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Al governo: politici o tecnici? Una riflessione al lume della lampada di aladin

lampadadialadmicromicroape innovativadi Franco Meloni
Governano i politici non i tecnici. Ovviamente devono essere buoni politici, di cui abbiamo bisogno come del pane. E purtroppo, specie negli ultimi tempi i meccanismi di selezione della classe politica hanno funzionato alla rovescia, privilegiando improvvisati, affaristi e via dicendo (la mamma del mio amico Piero Marcialis alla notizia che una persona mediocre si fosse impegnato in politica ne uscì con una frase colorita, che rende bene: eh itté? Immoi ogna culu e cani sinci ghettada in politica?). Sull’argomento ho scritto su Aladin. Scusate se mi cito: http://www.aladinpensiero.it/?p=13434. Il problema è allora: quali sono le caratteristiche di un buon politico?* - segue -

I migliori auguri di buon lavoro a Mauro Meli, perchè faccia volare alto il Teatro Lirico per Cagliari e per la Sardegna

Mauro Meli fotoNon partecipiamo a nessun dibattito sull’iter travagliato che ha portato alla nomina di Mauro Meli a Sovrintendente del Teatro Lirico di Cagliari. Partiamo invece dalla conclusione e dal nuovo inizio. Sappiamo che il maestro Meli possiede la capacità e l’esperienza per guidare al meglio il Teatro Lirico, che è una delle più importanti e prestigiose istituzioni culturali della Sardegna. Vedremo se sarà capace di far svolgere al Teatro le sue funzioni peculiari (istituzionali) e insieme farne un traino dell’economia della città e della regione. Come peraltro lui dice in una bella intervista rilasciata nel novembre 2003 a Cristina Aresu per Unicanews, proprio mentre Meli lasciava Cagliari per assumere la direzione artistica del Teatro alla Scala di Milano. Riproponiamo quell’intervista, per quanto dice Mauro Meli, tuttora di grande validità, assumendola come parte di una giusta linea programmatica per il Teatro e oltre il Teatro, e… ne approfittiamo per ricordare una bellissima stagione di fecondo impegno dell’Università sul territorio, che si è espressa anche attraverso i master Coinfo di comunicazione pubblica, che successivamente gestioni grigie e burocratiche dell’Ateneo non hanno saputo promuovere e riprodurre in nuove esperienze. Nel confronto tra Meli e i masterini di allora ci furono domande anche più insidiose di quelle riportate da Cristina, a cui Meli non si sottrasse. Una la ricordo chiaramente e si riferiva alle spese importanti che il Teatro a guida di Meli aveva sostenuto, cosa che gli comportava pesanti critiche e contestazioni in città e oltre. Meli difese il suo operato e le ingenti spese, sostenendo che la valutazione non andava fatta solo sui conti aziendali (il bilancio entrate/spese della Fondazione Teatro Lirico, in deficit, come peraltro tutte le grandi istituzioni liriche-concertistiche del mondo) ma soprattutto in termini di costi/benefici per la città e per la regione. Citò al riguardo la risonanza all’estero delle iniziative del Teatro cagliaritano, menzionando ad esempio il Giappone, cosa che aveva portato presenze giapponesi in città per assistere a concerti diretti dai più grandi direttori del mondo. Questo bilancio noi del master lo facemmo per grandi linee, guidati dallo stesso maestro Meli, evidentemente interessato, e come primo acchito lo riscontrammo veramente vantaggioso. Ma di più non approfondimmo. Ora è giunto il momento di riprendere il discorso… In ogni caso e per concludere, per ora: le aspettative dei sardi, in modo particolare dei cagliaritani (io tra essi), ma anche di tanti altri (italiani e stranieri) sono molte ed è pertanto gravoso, impegnativo e sfidante per Mauro Meli non deluderle. Per questo in tutta sincerità: buon lavoro Sovrintendente Meli! (Franco Meloni, direttore Aladinews)
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Mauro Meli su Godot news
La comunicazione nel mondo del teatro
Parla Mauro Meli, testimonial al master del Coinfo e neo direttore della Scala

di Cristina Aresu

Mauro Meli, da Sovrintendente della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari a capo della direzione artistica del Teatro alla Scala di Milano. Fresco di nomina, Meli ha incontrato gli allievi del secondo master Coinfo in comunicazione pubblica. Ne è emerso un confronto proficuo tra un professionista della comunicazione artistica e professionisti, in erba e non, della comunicazione negli atenei italiani.
Maestro Meli, come si comunica nel teatro?
Innanzitutto il rapporto tra teatro e comunicazione va visto sotto due prospettive. Il teatro è infatti una istituzione che ha bisogno di comunicare all’esterno ciò che fa ed è esso stesso uno straordinario strumento di comunicazione. Le strategie di comunicazione della nostra Fondazione, che è uno dei dodici teatri d’opera statali, non può prescindere dalla nostra natura di ente ad elevato interesse artistico che ha, tra le sue funzioni, quella di diffondere la cultura musicale, operistica e sinfonica presso la cittadinanza e che per farlo amministra denaro pubblico. Questa funzione implica problematiche della comunicazione, co- sì come quelle di diffondere l’istruzione musicale e di organizzare spettacoli: infatti le nostre iniziative, dal Festival d’estate al progetto Centoscuole, sono anche un’azione di comunicazione.
Quale sovrintendente della Scala di Milano, quali azioni e strategie di comunicazione ritiene indispensabili?
Bisognerà affrontare alcune criticità. Un primo problema è quello di rinnovare l’immagine di un teatro che, un po’ come la Ferrari, porta con sé il destino di vincere. Se il teatro è storicamente cartina di torna- sole dello stato di salute di una comunità organizzata, sia essa la polis dell’antica Grecia o lo Stato dell’Ottocento, occorre ripristinare una correlazione positiva in tal senso. Questo introduce anche il secondo problema, che è proprio quello di ricostruire il rapporto tra la Scala e Milano, perché da anni assi- stiamo ad una disaffezione dei milanesi verso un teatro che non sentono pienamente loro. Questo problema si può affrontare mettendo insieme iniziative diversificate, che coinvolgano i vari strati della cittadinanza, comprese le scuole, e soprattutto approntando un’adeguata comunicazione delle stesse. Terzo problema è che alla Scala devono tornare a dirigere i grandi direttori. Non è solo un fatto tecnico. Si tratta di artisti: bisogna “coccolarli”, offrendo strutture e servizi di accoglienza di qualità. In definitiva, occorre sviluppare la capacità di navigare su standard qualitativi molto alti, perché solo questo può diventare una forza e assicurare un’immagine positiva alla stessa città.
Il teatro può dunque cambiare il volto della città: come?
Certamente, e il caso di Ferrara è esemplare da questo punto di vista: a partire da un semplice festival (Ferrara musica), grazie ad progetto ambizioso il volto della città si è trasformato e “Ferrara città d’arte e di cultura” è oggi uno slogan che ben sintetizza una operazione di marketing territoriale di grande successo. In senso ampio, il teatro è oggi un importantissimo strumento di marketing territoriale in quanto agisce da traino per lo sviluppo economico. Perché la notizia e le recensioni degli spettacoli che offre finiscono nelle pagine dei quotidiani e dei periodici, nazionali ed internazionali, e questo significa pubblicità non solo per il Teatro, ma per tutto il territorio che vede incrementata la sua capacità di attrarre media e risorse per il suo sostentamento.
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Tratto da UnicaNews del mese di novembre 2003 (Anno IV, n. 19)
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Il curriculum di Mauro Meli, sul suo sito web
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La foto nel secondo riquadro riproduce la copertina di Godot news, rivista di spettacolo e cultura, non più pubblicata, allora diretta da Vito Biolchini. L’immagine è tratta dal citato numero di Unicanews, diretto da Mario Frongia.

… la speranza di un futuro dei sardi “liberos, rispettados e uguales”

kandiscky mogolfieraPiero Marcialis fotoOK, PARLO DELLE ELEZIONI REGIONALI

MI DISPIACEREBBE
- se la sinistra non vincesse
- se dentro la coalizione di sinistra non avessero buoni risultati quelli che rappresentano l’area sardista sovranista indipendentista
- se tra questi non avesse ottimi risultati il Partito dei Rossomori
- se Michela Murgia non avesse un significativo risultato

MI PIACEREBBE
un risultato complessivo che facesse emergere la speranza di un futuro dei sardi “liberos, rispettados e uguales”.
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GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413EDGAR ALLAN POE
A Boston il 19 gennaio 1809, da una coppia di attori (Elizabeth e David Poe), nasce Edgar Poe, che aggiungerà Allan al cognome perchè, persi i genitori a due anni, fu adottato dal ricco commerciante John Allan, che lo fece studiare in Inghilterra.
Dai genitori ereditò intelligenza e memoria straordinarie con analogo temperamento nervoso ed eccitabile. In soli 40 anni di vita è stato capace di divenire uno dei nomi più notevoli della letteratura mondiale.
Morì a Baltimora il 7 ottobre 1849 (vedi Aladin pensiero, 7 ottobre 2013).
All that we see or seem
is but a dream within a dream.
Tutto ciò che vediamo o sembriamo
non è che un sogno dentro un altro sogno.

Proudhon-childrenPIERRE-JOSEPH PROUDHON
Il 19 gennaio 1865, alle due di notte, muore Proudhon. Alla domanda “che cos’è la proprietà?” rispose “la proprietà è un furto”, meno lapidariamente che la proprietà è un privilegio che viola il principio di eguaglianza che sta alla base della democrazia. Pubblica l’opera con questo titolo nel 1840 e, pur non contenendo affermazioni assolutamente originali – altri autori, dai tempi di Pascal, fino a Rousseau e oltre, hanno espresso di tali concetti -, ha subito un successo straordinario.
Proudhon era nato a Besançon il 15 gennaio 1809, figlio di un artigiano e di una contadina: “sono nobile! i miei antenati paterni e materni furono tutti lavoratori liberi… celebri per la loro audacia nel resistere alle pretese dei signori”.
Personaggio contradditorio, disse di sè stesso: “d’avere un qualche talento, ma un talento incompleto, sconnesso, ineguale, pieno di soluzioni, di negligenze, di intemperanze… ma sono stato, credo, un uomo onesto”.
Primo intellettuale a definirsi anarchico, ma anche padre del socialismo francese, antesignano dell’astensionismo elettorale, partecipò nel ’48 ai moti rivoluzionari, ricavò tre anni di carcere dall’aver contrastato nel ’49 Luigi Napoleone: “un infame avventuriero, eletto da un’illusione popolare per presiedere ai destini della Repubblica, osa chiederci la tirannide”, ma esitò di fronte all’ascesa di Luigi Napoleone, complice l’apatia popolare.
Il suo nome ogni tanto ritorna alla ribalta: tra i comunardi del 1871, e nel ’900 nel contrasto tra Jugoslavia e Russia, e nell’epoca di Craxi, che lo preferiva a Marx, riconoscendo come Ghino di Tacco (noto ladrone di strada) la fondatezza della tesi che il furto è alla base della ricchezza.
- nel riquadro Pierre Joseph Proudhon e i suoi figli. Dipinto di Gustave Courbet, 1865.
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CHI PAGA LA BONIFICA?
Figuratevi se non sono d’accordo per i lavori di bonifica di territori inquinati in Sardegna da industrie e insediamenti militari… ma si fa a spese di chi?
Saggezza antica vuole che chi rompe paga e chi sporca pulisca. No?
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NADIA GALLICO SPANO
Una delle 21 donne della Costituente, il 19 gennaio 2006 muore a Roma.
Nadia Gallico nasce a Tunisi, figlia di emigrati, il 2 giugno 1916, aggiunge il cognome Spano nel 1939, quando sposa Velio, dirigente comunista sardo, inviato dal partito a Tunisi per animare la resistenza degli emigrati italiani.
Da comunista oltre che costituente, fu parlamentare e presidente dell’Unione donne sarde fino al 1958. L’abbiamo ricordata anche il 2 giugno 2013 (vedi Aladin pensiero), anniversario della nascita.

