerà a pensare che il presidenzialismo possa essere l’unico modo per avere una possibilità di scelta. E si andrà avanti a colpi di accetta nella riforma delle istituzioni (come è avvenuto per la tagliata da macellaio sul numero dei parlamentari) senza un preoccuparsi di dar vita ad un condiviso bilanciamento democratico.

2) Sulla vittoria della destra c’è poco da dire. Ha letto lucidamente il meccanismo elettorale ed ha unito le sue differenze. Il centro-sinistra ha, vai a sapere perché, abbandonato il campo che aveva in qualche modo coltivato e si è suicidato pur mettendo insieme quasi il 50% dei voti. La destra ringrazia del gentile omaggio! Insomma, per ricordare una vecchia frase cinica: peggio di un crimine è un errore politico. Ora qualche solone dirà che non si fa così la somma in politica, che il Pd ha perso il sensus sui (l’ha mai avuto?); che i contiani non avrebbero preso gli stessi voti stando in coalizione. Tutto vero ma se guardo la composizione dei due rami del Parlamento e in particolare del Senato penso che la partita sarebbe stata aperta e non dichiarata chiusa prima di cominciare.
3) Che fare? Diceva un tale. Beh chi governerà avrà da fronteggiare una situazione drammatica e staremo a vedere. Quello che hanno promesso, dal taglio del reddito di cittadinanza al riarmismo, dallo stop ai diritti civili a un atlantismo più sovranista che europeista, dal tassapiattismo alla denuncia della vecchiezza della Carta costituzionale, non fa stare allegri. Chi ha perso dovrà pensare all’opposizione. Almeno questo sembra un dato acquisito: opposizione politica a un governo politico. Non sembra esserci tanto spazio per le mezze ali specializzate nella manovra di palazzo e nell’oliatura dei sempiterni circuiti dell’establishment. Il Pd finalmente dovrà scendere sulla terra e spiegarsi che cosa pensa. È nato con l’idea di tenere insieme socialismo e popolarismo (il solito solone che prende sul serio le scadenze di calendario come segnatempo epocale e al quale ora non rispondo, dirà che son categorie del ’900) in realtà li ha espunti entrambi divenendo un partito di specialisti del governo dell’esistente, quasi un partito tecnico. Il «che fare» è un discorso lungo ma ci sarebbe tanto bisogno di costruire dal basso e dall’alto una forza di popolo in cui l’ispirazione socialista e cristiana faccia da ancoraggio al nuovo mondo del lavoro e del bisogno e incroci quell’istanza ambientalista che i giovani avvertono decisiva per il proprio futuro. È un compito che richiede un nuovo protagonismo civile. Forse i tempi non saranno brevi ma le primavere nascono d’inverno.

ROCCA 15 OTTOBRE 2022

(…) E così, di Porcellum in Porcellum siamo arrivati a questa bella legge elettorale offertaci e mai ripudiata dal Partito Democratico, che fa fuggire i non rappresentati dai seggi e dà la maggioraza assoluta (quasi i due terzi!) a chi è minoranza nel Paese e crea un Parlamento, sfoltito di molti seggi perchè non sia troppo d’intralcio al governo. Ma le due parti sono poi tanto diverse? Tutte e due vogliono le stesse cose, un’economia che uccide, come la chiama il Papa…

821282f3-8eb7-4ae0-8d06-5ac3110ab912costituente-terra-logoCostituente Terra. Newsletter n. 94 del 28 settembre 2022

