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I Cattolici e l’impegno in Politica – Incontro-dibattito il primo aprile 2019

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Le ragioni dell’incontro.
L’incontro ha la finalità di suscitare una riflessione a tutto tondo sull’impegno dei cattolici in Politica nel nostro tempo. Lo facciamo partecipando – anche con questa iniziativa – al grande dibattito che si sta sviluppando nel Paese, che non può essere ridotto alla proposta di riedizione di un “partito cattolico”, che peraltro non condividiamo (1). Ma qui non vogliamo parlare solo in termini generali, perché intendiamo misurarci con la nostra realtà di primo riferimento, cioè con l’impegno che caratterizza o dovrebbe caratterizzare i cattolici nella società sarda e nella città metropolitana di Cagliari. Non vogliamo soffermarci sulle diverse esperienze positive (che pur è importante tenere presenti, riconoscendone i meriti anche nell’intento di rafforzare collegamenti e sinergie), vogliamo invece riflettere sulle carenze dell’intervento dei cattolici nel tradurre i valori evangelici nell’impegno sociale, con particolare riguardo all’intervento politico, che ne è un aspetto fondamentale. In questo ambito ci chiediamo il perché le politiche sociali a tutti i livelli (ma qui prendiamo in esame quelli a noi più vicini) siano sempre meno efficaci nel perseguire i principi: eguaglianza, pace, solidarietà, partecipazione, diritto al lavoro, diritto alla salute, diritto a vivere in un ambiente salubre, diritto alla casa, diritto all’istruzione e alla formazione.
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OGGI SABATO 12 NOVEMBRE 2016

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democraziaoggiNO SARDEGNAM5S: oggi a Monserrato dibattito per il NO
Organizzato dal M5S, nella Sala multimediale – Piazza Maria Vergine di Monserrato si tiene oggi, alle 17, un’assemblea-dibattito per il NO al referendum costituzionale, con relatori Andrea Pubusa, giuspubblicista nell’Ateneo cagliaritano, e Simone Carta, consigliere M5S della Città metropolitana.
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Luigi Ferrajoli per il NOREFEREDUM COSTITUZIONALE
«TRE VOLTE NO ALLA RIFORMA RENZI-BOSCHI». INTERVISTA CON LUIGI FERRAJOLI su gli STATI GENERALI.

Sta per uscire

Libro SP Is Mirrionis caNegli anni Settanta funzionò nel quartiere di Is Mirrionis, a Cagliari, la Scuola Popolare dei lavoratori di Is Mirrionis, che ha consentito a centinaia di lavoratori del quartiere e del resto della città di acquisire una seria preparazione culturale, conseguendo – in alcuni casi – il titolo di licenza elementare e – nel maggior numero di casi – di media inferiore. Tale circostanza ha consentito a molti lavoratori migliori prospettive di lavoro e, spesso, il proseguimento di ulteriori percorsi formativi.
Questa esperienza, condotta da un gruppo di universitari e di laureati che si poneva sulla scia degli insegnamenti di don Milani, pensatore cattolico e animatore della scuola popolare di Barbiana, ha costituito un grande esempio di solidarietà sociale e di pratica di riscatto culturale dei ceti popolari che oggi sembra importante ricordare, valorizzare, riproporre nei suoi elementi fondanti di solidarietà e impegno sociale e culturale.

Novità sul crowdfunding

crowdfunding buzz loghettolampada aladin micromicro- Una nuova rivista per discutere e diffondere lo strumento del crowdfunding. Su Fomento Impresa.

Santo Stefano

santo Stefano Bomeluzo

santo Stefano BomeluzoSANTO STEFANO
Oggi è Santo Stefano. Primo martire, lapidato. Muore nel 36, non si sa il giorno, ma si ricorda oggi nella data vicina a quella della nascita di Cristo. Dal fatto che non muore in croce si deduce che l’autorità romana è in quel momento assente: infatti Pilato è finito sotto processo per gli eccessi usati per domare la rivolta del monte di Gerazim. Trascinato dalla folla fuori dal Sinedrio il giovane Stefano muore a colpi di pietra: assiste un giovane, un certo Saulo che, da persecutore dei cristiani, diventerà poi san Paolo. Stefano è nome greco, vuol dire incoronato.
Auguri a tutti gli Stefano, Stefana, Stefania.