Voliamo alto

Aladinpensiero e le campagne elettorali
kandiscky mogolfiera
di Franco Meloni, direttore
Qual’è la posizione di Aladinpensiero nella campagna elettorale? Credo emerga da quanto scriviamo e diffondiamo in questi giorni e da quando siamo in rete: nel nostro piccolo ci sentiamo al servizio dei sardi e della Sardegna e di quanti, persone e organizzazioni, riteniamo seriamente impegnati in questa stessa direzione. Lo saremo quindi anche in questa campagna elettorale e così faremo nella prossima campagna per il rinnovo del parlamento europeo (di cui siamo tra i pochi a parlare). In questo ambito politico daremo spazio alle formazioni del vasto campo a cui apparteniamo, quello progressista e di sinistra, che comprende anche l’area indipendentista/sovranista; pertanto alle formazioni del centro sinistra e dei suoi alleati – tradizionali e del mondo indipendentista e sovranista – (che sostengono Francesco Pigliaru candidato presidente), nonchè delle liste di Sardegna Possibile (che sostengono Michela Murgia candidato presidente). Daremo anche spazio alle altre liste delle formazioni del resto dell’arcipelago indipendentista, per le quali abbiamo espresso un giudizio negativo rispetto alla loro frammentazione e insistenza su posizioni isolazioniste. Non crediamo siano tempi di sola testimonianza o, almeno, non ci si presenta alle elezioni solo per testimoniare le proprie posizioni di “duri e puri”. Si va incontro ai soliti insuccessi, rendendo più complicato il perseguimento degli obbiettivi della propria linea politica di indipendentisti e sovranisti. Ma non stiamo a giudicare ulteriormente: ognuno faccia ciò che più ritiene giusto.
E’ evidente che il nostro impegno di informazione e comunicazione sarà centrato sulla parte programmatica e sul dare conto della capacità (o incapacità) dei candidati e delle organizzazioni politiche di sostenere con coerenza le posizioni/linee politiche che professano a parole.
Qualcuno ci ha detto che la nostra è una impostazione ecumenica. Non riteniamo tale giudizio né un’offesa né un rimprovero. Adattando il termine ecumenismo (l’enciclopedia ci dice che la parola deriva dal termine greco oikouméne, che indica in origine la parte abitata della Terra) alle vicende terrene della politica rispetto a quelle della Chiesa universale, possiamo sostenere che la la scelta indica una sorta di indirizzo nella ricerca di una sempre più stretta collaborazione e comunione tra le varie chiese terrene che abitano il mondo della politica, per il perseguimento di obbiettivi virtuosi – di sinistra, diciamo noi -: la pace, il lavoro, l’istruzione, la solidarietà… Nella contingenza si tratta di partecipare a una vera guerra di liberazione della Sardegna dal centro destra che l’ha sgovernata in questi ultimi cinque anni, ma anche di partecipare alla guerra di liberazione da quanti in tutti i settori istituzionali e no opprimono la Sardegna, per consegnarla a onesti e competenti, dando spazio e potere agli attuali esclusi, specie appartenenti alle giovani generazioni.
lussu_part_foisVoliamo alto? Voliamo alto. E dunque camminiamo su questa strada già tracciata dai molti grandi che ci hanno preceduto e dai molti o pochi che ancora ci accompagnano, facendo quanto possiamo con i mezzi a nostra disposizione.
Ci preme infine dichiarare il diritto di ciascun redattore e collaboratore di Aladin di fare al riguardo proprie scelte personali, che possono prevedere anche l’astensione dal voto. Di tali scelte non chiediamo alcuna pubblicità, salvo per quanto ciascuno voglia rivelare o anche propagandare. Il voto di ciascuno di noi conta uno. Molto più importante svolgere un servizio di chiarificazione delle linee politiche su cui si eserciterà la scelta dei cittadini sardi.
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Bellezze-nuragiche-su-aladinews-200x300Sardegna: che fare?
di Vanni Tola
Una campagna elettorale molto breve e fortemente segnata dalle polemiche interne ai partiti, dalla frammentazione delle forze politiche e dall’affannosa individuazione dei candidati alla Presidenza, penalizzerà certamente il confronto preelettorale sui programmi e sulle idee, limitandolo fortemente. Ciò nonostante alcuni temi centrali del confronto politico finiranno con l’occupare comunque la scena e avranno un ruolo fondamentale nelle scelte degli elettori. I principali problemi dalla Sardegna sono sostanzialmente noti. Una gravissima crisi dell’apparato produttivo industriale con conseguenze drammatiche sull’occupazionale. La necessità di ripensare un nuovo modello di sviluppo industriale che permetta alla nostra isola di avere uno spazio e un ruolo nella nuova riorganizzazione internazionale del lavoro e della produzione che i processi di globalizzazione stanno mettendo in evidenza. Un problema che impone un confronto sul nuovo modo di produrre prodotti chimici (es. chimica verde, biochimica) e, più in generale, sulle prospettive offerte dalla green economy che è strettamente connesso con la questione dell’approvvigionamento energetico e delle energie alternative e con i problemi di tutela della salute e dell’integrità dell’ambiente. Occorre poi confrontarsi nel merito delle problematiche riguardanti lo sviluppo e la valorizzazione delle più importanti risorse locali dell’isola, agricoltura e turismo in primo luogo, ma anche la pesca, la risorsa ambiente, i trasporti interni ed esterni, le comunicazioni. Temi che non possono e non devono essere estranei o marginali, nel confronto elettorale. Problematiche che riassumono ed evidenziano il sostanziale fallimento dei diversi Piani di Rinascita e dei differenti interventi di riforma dei comparti produttivi, che tanta parte hanno avuto nel dibattito politico degli ultimi decenni e che tante risorse finanziarie e umane hanno assorbito. La Rinascita sarda, più volte evocata, è sostanzialmente mancata. Il modello di sviluppo praticato si è rivelato fallimentare ed ha penalizzato, nel tempo, quelle che potevano essere le vere risorse locali, sacrificandole alla chimera dell’industria petrolchimica di base. La discussione intorno ad un nuovo Piano di Rinascita – da definire riflettendo sugli errori del passato e tenendo conto delle rivoluzioni economiche e sociali in atto – è quanto mai attuale. Qualunque altra proposta di modifiche o riforme di questo o quel comparto produttivo del sistema Sardegna sarebbe velleitaria e destinata a sicuro fallimento se non inserita in una visione d’insieme del sistema regionale con una prospettiva di sviluppo e programmazione proiettata nel lungo periodo. E’ questo il compito che attende le forze politiche che si candidano al governo della Regione e a rappresentarla in ambito Comunitario. Un’ultima questione non meno importante delle altre. Recenti ricerche sull’andamento demografico della regione indicano, per i prossimi decenni, una consistente diminuzione della popolazione. Centinaia di paesi di modeste dimensioni tendono a scomparire per mancanza di abitanti nell’arco di qualche decennio. L’agricoltura e la pastorizia, pur con qualche segnale che sembra andare in controtendenza, sono ora praticate da operatori anziani che alla fine usciranno dal mercato del lavoro compromettendo irrimediabilmente il già precario equilibrio del comparto. Un preoccupante decremento della popolazione che modificherà, nei prossimi decenni, le caratteristiche stesse del sistema Sardegna. E’ evidente che qualunque ipotesi di sviluppo, di valorizzazione delle risorse, e perfino di mantenimento di attività quali l’agricoltura e la pastorizia, non potrà prescindere da precise scelte che vadano nella direzione dell’incremento demografico della popolazione. Non sappiamo quanto e in quale misura i temi richiamati entreranno a far parte del dibattito preelettorale e dei programmi dei partiti, noi ci auguriamo che ciò accada con l’attenzione che tali questioni meritano. Anche perché gli elettori attendono risposte, prospettive, indicazioni credibili e non pochi manifestano sfiducia e impazienza che potrebbero tradursi in un ulteriore incremento dell’astensionismo elettorale e del sempre più diffuso disinteresse per la politica.

elettorando con la lampada di aladin…

aladin-lampada-di-aladinews312- I SARDI E I VOTI (GIA’) DI GRILLO. L’analisi di Giorgio Melis (su SardiniaPost) - segue -
Sardegnaeuropa-bomeluzo-stelle-400x211111- C’è l’EUROPA nelle proiezioni di MICHELA MURGIA. Non lo dice (per non distrarci) ma Michela Murgia pensa già alle elezioni europee! – segue -

elettorando… in giro nella rete con la lampada di aladin

aladin-lampada-di-aladinews312- Attilio Mastino appoggia Pigliaru e gli da qualche consiglio “…auguro a Francesco Pigliaru di saper ascoltare, di riuscire a suscitare passioni profonde, di raccogliere idee nuove, proposte non convenzionali, disponibilità non interessate, generosità vere. Di uscire dal Palazzo e di vivere tra la gente.(…)”. Su SardegnaSoprattutto
- Scoop: il Times fa propaganda elettorale occulta per Michela Murgia!Cabras foto -sardgnapossibile Sardegna Possibile: i primi candidati delle tre liste che propongono Michela Murgia (su SardiniaPost)
(segue)