HA VINTO IL SISTEMA

Cari Amici,
la sciagura è alla fine arrivata. Ha vinto la destra-destra; molti la chiamano fascismo. Anche la satira si è presentata il giorno dopo in camicia nera, come a dire: “ormai è fatta”. Arriva la prima donna, una sola, al comando, a sostituire l’ultimo uomo, che era tanto piaciuto a tutti, aveva occhi di drago (draghi e tigri tanto amati da Letta). E ora tutti piangono, perfino “La Stampa”, che è pentita, ed “Otto e mezzo”, temono un governo come non ne avevamo dal 25 luglio 1943, per fortuna di mezzo c’è la Costituzione, non lo Statuto albertino.
Ma non ha vinto il fascismo. Ha vinto il sistema che con tanto trasporto e accanimento e falso messianismo, abbiamo creato. Il sistema che si fonda e si conserva costruendo il nemico: sul piano internazionale e sul piano interno, perché non ci può essere su un piano se non c’è anche sull’altro.
Sul piano interno il sistema lo abbiamo restaurato quando, con la fine del comunismo, temevamo di perderlo. Prima di tutto abbiamo esorcizzato le idee (dette ideologie) e sciolto i partiti: col pretesto che non avevano le mani pulite, abbiamo fatto sì che non avessero più mani (ci fu anche un libro di poesie intitolato così). Poi abbiamo licenziato pluralismo e proporzionale e abbiamo messo sugli altari un sistema “a vocazione maggioritaria”, come diceva il versatile Veltroni, chi vince vince tutto, chi perde perde tutto, e il suo istituto fondatore fu battezzato con un nome inglese (come è d’obbligo), ed è lo “spoil system” (la divisione delle spoglie), senza pensare che la maggioranza se la potevano prendere gli altri; il Partito Democratico e l’Ulivo che avevano messo insieme, senza altre spiegazioni, le due antropologie che più si erano combattute e cimentate in un dialogo foriero di “cose nuove” e di un “uomo inedito”, si acconciarono a fare una delle due parti, senza una cultura , la parte che alzando le braccia al cielo Berlusconi, alla fine della campagna elettorale, esecra come “la sinistra!”. E così, di Porcellum in Porcellum siamo arrivati a questa bella legge elettorale offertaci e mai ripudiata dal Partito Democratico, che fa fuggire i non rappresentati dai seggi e dà la maggioraza assoluta (quasi i due terzi!) a chi è minoranza nel Paese e crea un Parlamento, sfoltito di molti seggi perchè non sia troppo d’intralcio al governo. Ma le due parti sono poi tanto diverse? Tutte e due vogliono le stesse cose, un’economia che uccide, come la chiama il Papa, e disoccupati senza reddito di cittadinanza, e il Nemico esterno.
Quest’ultimo è il grande unificatore di governo e opposizione, lo combatte uno schieramento che si chiama atlantista e si pretende, e non é, europeista, almeno per una certa “idea di Europa”). Adesso il nemico è Putin, perché proditoriamente ha invaso l’Ucraina, la cui indipendenza è tanto amata da Blinken e dagli Stati Uniti, che una volta si volevano prendere perfino Grenada, un’isoletta però più vicina. Ma Putin non è diventato il Nemico ora, come sarebbe plausibile, lo è da molto prima, da quando gli Stati Uniti la NATO e l’Occidente hanno erroneamente pensato che non potevano sussistere senza un Nemico così persuasivo come l’Unione Sovietica, comprese le sue armi nucleari, e dopo un idillio brevissimo vissuto con Eltsin (dati i suoi meriti di rottamatore dell’URSS), hanno adottato la Russia come Nuovo Nemico (ma anche antico, con Dostoewski e i suoi libri tolti dalle biblioteche). Lo ha raccontato Putin, quando non era così cattivo che un americano non ci potesse neanche parlare, e lo rivelò al regista americano Oliver Stone. C’era Clinton in visita al Cremlino e Putin gli disse “tra il serio ed il faceto”, che la Russia poteva entrare nella NATO, Clinton non lo escluse, ma la delegazione americana ne fu “terrorizzata”, perché senza nemico non si poteva stare, cioè fuori da un sistema su misura della NATO in cui, come spiegò Putin, ci sono solo due opinioni, “quella americana e quella sbagliata”, e ci sono solo due Parti, quella giusta e quella sbagliata, e una delle due è destinata a soccombere.
È questo sistema che ha vinto in Italia e l’alternativa è molto evidente. Da una parte ci sono i “Fratelli d’Italia”, quelli che sono fratelli tra loro, e fratelli con quelli che, benché stranieri, sono simili a loro. Ma sono fratelli al modo di Caino, o al modo dell’inno di Mameli, con in testa l’elmo di Scipio e il mito della vittoria sugli altri intesi come “schiavi”, o come paria, così come Biden dice che devono essere i russi nella sua società internazionale pensata come una società divisa in caste, in cui i paria, i fuori casta, sono esclusi, perché sono meno che uomini. Dall’altra parte l’alternativa è molto chiara, e si dice in sole due parole: Fratres omnes, fratelli sono tutti, anche russi, americani e cinesi e anche cristiani e musulmani e credenti di ogni fede, come si è visto in Kazakhstan, col Papa in mezzo agli altri, non primo e non solo (chi sono io?) e anche con Giorgia Meloni, con tutta la sua classe dirigente che non c’è. Non ci vuole tanto a capirlo, basta essere “internazionalisti”, l’accusa più infamante che gli assassini di mons. Romero in Salvador imputarono a Marianella Garcia Villas, prima di ammazzare anche lei. Essere internazionalisti questo significa, e dar mano a una Costituzione della Terra. Ma per arrivarci bisogna esserlo prima, adesso, non dopo, altrimenti non resterà che una pallida utopia. Benvenuta sorella Giorgia nel piccolo club delle donne potenti, con l’augurio che non sia come altre, Thatcher, Golda Meir, Ursula, molto “sbagliate”.
Con i più cordiali saluti,
www.costituenteterra.it
logo76 Anche sul sito di Chiesadituttichiesadeipoveri Newsletter n.276 del 28 settembre 2022

