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La Sardegna e la bioeconomy: i biocarburanti e la chimica verde

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di Vanni Tola
Con questo articolo completiamo l’analisi delle comunicazioni presentate nel convegno “Il Nord Sardegna polo europeo della chimica verde” organizzato a Sassari, nello scorso mese di Settembre, dal Consorzio Provinciale Industriali e dal Dipartimento di Chimica e Farmacia dell’Università. Esamineremo la relazione “Biocarburanti e Biochimica: opportunità e criticità” presentata dal Dott. Guido Ghisolfi presidente della Biochemtex, la società di ingegneria e ricerca del Mossi Ghisolfi Group. La Biochemtex è il secondo gruppo chimico italiano, dopo la Versalis, con un fatturato di tre miliardi e mezzo di dollari. E’ presente negli Usa, in Messico, in Brasile e in altre parti del mondo. Nella Biochemtex operano 250 addetti tra ingegneri, biochimici, agronomi e ricercatori. Nel periodo 2006-2013, la società ha investito in ricerca 250 milioni di euro dei quali 25 destinati allo studio della sostenibilità della filiera agricola nel mondo e alla ricerca e sperimentazione di prodotti agricoli per la biochimica. In Italia la Biochemtex opera unitamente alla Betarenewables con un impianto industriale che si trova a Crescentino (VC). L’impianto è il primo al mondo per la produzione di Etanolo di seconda generazione con una produzione di 40.000 ktpa ricavati da paglia, canna, paglia di riso, pioppo ed eucalipto. Il bioetanolo si produce da cereali, da canna da zucchero o da biomassa cellulosica. Quando si parla di bioetanolo, il pensiero corre immediatamente alla produzione del biodiesel da vegetali solitamente destinati all’alimentazione umana e ai problemi a esso connessi, in particolare alla concorrenza spietata che tale produzione ha determinato nei confronti delle produzioni food in molte aree del mondo. Attualmente le aree dedicate alla produzione del biodiesel sono state ormai individuate e coltivate e non si prevede che possano aumentare. Il Bioetanolo di Prima Generazione, infatti, non “cresce” ulteriormente per motivi di natura economica e per normative che ne limitano la produzione e ne fanno quindi regredire l’importanza. Il Bioetanolo di Seconda Generazione, invece, non compete con terreni dedicati ad alimentazione umana o animale perché viene prodotto da residui o da piante coltivate su terreni marginali abbandonati (il cardo ma anche molte altre). (segue)