La vecchia classe dirigente è un freno per la crescita

Sardegna-bomeluzo22
Riproponiamo un articolo di Aldo Berlinguer (insegna nell’Università della Sardegna – Università di Cagliari), apparso su L’Unione Sarda del 13 settembre 2013, che avevamo condiviso e che rimane di immutata validità. In questa sede ci interessano soprattutto le considerazioni sulla situazione sarda e ancora la riproposizione di alcuni interrogativi, che dovrebbero essere tra gli argomenti principi del dibattito elettorale [i neretti sono nostri]. Non sappiamo che consistenza abbiano le voci di Aldo Berlinguer come possibile candidato del centro sinistra alla presidenza della nostra regione. Sappiamo che da alcuni giorni è stato nominato assessore all’ambiente della regione Basilicata. Certo è che sarebbe un buon nome da spendere anche per la nostra regione, non necessariamente nel ruolo principale, per il quale peraltro sembra possedere titoli adeguati, ma anche per altri possibili impieghi al servizio della nostra comunità. Vedremo! (f.m.).
I problemi comuni di Italia e Sardegna.
La vecchia classe dirigente è un freno per la crescita.

di Aldo Berlinguer
Cresce la spesa pubblica, cresce il peso, ormai schiacciante, della burocrazia, regna l’instabilità politica, con il Governo, e il Paese, appesi al filo di contese tra partiti, a loro volta ostaggio di vicende personali dei loro leader.
Non si placano neppure le reazioni provocate dalla pubblicazione dell’indice di competitività regionale 2013 della commissione Ue, dal quale l’Italia esce malissimo: 18^ in Europa; la Lombardia al 128° posto, l’Emilia e il Veneto rispettivamente al 141° e al 158°, la Sardegna al 222°.
Eppure Regioni come la Lombardia continuano a primeggiare in vari indicatori. Prima in assoluto per valore aggiunto nell’industria, seconda dopo l’Île-de-France per valore aggiunto totale, commercio, trasporti e turismo, terza per agricoltura ma anche per finanza e servizi alle imprese. Anche Veneto ed Emilia mostrano buone performances e il Pil pro capite è tra i più alti in Europa.
Ma allora perché una simile débâcle? I dati peggiori vengono dalla stabilità macroeconomica (che comprende il debito pubblico), dotazione infrastrutturale, istruzione di base, superiore e lifelong learning, innovazione. Ma ciò che più colpisce è la qualità delle istituzioni, la corruzione, il rispetto delle regole e l’ordine pubblico, le capacità di governo, la trasparenza ed efficacia dei sistemi elettorali, la libertà di informazione. Qui, è tutto il sistema Italia a crollare, 24^, avanti solo a Romania, Ungheria, Bulgaria e Grecia. La Sardegna, con tutto il mezzogiorno, è tra le ultime regioni della Ue: 227^ su 262, dietro solo alcune regioni dell’est Europa. Pessimi anche i dati sardi sull’istruzione superiore (222^), sulle infrastrutture (231^), sull’efficienza del mercato del lavoro (230^), sull’innovazione (230^).
Insomma, analisi impietosa anzitutto per un dato: le nostre istituzioni, le classi dirigenti, non rappresentano uno strumento inadeguato a fronteggiare la crisi. Anzi, risultano essere una concausa della crisi e rappresentano un handicap formidabile per la ripresa.
Del resto, nulla di nuovo: basti leggere il settimo rapporto “Luiss 2013: generare classe dirigente” e si rimane impietriti. I dati di fondo sono peggiorati rispetto a quelli, già impietosi, del 2007. Abbiamo una prima fila di ultrasessantacinquenni, scarsamente scolarizzata, che si perpetua impedendo ogni forma di ricambio. Per oltre l’88% sono uomini, con scarsissime esperienze estere e con una bassa conoscenza di lingue straniere. Spesso il loro successo si deve più alle conoscenze che alla conoscenza. E ovunque, nel pubblico e nel privato, il leitmotiv è autoreferenzialità. Nel caso della rappresentanza politico-istituzionale vince più il Palazzo che non il Paese, più le logiche interne di riposizionamento dei partiti che non le politiche destinate a governare il Paese reale, più le parole che non i fatti. In quello della rappresentanza dell’economia e del sociale, vince il silenzio rispetto alla proposta, l’attesa rispetto all’iniziativa.
Se poi parliamo di Regioni, come la Sardegna, ove la quota maggioritaria del Pil è pubblica e l’impresa vive una condizione di subalternità, talvolta parassitaria, è chiaro che la rappresentanza degli interessi privilegia una logica di government (della classe politica) rispetto a una logica di governance (della rappresentanza economica).
Risultato: l’economia è al contempo assistita e sedata dalle scelte pubbliche. E ciò genera impoverimento economico, sociale e culturale. Si disseminano fedeltà, servilismo e assistenzialismo, piuttosto che una sana cultura di impresa e del lavoro.
Non è un caso che, nel 2000, l’Italia era 28°, al mondo, nell’indice di libertà economica, 34° nel 2006, 74° nel 2008, 83° nel 2013 (dietro a Montenegro, Khazakistan, Sri Lanka), con dati sconfortanti in corruzione e spesa pubblica.
Negli auspici, l’Italia dovrebbe divenire una delle economie fondate sulla conoscenza (Knowledge economy) più competitive al mondo. Nel frattempo, i dati sulla fuga dei cervelli in Italia (brain drain) peggiorano ogni ora. Gli italiani tra i 20 e i 40 anni residenti all’estero (dati Aire) sono aumentati di 316 mila unità tra il 2000 e il 2010, con oltre 30 mila espatri l’anno.
Ma allora, quali nuove, inedite proposte intendono assumere i partiti per fronteggiare la crisi? Quanti laureati e quali professionalità verranno candidate alle prossime elezioni regionali? Migrati i cervelli, chi governerà l’economia della conoscenza? Sono domande alle quali sarebbe imprescindibile dare una risposta.

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(Da L’Unione Sarda di venerdì 13 settembre 2013)
I problemi comuni di Italia e Sardegna.
La vecchia classe dirigente è un freno per la crescita.
di Aldo Berlinguer

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valentina foto di repertorio
Buon 2014 ! I migliori auguri per la Sardegna e per i sardi. Forza paris nei suoi significati di forza insieme e forza uguali!

di Franco Meloni
PENSIERO CREATIVO PER IL FUTURO GOVERNO DELLA SARDEGNA
Attilio Mastino, presidente
Salvatore Cubeddu, vice presidente
Giuseppe Pulina/ Sandro Dettori, agricoltura
Michela Murgia/ Vito Biolchini/ Nicolò Migheli, cultura e sport
Gianni Loy/ Piera Loi/ Salvatore Melis, lavoro
Aldo Berlinguer/ Tore Cherchi, economia e bilancio
Alessandro Bianchi/ Cristiano Erriu, urbanistica e enti locali
Maria Del Zompo/ Ettore Cannavera, salute e assistenza
Massimo Dadea/ Antioco Gregu/ Bustianu Cumpostu lavori pubblici
Gianfranco Bottazzi/ Andrea Murgia, industria,
Paolo Maninchedda/ Gianfranco Fancello, trasporti
Aide Esu/ Francesco Soddu, turismo
Vanni Tola/ Vincenzo Migaleddu, ambiente
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E’ una provocazione? E’ una proposta? Come volete. Il mio intento è solo affermare che nel centro sinistra e nei raggruppamenti indipendentisti e sovranisti ci sono persone di grande capacità, affidabili e prive di coinvolgimenti giudiziari. Ne elenco solo alcune, prese dentro le variegate componenti di quell’area e avuto naturale riguardo alla rappresentanza di genere, generazionale e alla provenienza sociale e territoriale. Non guardate troppo alle assenze. Qualcuno potrebbe giustamente dolersi di non esserci. Si può fare di meglio? Certamente. E poi c’è da lavorare per tutti, per tutti gli uomini di buona volontà che vogliono mettere a disposizione scienza e impegno per la Sardegna, costruendo fiducia e alleanze tra generazioni. Solo come appunto (punta ‘e billettu) ricordo che c’è da costruire buone teorie su come sviluppare l’economia, in sintonia con l’impegno planetario, al riguardo seguendo sollecitazioni di varie provenienze, tra le quali mi piace richiamare quelle di papa Francesco. Tornando alla situazione sarda e alla contingenza politica, si potrebbe anche obiettare che ci sono persone rispettabili e competenti anche nel centro destra. Vero. Ma ritengo che il compito di governare la Sardegna spetti oggi al centro sinistra, dopo cinque anni di autentico disastro delle giunte Cappellacci. E’ possibile che il medesimo giudizio sia condiviso dalla maggioranza degli elettori sardi e che dunque il centro sinistra vinca le elezioni e riesca a portare al governo della Regione quanto di meglio dei figli della Sardegna? E’ possibile. Io lo credo. La condizione è che tutte le componenti di quest’area trovino un programma condiviso, una candidatura comune per un presidente che rappresenti tutti e che tutti rispetti, senza illusioni leaderistiche. Ci vuole responsabilità nei confronti della Sardegna e dei sardi, pensando soprattutto alle giovani generazioni, e consapevolezza che si vince insieme. Forza paris dunque, nei suoi significati di forza insieme e forza uguali! E’ il migliore augurio che possiamo farci. Per quanto possiamo, anche dalle pagine di questa nostra news contribuiamo a questo scopo, nella via pratica indicataci da Gramsci del pessimismo della ragione e dell’ottimismo della volontà.
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GramsciPessimismo della ragione, ma ottimismo della volontà.
La foto di Valentina vuole rappresentare proprio questo bellissimo concetto del nostro conterraneo Antonio Gramsci
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vanitasvanitatemLa Sardegna senza Sardi?
Demografia e sviluppo nel prossimo futuro