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Il pacifismo alla prova del voto. Incontro
Giovedì 29 alle ore 18 presso la sede della CSS – via Marche 9 Cagliari – incontro per un primo esame sui compiti e le iniziative dei pacifisti dopo le elezioni del 25 settembre.
Incontro-Dibattito
“Il pacifismo alla prova del voto.- Ripresa dell’iniziativa dopo le elezioni”
Introduce Andrea Pubusa
Interventi programmati: G. Meloni, A. Murgia, L. Sassu, M.Mameli.
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Fare le guardie svizzere di Draghi non ha pagato: al Pd servono alleanze
di Alfiero Grandi
Con questo risultato elettorale è indispensabile che tutte le decidano un autoesame e individuino i capisaldi della loro posizione politica. Continuare a sottovalutare le destre, la loro vittoria, sarebbe diabolico.
Tutti possono contribuire ad una rinascita della sinistra.

Letta ripercorre gli errori di Veltroni. Nel 2008 ci ha provato Veltroni, prosciugando le forze minori, ma senza riuscire a far vincere il PD. Nel 2022 ci ha provato Letta a votare il meno peggio ed ha fallito. I meccanismi istituzionali ed elettorali sono cruciali per costruire il corpo dei decisori (nella nostra Repubblica il parlamento) perché le sue scelte riguardano la vita di tutti noi.
Dalla pace al lavoro, dai diritti all’ambiente, ecc.: le scelte politiche dipendono dalla composizione del Parlamento, dalla maggioranza che si forma, quindi è stato un grave errore non occuparsi per tempo della legge elettorale, di modifiche mirate all’autonomia regionale differenziata.
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale aveva sperato che l’arrivo di Letta alla segretaria del Pd portasse novità. Malgrado incontri, suggerimenti, proposte abbiamo accertato la non volontà o l’impossibilità di portare i gruppi parlamentari del Pd ad affrontare seriamente l’urgenza di una nuova legge elettorale proporzionale per eleggere il Parlamento.
Eppure la crisi dei governi Conte 1 e Conte 2 aveva chiarito che c’era il rischio di elezioni anticipate e che la crisi del governo avvenuto.
I lamenti postumi verso una legge elettorale che non è stata cambiata sono sembrati una beffa. Non ci volevano doti divinatorie per capire i pericoli, ma nulla si è mosso.
Con questo risultato elettorale è indispensabile che tutte le sinistre politiche, grandi e piccole, e individuino i capisaldi della loro posizione politica. Continuare a sottovalutare le destre, la loro vittoria, sarebbe diabolico.
Tutti possono contribuire ad una rinascita della sinistra. Continuare a sperare di risolvere problemi politici con la costrizione a votare il meno peggio dell’offerta politica non funziona più, se mai ha ripercorso gli errori di Veltroni, prosciugando le forze minori, ma senza riuscire a far vincere il Letta con risultati ancora peggiori. Ormai quelli che si sentono costretti sono scomparsi, semmai gonfiano l’astensione.
I meccanismi istituzionali ed elettorali sono cruciali per costruire il corpo dei decisori (nella nostra Repubblica il parlamento) perché le sue scelte riguardano la vita di tutti noi. dai diritti all’ambiente, ecc.: le scelte politiche dipendono dalla composizione del Parlamento, dalla maggioranza che si forma, quindi è stato un grave errore non occuparsi di modifiche mirate alla Costituzione per correggere l’autonomia regionale differenziata che minaccia l’unità nazionale.

