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Riflessioni a margine del messaggio della Conferenza Episcopale Sarda.

587861a5-d6c4-41bd-90c8-8e8a3624d706Dai Vescovi sardi un non éxpedit rovesciato”: cattolici impegnatevi in politica!
Riflessioni in margine al messaggio della Conferenza Episcopale Sarda
di Franco Meloni*
«Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l’agricoltura, il commercio e l’industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa, e che gli antichi non hanno avuto torto a rappresentarcela come un paese celebre per la sua grandezza, per la sua popolazione e per l’abbondanza della sua produzione». Questo era in sintesi il pensiero del patriota sardo Giovanni Maria Angioy (nato a Bono nel 1751, morto esule e in miseria a Parigi nel 1808) espresso nel suo memoriale del 1799 nell’inutile tentativo di convincere la Francia ad annettersi la Sardegna, scalzando gli invisi piemontesi. Mi è venuto in mente leggendo il messaggio intitolato “Giovani, lavoro e speranze per il futuro” che la Conferenza Episcopale Sarda ha voluto rivolgere alle chiese e alla società della Sardegna (presentato il 29 ottobre a Sassari a un anno esatto dalla conclusione della 48ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, tenutasi a Cagliari). E spiego il perché. Sicuramente Angioy esagerava nell’enfatizzare le “ricchezze” dell’Isola e sbagliava nel minimizzarne le criticità, ma non aveva torto nel sostenere che le fortune di un popolo (lo sviluppo, la crescita, il benessere), così pure le sue sfortune (sottosviluppo, malessere, povertà), dipendano in larga parte dalla classe dirigente che lo guida, in fin dei conti dalla sua capacità di “buona o cattiva amministrazione”. Sembrerebbero pensarla così anche i Vescovi nel momento in cui non indugiando al pessimismo, come peraltro la realtà descritta giustificherebbe (1) , individuano le premesse di un credibile rimedio alla persistente crisi socio-economica della Sardegna in un rinnovato impegno politico dei cattolici e ovviamente di tutti gli uomini di buona volontà, anche in vista delle prossime elezioni e oltre. Sono espliciti i Vescovi: siano i cattolici “disponibili a candidarsi a far parte della classe dirigente, con sapiente valutazione delle proprie capacità e delle possibilità oggettive di impegno”. Ma, si dirà: sono molti i cattolici già impegnati in politica, in quasi tutti gli schieramenti nella rilevante differenziazione che il venire meno del “collateralismo” ha facilitato. Ciò nonostante sembra proprio che i Vescovi ritengano insufficiente tale impegno, in quantità e qualità, tanto è che sostengono: “la classe politica ha sempre più bisogno, anche al di là delle candidature proposte dai partiti, di persone competenti e preparate, di provata esperienza amministrativa, di moralità indiscussa, di spirito di servizio e di distacco da interessi personali e di casta”. Se tanto affermano è perché probabilmente intendono “stanare” una quantità, allo stato imprecisata, ma sicuramente numerosa di persone con le qualità che hanno ben evidenziato. Detto con una definizione suggestiva ritengono esista in ambito cattolico (e non solo) una sorta di “esercito di riserva della democrazia” da mettere in gioco per il bene della Sardegna. Verosimilmente queste persone – in certa parte conosciute e in altra parte da rintracciare – sono tra coloro che praticano quel “persistente astensionismo” che preoccupa i Vescovi, mentre, al contrario, le stesse avrebbero il “dovere morale di partecipare con responsabilità e piena consapevolezza ai prossimi appuntamenti elettorali” e, in generale, alla vita politica. E non bisogna fermarsi allo stato delle “risorse disponibili”; infatti i presuli intendono impegnarsi maggiormente nella “formazione della coscienza politica del laicato”, lasciando intravedere al riguardo il rilancio di scuole di formazione e di altre pertinenti iniziative culturali aperte e in collegamento con tutte le organizzazioni democratiche. Così descritte le cose, i Vescovi, anche se evitano toni severi, richiamano precisamente i cattolici (e tra essi i più preparati e perciò più “responsabili”) ad evitare peccati di omissione dell’esercizio della carità, “ricordando, con le parole di San Paolo VI [più volte riprese da Papa Francesco e dai suoi predecessori], che proprio il servizio nella polis costituisce la più alta forma di carità”. Se dunque è la “partecipazione” la chiave giusta per ridare speranze di rinascita al popolo sardo, occorrono impegni concreti per favorirla. Lo si faccia avendo come chiaro e virtuoso riferimento l’art. 3 della nostra Costituzione, laddove al comma 2 recita: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Al riguardo si metta mano alle modifiche delle leggi elettorali, a cominciare proprio da quella sarda che è un esempio di ostacolo alla partecipazione politica dei cittadini alla gestione della cosa pubblica.
Per concludere sembra pertinente il richiamo di mons. Filippo Santoro, presidente del Comitato organizzatore della 48ma Settimana Sociale, ai contenuti della “rilevanza pubblica dei cattolici” che deve “svilupparsi sino ad incidere sui problemi vitali delle persone e della società, quali il lavoro, la famiglia, la scuola, la difesa della salute, dell’ambiente e dei migranti… il problema della povertà nelle sue forme differenti che è una ferita alla dignità umana da curare e risanare”. Quanto al metodo da utilizzare, sostiene Santoro che occorre “coinvolgere nell’azione persone di buona volontà anche se provengono da esperienze culturali differenti, come accaduto, con il contributo dei parlamentari cattolici nella stesura della nostra Costituzione repubblicana”. Insomma, c’è da dibattere e lavorare, nella consapevolezza che occorre maggiore dinamismo e disponibilità all’incontro esattamente come auspicato, ovviamente sorretti da spirito evangelico e da correlato ottimismo della volontà!
(1) Dicono i Vescovi: il messaggio “non intende essere un elenco di lamentazioni, quanto piuttosto un invito ad una speranza … con grande fiducia al futuro attraverso gli atteggiamenti che possono generare processi positivi”.
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*L’articolo è apparso, in una versione leggermente sintetizzata, su Nuovo Cammino, periodico della Diocesi di Ales-Terralba di domenica 11 novembre 2018.
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