di Vanni Tola
“La Sardegna senza Sardi?”. Era questo il titolo di un convegno svoltosi a Sassari nei giorni scorsi. Un importante momento di discussione che ha stimolato ulteriori riflessioni nel merito di un problema poco esaminato: l’evoluzione demografica della Sardegna. Da decenni nell’isola si registra un incremento demografico negativo. In altri termini, il numero dei nuovi nati e degli immigrati è notevolmente inferiore a quello degli emigrati e dei deceduti. Gli studiosi di fenomeni demografici, elaborando dati reali (censimenti Istat in particolare), hanno indagato sul fenomeno e formulato delle previsioni prefigurando scenari futuri e realizzando ipotesi di evoluzione dell’andamento demografico fondate e attendibili. La considerazione che deriva dalla sintesi di tali elaborazioni è che la Sardegna rischia nei prossimi decenni un’implosione demografica. Una situazione che potrebbe essere caratterizzata da una consistente riduzione del numero dei sardi (alcuni parlano di 300-400 mila unità in meno, ed è l’ipotesi meno pessimistica), dalla scomparsa di centinaia di comuni minori, da un costante invecchiamento della popolazione attiva e da un insufficiente inserimento di intelligenze giovanili nel sistema Sardegna. Ipotesi preoccupanti, difficili da accettare perché pongono in discussione certezze consolidate. La millenaria civiltà isolana messa in crisi dal fenomeno delle “culle vuote”? Eppure è cosi. L’indice di natalità dell’isola è notevolmente inferiore, circa la metà, di quello che sarebbe necessario per mantenere costante la popolazione. L’indice dell’incremento demografico è negativo ormai da decenni in quasi tutta la Sardegna con l’unica eccezione di alcune limitate aree costiere (della Gallura, del Cagliaritano e del Sassarese). Centinaia di paesi potrebbero scomparire per mancanza di abitanti già dai prossimi decenni. La programmazione economica della Sardegna, i programmi di sviluppo, le strategie delle forze politiche impegnate nell’ennesima tornata elettorale, non possono più ignorare il problema, devono anzi considerarlo il punto di riferimento per qualunque nuova ipotesi riguardante lo sviluppo dell’isola. Alcuni esempi. Non ha più senso oggi, per la maggior parte delle amministrazioni comunali, predisporre piani urbanistici di sviluppo considerato che si va incontro a importanti decrementi della popolazione. Allo stesso modo occorre rivedere la progettazione e il ridimensionamento di una serie di servizi pubblici (in primo luogo sanità, edifici scolastici e altri) con riferimento alle previsioni di spopolamento delle aree amministrate. Naturalmente le previsioni demografiche sono appunto delle previsioni, non sono realizzate con la speranza che si concretizzino ma soprattutto per consentire la possibilità di intervenire in modo adeguato per governare le dinamiche in atto. Già alcuni studiosi propongono una lettura meno pessimistica degli scenari di decremento della popolazione, qualcuno formula perfino l’ipotesi che il decremento della popolazione possa perfino rappresentare una opportunità per determinare migliori condizioni di vita per i Sardi “residui”. Altri propongono di esaminare la possibilità di invertire le tendenze demografiche registrate e prevedibili per il futuro prossimo. Una proposta molto interessante e innovativa e che farà certamente discutere è quella avanzata dal prof. Pulina direttore del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari. Partendo dalla considerazione che in Sardegna si registrano tassi di natalità che sono tra i più bassi al mondo e che i giovani continuano a emigrare, Pulina propone di attivare interventi concreti ed efficaci per invertire la tendenza ad un significativo spopolamento della Sardegna e delle zone interne in particolare. La principale attività dell’isola, l’agro-pastorizia, stante l’attuale andamento demografico tende a diventare nei prossimi decenni una attività praticata quasi esclusivamente da lavoratori anziani, e perfino a essere fortemente ridimensionata nel suo ruolo e nelle sue potenzialità economiche. La soluzione indicata è quella di programmare, per i prossimi dieci anni, l’accoglienza di quindicimila coppie di immigrati, un vero e proprio progetto di ripopolamento o se preferite di riantropizzazione di vaste aree dell’isola come è avvenuto in altre parti del mondo, per esempio in Argentina e Australia. Un progetto che non deve essere inteso esclusivamente in termini di trasferimento di forza lavoro bensì come progetto di inclusione di persone nella nostra realtà garantendo loro progetti di vita validi e accettabili a cominciare dal diritto di cittadinanza per i loro figli. La realizzabilità di tale progetto potrebbe essere favorita da finanziamenti europei già disponibili, ad esempio le risorse del programma Horizon 20.20 per le politiche di integrazione. Milioni di euro che potranno essere spesi dal 2014, se si avrà il coraggio, la capacità e la lungimiranza di predisporre adeguate programmazioni. La Sardegna potrebbe essere la prima realtà europea a realizzare un piano di questo tipo. L’isola si candiderebbe così a diventare un’area geografica di accoglienza e gestione programmata di flussi migratori che potrebbero, a loro volta, concorrere a rivitalizzare una società tendenzialmente minacciata di estinzione o comunque di un drastico ridimensionamento del proprio ruolo nel mondo. Ancora una volta la discussione, il confronto, lo studio di ipotesi di sviluppo valide e alternative alle logiche e alle scelte del passato ci pone drammaticamente di fronte alla necessità di compiere uno sforzo straordinario di elaborazione politica, di crescita culturale, di formulazione di strategie economiche alternative con le quali ci dovremo misurare. Saremo in grado di farlo?
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VT Van Gogh Il seminatore Vanni Tola

Riflessioni sul futuro di Cagliari: il mare come strategia di sviluppo per sbloccare e liberare la città. Ma occorre una diversa classe dirigente.

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di Franco Meloni

Il dibattito su Cagliari, intendendo quello che non si ferma alla contingenza dei problemi quotidiani dei suoi abitanti, che riesce a riflettere sul suo ruolo rispetto alla Sardegna e all’Europa, che prefigura scenari futuri rispetto ai quali organizzare le energie sociali, e così via, è presente anche se carente nella realtà culturale della città. Segue un andamento di tipo “carsico”: corre in modo prevalentemente sotterraneo, ogni tanto riaffiorando con i contributi di singoli intellettuali o, in misura più partecipata da diversi soggetti singoli o associati, in relazione a scadenze elettorali o ad altre particolari circostanze. Tra queste le più importanti negli ultimi anni sono state le fasi di elaborazione del “piano strategico della città” e del “piano strategico dell’area vasta”. A dire il vero il rilevante lavoro prodotto è stato in gran parte sprecato, seppure resta disponibile un’interessante documentazione, fruibile sul sito web del Comune (1) (2). Sono tutte parole, per fortuna in questo caso scritte, che però tali rimangono, senza tradursi, se non in minima parte, in effettive realizzazioni; sono elaborazioni interessanti ma in gran parte inutilizzate, come dimostra il piano del Comune per la candidatura a “capitale europea della cultura 2019″, che sembra prescinderne.
Si ripete anche in questo caso il vizio del “ripartire da zero” che fa sprecare risorse e fa perdere di efficacia all’azione politica e amministrativa delle Istituzioni.

Occorre invece rilanciare il dibattito su Cagliari, raccogliendo tutti i contributi del passato che mantengono validità insieme a quelli che si sono aggiunti e vanno aggiungendosi di recente, lasciando alla politica il compito di portare a sintesi operativa le indicazioni su cui si trova la più estesa convergenza.

Prima di riproporre le questioni strategiche vogliamo soffermarci su un altro comportamento patologico delle nostre Istituzioni: quello dei “compartimenti stagni”, cioè dell’incapacità di agire “a sistema” (la leale collaborazione istituzionale). Forse ci si illude che le decisioni prese in solitaria dai singoli Enti possano essere inserite da una “mano invisibile” in un coerente disegno complessivo, purtroppo inesistente. Così non si va molto lontano. Tra i molti esempi che si potrebbero fare al riguardo ci limitiamo a due, importanti ed emblematici: la zona franca e la questione delle abitazioni.

. Per quanto si riferisce alla zona franca, parliamo dei punti franchi doganali (non quindi delle fantasie demagogiche di Cappellacci o della pessima e inutile leggina approvata di recente dal Consiglio regionale), cioè di quelli che potrebbe essere già operativi (per il punto franco di Cagliari il ritardo assomma a oltre dodici anni) e che inspiegabilmente non si fanno, per colpevole inerzia di molte Istituzioni a partire dalla Regione. I punti franchi porterebbero benefici in termini di occupazione e di incremento di attività economiche innovative, se attuati con modalità intelligenti, come, per esempio, dimostra l’esperienza di Barcellona (ampiamente studiata dai nostri politici in innumerevoli viaggi-studio). Per quanto riguarda Cagliari (ma discorso analogo può farsi per gli altri 5 punti franchi previsti dalla normativa vigente) perchè la zona franca possa concretizzarsi con questa valenza occorre che si impegnino più soggetti, raccolti in una compagine sociale a cui partecipino la Regione, l’Autorità portuale, la Camera di Commercio, l’Università e, infine, il Comune capoluogo, che dovrebbe assumerne la guida politica.
Cosa si è fatto al riguardo? Quasi nulla, se si eccettuano alcune iniziative, pur apprezzabili, dell’attuale autorità portuale, Piergiorgio Massidda, giunto peraltro al capolinea del suo incarico. Per il resto i possibili partner si ignorano, quando non sono l’un contro l’altro armati.

. Veniamo ora della questione delle abitazioni. Cagliari, in costante emorragia di abitanti in favore dei centri limitrofi, non può pensare di risolvere il problema riattirando gli abitanti perduti per i quali costruire nuove abitazioni, che andrebbero a saturare le poche aree disponibili. L’operazione già di per sè non condivisibile di “Su Stangioni” potrebbe essere letta in questa luce, specie pensando al possibile aumento dell’edificabile (vedasi al riguardo l’ottimo dossier predisposto dal circolo PD Copernico di Cagliari) (3). Piuttosto occorrerebbe rimettere in gioco le numerose case sfitte e riqualificare il patrimonio edilizio esistente, soprattutto in favore dei ceti meno abbienti e delle fasce giovanili. Si deve pertanto affrontare la questione abitativa in termini di “area vasta urbana”, con appositi piani intercomunali. Occorre al riguardo pianificare il territorio insieme con gli altri Comuni dell’area vasta. Cosa che si dovrebbe fare subito e che non si fa, ma che sarebbe più agevole (e obbligatorio) fare con la costituzione della città metropolitana (vedasi al riguardo lo studio della Società geografica italiana in collaborazione con il CNR) (4). Le responsabilità di questa situazione negativa sono tutte della classe politica. Ne vogliamo parlare?

Tornando al dibattito sulle linee strategiche, volendo individuarne una prioritaria, ovviamente discutibile, ci sembra interessante proporre quella avanzata da Paolo Fadda, storico e studioso cagliaritano, nel suo recente libro “Da Karel a Cagliari”, riassunta nella rappresentazione di una “Cagliari città d’acqua”, che punta sui suoi stagni e soprattutto sul mare come nuova opportunità di sviluppo. Sostiene Fadda: “La nuova centralità assunta da Mediterraneo, per l’emergere di nuove potenzialità ed aspirazioni economiche fra i popoli rivieraschi, fa ben sperare che il mare ritorni ad essere la locomotiva trainante del progresso cittadino”.
In questa proposta, che condivido, trovo un ideale accordo, con Giovanni Lilliu, nel momento in cui invitava i sardi (e qui Cagliari può dare l’esempio e dimostrare l’intraprendenza dei cagliaritani) a “riconquistare” il mare (“per riconquistare la libertà”, diceva Lilliu), facendo leva, valorizzando e, se vogliamo, anche superando, la famosa “costante resistenziale” (al riguardo facciamo riferimento all’intervista fattagli da Francesco Casula per Cittàquartiere, nel maggio 1987) (5).