Pane, pace e ambiente
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. La destra ha vinto anzitutto per la rinuncia a mettere in campo un’alternativa credibile, unitaria, o per lo meno a utilizzare la pessima legge elettorale vigente nel modo migliore, come invece ha fatto la destra.
La destra ha galvanizzato i suoi elettori, avanzando poco in cifra assoluta sul 2018. Mentre la possibile alternativa alle destre si è divisa ed è stata battuta malamente e l’astensione dal voto è cresciuta di quasi il 10%, portando la percentuale del non voto al record del 37 %.
Ora è indispensabile che il Pd faccia quanto non ha fatto dopo le dimissioni di Renzi dal governo, poi dal partito. Era sbagliato dire che il Pd era guarito dal renzismo, senza farci i conti non si esce dai giochi opportunistici e di potere. Cos’è il renzismo? Una deriva opportunistica, di potere ad ogni costo, di rinuncia a rappresentare il tradizionale elettorato sociale della sinistra (Jobs Act insegna). Certo, il lavoro non è l’unico referente sociale ma dovrebbe essere quello naturale e con esso la parte di società che oggi non ha potere, è condannata dentro una bolla di subalternità e di drastico peggioramento delle sue condizioni di vita.
Draghi non poteva essere la soluzione. Tanto più che le sinistre nella maggioranza di governo non sono state in grado di rappresentare i problemi della parte che dovrebbe rappresentare per il vecchio principio che le classi dominate debbono aspirare a diventare dominanti. È curioso che alcuni dei temi decisivi che riguardano il lavoro e le aree sociali più deboli, i giovani siano stati posti dal Pd che era al governo da anni nel momento in cui è avvenuta la crisi del governo Draghi.
Ridursi al ruolo di guardia svizzera di Draghi non ha pagato.
È risultata evidente una contraddizione: se una maggioranza di destra costituisce una minaccia per la democrazia e la Costituzione, si doveva puntare all’alleanza più larga possibile per bloccarne la vittoria. Altrimenti gridare al lupo al lupo è inutile e controproducente. Peggio ancora, se a questo si accompagna la polarizzazione Letta-Meloni, perché una scelta contraddice l’altra e il dualismo legittima l’avversario.
Si è insistito nel considerare la crisi del governo Draghi uno spartiacque e la responsabilità è stata attribuita a Conte, ma in realtà Draghi, come ha ricordato Cassese, non ha accettato un confronto sui 9 punti che avrebbe potuto risolvere il contenzioso con i 5 Stelle.
È evidente che solo includendo il più possibile e dandogli una solida base costituzionale si poteva dare il senso di una coalizione alternativa, ma questa scelta – pur proposta con insistenza da varie parti – non è stata accolta. La Costituzione avrebbe motivato una scelta di larga alleanza.
La scelta di rinunciare ad una alleanza larga, almeno nell’uninominale, è stata un grave errore che ha lasciato la destra, pur piena di contraddizioni, sola in campo a delineare una maggioranza per governare egemonizzata da Fratelli d’Italia, che era fuori dal governo Draghi.
La frittata è servita. Non ci si riprenderà da questo esito senza tornare ai fondamenti, alle ragioni su cui rifondare la sinistra. Ci vuole tempo per un discorso più completo. Iniziamo da tre problemi.
L’alternativa tra pace e guerra, la crisi del clima ed energetica, la Costituzione. La sinistra deve iniziare da qui. Alla pace non c’è alternativa. Se non vogliamo che le persone vivano nel terrore dell’olocausto nucleare occorre fermare l’escalation della guerra in Ucraina e la rincorsa agli armamenti, nucleare compreso.
L’aggressione russa all’Ucraina è purtroppo la realtà, ma non giustifica che le proposte di tregua, di avvio di trattative di pace, di convocazione di una conferenza internazionale di pace vengano ignorate e si insista in una guerra senza neppure definirne gli obiettivi. Le sedi internazionali vanno rivitalizzate, i Paesi e le personalità che possono dare un contributo attivati, a partire dal Papa, in modo da avviare i confronti. Se la soluzione fosse semplice non ci sarebbe bisogno di parlarne.
L’Ucraina sta cercando di dimostrare che la sua guerra è nell’interesse di tutti, di fare coincidere il suo punto di vista con quello della Nato e dei paesi europei, ma è solo un sillogismo, perché non è così. L’Ucraina ha diritto a difendersi, va aiutata, ma deve comprendere che lei stessa ha interesse ad una soluzione pacifica, che la guerra senza fine può portare solo guai peggiori. Soprattutto le sue decisioni non possono essere automaticamente impegnative per tutti e quindi non può decidere scelte che possono precipitare il mondo nell’olocausto nucleare.
Affermare che deve decidere l’Ucraina sulle condizioni per la pace è una sciocchezza. La pace mondiale e evitare l’olocausto nucleare sono materie che non sono nella disponibilità di nessuno, neppure dell’Ucraina, per quante valide ragioni possa vantare. La trattativa e la pace sono obiettivi da cui nessuno può derogare. Questo capitolo deve essere scritto ora prima che sia troppo tardi.
Tanto meno si può definire un futuro sistema di relazioni mondiali fondate sull’obiettivo di fare cadere governi e regimi. Iraq docet. Dovremmo avere capito che la democrazia non si esporta con i cannoni. Dovremmo ricordare che ci sono state guerre tremende, invasioni, distruzioni, cambiamenti di regimi politici giustificati da veri e propri falsi come la provetta del Ministro americano Powell, al fine di giustificare l’invasione dell’Iraq.

