Economia & Lavoro
Giovedì 13 aprile 2023 Commenti Opinioni Riflessioni Eventi
Il reddito universale di base sarà la soluzione alla disoccupazione tecnologica?
Numerosi esperimenti indicano che la certezza di una entrata fissa migliora la qualità della vita, ma l’impegno generalizzato potrebbe essere insostenibile per gli Stati. La discussione è comunque aperta.
di Maddalena Binda e Milos Skakal su Futura Network
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Come l’Ai sta cambiando il mondo del lavoro: tra competenze, questione di genere e sostituzione
Tre studi Ocse per capire il mercato del lavoro futuro. Quasi triplicati gli impiegati nel settore Ai nell’ultimo decennio. Il Pil globale potrebbe aumentare di dieci volte. Ma l’intelligenza artificiale resta ancora una questione per “giovani, maschi e istruiti”.
di Flavio Natale su Futura Network
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I diritti dei cittadini e l’autonomia differenziata
13 Aprile 2023
Alfio Desogus – Comitato sardo “No autonomia differenziata”
Per valutare in modo adeguato le prospettive e le iniziative assunte dal Governo sull’Autonomia Differenziata, è importante, se non decisivo, approfondirne le implicazioni e le conseguenze sui diritti dei cittadini. Si avverte, infatti, il rischio che il ddl sull’Autonomia Differenziata (AD), approvato il 2 febbraio 2023, e riapprovato successivamente […]
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Impegni per lunedì 27 marzo 2023. Il Parco di Molentargius e la riattivazione della salina: una straordinaria opportunità per accrescerne la valorizzazione ambientale
Oggi mercoledì 30 novembre 2022
Eventi, Opinioni, Commenti e Riflessioni—————————————
Manovra, solo tante piccole bandierine
30 Novembre 2022
Alfiero Grandi su Democraziaoggi.
La legge di bilancio 2023 è diversa da quanto le destre avevano annunciato in campagna elettorale. Da un lato è evidente il tentativo della maggioranza di affermare che il governo va avanti come promesso, senza però riuscirci perché la realtà è diversa da quella delineata in campagna elettorale. Dall’altro, Giorgia Meloni si è resa […]
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Palestina
Palestina Occupata: uccisa dai soldati israeliani la nota giornalista di Al-Jazeera, Shirine Abu-Aqla
11.05.22 – ANBAMED
Non vogliono testimoni all’irruzione delle truppe israeliane a Jenin. È stata uccisa dalle pallottole dei soldati dell’occupazione la giornalista palestinese Shireen Abu Aqleh, corrispondente di Al Jazeera dalla Palestina occupata. È stata colpita da un proiettile in testa. (Segue)
Oggi giovedì 20 gennaio 2022
——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni———
Indizi per sapere chi sarà il Presidente!
20 Gennaio 2022
Amsicora su Democraziaoggi.
Ecco un contributo imperdibile alla discussione sull’elezione del presidente della Repubblica. Leggendo bene fra le righe si scopre il profilo.
Bibbidi-bobbidi-bu
Salagadula megicabula bibbidi-bobbidi-bu
Se le pronunci che avviene laggiù?
Bibbidi-bobbidi-bu
Salagadula megicabula bibbidi-bobbidi-bu
Fa la magia tutto quel che vuoi tu
Bibbidi-bobbidi-bu
Salagadula dà
megicabula fa
ma la formula inver che val di più
è bibbidi-bobbidi-bu
Salagadula megicabula bibbidi-bobbidi-bu
Fa la magia tutto quel che vuoi tu
Bibbidi-bobbidi-bu
Salagadula […]
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Si discute di … LIFE Skills ovvero tempo perso
20 Gennaio 2022
Caterina Gammaldi su Democraziaoggi.
