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Che succede?

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Le giovani promesse del bene comune
di Enzo Bianchi
in “la Repubblica” del 25 novembre 2019
Si tratta di ripensare una nuova resistenza (…) In questo senso, l’indignazione delle coscienze contro il contagio dell’odio, che si manifesta in questi giorni nelle piazze del nostro Paese dove i giovani sono stipati come sardine, se avrà la capacità di essere voce non solo “contro” ma anche “per un orizzonte sociale nuovo”, e dunque saprà approdare alla “politica”, può suscitare speranza. Questo lavoro di ricostituzione e riappropriazione dell’orizzonte del bene comune sarà lungo, richiederà fatica e resistenza; ma le nuove generazioni possono esserne protagoniste efficaci.

Tutti denunciano il crescere nel nostro Paese di frustrazioni, disillusioni mescolate a rabbie e rancori. La nostra convivenza è grama per le troppe situazioni di precarietà, di esclusione, di concreta e ingiusta povertà, sofferta in particolare dalle fasce più deboli della popolazione. I desideri di mutamento della situazione sembrano non trovare vie di realizzazione, accrescendo così il senso d’impotenza di molti cittadini di fronte ai mali denunciati: illegalità, corruzione, inconcludenza dei politici… È sempre più faticoso trovare convergenze e visioni condivise dell’avvenire sociale, mentre viene progressivamente a mancare la fiducia negli altri e la speranza nell’edificazione di una convivenza bella e buona. La crisi della politica è innanzitutto una crisi di fiducia verso quelli che hanno l’incarico di vigilare sul bene comune e sull’interesse generale: ambizioni personali smisurate, manovre, calcoli elettorali, promesse non mantenute, lontananza dalla vita reale dei cittadini, carenza di visioni a lungo termine, comportamenti demagogici e populisti sono diventati insopportabili.
Il comportamento di alcuni, troppi, getta discredito sull’insieme dei politici e impedisce di vedere il comportamento virtuoso di chi vive la politica come servizio. Ma la società non può fare a meno della politica, la quale è l’affermazione di un “noi, insieme” che trascende i particolarismi, gli interessi individuali e definisce le condizioni di una vita condivisa.
Per questo si tratta di ripensare il “contratto sociale” e di definirlo in termini nuovi, che affermino il primato del bene comune e sappiano ispirare il comportamento nel vivere insieme e nell’abitare il pianeta.
Contratto sociale nel quale siano inscritte non solo libertà e uguaglianza, ma anche fraternità, senza la quale le altre necessarie urgenze sociali restano fragili.
Si tratta di ripensare una nuova resistenza a questa dominante che attraversa l’Europa e che si nutre di affermazione dell’io individuale e di esclusione dell’altro, di chi è debole, e dell’erigere a presidio identità contro gli altri. In questo senso, l’indignazione delle coscienze contro il contagio dell’odio, che si manifesta in questi giorni nelle piazze del nostro Paese dove i giovani sono stipati come sardine, se avrà la capacità di essere voce non solo “contro” ma anche “per un orizzonte sociale nuovo”, e dunque saprà approdare alla “politica”, può suscitare speranza.
Questo lavoro di ricostituzione e riappropriazione dell’orizzonte del bene comune sarà lungo, richiederà fatica e resistenza; ma le nuove generazioni possono esserne protagoniste efficaci.
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