Disarmo e dintorni
Del resto basta guardare a quanto è accaduto nella ricerca di alternative al gas russo, i nuovi fornitori non sono tutti campioni di democrazia, che non può essere un riferimento a corrente alternata. In alcuni casi può giustificare invasioni, in altri viene dimenticata come nel caso del Saudita Bin Salman, pressochè perdonato per il crimine Kasoggi. Si potrebbe ricordare anche il caso Regeni.
Coesistenza dei regimi politici, incoraggiamento pacifico della democrazia, accordi di pace e di disarmo tra diversi sono gli obiettivi fondamentali per evitare la corsa verso l’abisso nucleare di cui i principali protagonisti (Usa e Russia) parlano con troppa leggerezza. Cina e India, Sud Africa e Brasile sono solo alcuni dei paesi che possono svolgere un ruolo internazionale attivo.
Riprendere l’obiettivo del disarmo, a partire dalle armi nucleari è la priorità. In questo l’Europa deve cambiare completamente ruolo, se l’Ue è una parte della Nato non c’è bisogno di un esercito europeo, altrimenti occorre valorizzarne il ruolo autonomo dalla Nato, la cui proiezione fuori dall’Europa è ormai troppo sbilanciata, preoccupante. La coalizione a sostegno dell’Ucraina voluta dagli Usa non segue né i confini, né il ruolo della Nato e mescola cose diverse. L’Unione europea deve riprendere una sua autonoma iniziativa.
Cambiamento climatico ed energia si intrecciano con la questione pace. La guerra ha guastato il clima di cooperazione internazionale sul clima che ancora un anno fa sembrava possibile e le scelte energetiche che ne sono una parte fondamentale ne sono la conferma.
Certo la guerra impone di trovare nell’immediato soluzioni per quanto riguarda il gas e le altre energie fossili che non possono essere abbandonate immediatamente, ma la transizione dovrebbe essere la più rapida possibile, con una scelta di fondo verso le rinnovabili. Manca invece in modo preoccupante un piano, un impegno straordinario per puntare sulle energie rinnovabili, a tappe forzate. Il limite evidente del governo Draghi è che non ha impostato una strategia per realizzare a tappe forzate la svolta energetica, con tutte le conseguenze. Bene che Enel abbia investito nella produzione di pannelli FTV innovativi ma non è ancora un piano per produrre quanto è necessario al nostro paese. Bene che si sviluppino sistemi di accumulo ma ancora non è chiaro se la notizia di una nuova tecnologia italiana che renderebbe il nostro paese indipendente ed autonomo, senza ricorso alle risorse oggi note, sia effettivamente all’altezza delle promesse. Il Governo non ha parlato in proposito, non ha presentato un piano. Per costruire un piano occorre fare una proposta di insieme, dalle materie prime come l’acciaio per produrre le pale eoliche fino alla loro installazione in mare aperto e nelle zone ancora possibili, con tempi brevi anche di allaccio e tecnologie avanzate. Tutti i settori delle rinnovabili debbono essere coinvolti, programmati, realizzati in tempi record. Cingolani non lo ha fatto.
Senza trascurare l’idrogeno, da produrre con energia verde, che costituisce una valida alternativa al diesel e al gas.
In definitiva si tratta di definire un progetto di futuro da realizzare, con una particolare attenzione al controllo severo sui prezzi che si muovono sempre di fronte a nuovi investimenti, ormai dovremmo averlo capito.
Pace, clima, Costituzione dovrebbero essere i punti iniziali per costruire la coalizione delle sinistre che vogliono cambiare a fondo questo paese, creare prospettive per i giovani e occupazione nuova di qualità, gettando le basi per una nuova socialità.
La società può essere il terreno su cui costruire le novità. La crisi dei referenti politici rende difficile immaginare che nuove convergenze siano possibili tra gruppi dirigenti spesso autoreferenziali e incapaci di individuare terreni di lotta percorribili, almeno per una fase. Nella società quindi, dove un popolo di sinistra esiste, si possono costruire le piattaforme, le mobilitazioni, le convergenze che possono bloccare derive di destra e costituire il propellente per rimettere in moto un processo positivo a sinistra e i riferimenti sono in larga misura nella Costituzione, che troppe volte è stata accantonata, mentre tuttora può essere un valido riferimento a partire dall’articolo 1 e 3.
È già accaduto dopo il 2008, dopo una strepitosa vittoria delle destre le battaglie referendarie per l’acqua pubblica, contro il nucleare (lo stesso che si vorrebbe propinare oggi) per la giustizia hanno creato le premesse per la crisi del governo Berlusconi, dimostrando che non basta una maggioranza ampia per impedire ai cittadini di farsi sentire.
La società civile e l’associazionismo possono svolgere un ruolo importante per rimettere in moto la situazione e smuovere una sinistra bloccata.
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Oggi giovedì 15 settembre 2022