Spesso mi chiedo se sia il caso di riproporre alla politica la lettura della Recherce per discutere delle istituzioni democratiche, in un tempo che solleva molte questioni irrisolte. Ho letto con attenzione la proposta di legge n. 2372 approvata alla Camera qualche giorno fa – primo firmatario Lupi peraltro in buona compagnia – sull’introduzione […]
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Primo Seminario online di Costituente della Terra: Geopolitica della conoscenza digitale
La nostra “Costituente Terra” perseguendo il suo progetto della promozione di un nuovo pensiero e di una critica della deriva in atto ai fini dell’instaurazione di tale nuovo ordine mondiale, comincia il suo programma per il 2021, con un seminario volto a porre in questione la grande realtà mitica del nostro tempo: l’informatica e la digitalizzazione universale. [segue]
Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Una questione mal posta
La sedia
di Vanni Tola
Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Una questione mal posta. I fatti in breve. La Sogin (Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi), ha pubblicato la “Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee” ad ospitare il deposito dei rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese. Nell’elenco sono indicate sette regioni (compresa la Sardegna) e 67 comuni, 14 dei quali distribuiti tra l’Oristanese e il medio Campidano. La “Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee”, ufficializzata in questi giorni è solo il frutto di un lungo lavoro di studio – esclusivamente tecnico – basato su criteri geologici e logistici che hanno scremato le aree ritenute utilizzabili, fino ad arrivare alle 62 indicate nel documento finale. [segue]
Appello di cattolici sardi: un Patto di tutti i Sardi per la Sardegna
Pubblichiamo volentieri e diffondiamo un appello di cattolici sardi che preoccupati della situazione generale e, in particolare della Sardegna, sollecitano un impegno corale dei cittadini sardi e delle Istituzioni per arrestare il declino della regione e lavorare uniti per un suo nuovo sviluppo, volgendo la terribile crisi dovuta all’epidemia covi-19 a nuove prospettive. Torneremo sui contenuti dell’appello che abbiamo istantaneamente collegato alle esortazioni di Papa Francesco, significativamente all’appello da lui fatto al termine delle giornate del The Economy of Francesco e al documento finale dello stesso evento denominato “Patto di Assisi”. I cattolici in fondo delineano la proposta che insieme con tutti gli uomini di buona volontà si costruisca un “Patto di Assisi per la Sardegna”. (fm)
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“Non ci si salva da soli”. Per battere il Covid in Sardegna è urgente la “buona politica; non quella asservita alle ambizioni individuali o alla prepotenza di fazioni o centri di interessi”.
Appello di cattolici sardi
Premessa. Noi cittadini sardi, cattolici ispirati dai valori del Vangelo, fedeli agli insegnamenti del Concilio Vaticano II e della dottrina sociale della Chiesa, convintamente riproposti dalle ultime illuminanti encicliche di Papa Francesco, ci dichiariamo preoccupati e angosciati per il precipitare della situazione economica della Sardegna, con il portato di sofferenze materiali e psicologiche per un numero crescente di persone appartenenti a tutti gli strati della società sarda, specie dei meno abbienti. Chiediamo pertanto a tutti, a partire da quanti hanno responsabilità pubbliche, nelle Istituzioni e nelle altre organizzazioni della Società, e a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà, un impegno corale che, nel rispetto delle differenze delle diverse appartenenze politiche e culturali, ci renda solidali e attivi per uscire dalla situazione di crisi e difficoltà antiche e attuali della nostra regione.
1. La Sardegna nel momento in cui ha bisogno della più grande ricostruzione morale sociale ed economica della sua storia contemporanea – che può iniziare proprio dalla lotta al Coronavirus e ai suoi devastanti effetti – risulta paralizzata da un insieme di contraddizioni che si scaricano soprattutto sui più deboli.
La pandemia da Coronavirus ha ulteriormente aggravato le già precarie condizioni economiche e sociali della Regione. L’aggiornamento congiunturale dell’economia della Sardegna del novembre 2020, pubblicato dalla Banca d’Italia, sottolinea la forte negatività di tutte le variabili ( molto peggio di quanto accaduto a livello nazionale) dal PIL ai consumi, dalle esportazioni all’occupazione, dal fatturato agli ordinativi di tutti i settori dall’agricoltura all’industria, dal commercio, all’edilizia dal turismo ai servizi. Gli effetti di questa crisi strutturale avranno pesanti conseguenze oltrechè sul piano sociale anche su specifiche situazioni come l’emigrazione dei giovani istruiti, l’ulteriore spopolamento dei piccoli comuni, l’incremento dei livelli di povertà.
2. Principali emergenze
In diversi settori fondamentali le situazioni di crisi si sono aggravate negli anni.
- Nella scuola, nella formazione, nell’Università e nella Ricerca, comparti in cui si ampliano i divari tra i partecipanti a tutti i livelli – con esclusioni dettate in grande misura dalle condizioni economiche di partenza delle famiglie – oggi anche acuiti dalla formazione a distanza.
- Nei trasporti perennemente incerti al punto di togliere ai sardi il diritto costituzionale alla mobilità. E’ dei giorni scorsi la dichiarazione relativa all’interruzione dal 1° dicembre di tutti i collegamenti navali in convenzione.
- Nella sanità, con i tagli sistematici agli organici, l’annuncio di riforme penalizzanti nei confronti dei territori, l’intasamento degli ospedali; il taglio delle borse di studio per le specializzazioni mediche. Questioni ben rappresentate in questo periodo dal malessere dei sindaci di fronte all’enormità dell’emergenza sanitaria disperatamente affrontata dai medici, dal personale sanitario, dagli operatori delle cooperative sociali e del volontariato a cui va la nostra solidarietà
- Nelle pubbliche amministrazioni, in tutte le diverse articolazioni, dove si aggrava la farraginosità burocratica al punto da compromettere i diritti dei cittadini, ma anche delle imprese, ostacolate anzichè sostenute nella funzione di creare lavoro per uno sviluppo economico eco-sostenibile.
