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Terza missione dell’università. Un modo “nuovo” di chiamare cose “vecchie”?

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di Michela Loi
La terza missione dell’università è un tema fortemente dibattuto non solo nella pratica, ma anche in ambito di ricerca. Alcuni autori spiegano il crescente interesse verso l’argomento da parte dei ricercatori, con il fatto che la terza missione sia uno dei più importanti input che ha alimentato rilevanti processi di cambiamento all’interno delle università. Analizzare tali processi diventa pertanto intrigante per tutte le implicazioni di natura teorica derivanti dall’osservazione del fenomeno.

Riassumendo il dibattito senza pretesa di esaustività (infatti in letteratura si dice che questo sia un compito erculeo), emerge con chiarezza la necessità di dividere tutte le azioni connesse alla terza missione in due macro attività: impegno accademico per attività esterne (chiamato in letteratura academic engagement) e attività di commercializzazione. Perchè diventa importante fare questa distinzione? Qual è la conseguenza di tale distinzione? Cerchiamo di inquadrare le risposte a entrambe le questioni.

Le attività di commercializzazione includono attività come la creazione di spin-off e lo sviluppo di brevetti. Invece, quello che recentemente [Nota 1] è stato definito come academic engagement prende in considerazione collaborazioni di ricerca, contratti, consulenze e attività informali come offrire pareri esperti etc. Una interessante indagine condotta in Piemonte da alcuni ricercatori italiani [Nota 2], ha permesso di evidenziare che se si prende in considerazione non solo la parte delle attività istituzionalizzate di knowledge transfer (spin-off, brevetti, quelle per cui le interazioni sono mediate da apposite strutture universitarie), ma anche la parte derivante dalle collaborazioni dirette ricercatore-impresa, la performance di “attivismo” migliora del 50%. Le ultime sono scelte dalle piccole imprese impegnate in attività di innovazione tecnologica, le altre invece sono adottate da grandi imprese che investono su ricerca e sviluppo in modo sistematico. Se si esaminano gli antecedenti e le conseguenze di tali comportanti, emerge che le due macro attività soggiacciono su processi quasi antitetici, per la cui analisi è necessario condurre ulteriori ricerche e la cui disamina non è il focus di questo intervento.

Focalizzare l’attenzione sulle due tipologie di impegno rende più chiaro perchè in letteratura alcuni autori, sempre italiani [Nota 3], dicono che sia un errore parlare di terza missione come di una rivoluzione invisibile dentro le università, di cui ha trattato il padre del modello della tripla elica (Etzkowitz and Leydesdorff, 2000). Una ragione è che le relazioni informali tra ricercatore-università hanno una storia molto lunga; un’altra ragione è che se ci fosse questa rivoluzione ne sarebbero tutti coinvolti e questo è ben lungi dall’essere così. Ciò che è invece accaduto, dicono gli autori, e sta accadendo è il processo di istituzionalizzazione della relazione diretta università-industria. Questo richiama l’attenzione di molti studiosi che analizzano tali processi da differenti prospettive e attrae interessi multidisciplinari, che analizzano aspetti macro e micro. Diventa estremamente interessante indagare, per esempio, la cultura organizzativa dei sistemi universitari e la gestione delle attività di knowledge transfer.

La conseguenza più marcata è che si arricchisce la definizione di Terza Missione che non coincide tout-court con l’imprenditorialità accademica (anche se questo ha attirato maggiormente l’attenzione degli studiosi, le critiche e le resistenze interne). Recentemente alcuni autori [Nota 4], stavolta non italiani, ma del nord Europa, hanno definito la terza missione come tutte quelle attività che hanno un obiettivo sociale, innovativo e imprenditoriale che vengono condotte insieme alle attività più tradizionali dell’università che sono ricerca e didattica. L’altra conseguenza è che questo allarga il bacino di attività possibili, dalle quali nessuno è escluso. Un esempio è la formazione continua o la divulgazione scientifica o ancora i dibattiti pubblici. Un aspetto interessante è che questa è la prospettiva richiamata dall’Anvur nel suo rapporto sulla Terza Missione dell’Università [Nota 5].

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[Nota 1] Perkmann, M., Tartari, V., McKelvey, M., Autio, E., Broström, A., D’Este, Fini, R.,… & Sobrero, M. (2013). Academic engagement and commercialisation: A review of the literature on university–industry relations. Research Policy, 42, 423-442.
[Nota 2] Bodas Freitas, I. M., Geuna, A., & Rossi, F. (2013). Finding the right partners: Institutional and personal modes of governance of university–industry interactions. Research Policy, 42, 50-62.
[Nota 3] Geuna, A., & Muscio, A. (2009). The governance of university knowledge transfer: A critical review of the literature. Minerva, 47(1), 93-114.
[Nota 4] Zomer, A., & Benneworth, P. (2011). The Rise of the University’s Third Mission. In Reform of Higher Education in Europe (pp. 81-101). Sense Publishers.
[Nota 5] Relazione Anvur
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