Bene! Dunque guardare al mare come nuova frontiera. Ma non si può ridurre tutto alla suggestiva enunciazione.
Cosa può significare questa “scelta strategica”, ovviamente se condivisa (ed è tutto da verificare)?
Possiamo trovare molte e significative implicazioni, che lasciamo all’approfondimento e alle integrazioni del dibattito, riconoscendo come in molti casi si tratta di sviluppare quanto di positivo si sta già facendo (porto, porto-canale, Poetto). Voglio però qui indicarne alcune, solo a mo’ di esempio, in aggiunta a quanto già detto. Si potrebbe:
- predisporre un utilizzo turistico del complesso lagunare;
- riprendere un utilizzo produttivo delle saline;
- riconvertire la Fiera internazionale e aprirla al mare;
- rafforzare le pratiche sportive sull’acqua;
- orientare investimenti d’impresa sulla cantieristica da diporto, proiettandoli verso nuovi mercati come quelli del nord Africa;
- rafforzare il sistema formativo, a partire dagli Istituti professionali nautici fino a dare vita all
“Università del mare”, basandosi sulle competenze esistenti negli Atenei sardi, anche con l’utilizzo delle aree e strutture da smilitarizzare.
Volutamente in queste riflessioni si tralasciano gli aspetti che attengono all’incontro tra differenti culture dei paesi del bacino del Mediterraneo, che potrebbero vedere Cagliari come centro di scambi e iniziative di rilevante importanza. Questo è un ulteriore filone di riflessione.

Per concludere. Pensare, progettare e fare tutte queste cose nella dimensione sarda, europea e internazionale implica una condizione: che emerga e si consolidi una nuova classe dirigente, non solo politica, che sappia ragionare e agire, con unità d’intenti, e che sappia coinvolgere i cittadini nelle scelte che li riguardano. Le elezioni regionali ed europee in questo senso sono la prima ravvicinata opportunità da non sprecare.
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(1) Piano strategico Cagliari: http://www.comune.cagliari.it/portale/it/terrirtorio_areavasta.page
(2) Piano strategico Area vasta Cagliari: http://www.comune.cagliari.it/portale/it/contentview.page?contentId=SCH50524
(3) Circolo Pd Copernico di Cagliari, dossier “Su Stangioni”: http://circolocopernico.wordpress.com/2013/05/27/lo-strano-caso-di-su-stangioni-politiche-residenziali-a-cagliari/
(4) Studio Società geografica italiana-CNR: http://www.societageografica.it/images/stories/Pubblicazioni/e-book_il_riordino_territoriale_dello_stato.pdf
(5) Intervista a Giovanni Lilliu: http://www.aladinpensiero.it/?p=545
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Oltre che su questo sito, questo articolo viene pubblicato anche sui siti Fondazione Sardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra.
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Caro Massimo

Riprendiamo dal sito di Vito Biolchini la lettera inviata dal presidente del gruppo del Pd in Consiglio comunale Davide Carta al Sindaco Massimo Zedda, che nella parte di carattere più generale ci sembra corrispondere alle critiche sulle carenze di politiche di respiro per la città avanzate nel nostro editoriale.

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Caro Massimo,

la recente sentenza del TAR sulla illegittimità della nomina di Marcella Crivellenti a sovrintendente del Teatro lirico conferma, quanto fossero fondate le preoccupazioni, le sollecitazioni e poi le critiche del gruppo PD rispetto alla scelta del sovrintendente , sia sotto il profilo del metodo, che nel merito. Preoccupazioni e perplessità confermate rispetto poi alla concreta gestione del Teatro Lirico.

La sentenza del TAR lede non solo la tua immagine di Presidente della Fondazione, ma coinvolge il tuo ruolo di Sindaco e la nostra maggioranza in consiglio comunale, in quanto è stato messo in discussione uno degli aspetti di maggiore rilevanza del nostro programma: la trasparenza delle scelte politiche e degli atti amministrativi.

Non è stata la prima e purtroppo nemmeno l’ultima volta che hai deciso senza dare la giusta considerazione alle parole dei consiglieri e senza confrontarti con la tua maggioranza: il progetto collettivo che era la forza della nostra proposta per la città è rimasto lettera morta.

Per questi motivi ti chiediamo come PD di valutare con attenzione la possibilità di non procedere con il ricorso al Consiglio di Stato avverso tale sentenza considerando che si tratta di una scelta di natura anche politica, e non solo giuridico amministrativa, che merita attente valutazioni sotto molteplici profili.

Crediamo, inoltre, che sia importante convocare il CdA della Fondazione del Teatro per dare seguito agli esiti della sentenza ed avviare un ragionamento sulla nomina del sovrintendente, nei tempi più brevi possibili, al fine di non mettere a repentaglio la gestione e gli esiti economico – finanziari della Fondazione.

Questa scelta sarebbe un atto di grande consapevolezza e responsabilità politica e favorirebbe la ripresa del dialogo con i lavoratori ed i sindacati del Teatro lirico e il superamento del clima di persistente conflitto.

Credo, caro Massimo, che siamo arrivati ad un punto di non ritorno: il governo della città ha bisogno di un di più di politica, intesa come capacità di progettare il futuro, con una visione alta, e di trovare soluzioni concrete ai tanti problemi, un di più di capacità di ascolto e di dialogo con le forze sociali che la animano, un di più di guida dei processi amministrativi, oggi totalmente delegati alla struttura.

Il PD vuole dare il suo contributo costruttivo, come ha fatto dall’inizio della consiliatura, aprendo anche una fase di rinnovato impegno, mettendo a disposizione tutta la ricchezza di idee e di uomini che il partito possiede: sta a te scegliere se chiederlo, accoglierlo oppure ignorarlo come hai fatto troppo spesso fino ad oggi.

Il futuro di questa amministrazione si decide oggi, in questo passaggio difficile: a te il compito di fare la scelta.

Davide Carta
Presidente del gruppo PD

Cagliari, 14 novembre 2013

Ilario Principe Cagliari libro

A si chesciai? No, est tempus pèrdiu! Lamentarci? No, tempo perso!

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di Gianni Mascia
A si chesciai? No, est tempus pèrdiu! De tempus meda no feus atru chi si chesciai e cun cali arrennèscida? A s’amagurai e a sighiri a incungiai negatividadi. Settembre, Caput anni, Cabudanni… S’annu agrìculu torrat a cumentzai e tocat a ghetai sèmini. Est su chi nosu sardus puru depeus fai in su campu casi sempri prenu de lullu de sa vida polìtica nosta. Seus casi in campagna eletorali, infatis de innoi a pagu eus a andai a votai po is regionalis e is europeas ddas ant a sighiri illuegus. S’ant agatai cun is manus in is manus e spartzinaus in milli arritzolus custa borta puru? No podit sutzedi prus chi si andit a votai a collegiu acorpau a sa Sicìlia! S’emus a torrai a agatai sentza de rapresentantis in Bruxelles, a aturai a sa ventana cun sa spera chi calchi parlamentari sicilianu si dimitat, cumenti est sutzèdiu candu sa Barràcciu est intrada in parti de Crocetta. Tocat a si donai de fai e a chistionai e fai chistionai de custa campànnia chi si fetzat arribai a tenni torra unu collègiu totu sardu, poita chi sa popolatzioni sbentiada po is milli spot chi ddi trumentant s’ànima dònnia die si donghit contu de cantu de importu mannu siat a essi innia aundi si detzidint is chistionis primàrias po su svilupu de s’ìsula nosta. Ma innoi nd’arribant is arriolus! De pagu apu fatu una spètzia de sondàgiu po cumprendi in cantus scipiant de is consultatzionis apeliosas e cun scoramentu mannu apu tentu sa cunfirma de su chi timemu: sa maioria de is pessonas no sciiant o in sa mellus de is ipotesis non sciiant chi nosu faessimus parti de su collègiu de is ìsulas, aundi is sicilianus sendi assumancu tres bortas tanti de nosu iant a essi tentu totus is sègius a dispositzioni. Ai custu puntu mi benit de pensai de cantu no si ndi potzat fai de mancu de torrai a partiri de s’educatzioni, de fai cresci tzitadinus cun sa cuscièntzia de ddu essi e cun su deretu-doveri de pigai parti a sa res publica, chi tengant sa cuscièntzia de cantu su votu, mancai sbregungiu e scoloriu, siat unu de is pagus momentus in chi podeus nai sa nosta. Seguramenti is ùrtimas atzionis de is politcus nostus, natzionalis e regionalis, ant sghiu a minai sa cunfia in is istitutzionis, e stesiau sempri de prus sa genti de sa politica, bista che fumu in is ogus po no essi stètia bona a ndi betiri atru chi disparidadi sempri prus manna, che a cursa fata feti po sighiri a preni sa buciaca insoru e sa de is amigus de is amigus ( e non ddi podeus nai chi no est beridadi) e fai de manera chi is ferrus intra de chini tenit tropu e chini nudda siant sempri prus obertus. Cun custa spètzia de guvernu natzionali “di larghe intese” eus pèrdiu nosu puru sa possibilidadi de andai contras a su dìciu “tanto sono tutti uguali” e imoi prus che mai serbint atzionis chi torrint a castiai a is arguais mannus chi pertocant a sa natzioni e prus che mai a s’ìsula e fetzant torrai in su pòpulu sa gana de participatzioni, chi arrennèsciant a fai cumprendi chi sentza de votai sciendi su chi seus faendi no podit esisti democratzia, chi no est una cosa bella su ddu fai tupendisi su nasu o bendendiddu po unu pratu de malloreddus, cumenti eus biu fintzas e tropu in is ùrtimus tempus. Sa tenta depit esssi a fai de manera chi sa genti tengat is anticorpus culturalis po si difendi de su bombardamentu mediaticu chi ddi stontonat su ciorbeddu circhendi de fai passai su messàgiu chi si no tenis su Rolex de oru, su SUV, o chi si no bestis Armani o no ses amistadau cun assumancu cincu o ses fèminas ses unu balossu, a fai cumprendi chi prus che a tenni tocat a essi, a fai cresci òminis indipendentis, chi feti aici si podit aberu arribai a s’indipendèntzia chi no depit essi amarolla separatismu, podit essi puru un’autonomia forti, fata nasci arribendi a tenni su coranta po centu cumenti sutzedit a is regionalis in Val d’Aosta, po si podi permiti de artziai sa boxi cun su guvernu natzionali e no a fai is tzeracus cumenti a s’ùrtima giunta, aundi eus dèpiu po fintas suportai s’afrentu de biri su Psd’Az arregalai sa bandera de sos bator moros a Berlusconi. In custa situatzioni pagu cussoladora is intellètualis podint tenni una parti de importu mannu ponendi a dispositzioni de sa tenta s’atividadi insoru, faendi nasci in is blog, situs, in is pàginas facebook, in is reading, in is presentadas de librus, in is performance, in is atòbius pùblicus, momentus de arrefrescia ponendi de manera lèbia ma chi intrit in costas su focus suba de cussas possibiladadis de crèscida colletiva puru atruessu de is linguàgius artìsticus chi permitint de mandai messàgius in butìllia e input de arrexonamentu puru a is prus mandronis. A bortas est difitzili a agatai su tempus po totu (de seu su primu a ndi tenni pagu…) ma si creeus in sa possibiladi de cambiamentu, depeus essi, cumenti naraiat calincunu, nosu su cambiamentu chi boleus essi, depeus essi nosu etotu a cumentzai sa “Rivolutzioni umana” (aici ddi narat su filosofu giaponesu Daisaku Ikeda ) poita chi si furrit a sa de totu s’umanidadi. Una rivolutzioni no podit cumentzai chi de una sotziedadi chi andit faci a is cosas a una sotziedadi chi andit faci a is pessonas. No tocat a tenni timoria de nai chi fàbricas de nudda no ndi cherimus prus, chi feti cun sa bonifica de is logus apestaus emus a tenni traballu po tempus meda, chi cherimus bivi de EcoAgriCulTurismu, de produtzionis sustenibilis, de is cosas spantosas chi teneus sa bona sorti manna de sciri fai.