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——————Opinioni, Commenti e Riflessioni—————
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discernere-150x150Spunti per un discernimento politico
12 Settembre 2022 by c3dem_admin | su C3dem

Non propriamente un appello. Ma, come dice il titolo, una serie di annotazioni sui temi in gioco, o trascurati, in questa assai delicata campagna elettorale. Gli autori sono una cinquantina di cattolici, tra cui alcuni sacerdoti, espressione del cattolicesimo democratico e sociale del nostro Paese. Alcuni di loro sono membri di associazioni della rete c3dem

Comitato NO ARMI-TRATTATIVA SUBITO CONFERENZA STAMPA

4e44eb54-e156-491c-a740-964c63b88d2e2a2d904c-526a-4c15-84a4-3e55f08e0462Giovedì 15 settembre alle ore 11 presso la sede della CSS in vi Marche n. 9 il Comitatio No Armi – Trattativa subito – tiene una conferenza stampa per illustrare la propria poizione sulle elezioni del 25 settembre. [segue]

Appello di Cattolici per le Elezioni: appuntamento politico-elettorale che non possiamo disertare e che non ci è concesso di affrontare con leggerezza.

ad6dabfa-8360-4a98-bba6-5c4de400d9fcCattolici, in cinquanta chiamano al voto per pace e giustizia
Gianluca Carini su Avvenire martedì 13 settembre 2022
Tra i firmatari don Ciotti, don Colmegna, ma anche nomi storici del centrosinistra come Rosy Bindi, Piero Grasso e Livia Turco

Elezioni. Intervista alla candidata Francesca Ghirra

431b8f33-3215-45f5-9869-3d4d37e28d63Francesca Ghirra (*) – candidata alla Camera dei deputati nel Collegio sardo plurinominale, capolista per l’Alleanza Verdi-Sinistra nell’ambito della Coalizione di centro-sinistra – a domanda risponde.

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D: Francesca, tu e il tuo gruppo politico “Progressisti” avete sempre manifestato una differenziazione con il PD, salvo perseguire una unità politica in occasioni fondamentali. Faccio riferimento particolarmente alla collaborazione in Consiglio Regionale e nel Consiglio Comunale di Cagliari. Tale comportamento vi è costato accese critiche soprattutto per le scelte nella attuale tornata elettorale, nella quale siete impegnati con i Verdi e altre formazioni della sinistra, collocati nell’ambito del centrosinistra, disdegnando una alleanza con Unità Popolare, di cui molti esponenti sono tuoi amici personali e con cui avete portato avanti importanti lotte comuni, per esempio nell’ambito territoriale cagliaritano. Cosa mi dici in proposito?