Cagliari tra le sei città selezionate per la candidatura a Città Europea della Cultura 2019

CagliaRI CAP CULTURA 2019CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019: LA PRESELEZIONE DELLA GIURIA
Comunicato del MIBAC, pubblicato il 15 novembre 2013
La giuria europea, presieduta da Steve Green e composta da membri italiani e stranieri, scelti e concordati con la Commissione Europea, al termine delle audizioni, quale momento conclusivo della valutazione intrapresa dopo il 20 settembre 2013, data ultima di consegna dei dossier di candidatura, ha annunciato la redazione di un testo di preselezione delle città che concorreranno all’ultima fase dell’Azione comunitaria “Capitale Europea della Cultura”.
Le città sono Cagliari, Lecce, Matera, Perugia-Assisi, Ravenna e Siena.
La giuria tornerà a riunirsi nell’ultimo trimestre del 2014, per valutare i progetti modificati delle città preselezionate, sulla base delle raccomandazioni che saranno formulate dalla giuria stessa.
Roma, 15 novembre 2013
Ulteriori informazioni: www.capitalicultura.beniculturali.it
microlamapadaaladinComplimenti a tutti coloro che hanno contribuito a questo eccezionale risultato, in primis all’assessore alla Cultura Enrica Puggioni e al sindaco Massimo Zedda. Dopo un momento di meritato compiacimento: al lavoro!
(segue)

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La qualità delle istituzioni è la qualità delle persone che le costituiscono. Sono pertanto da costruire nuovi adeguati meccanismi di selezione del personale pubblico a livello politico e amministrativo.

di Franco Meloni

La qualità delle istituzioni pubbliche, intesa come capacità di soddisfare i bisogni espressi o impliciti dei cittadini, è uno dei fondamentali fattori di equilibrio e progresso della società. La qualità dipende essenzialmente dalle persone che costituiscono le diverse organizzazioni e che consentono di perseguire in modo adeguato gli obbiettivi delle loro missioni. Quanto a qualità del personale pubblico, politico e amministrativo, in Sardegna, come pure in Italia, non siamo affatto messi bene e le conseguenze negative si conoscono! In questo intervento mi occupo esclusivamente di personale politico, con qualche considerazione anche sul personale amministrativo di vertice, quello soggetto allo spoils system , che ne consente la sostituzione su basi discrezionali da parte degli amministratori, ad ogni rinnovo elettorale. Dunque, in generale il giudizio sulla qualità dell’attuale classe politica non è positivo e non da ora. Assistiamo infatti da almeno un trentennio a un suo progressivo scadimento; fenomeno che possiamo datare,  con un certa approssimazione, dalla fine degli anni 80, in coincidenza e correlazione con la crisi delle ideologie e dei partiti che ad esse si ispiravano. I partiti fino a quel tempo produttori di programmi e dotati di personale politico qualificato in grado di attuarli, ma anche capaci di catturare una certa parte delle idee formatesi al loro esterno, sono  andati  progressivamente perdendo queste capacità,  riducendosi sempre più a “macchine elettorali”, con  personale politico nominato dalle segreterie centrali (la legge porcellum costituisce al riguardo un esempio eclatante) e in prevalenza sulla base di lealtà verso i capi dei quali garantire la permanenza al potere. Il berlusconismo costituisce una chiara esemplificazione di quanto affermato, anche se non esaurisce il fenomeno nella sua totalità. Nel richiamato passato invece la selezione della classe politica avveniva, nella generalità dei casi, in modo rigoroso, con metodi abbastanza comuni a tutti i partiti quantunque portatori di diverse ideologie e rappresentanti di diversi interessi. Limitando l’esempio ai grandi partiti di massa:  la Democrazia Cristiana selezionava i propri rappresentanti attraverso l’Azione Cattolica, le Acli, la cooperazione e il sindacalismo cattolico, così come il Partito Comunista e  il Partito Socialista selezionavano fondamentalmente attraverso i sindacati, l’associazionismo e la cooperazione di sinistra. Un ruolo importante nella formazione dei dirigenti e rappresentanti nelle istituzioni lo avevano poi le scuole di partito. In generale il cursus honorum, cioè la carriera del politico, veniva costruita nel passaggio dalle istituzioni minori, via via, a quelle di livello superiore, cioè: dal ricoprire le cariche di consigliere o assessore comunale o provinciale a quelle di consigliere o assessore regionale, fino, eventualmente, agli incarichi parlamentari e di governo. Chi arrivava alle alte sfere era dunque ben rodato; poteva certo capitare qualche smagliatura, cioè che passasse una ridotta percentuale di inidonei al ruolo ricoperto. Oggi le proporzioni si sono decisamente rovesciate. Tutto questo lo paghiamo – e molto caro – rispetto alla qualità della gestione pubblica, costituendo la concausa della decadenza del paese. La descrizione fatta è  schematica e non dà conto di consistenti eccezioni, ma corrisponde sostanzialmente alla situazione attuale. A questo punto se non vogliamo cadere nel baratro dobbiamo necessariamente invertire la rotta. E come? Innanzitutto modificando le leggi elettorali, come il vituperato porcellum, che va abolito, aprendole alla partecipazione e consentendo un’effettiva scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentanti. A mio parere occorre riconsiderare positivamente i sistemi proporzionali, che consentono una maggiore rappresentanza dei cittadini e, tutto sommato,  un più alto tasso di governabilità. Al riguardo la recente legge elettorale sarda è un pessimo esempio, in quanto restringe le opportunità democratiche.