Nella politica, segnata dal crollo della partecipazione dei cittadini sardi agli eventi elettorali e, spesso , da carenze programmatiche e attuative che rischiano di mettere a repentaglio i diritti della persona e perfino del rispetto della dignità umana. Nell’emergenza attuale, che riguarda tutti, ad essere maggiormente colpite sono, come sempre, le fasce sociali più deboli della popolazione: giovani, donne, anziani, poveri di ogni tipologia e, tra essi, ammalati, persone con basso livello culturale, analfabeti digitali, i residenti nei piccoli centri dell’interno, disoccupati.
Le famiglie che già vivevano in situazioni di disagio prima dell’inizio dell’emergenza sanitaria, versano oggi in situazioni di gravissima difficoltà, come testimoniano anche i recenti dati della Caritas sull’aumento della povertà assoluta e relativa.
La Sardegna ha bisogno, dunque, di interventi concreti sulle politiche per la famiglia, i giovani, il lavoro e le imprese, la questione ambientale, la sanità, la scuola, le infrastrutture, l’Università, la ricerca, le nuove tecnologie, la lotta alla corruzione.
3. La buona politica
Sulle orme di Papa Francesco chiediamo per la Sardegna “l’urgenza della buona politica; non di quella asservita alle ambizioni individuali o alla prepotenza di fazioni o centri di interessi. Una politica che non sia né serva né padrona, ma amica e collaboratrice; non paurosa o avventata, ma responsabile e quindi coraggiosa e prudente nello stesso tempo; che faccia crescere il coinvolgimento delle persone, la loro progressiva inclusione e partecipazione; che non lasci ai margini alcune categorie, che non saccheggi e inquini le risorse naturali […] che sappia armonizzare le legittime aspirazioni dei singoli e dei gruppi tenendo il timone ben saldo sull’interesse dell’intera cittadinanza”
L’obiettivo principale della Politica deve essere, in questo frangente, la salvezza della la dignità delle persone, concentrando ogni sforzo sul lavoro, sulla ricerca del bene comune e non sull’assistenzialismo.
4. Piano straordinario e Piano per la Rinascita
Si metta perciò a punto un piano straordinario di investimenti da far partire al più presto, non oltre il 1° gennaio 2021. Quando la moratoria statale sui licenziamenti finirà e termineranno le risorse straordinarie per la cassa integrazione, gran parte dei lavoratori più deboli e meno qualificati perderà il lavoro col rischio più che concreto di rimanere intrappolata in una condizione di impoverimento per lungo tempo. Pertanto è necessario fin da ora intervenire con determinazione, anche con provvedimenti legislativi straordinari, sulle ben note emergenze create dalla pandemia.
Ma anche risulta indispensabile elaborare la fase della ricostruzione con un Piano per la Rinascita da costruire da parte delle Istituzioni con la collaborazione delle parti sociali – datoriali e sindacali – dei cittadini e delle loro organizzazioni, nella pratica della sussidiarietà, affinché si immaginino e si costruiscano percorsi di riqualificazione e affiancamento sociale condivisi e in grado di traghettare non solo le vittime del lockdown, ma l’intera Sardegna nella fase del post Covid. Questo piano indispensabile anche per utilizzare al meglio le ingenti risorse, che dovrebbero arrivare dal Recovery fund dell’Unione Europea. Si corre il rischio, infatti, che tali risorse vengano male utilizzate o sprecate se non si dovessero avere le idee chiare sulla loro destinazione e modalità d’impiego.
5. Unità per il bene della Sardegna
Come cattolici apprezziamo e sosteniamo il valore e l’importanza del pluralismo e della dialettica tra le forze politiche. Ma oggi, in questi tempi straordinari, le contrapposizioni devono mitigarsi lasciando posto al perseguimento di una grande unità tra le forze politiche e istituzionali. Il bene della Sardegna e della sua gente vale molto di più di piccoli vantaggi elettorali.
Speravamo tutti che questa pandemia da Covid-l9 cessasse e si potesse riprendere la vita nella sua normalità. Ma non è così. L’emergenza non sarà di breve durata e siamo certi che molto non sarà più come prima e che dobbiamo acquistare capacità politica di disegnare e realizzare nuovi e inediti scenari, come abbiamo cercato di argomentare in questo scritto.
Nell’esperienza drammatica che stiamo vivendo, e che ci ha fatto toccare con mano quanto siamo collegati e interdipendenti, ci è consegnata questa lezione: come il contagio avviene per contatto anche l’uscita dall’emergenza è possibile nel fare corpo unico. Non ci si salva da soli.