R: Il gruppo dei Progressisti ha sempre lavorato per cercare l’unità delle forze di sinistra, sia nelle fasi elettorali che nel post elezioni, riuscendo a costruire ampie coalizioni che raggruppassero tutte le forze di centrosinistra e costituendo, dopo il voto, gruppi consiliari omogenei che unissero le forze civiche e progressiste che insieme al partito democratico si oppongono alle destre reazionarie e populiste. Non abbiamo mai disdegnato un’alleanza con Unione Popolare, ma anzi abbiamo dato la nostra disponibilità per aiutarli a raccogliere le firme. Purtroppo questo sistema elettorale scellerato e antidemocratico obbliga chiunque non abbia rappresentanti in Parlamento non solo a raccogliere le firme, ma a dichiarare a monte candidati e coalizione di appartenenza, rendendo di fatto impossibile – specie in tempi contratti come quelli di queste elezioni – costruire alleanze. Questo è uno dei motivi per cui, purtroppo, oggi siamo divisi.
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Subito la “Costituente Terra”. Un impegno che può caratterizzare una nuova politica internazionale dell’Italia e dell’Europa

d3ab93e6-6aff-4fc8-ad0b-32aa51d7aed4UN PROTOCOLLO SULLA SCIA DELLA DICHIARAZIONE DI NUOVA DELHI
di Raniero La Valle

Ci sono due notizie pubblicate dal “Fatto quotidiano” di cui non si può dire: “se fossero vere”, perché sono vere, ma di cui si può dire che se avessero un seguito fino all’ultimo loro possibile sviluppo potrebbero gioiosamente rovesciare, come altre volte è accaduto, le previsioni deprimenti dei sondaggi preelettorali.
La prima delle due notizie è quella rievocata da Barbara Spinelli di un grave errore compiuto da Michail Gorbaciov, di cui peraltro in questi giorni si è ricordato il valore della visione storica e politica. La seconda notizia è quella riferita da Stefano Fassina, uno dei leaders più prestigiosi che lasciarono il PD, secondo il quale “Conte attrae consensi dall’area progressista e da quella cattolico-sociale, attenta alle conseguenze economiche e umanitarie del conflitto (ucraino) oltre a portare avanti i temi del lavoro che il PD trascura da anni”, e lo fa con un programma “chiaramente di sinistra” che “intercetterà tanti elettori indecisi o delusi da un PD troppo appiattito su Draghi”.
L’errore di Gorbaciov è stato quello di fidarsi dell’Occidente che alla fine della guerra fredda gli aveva assicurato che la NATO non si sarebbe allargata ad Est “neanche di un pollice” per tener conto degli interessi di sicurezza russi. Tutte le delegazioni occidentali reduci dai negoziati con Gorbaciov registrarono nei loro resoconti questo impegno di cui però si trascurò di dare atto per iscritto in un documento formale.
Gorbaciov dimostrò invece una ben altra attenzione agli interessi comuni e di amare la Germania più dei suoi alleati atlantici quando fece aprire il muro di Berlino che non cadde per nessuna insurrezione popolare ma per una decisione politica che il leader sovietico, interpellato dai dirigenti tedeschi, comunicò loro per telefono, mentre Andreotti salutava l’evento con la celebre battuta secondo cui amava tanto la Germania da preferire che ce ne fossero due invece di una sola felicemente riunificata.
Tanto Gorbaciov faceva credito ai suoi interlocutori nella politica mondiale che giunse a proporre da Nuova Delhi insieme al premier indiano Rajiv Gandhi “un mondo libero dalle armi nucleari e nonviolento”. In una solenne dichiarazione del 27 novembre 1986, rivendicando di rappresentare oltre un miliardo di uomini, donne e bambini dei loro due Paesi, “che insieme fanno un quinto dell’umanità intera”, essi affermavano che “la vita umana è il valore supremo”, che “il mondo è uno e la sua sicurezza indivisibile. Est ed Ovest, Nord e Sud, indipendentemente dai sistemi sociali, dalle ideologie, dalle religioni e dalle razze, devono essere uniti nella fedeltà al disarmo e allo sviluppo”, garantire giustizia economica e rinunciare agli stereotipi “di chi vede un nemico in altri paesi e popoli”.: una proposta politica di una lungimiranza senza precedenti, che non fu degnata nemmeno di una informazione dai grandi giornali d’Occidente (fu pubblicata invece dalla rivista “Bozze 87”).
L’Italia potrebbe ora, di fronte allo scempio dell’aggressione russa e della rovinosa reazione occidentale, raccogliere quella eredità e farsi promotrice, ma con maggiori affidamenti, di un analogo impegno da parte di tutti gli Stati: ciò che infatti è stato concepibile una volta può essere concepito e realizzato ancora.
Lo strumento che, nero su bianco, essa potrebbe proporre alla comunità internazionale è un Protocollo che estendesse il ripudio italiano della guerra a tutti i partner della comunità mondiale e ne esigesse l’impegno alla difesa dell’integrità della Terra. Tale Protocollo, da allegare al Trattato sull’Unione europea e alla Carta dell’ONU, è già pronto, formulato e proposto, come riferito dal “Fatto” del 25 agosto, dall’Istituzione italiana “Costituente Terra”, firmato da illustri costituzionalisti, da centinaia di elettori e fatto proprio da numerosi candidati di diversi partiti alle elezioni del 25 settembre. Si tratta di un’iniziativa internazionale dell’Italia che gli eletti dovrebbero promuovere nel prossimo Parlamento per una uscita definitiva dalle politiche e dalle culture di guerra, ormai incompatibili con la decisione del “first use” (primo uso) dell’arma nucleare adottata dalle maggiori Potenze atomiche e per una loro sostituzione con politiche e garanzie di solidarietà economica e sociale veramente globale. Anche il candidato Giuseppe Conte che viene non solo da una tradizione democratica e di movimento popolare ma anche dall’alta lezione etica del cardinale Silvestrini, potrebbe fare proprio questo impegno e “contagiarlo” per un’azione comune alle altre forze politiche.