Daisaku Ikedasoka-fullLamentarci? No, tempo perso! Da troppo tempo non facciamo altro che lamentarci e con quale risultato? Amareggiarci e continuare ad accumulare negatività. Settembre, Caput anni, Cabudanni… L’anno agricolo riparte con la preparazione del terreno alla semina. E’ quello che anche noi sardi dobbiamo fare nel campo spesso pieno di gramigna della nostra vita politica. Siamo quasi in campagna elettorale, infatti a breve avremo le regionali e le europee seguiranno subito dopo. Ci faremo trovare con le mani in mano e divisi in mille rivoli come al solito? Non può più capitare che si vada a votare a collegio accorpato alla Sicilia! Ancora una volta ci ritroveremo a non avere rappresentanza a Bruxelles, a stare alla finestra con la speranza che qualche parlamentare siciliano si dimetta, come accaduto con Crocetta a cui è subentrata la Barracciu. E’ necessario uscire allo scoperto e divulgare con ogni mezzo questa campagna affinchè la popolazione distratta da mille spot si renda conto di quanto sia importante essere presenti là dove si prendono decisioni fondamentali per lo sviluppo della nostra isola. Ma qui arrivano le difficoltà. Ultimamente ho fatto una sorta di sondaggio per capire in quanti siano informati dell’imminente consultazione e con grande sconforto ho avuto la conferma di quanto temevo: la maggior parte delle persone non sapevano o nella migliore delle ipotesi non erano a conoscenza del fatto che noi appartenessimo al collegio delle isole, dove i siciliani essendo almeno il triplo di noi sardi in quanto a numero di abitanti avrebbero ottenuto tutti i seggi disponibili. A questo punto mi viene da fare una riflessione sul fatto che sia indispensabile ripartire dall’educazione, dal creare cittadini con la coscienza di esserlo e con il diritto-dovere di partecipare alla vita politica, di avere la consapevolezza di quanto il voto, sia pur vituperato e scolorito, sia uno dei pochi momenti in cui abbiamo voce in capitolo. Certo le recenti performances dei nostri politici, nazionali e regionali, hanno continuato a minare la credibilità delle istituzioni e allontanato ulteriormente la gente dalla politica, vista come fumo negli occhi in quanto portatrice di efferate diseguaglianze, come corsa volta a rimpinguare le loro tasche e quelle degli amici degli amici (e come dargli torto?) e rendere sempre più aperta la forbice tra chi ha troppo e chi nulla. Col cosiddetto governo nazionale di larghe intese abbiamo perso poi anche la possibilità di controbattere al “tanto sono tutti uguali” e ora più che mai si rendono necessarie azioni che riportino l’attenzione sui problemi reali del paese e della nostra isola in particolare e facciano ritornare nel popolo la voglia di partecipazione, che riescano a far capire che senza voto consapevole non può esistere democrazia, che non bisogna andare a votare turandosi il naso o vendendolo per un piatto di malloreddus, come abbiamo visto fin troppo ultimamente. L’obiettivo dev’essere quello di fare in modo che la gente abbia gli anticorpi culturali per difendersi dal bombardamento mediatico che lobotomizza le menti cercando di far passare il messaggio che se non hai un Rolex d’oro, un Suv, o che se non vesti Armani o non hai almeno cinque amanti sei uno stupido, di far capire quanto sia più importante essere che avere, di far crescere uomini indipendenti, che solo così si potrà arrivare davvero all’indipendenza che non dev’essere obbligatoriamente separatismo, potrebbe essere anche una forte autonomia costruita arrivando ad ottenere il quaranta per cento dei voti come capita alle regionali in Val d’Aosta, per potersi permettere di fare la voce grossa con il governo nazionale e non fare i servitori come capitato all’ultima giunta regionale, dove abbiamo dovuto sopportare anche l’offesa di vedere la bandiera dei quattro mori regalata a Berlusconi dal Psd’Az. In questo quadro non certo confortante gli intellettuali possono svolgere un ruolo importante mettendo al servizio della causa la loro attività, creando cioè nei loro blog, siti, pagine facebook, nei reading, nelle presentazioni di libri, nelle performance e negli incontri pubblici, momenti di discussione incentrando in maniera leggera ma persuasiva il focus su quella possibilità di crescita collettiva anche attraverso la creatività dei linguaggi artistici che consentono di mandare messaggi in bottiglia e spunti di riflessione anche ai più pigri. A volte è difficile trovare il tempo per tutto, (io sono il primo ad averne poco…) ma se crediamo nella possibilità del cambiamento, come diceva qualcuno, dobbiamo essere noi il cambiamento che vogliamo, dobbiamo essere noi a cominciare la nostra “Rivoluzione umana”, ( così la chiama il filosofo giapponese Daisaku Ikeda), affinchè poi diventi quella di tutta l’umanità. Una vera rivoluzione dei valori non può che iniziare da una società orientata alle cose a una società orientata sulle persone. No bisogna aver paura di dire che fabbriche di nulla non ne vogliamo più, che solo con la bonifica dei siti inquinati ci sarebbe lavoro per molti anni e che noi vogliamo vivere di EcoAgriCulTurismo, di produzioni sostenibili, delle eccellenze che abbiamo la fortuna di saper creare!
Gianni Mascia
Gianni Mascia
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Così come promesso, il cerchio si è allargato e nuovi contributi arricchiscono il dibattito. Ecco allora pubbicato un intervento dello scrittore Gianni Mascia, che viene condiviso, oltre che su questo blog, anche sui siti della Fondazione Sardinia, vitobiolchini, Tramas de Amistade e Madrigopolis (new entry).
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Sardegna-bomeluzo22REMEMBER
Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnate nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.

Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :

- aladinews

- vitobiolchiniblog

- Fondazione Sardinia

- Tramas de amistade

- Madrigopolis

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Il primo intervento di Salvatore Cubeddu

Il secondo intervento di Fabrizio Palazzari

Il terzo intervento di Nicolò Migheli

Il quarto intervento di Vito Biolchini

Il quinto intervento di Franco Meloni

Il sesto intervento di Salvatore Cubeddu

Il settimo intervento di Fabrizio Palazzari

L’ottavo intervento è di Vito Biolchini

Il nono intervento è di Piero Marcialis

Il decimo intervento è di Nicolò Migheli

L’undicesimo intervento è di Vito Biolchini

Il dodicesimo intervento è di Franco Meloni

Il tredicesimo intervento è di Vito Biolchini

Il quattordicesimo intervento è di Gianni Mascia

Chi organizza il dibattito fa crescere la società. Qualche domanda sugli intellettuali e la Sardegna di oggi

RODIN-PA aladindi Vito Biolchini

 

 

 

Dopo la (breve) sosta estiva, riprende l’appuntamento con i post del martedì che, oltre che su questo blog, vengono anche pubblicati sui siti della della Fondazione Sardinia, su Tramas de Amistade e su Vitobiolchini.

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Settembre, è il momento di ripartire. L’antico calendario agricolo rivive in noi, nella voglia innata che abbiamo di riprendere le nostre attività con nuovo vigore. Ma è anche il momento di scegliere cosa fare ancora e cosa non fare più. È il momento di immaginare il futuro.

Il bilancio individuale diventa progetto collettivo per chi, in un modo o in un altro, ha deciso di mettere la propria attività intellettuale al servizio della comunità.

(L’intellettuale, dunque, o vive in un sistema di relazioni o non è tale. Esiste oggi in Sardegna questo sistema di relazioni? È abbastanza ampio, ramificato, diffuso, riconosciuto? Prevalgono le aperture o le chiusure?).

A scadenze regolari gli intellettuali pensano di servire a qualcosa, e forse è proprio così. Nelle campagne elettorali, anche soltanto per riempire un programma, la politica ha bisogno di idee, di riflessioni, di ragionamenti in grado di alimentare una realtà possibile. Idee che non possono ovviamente arrivare dal nulla, ma che sono frutto di anni di studio, di confronti, di illusioni e disillusioni, di successi (pochi) e di sconfitte (la maggior parte).

(Gli intellettuali sono coloro che conoscono la strada giusta o forse coloro che più di altri sanno dove si è sbagliato e che errori bisognerebbe non commettere? Perché se così fosse sarebbe chiaro il motivo del sempre più accentuato distacco tra gli intellettuali e la politica, o meglio tra intellettualità critica e politica: perché gli intellettuali che danno ragione alla politica non rimangono mai senza lavoro).

Anche se lo ammette con sempre maggior riluttanza, la politica ha dunque bisogno degli intellettuali, cioè di chi è in grado di collocare un’idea in un tempo (questo) e in uno spazio (il nostro). Ma gli intellettuali sono pronti oggi ad affrontare in maniera dialettica il rapporto con la politica, soprattutto in questi mesi che ci porteranno a rinnovare il nostro Consiglio regionale?

Dei limiti della politica sappiamo tutto, ma quali sono invece i limiti di chi vuole con le proprie idee e le proprie riflessioni migliorare la società? In Sardegna gli intellettuali sono all’altezza dei tempi e delle sfide di oggi?

Per tre mesi a Cagliari si è tenuto un esperimento originale: un gruppo di sei persone (Salvatore Cubeddu, Nicolò Migheli, Piero Marcialis, Fabrizio Palazzari, Franco Meloni e Vito Biolchini), costituitosi in maniera né del tutto casuale né del tutto precisa, ha condiviso riflessioni sulla realtà sarda nel corso di un incontro settimanale dalla durata molto limitata (un’ora circa), tenutosi nella sede della Fondazione Sardinia. A turno ciascuno di essi proponeva la una riflessione scritta che poi veniva condivisa nei blog e nei siti degli altri partecipanti.