Poi occorre ripristinare la democrazia nei partiti, modificandone la forma attuale, sperimentando inedite configurazioni, che solo i giovani possono assicurare, nella misura in cui sia consentito loro di avere ruoli dirigenti negli stessi partiti, auspicando alleanze generazionali ed equilibri di genere. Quest’ultima circostanza comporta un percorso più lungo e difficile, che tuttavia è possibile praticare da subito. Una parte consistente del rinnovamento passa attraverso l’adozione di adeguati meccanismi di scelta dei rappresentanti nelle istituzioni. Al riguardo ciò che maggiormente può garantire la qualità della classe politica è la possibilità effettiva di esercitare sulla stessa il controllo popolare, in attuazione di principi di trasparenza e partecipazione e con l’utilizzo degli strumenti della democrazia digitale, opportunamente facilitati e generalizzati. Ecco perchè i candidati agli incarichi istituzionali devono essere espressi attraverso  serie consultazioni che trovano esplicitazione, non esclusiva, nelle cosidette primarie. Consultazioni aperte e pubbliche quindi per tutte le cariche e per tutti i livelli. Ma non basta: occorrono modalità precise e condivise per raccogliere le candidature e per far conoscere i programmi delle formazioni politiche, dando dimostrazione della adeguatezza dei diversi candidati a ricoprire gli incarichi pubblici. Queste azioni vanno sostenute con il concorso della spesa pubblica, e non sono in alcun modo ascrivibili allo spreco, in quanto contribuiscono ad allargare gli spazi della democrazia.

Calandomi nel concreto, con riferimento alle istituzioni del nostro territorio, regione in primis, per quanto riguarda gli alti incarichi, da assessore a dirigente soggetto allo spoils system, occorre verificare e discutere pubblicamente i curriculum dei candidati, valutando le esperienze effettuate e il loro potenziale innovativo. Che fare allora? Una proposta interessante potrebbe essere quella di prevedere obbligatoriamente (meglio se per legge o regolamento) e comunque da subito, che ciascun candidato a posto di alta responsabilità venga preventivamente sottoposto a valutazione da parte di un’apposita competente commissione, la quale discuta con il medesimo candidato la sua esperienza e con lui si confronti sull’adeguatezza delle qualità tecniche, professionali e relazionali rispetto all’incarico da ricoprire. Le sedute di tali audizioni dovrebbero essere pubbliche e rese accessibili ai cittadini attraverso la televisione e i siti internet istituzionali. Negli Stati Uniti tale procedura è prevista per gli alti incarichi conferiti dal Presidente, che diventano efficaci solo dopo il nulla osta dell’apposita commissione senatoriale. E’ un modello che ha funzionato e funziona. Il Presidente può proporre per alti incarichi pubblici chi vuole, anche suo fratello, ma lo deve sottoporre ad un severo vaglio pubblico, con le modalità accennate. Se la commissione non si convince della bontà della proposta, la stessa viene accantonata con la bocciatura del candidato. Anche l’Unione Europea utilizza una procedura analoga per la conferma dei candidati a commissario europeo. Siffatte procedure applicate, mutatis mutandis, alla casistica italiana farebbero rinunciare molti candidati nel giro di pochi minuti dal colloquio valutativo. Altri invece passerebbero a testa alta, con beneficio della res publica.