(Dal Fatto Quotidiano del 6 settembre 2022)
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9d9992eb-1ecd-4e4d-bfe7-1cb609040dd3Divagazioni. Una possibile spiegazione dell’atteggiamento dei media di destra (e non solo) sulla presunta ineludibilità dell’esito elettorale in favore della destra sta in quella che gli psicologi chiamano “profezia che si auto-avvera, o che si auto-adempie”. Si tratta di “una sorta di magia fattibile da tutti e attuabile con una serie azioni che portano inevitabilmente a farla avverare”.
E’ un meccanismo che funziona nei comportamenti individuali e anche quando praticato nei gruppi e nelle collettività, che qui ci interessano particolarmente per i sondaggi preelettorali: si dà per vincente o in crescita un partito, questo fatto incoraggia alla preferenza e i voti crescono (crescerebbero) fino a poter raggiungere l’agognata vittoria della parte politica prescelta.
Si deve ammettere che questo è un comportamento comunemente praticato, ma è evidente il suo possibile successo soprattutto quando si dispone di ingenti risorse comunicative, come nel caso delle grandi organizzazioni politiche. Comunque non facciamoci catturare da questi meccanismi. Bisogna però conoscerli anche per smascherare troppi sedicenti di sinistra che in realtà non vedono l’ora di salire sul carro dei possibili e in cuor loro auspicati vincitori.
Per chi è interessato alla tematica segnalo un articolo divulgativo della psicologa Francesca Fiore su una rivista online di Scienze Psicologiche (https://www.stateofmind.it/2015/04/profezia-che-siautoavvera/).
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zuppi-sett-22Zuppi: la Chiesa sia accogliente non giudicante, comunichi l’Amore
L’Osservatore Romano del 3 settembre ospita una lunga intervista al nuovo presidente della CEI. E’ insieme uno sguardo ragionato sui rapidi e profondi cambiamenti in corso nel mondo, una lucida disamina dello stato della Chiesa italiana oggi, e anche l’indicazione di alcuni lineamenti di orientamento pastorale. Al centro del pensiero di Zuppi la necessità di una Chiesa capace di conversare con gli uomini e le donne di questo tempo
di Andrea Monda e Roberto Cetera

«La Chiesa italiana attraversa diversi e non semplici problemi ma credo anche che vanti una prerogativa importante: è una Chiesa ricca di spiritualità e di carità per i poveri. E penso che è da qui che dobbiamo ripartire». In questo esordio di una lunga chiacchierata, che in un pomeriggio di fine estate ci ha concesso il neo presidente della Conferenza episcopale italiana, c’è non solo la sintesi estrema del suo programma di lavoro ma anche i tratti principali della personalità del cardinale arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi: una decisa positività che è figlia della sua curiosità intellettuale e della speranza cristiana.
[segue su L'Osservatore romano]

Che succede?

c3dem_banner_04IL VOTO E IL LUNA PARK INFORMATIVO
27 Agosto 2022 su C3dem.
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L’INVERNO EUROPEO. IL PAPA E KIEV
27 Agosto 2022 su C3dem.

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