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Regione. Che succede a Palazzo?

cuoca1 Le cuoche di Lenin e le commesse di Solinas
di Raffaele Deidda

Al padre della rivoluzione russa Vladimir Ilic Uianov, noto con lo pseudonimo di Lenin, si attribuisce comunemente l’affermazione secondo la quale anche una cuoca potrebbe assurgere alle più alte cariche pubbliche. Nel senso che chiunque viva in uno stato di uguali può essere posto nelle condizioni di accedere ad un percorso di conoscenza, con conseguente preparazione ed esperienza, che lo renda potenzialmente capace di svolgere le più importanti funzioni pubbliche.
lenin
Nell’articolo ”I bolscevichi conserveranno il potere statale?”, pubblicato nell’ottobre del 1917, poche settimane prima della rivoluzione, però Lenin scrisse: “Non siamo degli utopisti. Sappiamo che una cuoca o un manovale qualunque non sono in grado di partecipare subito all’amministrazione dello Stato. Esigiamo però la rottura immediata con il pregiudizio che solo dei funzionari ricchi o provenienti da famiglia ricca possano governare lo Stato, adempiere il lavoro corrente, giornaliero di amministrazione. Noi esigiamo che gli operai e i soldati coscienti facciano il tirocinio nell’amministrazione dello Stato e che questo studio sia iniziato subito o, in altre parole, che si cominci subito a far partecipare tutti i lavoratori, tutti i poveri a tale tirocinio”.
Non risulta, però, che le cuoche russe siano mai uscite dalle cucine del Cremlino.
Non risultano neppure contributi di rilievo nella gestione della cosa pubblica da parte dei cuochi, delle cuoche, delle guardarobiere, delle igieniste dentali e dei camerieri portati da Silvio Berlusconi al Parlamento e nei Consigli Regionali quando il Cavaliere era il dominus dello scenario politico italiano. Sarà che a questi non sono stati fatti frequentare i corsi di alta formazione che Lenin aveva previsto per le cuoche? Fatta eccezione, forse, per quello breve di apparizione nei media, dov’era sufficiente scuotere la testa in segno di dissenso quando qualcuno parlava male del signore di Arcore.
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