Su questi argomenti il dibattito è aperto, ma non si possono ritardare decisioni che devono far prevalere comportamenti virtuosi. Le forze politiche sarde, anche come esercizio di autonomia, si muovano per quanto sanno fare in questa direzione, assumendo le migliori pratiche in vigore nell’ambito europeo ed internazionale. Tutto ciò costituisce un terreno di confronto non secondario anche nella costruzione dei programmi elettorali sardo, italiano ed europeo, che devono contemplare le modalità di gestione virtuosa della cosa pubblica. Anche in questo caso dobbiamo superare un certo provincialismo nella ricerca del meglio, ed è pertinente il richiamo al concetto: la Sardegna e l’Europa si salvano insieme.

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FINALMENTE. Rappresentanti sardi nel parlamento europeo: iniziativa del Movimento 5 stelle

Era ora! L’appello su Aladinews.

Il senatore sardo Roberto Cotti  del Movimento 5 stelle ha presentato una proposta di legge (primo firmatario) per istituire la circoscrizione della Sardegna per l’elezione del Parlamento europeo. La proposta, che ricalca un testo approvato dal consiglio regionale del giugno 2009, punta «a sanare la grave discriminazione di rappresentanza istituzionale dei sardi», assegnando alla Sardegna «l’effettiva rappresentanza di cui avrebbe diritto in base al criterio demografico, prevedendo innanzitutto la disarticolazione dell’attuale circoscrizione elettorale dell’Italia insulare, formata da Sicilia e Sardegna, in due circoscrizioni autonome»

La Sardegna e l’Europa si salvano insieme

Si ripropone con urgenza la modifica della legge elettorale per consentire ai sardi di eleggere propri rappresentanti nel parlamento europeo