(Perché in effetti l’unico criterio con il quale inizialmente si è proceduto è stato questo: era necessario che ogni partecipante avesse un blog o un sito. L’attività intellettuale può essere quindi disgiunta da un’attività di divulgazione delle idee? E quali sono oggi i canali attraverso cui queste idee vengono divulgate? Sono sufficientemente ramificati? Quante persone raggiungono? E con quali ricadute?).

Settembre, è ora di immaginare il futuro, dunque di farsi domande. E se il gruppo di sei persone si allargasse? Se ogni lunedì fossimo in dieci? Ci sarebbero più idee, è vero. Ma come coniugare la maggiore ricchezza di contributi con la necessaria snellezza degli incontri, la cui durata non può certo essere estesa in proporzione ai partecipanti?

E come selezionare i nuovi arrivati? Sempre sulla base di un loro “potere mediatico”? E di quali idee dovrebbero essere portatori i nuovi innesti? Di quelle in cui si riconoscono (seppur con le inevitabili differenze) i sei “fondatori” oppure il confronto sarebbe più proficuo mettendo sul tavolo posizioni anche disomogenee?

Organizzare il dibattito significa contribuire concretamente alla crescita la società. Questo è quello che gli intellettuali possono e devono fare oggi in Sardegna. Prima ancora di lamentarsi dei limiti della politica.

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(Alla fine una decisione è stata presa: il gruppo del lunedì verrà ampliato ad altri tre-quattro blogger, mentre una volta al mese la discussione si aprirà a contributi esterni qualificati, nel corso di incontri che saranno aperti ad un gruppo più ampio di persone).

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Sardegnaeuropa-bomeluzo-stelle-300x211Nel sito di Vito Biolchini gli interventi nel dibattito

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Murgia, Andrea Murgia. Ma chi è quello lì?

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Ma cosa vuole questo Murgia, questo Andrea Murgia? E’ un tecnocrate europeo che farebbe (e forse fa) impazzire i giovani frustrati del master and back, solo master e niente back, perlomeno in terra sarda. Sì, proprio quei giovani che s’illudevano di contare qualcosa solo per essersi fatti il culo a studiare e ad acquisire competenze che valgono solo sulla carta, ma che dalle parti nostre non servono perchè c’è la crisi e comunque davanti ti trovi sempre uno che ha più conoscenze (personali) di te! No, bisogna che qualcuno glielo dica: mission impossible! Com’è che si è messo in testa di sconfiggere prima i big del suo (ora o per ora ex) partito, il PD, e poi addiritura quelli dell’altro partito alleato a Roma, il Pdl di Cappellacci (il peggior presidente della storia dell’Autonomia). Ma come può un tecnocrate uscire dal suo ruolo professionale per assurgere a quello politico, dichiarandosi di essere – udite bene – all’opposizione del governo romano delle larghe intese? Ma chi si crede di essere per affermare che lui i soldi europei li saprebbe spendere tutti e bene. E per lui bene significa creare lavoro, restituire alla Sardegna quei 54000 posti che ha perso in un solo anno. Murgia, Andrea Murgia, parla pacato ma dice cose pesanti. Per esempio che i politici devono accontentarsi di un dignitoso stipendio dirigenziale e stop, senza prebende e gettoni presenza, o ancora, che ci sono troppi sprechi nelle spese sanitarie e che in questo campo non si tratta di risparmiare ma di razionalizzare, che bisogna fare una seria politica dei trasporti esattamente opposta a quella della giunta di centro destra (regali alla Tirrenia, sprechi di milioni di euro nella fantomatica Flotta sarda, incapacità di garantire la continuità territoriale, …), che bisogna valorizzare l’agricoltura sarda, garantendo una giusta remunerazione dei prodotti e liberandola da una burocrazia che non ha saputo cogliere le opportunità dei finanziamenti europei. Punto centrale è l’investimento in cultura e istruzione e l’impegno per la lingua sarda (al riguardo ha invitato i suoi competitor a un dibattito tutto in lingua sarda). E così via nell’illustrazione di un programma che prende corpo nella valorizzazione di quanto di buono già si fa in Sardegna, ma che non trova spazio, rappresentazione e rappresentanza nelle istituzioni. Lui, Murgia, Andrea Murgia, questa rappresentanza vuole garantirla. E per questo si propone ai sardi, privilegiando come interlocutori i giovani e le donne. E’ un’impresa difficile, ma non più disperata, dimostrata dal crescente interesse alla sua proposta, di cui fanno fede le 5500 firme per la candidatura alle primarie del centro sinistra, depositate ieri nella sede del Pd di via Emilia, solo un parte delle oltre 8000 firme che si sono raccolte e si vanno ancora raccogliendo. Se pensiamo che alcuni attenti osservatori davano per problematico il raggiungimento di questo obbiettivo (5000 firme), possiamo riconoscere che l’impresa di Murgia, Andrea Murgia, comincia a convincere. Ma a convincersi della bontà della sua proposta non devono essere solo i giovani intellettuali e i giovani imprenditori che vogliono impegnarsi in terra sarda, ma tanti altri sardi che per rimarcare la sfiducia verso l’attuale classe politica preferiscono disertare le urne, anche quelle delle primarie! (f.m.)

https://www.youtube.com/watch?v=Y0P9pmWEvtQ

Zona franca: liberate Barabba!

di Franco Meloni
Tutti conosciamo la situazione disastrosa dei trasporti (di tutte le vie)  da e per la Sardegna, nonchè della rete interna, con poche eccezioni rispetto ad alcune tratte. Portiamo come esempi negativi la tratta aerea per Milano, per la quale occorre prenotarsi con almeno un mese in anticipo e, riguardo all’interno, il collegamento via treno Cagliari-Sassari (o viceversa) con una percorrenza di oltre tre ore!

Solo considerata questa situazione, in gran parte addebitabile direttamente all’inerzia e incapacità del governo regionale, ma complessivamente alla nostra classe dirigente, risulta non credibile e perfino comica la presa di posizione di Cappellacci e della sua giunta sulla questione della zona franca: per ottenerla (nella forma integrale) si dovrebbe convincere il governo italiano (notoriamente ostile a questa ipotesi) a condurre una dura vertenza con l’Unione Europea, anch’essa poco propensa ad autorizzare le zone franche nelle diverse possibili configurazioni. Ma ve lo immaginate il presidente battere i pugni sui tavoli del governo Letta (o chi altri gli succederà) e della commissione europea, nell’immaginario (e non solo) rappresentata dalla cancelliera (di ferro) Merkel, per far valere le “ragioni dei sardi”? Intanto così come si rivendicano più consistenti fondi europei nonostante non si riesca a spendere nella totalità quelli di cui già si dispone, si vuole una zona franca integrale, di difficile se non impossibile ottenimento e nel mentre non si attuano i punti franchi doganali, quelli già previsti dalla normativa.  In verità su questo versante si è mosso il Consiglio regionale, con una pessima leggina che al massimo potremmo salvare per l’intento (destinato al fallimento, crediamo) di assicurare una “copertura regionale” per la realizzazione dei sei punti franchi. In realtà detta leggina, di complicata attuazione e del tutto inamissibile nella previsione di surroga del potere regionale con quello prefettizio (!)* rischia di impedire quanto di concreto si stava cominciando a fare a Cagliari con la realizzazione del punto franco doganale, già possibile da ben dodici anni. Di questo abbiamo parlato in un editoriale su Aladin a cui rinviamo. Al riguardo segnaliamo inoltre i pregevoli interventi di Antonio Ladu, su Tiscali news (ripresi anche da Aladinpensiero blog).

Ma dobbiamo avvertire che all’impostazione demagogica della problematica, di cui è portatore il movimento per la zona franca integrale che ha coinvolto ben 350 comuni sardi e a Ugo Cappellacci che ne vuole essere condottiero, non si possono opporre solo ragionamenti e richiami alla ragionevolezza, seppur con tutti i possibili approfondimenti, da svolgere in modo aperto e senza pregiudizi. Occorre una vasta e partecipata battaglia di contrasto e soprattutto di rivendicazione di quanto si può e deve fare da subito. Ci riferiamo in modo particolare alla realizzazione del punto franco di Cagliari e degli altri cinque che devono seguire.

Occorre muoversi con tutti i mezzi di comunicazione, al di là dei pochi che già sono attivi, come questo e altri blog, ma anche organizzare iniziative assembleari.

Muoviamoci per impedire che vinca la demagogia, ricordandoci che la folla fanatica  libera Barabba e crocifigge Gesù.

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* Ecco il commento – sdegnato e da noi pienamente condiviso –  di Gesuino Muledda su fb ”se Emilio Lussu dovesse tornare in questa Sardegna entrerebbe a cavallo in Consiglio Regionale per cacciare via questi analfabeti della autonomia che nominano un prefetto commissario della Regione Autonoma della Sardegna.ma dove diavolo erano i “sovranisti”e gli autonomisti? è la prima volta nella storia della autonomia che in una legge si prevede che a una inadempienza della giunta ponga rimedio un prefetto. e i sardisti che cosa facevano?”

Gli OCCHIALI (da sole) di PIERO e la LAMPADA di ALADIN


STEFANO BENNI

Oggi Stefano Benni, bolognese, compie 66 anni.
Troppo lungo elencare le sue attività e pubblicazioni.
A lui, ai suoi libri e alle sue incursioni satiriche (su Cuore, o su Il Manifesto e in tante altre occasioni) dobbiamo tante belle risate, ma anche tante belle riflessioni, anche amare (Achille piè veloce).
Tanti auguri e a cent’anni.

L’ARMADIO DELLA VERGOGNA
C’era una volta (ma non è una fiaba, è un delitto) in un palazzo della città di Roma (capitale di un paese dell’occidente democratico) un armadio.
Esso conteneva 695 fascicoli relativi a crimini di guerra commessi in Italia dai nazifascisti. In tutti i paesi civili un armadio si usa in maniera che le sue ante si possano aprire per mettere e togliere il materiale utile.
Invece quest’armadio era utile con le ante rivolte contro il muro, in modo che neppure per sbaglio qualcuno lo aprisse e ne vedesse il contenuto.
Nel 1994, 50 anni dopo i crimini che nascondeva, un magistrato lo aprì.
In uno dei fascicoli si narrava di S.Anna di Stazzema, in provincia di Lucca.
Il 12 agosto 1944 i nazisti delle SS radunarono 560 persone del paese, vecchi, donne e bambini, li uccisero e li bruciarono.
Chi e perchè ha avuto interesse a nascondere questa e altre stragi nazifasciste che era documentate nell’armadio della vergogna?
Lo Stato italiano, dopo aver fatto un’inchiesta, ha detto che non lo sa.