di Franco Meloni

La scadenza delle elezioni politiche tedesche del prossimo settembre è dai più considerata come vero e proprio spartiacque rispetto ai destini dell’unione europea. I nuovi equilibri politici della Germania, attuale stato guida europeo, determineranno in sostanza quale di due opposte strade si dovrà percorrere, basate: la prima sull’ipotesi di un processo di maggiore integrazione politica fino alla costituzione di una nuova entità statuaria (Confederazione, Federazione?); la seconda sulla presa d’atto dell’attuale crisi con la probabile costituzione di almeno due gruppi di paesi selezionati per omogenei gradi di integrazione, che darebbero origine a due “aree euro”. Tutti iscritti entro una labile cornice che di Europa avrebbe soltanto il nome. In questo caso si tornerebbe clamorosamente indietro tutta! Ovviamente questa è una rappresentazione schematica che non da conto di possibili sfumature di scenari, che potranno essere prossimi alla prima piuttosto che alla seconda ipotesi. Gli altri paesi che fanno? Beh, a di là delle dichiarazioni (per rimanere alla Francia e all’Italia: svolta, a parole, verso gli stati uniti d’Europa di Hollande e rituale giuramento europeista di Letta, nonostante Berlusconi) più o meno si aspetta tutti la scadenza tedesca. Nelle ipotesi prospettate io sto sulla prima, nella consapevolezza che tutto potrà accadere. Non c’è certo da stare allegri: sempre meno peraltro ci si può fidare dei governi. Speriamo che infine prevalga la saggezza degli elettori. Cosa anch’essa abbastanza problematica. Ma, fatta questa premessa e soprattutto fatta, nonostante tutto,  la scelta più autenticamente europeista, dobbiamo chiederci dal nostro punto di vista di sardi: che fare, oggi, nella prospettiva di breve, medio e lungo periodo?   Ebbene, per quanto mi riguarda esplicito e propongo una risposta, che spero convincente, nel seguente modo: dobbiamo impegnarci a costruire una Sardegna indipendente e sovrana, radicata nell’appartenenza europea, di un’Europa che evidentemente vogliamo diversa, per missione e contenuti (l’Europa dei popoli) e per gli aspetti istituzionali, attraverso la realizzazione degli “stati uniti d’Europa”, con un modello originale che faccia tesoro delle migliori esperienze storicamente attuate e/o in atto. Quest’Europa e questa Sardegna, nella visione delineata – che richiede studio, negoziazioni, sperimentazioni, correzioni in itinere, etc. e soprattutto partecipazione dei cittadini europei (per quanto ci riguarda sardo-europei) e dunque, appunto per queste ragioni, impegno di lunga lena – vanno costruite da subito. Con questo faro d’orientamento, con questa certezza di prospettiva (di medio e lungo periodo), partiamo pure dal contingente. E il contingente è costituito in primo luogo dalle due scadenze elettorali, quasi contemporanee, quella sarda (elezione del consiglio regionale e del presidente della regione), presumibilmente nel febbraio 2014 e quella europea (elezione del parlamento europeo e, forse, designazione del commissario europeo) sicuramente nel maggio 2014. Dobbiamo nel dibattito per la costruzione dei programmi e per la designazione dei candidati intrecciare fortemente queste due tematiche, che sintetizziamo nello slogan: Sardegna e Europa si salvano insieme. Dico a tutti noi e soprattutto alla sinistra e al mondo indipendentista che non è consentito avere sull’Europa “riserve mentali”, cioè dobbiamo dichiararci ed essere profondamente europeisti (e agire di conseguenza), in questo riallacciandoci al miglior pensiero federalista dei pensatori universali e, tra questi, particolarmente dei pensatori sardi e, se vogliamo come io propongo, riferendoci esplicitamente al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, più che mai attuale nella visione europeista. Voglio rimarcare che proprio nell’attuale situazione di incertezza e di diffusa sfiducia verso la concreta realizzazione dell’unione europea è necessario avere e proporre una prospettiva certa. Considerato che tale situazione di sfiducia non riguarda il concetto di Europa e neppure la necessità di integrazione europea, ma piuttosto la sua deludente realizzazione storica. Mi chiedo infatti, con un esempio riduttivo ma significativo: come potrebbero non essere europeisti i giovani sardi che hanno fatto l’Erasmus, che si sentono cittadini sardi ed europei, che vedono nella virtuosa costruzione dell’Europa il superamento dell’assurdo impasse in cui si è cacciata l’Italia soprattutto (ma non solo) nell’orrendo ventennio berlusconiano. Analoghe considerazioni, mutatis mutandis,  possono essere fatte con riferimento alla crisi dell’autonomismo e all’attuale condizione della Sardegna, che i giovani sardi (e non solo) vogliono diversa. Dobbiamo approfondire. Tuttavia in questo quadro azzardo un pensiero (forse illusorio): possiamo ritrovare un senso del nostro essere sardi ed europei in un rinnovato coerente impegno nella direzione indicata? E, con una buona dose di “ottimismo della volontà”, in certa parte tale impegno può fare da contraltare alle ragioni del “pessimismo della ragione”, spietatamente presenti nel primo intervento di Salvatore Cubeddu? Tornando al contingente, è evidente che in tema di elezioni europee non possiamo non batterci per la modifica dell’attuale legge elettorale (italiana) per l’elezione del parlamento europeo che penalizza la Sardegna, al fine di consentire l’elezione di almeno due parlamentari nell’unico collegio sardo. L’altro aspetto contingente -ma meglio sarebbe dire di breve e medio termine – è la programmazione dei consistenti fondi europei del periodo 2014-2020, che per i meccanismi di spendita si protrarrà al 2023 (proprio la data che indicava Nicolò Migheli come orizzonte temporale per il nostro impegno programmatico). Al riguardo occorre rimuovere l’attuale monopolio decisionale che nella crisi della rappresentanza politica di fatto esercitano burocrati, assessori di turno e altri “addetti ai lavori” per consegnare la competenza a una nuova classe politica (rappresentata in primis dal Consiglio regionale e dai nostri rappresentanti a Bruxelles).  Ad essa spetta coinvolgere i sardi, nella misura maggiore possibile (e a questo fine anche noi siamo impegnati), unendo e finalizzando la materialità dei finanziamenti europei, governativi e di bilancio alle cose da fare su tutte le tematiche note (già elencate da Nicolò): la lingua, i beni culturali, le entrate, l’istruzione, le servitù militari, il sistema carcerario, l’agricoltura, i trasporti, il welfare… Per fare questo non fidiamoci dei partiti, senza peraltro demonizzarne nessuno, ma lavoriamo per creare molte occasioni di dibattito e di tavoli di lavoro, con tutti i mezzi disponibili (quelli tradizionali, fatti di assemblee e incontri, e quelli che ci forniscono le tecnologie dell’informazione e della comunicazione). Un po’ come stiamo già facendo, anche con i nostri blog, ma con maggiore spirito unitario e coinvolgimento di persone e organizzazioni e, ancora, con maggiore impegno per fare a scadenze programmate sintesi e rilancio di proposte condivise e  concretamente attuabili, dandoci pertanto per ciascuna delle grandi tematiche obbiettivi chiari e misurabili, entro il quadro di riferimento temporale al 2023. Solo pochi esempi: “Di quanto riteniamo essere in grado di ridurre la dispersione scolastica? Di quanto ci riteniamo capaci di incrementare l’occupazione e ridurre la disoccupazione? Di quanto riteniamo possibile ridurre il gap infrastrutturale tra la Sardegna e le regioni europee più dotate? E così via. Per tutte queste questioni si tratta ovviamente di partire dalla situazione odierna e dallo “stato dell’arte”, tenendo prioritariamente in conto le “emergenze”, quali quelle ben segnalate dall’intervento di Vito Biolchini. Evidentemente anche per contribuire a cambiare impostazioni e ricercare diverse soluzioni, attraverso piani e programmi costruiti con l’ausilio dei migliori esperti e con la più diffusa partecipazione e ricerca del consenso delle popolazioni interessate.

Non vado oltre su queste ed altre questioni, che saranno oggetto di prossimi interventi anche con opportune ricognizioni di dibattiti avviati in altre sedi.

Mi piace invece chiudere con una sintetica considerazione sul problema dei problemi, cioè sulla classe dirigente (non solo politica, ma in tutti i settori e livelli della società): dentro una virtuosa alleanza generazionale, che riconosca il diritto dei giovani di essere protagonisti e decisivi nei posti di comando, occorre individuare e far emergere le persone dotate di idee ed energie nuove (che senz’altro ci sono in Sardegna in tutti i campi e che sono spesso sconosciute, come ben rilevato nell’intervento di Fabrizio Palazzari) per affidare loro i destini della nostra Isola, sostituendo le persone obsolete e inadeguate, perché come sosteneva Albert Einstein: Non si può risolvere un problema con lo stesso modo di pensare che ha creato il problema!

Franco Meloni

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Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnate nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.

Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :

aladinews

vitobiolchiniblog

Fondazione Sardinia

Tramas de amistade

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Il primo intervento di Salvatore Cubeddu

Il secondo intervento di Fabrizio Palazzari

Il terzo intervento di Nicolò Migheli

Il quarto intervento di Vito Biolchini

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Il lavoro degno

di Gianni Loy *

Proprio alla vigilia del primo maggio. Del giorno della festa dei lavoratori! Una giornata che, del resto, ricorda tragedie. Ai lavoratori ed alle lavoratrici morti nei secoli se ne sono aggiunte altre centinaia, oltre 600, in Bangladesh. Non per un incidente, ma per una tragedia annunciata. Perché produrre camicette in Bangladesh, al prezzo di 1,5 centesimi l’una, per poter poi essere rivendute a qualche decina di euri ciascuna, suppone un rischio certo. Rimane solo da sapere dove accadrà e quanti operai, uomini, donne e bambini, moriranno la prossima volta. Purché si tratti morti plurime, perché quelle individuali, quelle che non assumono connotati di tragedia, non interessano ai media.

Alcuni marchi prestigiosi, ora, si dissociano. La Walt Disney ha già annunciato che lascerà il Bangladesh, altre la seguiranno. Eppure molte fabbriche son finite in quell’inferno solo perché in Cina i prezzi cominciavano a lievitare, e la legge dell’economia, quella che tanto veneriamo, è impietosa ed inflessibile.