 

ELETTORANDO

- CAGLIARI GLOBALIST intervista Andrea Murgia, candidato alle primarie del centro sinistra per la presidenza della Regione
- Vito Biolchini sull’intervista di Left a Michela Murgia

SOLIDARIETA’

- Materiale scolastico per i figli dei detenuti di Buoncammino: martedì 13 la raccolta davanti al carcere!, by vitobiolchini

 

 

 

SESSUALITA’ E CIVILTA’

I sessi sono due, ma i generi sono di più.
Lo sanno i nativi americani che non solo accettano la nozione di terzo genere, ma spesso la incoraggiano, considerando sacri e benedetti dagli dei quelli che hanno questa caratteristica.
Essi diventano spesso uomini della medicina, sacerdoti, sciamani.
Possono unirsi in matrimonio con gli uomini più valenti del villaggio o con le donne più coraggiose, che hanno meritato la qualifica di guerriere.
Il terzo genere è pacifico anche in India e in Pakistan.
L’occidente, civile e democratico, ammette invece due generi soltanto.
Così è avvenuto che grandi geni dell’umanità hanno dovuto vivere di nascosto e con vergogna la loro natura e altri hanno pagato col carcere.
Così avviene che a Roma, la città del Papa, del Presidente della Repubblica, del Governo che compra cacciabombardieri per partecipare con stile alla esportazione di democrazia e civiltà, un ragazzetto di 14 anni si uccide: perchè non essere capito è morte sociale e, a volte, semplicemente morte.

QUANDO HAI A CHE FARE CON CERTE TESTE
Leggo che il barbiere dei deputati guadagnerebbe 136mila euro l’anno.
E’ giusto. Ci sono tante di quelle teste…

Sa die de sa Sardigna 2013: pubblicati i video dell’evento “Le cinque domande del 2013, a noi stessi”

Pubblicati i video del convegno “Le cinque domande del 2013, a noi stessi”
Tramas de amistade ha pubblicato i video degli interventi del convegno “Le cinque domande del 2013, a noi stessi” che si è tenuto sabato 27 aprile 2013 nel Palazzo Viceregio di Cagliari. Il cercare di sapere dove deve andare la Sardegna di domani, rispondendo a cinque domande, è stato il tema dell’iniziativa con la quale la Fondazione Sardinia, le associazioni Tramas de Amistade e ‘Riprendiamoci la Sardegna’, il blog del giornalista Vito Biolchini a Aladinews hanno voluto celebrare Sa die de sa Sardigna.

Gli approfondimenti in Aladinews

Riflessione correlata: La Brigata Sassari di Emilio Lussu. Possiamo ripercorre quell’esperienza attualizzandola nei tempi di Erasmus e Master and Back?

La qualità delle istituzioni è la qualità delle persone che le costituiscono. Sono pertanto da costruire nuovi adeguati meccanismi di selezione del personale pubblico a livello politico e amministrativo.

di Franco Meloni

La qualità delle istituzioni pubbliche, intesa come capacità di soddisfare i bisogni espressi o impliciti dei cittadini, è uno dei fondamentali fattori di equilibrio e progresso della società. La qualità dipende essenzialmente dalle persone che costituiscono le diverse organizzazioni e che consentono di perseguire in modo adeguato gli obbiettivi delle loro missioni. Quanto a qualità del personale pubblico, politico e amministrativo, in Sardegna, come pure in Italia, non siamo affatto messi bene e le conseguenze negative si conoscono! In questo intervento mi occupo esclusivamente di personale politico, con qualche considerazione anche sul personale amministrativo di vertice, quello soggetto allo spoils system , che ne consente la sostituzione su basi discrezionali da parte degli amministratori, ad ogni rinnovo elettorale. Dunque, in generale il giudizio sulla qualità dell’attuale classe politica non è positivo e non da ora. Assistiamo infatti da almeno un trentennio a un suo progressivo scadimento; fenomeno che possiamo datare,  con un certa approssimazione, dalla fine degli anni 80, in coincidenza e correlazione con la crisi delle ideologie e dei partiti che ad esse si ispiravano. I partiti fino a quel tempo produttori di programmi e dotati di personale politico qualificato in grado di attuarli, ma anche capaci di catturare una certa parte delle idee formatesi al loro esterno, sono  andati  progressivamente perdendo queste capacità,  riducendosi sempre più a “macchine elettorali”, con  personale politico nominato dalle segreterie centrali (la legge porcellum costituisce al riguardo un esempio eclatante) e in prevalenza sulla base di lealtà verso i capi dei quali garantire la permanenza al potere. Il berlusconismo costituisce una chiara esemplificazione di quanto affermato, anche se non esaurisce il fenomeno nella sua totalità. Nel richiamato passato invece la selezione della classe politica avveniva, nella generalità dei casi, in modo rigoroso, con metodi abbastanza comuni a tutti i partiti quantunque portatori di diverse ideologie e rappresentanti di diversi interessi. Limitando l’esempio ai grandi partiti di massa:  la Democrazia Cristiana selezionava i propri rappresentanti attraverso l’Azione Cattolica, le Acli, la cooperazione e il sindacalismo cattolico, così come il Partito Comunista e  il Partito Socialista selezionavano fondamentalmente attraverso i sindacati, l’associazionismo e la cooperazione di sinistra. Un ruolo importante nella formazione dei dirigenti e rappresentanti nelle istituzioni lo avevano poi le scuole di partito. In generale il cursus honorum, cioè la carriera del politico, veniva costruita nel passaggio dalle istituzioni minori, via via, a quelle di livello superiore, cioè: dal ricoprire le cariche di consigliere o assessore comunale o provinciale a quelle di consigliere o assessore regionale, fino, eventualmente, agli incarichi parlamentari e di governo. Chi arrivava alle alte sfere era dunque ben rodato; poteva certo capitare qualche smagliatura, cioè che passasse una ridotta percentuale di inidonei al ruolo ricoperto. Oggi le proporzioni si sono decisamente rovesciate. Tutto questo lo paghiamo – e molto caro – rispetto alla qualità della gestione pubblica, costituendo la concausa della decadenza del paese. La descrizione fatta è  schematica e non dà conto di consistenti eccezioni, ma corrisponde sostanzialmente alla situazione attuale. A questo punto se non vogliamo cadere nel baratro dobbiamo necessariamente invertire la rotta. E come? Innanzitutto modificando le leggi elettorali, come il vituperato porcellum, che va abolito, aprendole alla partecipazione e consentendo un’effettiva scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentanti. A mio parere occorre riconsiderare positivamente i sistemi proporzionali, che consentono una maggiore rappresentanza dei cittadini e, tutto sommato,  un più alto tasso di governabilità. Al riguardo la recente legge elettorale sarda è un pessimo esempio, in quanto restringe le opportunità democratiche.

Poi occorre ripristinare la democrazia nei partiti, modificandone la forma attuale, sperimentando inedite configurazioni, che solo i giovani possono assicurare, nella misura in cui sia consentito loro di avere ruoli dirigenti negli stessi partiti, auspicando alleanze generazionali ed equilibri di genere. Quest’ultima circostanza comporta un percorso più lungo e difficile, che tuttavia è possibile praticare da subito. Una parte consistente del rinnovamento passa attraverso l’adozione di adeguati meccanismi di scelta dei rappresentanti nelle istituzioni. Al riguardo ciò che maggiormente può garantire la qualità della classe politica è la possibilità effettiva di esercitare sulla stessa il controllo popolare, in attuazione di principi di trasparenza e partecipazione e con l’utilizzo degli strumenti della democrazia digitale, opportunamente facilitati e generalizzati. Ecco perchè i candidati agli incarichi istituzionali devono essere espressi attraverso  serie consultazioni che trovano esplicitazione, non esclusiva, nelle cosidette primarie. Consultazioni aperte e pubbliche quindi per tutte le cariche e per tutti i livelli. Ma non basta: occorrono modalità precise e condivise per raccogliere le candidature e per far conoscere i programmi delle formazioni politiche, dando dimostrazione della adeguatezza dei diversi candidati a ricoprire gli incarichi pubblici. Queste azioni vanno sostenute con il concorso della spesa pubblica, e non sono in alcun modo ascrivibili allo spreco, in quanto contribuiscono ad allargare gli spazi della democrazia.

Calandomi nel concreto, con riferimento alle istituzioni del nostro territorio, regione in primis, per quanto riguarda gli alti incarichi, da assessore a dirigente soggetto allo spoils system, occorre verificare e discutere pubblicamente i curriculum dei candidati, valutando le esperienze effettuate e il loro potenziale innovativo. Che fare allora? Una proposta interessante potrebbe essere quella di prevedere obbligatoriamente (meglio se per legge o regolamento) e comunque da subito, che ciascun candidato a posto di alta responsabilità venga preventivamente sottoposto a valutazione da parte di un’apposita competente commissione, la quale discuta con il medesimo candidato la sua esperienza e con lui si confronti sull’adeguatezza delle qualità tecniche, professionali e relazionali rispetto all’incarico da ricoprire. Le sedute di tali audizioni dovrebbero essere pubbliche e rese accessibili ai cittadini attraverso la televisione e i siti internet istituzionali. Negli Stati Uniti tale procedura è prevista per gli alti incarichi conferiti dal Presidente, che diventano efficaci solo dopo il nulla osta dell’apposita commissione senatoriale. E’ un modello che ha funzionato e funziona. Il Presidente può proporre per alti incarichi pubblici chi vuole, anche suo fratello, ma lo deve sottoporre ad un severo vaglio pubblico, con le modalità accennate. Se la commissione non si convince della bontà della proposta, la stessa viene accantonata con la bocciatura del candidato. Anche l’Unione Europea utilizza una procedura analoga per la conferma dei candidati a commissario europeo. Siffatte procedure applicate, mutatis mutandis, alla casistica italiana farebbero rinunciare molti candidati nel giro di pochi minuti dal colloquio valutativo. Altri invece passerebbero a testa alta, con beneficio della res publica.

Su questi argomenti il dibattito è aperto, ma non si possono ritardare decisioni che devono far prevalere comportamenti virtuosi. Le forze politiche sarde, anche come esercizio di autonomia, si muovano per quanto sanno fare in questa direzione, assumendo le migliori pratiche in vigore nell’ambito europeo ed internazionale. Tutto ciò costituisce un terreno di confronto non secondario anche nella costruzione dei programmi elettorali sardo, italiano ed europeo, che devono contemplare le modalità di gestione virtuosa della cosa pubblica. Anche in questo caso dobbiamo superare un certo provincialismo nella ricerca del meglio, ed è pertinente il richiamo al concetto: la Sardegna e l’Europa si salvano insieme.

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