Eppure è questa la concorrenza. E’ questo l’ordine internazionale invocato dai soloni dell’economia. Ma cosa crediamo che sia, il martellante invito ad una maggior flessibilità, alla riduzione del costo del lavoro, al superamento dei “lacci e lacciuoli” che continuamente viene proposto anche qui da noi? Ma in cosa consiste quella parola d’ordine della “competitività”, quella divinità pagana che viene riproposta in tutte le salse? A che prezzo dovremmo “competere” con le economie in grado di produrre beni a costi ridicoli? Vivere con 38 euri al mese (ma il salario minimo, in Bangladesh, è addirittura di 29 euri al mese) significa schiavitù, ha commentato proprio il primo maggio Papa Francesco. Con tutta l’ipocrisia di molte imprese di grido che affermano la propria responsabilità sociale, che sbandierano ai quattro venti pretese indagini preventive per assicurarsi del rispetto dei diritti dei lavoratori e delle loro condizioni di lavoro, che ostentano “codici di condotta” qualche volta improbabili. Ma che bisogno c’è di tante indagini per capire che a prezzi tanto bassi il rispetto delle condizioni di lavoro è semplicemente impossibile?

Ed infatti, neppure ci provano se è vero (fonte: Human Right watch)  che nella capitale del Bangladesh il controllo di 100mila fabbriche è affidato a soli 18 ispettori ! Papa Francesco, nell’omelia del primo maggio, ha anche ricordato che dobbiamo seguire la strada che deve condurci al riconoscimento della dignità del lavoro.

Ma la dignità del lavoro non è la nostra personale convenienza, di noi che magari auspichiamo l’apertura ininterrotta dei luoghi di culto del consumo, le città mercato, anche in occasione delle festività più impossibili, senza pensare che ciò significa lavoro imposto ad altre persone proprio al prezzo di sottrazione di dignità. La dignità del lavoro è un bene collettivo che si conquista nel prendere coscienza che la dignità è di tutti o non è! Nel sottosviluppo, in quella condizione tragica che sembra tanto lontana da noi tutte le volte che siamo costretti a commentare tragedie di questo tipo, non si cade all’improvviso. Piuttosto si scivola, a poco a poco, senza neppure rendersene conto, tutte le volte che si scende a compromessi, credendo che un po’ di precariato, di flessibilità, poi magari una piccola riduzione di un salario già insufficiente, come consentito o auspicato in sede di contrattazione collettiva, o una riduzione dei propri diritti, una maggior facilità del licenziamento incolpevole…, possano davvero aiutarci ad uscire da questa crisi.

Il lavoro o è degno, o non è lavoro. Quell’altro, ha proprio ragione Papa Francesco, è schiavitù.

* Intervento pubblicato anche su “Il Portico”

Gianni Loy

Sa die de sa Sardigna 2013. Sas chimbe preguntas, a nois.

Sa die de sa Sardigna 2013. Sas chimbe preguntas, a nois. Sabato 27 con inizio dalle ore 10 a Palazzo vice regio. Puoi partecipare senza formalità di iscrizione, ma se vuoi segnala la tua partecipazione attraverso la pagina fb. Ti aspettiamo per discutere di sardi e Sardegna!
Le relazioni introduttive verranno pubblicate già dai prossimi giorni, sui siti della Fondazione Sardinia, aladinews (aladinpensiero) e vitobiolchini.

Gli OCCHIALI di PIERO

A TUTTI GLI INTERESSATI
Mi assento fino a venerdì. Venerdì alle 18 potremmo vederci al Municipio di Oristano
per Sa Die de sa Sardigna. Sarò là con Salvatore Cubeddu. Racconterò del 28 aprile 1794. Sabato 27 dalle ore 10 a Cagliari Palazzo viceregio festeggeremo Sa Die ponendoci le 5 domande, quelle del 1794 e quelle di oggi. Per maggiori informazioni vedete nei siti della Fondazione Sardinia, di Vito Biolchini e di Aladinews (Aladinpensiero).
Siate felici intanto, io lo sarò.
Piero Marcialis

L’evento su fb: iscrivetevi!

Comunicare la ricerca con la rete


La Rete Alta Tecnologia dell’Emilia-Romagna (Aster) in collaborazione con il CNR, Filandolarete e Cribis D&B ha ideato e organizzato Turboblogging. Attraverso una giuria sono stati selezionati 40 blogger tra studenti, laureati e ricercatori con la passione per la comunicazione e i new media, ai quali l’11 Aprile è stato chiesto di raccontare la ricerca industriale e l’innovazione. Tra i partecipanti anche  Alessandro Ligas, blogger cagliaritano (Ttecnologico) nonchè redattore di Aladinews. Pubblichiamo il suo contributo.

@Turboblogging
La ricerca è la costruzione di una rete di “conoscenze” – In volo verso il futuro

di Alessandro Ligas

Ci vuole la lampada di Aladin!