6. «Non sprechiamo la crisi!»
Rammentiamo in conclusione il recente messaggio della Conferenza Episcopale Italiana alle comunità cristiane in tempo di pandemia: “Viviamo una fase complessa della storia mondiale, che può anche essere letta come una rottura rispetto al passato, per avere un disegno nuovo, più umano, sul futuro. «Perché peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi» (Papa Francesco, Omelia nella Solennità di Pentecoste, 31 maggio 2020)”.
Noi, cattolici sardi, raccogliamo queste esortazioni e chiamiamo tutte e tutti agli impegni che sinteticamente e sicuramente non esaurientemente abbiamo delineato in questo nostro appello.
Cagliari, giovedì 26 novembre 2020
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Seguono le firme
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The Economy of Francesco
The Economy of Francesco, 21 novembre 2020
Noi giovani economisti, imprenditori, change makers del mondo, convocati ad Assisi da Papa Francesco, nell’anno della pandemia di COVID-19, vogliamo mandare un messaggio agli economisti, imprenditori, decisori politici, lavoratrici e lavoratori, cittadine e cittadini del mondo, per trasmettere la gioia, le esperienze, le speranze, le sfide che in questo periodo abbiamo maturato e raccolto ascoltando la nostra gente e il nostro cuore. Siamo convinti che non si costruisce un mondo migliore senza una economia migliore e che l’economia è troppo importante per la vita dei popoli e dei poveri per non occuparcene tutti. Per questo, a nome dei giovani e dei poveri della Terra, noi chiediamo che:
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La Sardegna fuori dall’economia del profitto. Sabato 21 novembre a Cagliari la manifestazione sarda della Società della Cura
Sabato 21 novembre 2020 a Cagliari, in via Roma, sotto la sede del Consiglio Regionale, alle ore 15.00 e nel pieno rispetto delle norme anti-Covid si svolgerà l’appuntamento sardo della manifestazione nazionale che si terrà in tutte le piazze italiane organizzato da “La società della cura, fuori dall’economia del profitto”. Un sit-in e assemblea lanciati da una rete di persone, comitati, associazioni, movimenti, esperienze autogestite, realtà studentesche, sociali e sindacali per avviare un piano di radicale conversione ecologica, sociale, economica e culturale della società. La manifestazione si svolgerà anche in diretta dalla pagina Facebook de La società della cura – Sardegna. [segue]
Che succede?
Ripensare la teoria economica ai tempi del Covid
Emilio Carnevali
Sbilanciamoci! 12 Novembre 2020 | Sezione: Apertura, Economia e finanza
L’epidemia di coronavirus ha assestato un altro duro colpo a quel “nuovo consenso” in macroeconomia già messo in discussione dalla crisi finanziaria del 2007/2008. E nel nostro paese nasce la Rete Italiana Post-Keynesiana.
Cambiare si può, cambiare si deve
Impegnati nella divulgazione (e nel dibattito relativo) delle due encicliche di Papa Francesco, facciamo seguito ai numerosi interventi già ospitati dalla nostra News e, in particolare, all’ultimo editoriale del direttore, per dare spazio all’importante contributo di Mario Agostinelli, che sotto riportiamo integralmente dalla rivista online Sbilanciamoci!.
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Da Laudato Si’ a Fratelli Tutti: lavoro e conflitto sociale oltre lo sviluppo
di Mario Agostinelli
Sbilanciamoci! 11 Novembre 2020 | Sezione: Alter, Lavoro, primo piano.
Papa Francesco a cinque anni di distanza dalla Laudato Si’ ci propone con Fratelli Tutti un nuovo cambio di paradigma che dall’emergenza climatica mette al centro questa in rapporto al lavoro. Una riflessione sul cambiamento antropologico che serve all’umanità.
Dopo cinque anni di esperienza a contatto di una Associazione che ha preso ispirazione dall’Enciclica Laudato Si’, traggo la convinzione che le resistenze politico-culturali, oltre che ad un irresponsabile rigetto del monito di Francesco, siano dovute principalmente al rifiuto di separarsi definitivamente dall’idea dello “sviluppo”. Un rifiuto che continua ad alimentare un’illusione rivelatasi al fondo un disastro: che cioè l’aumento della torta da spartire in base alla crescita non avrebbe trovato limiti nelle risorse della biosfera e non avrebbe fatto i conti con la rapacità del sistema capitalista nell’appropriarsi delle ricchezze provenienti dal lavoro e dalla natura. Occorre riconoscere che anche tra le maglie del progressismo lo sviluppo è stato insignito di un favore largo, nella convinzione che le nazioni “avanzate” potessero indicare ai paesi ritardatari la strada da intraprendere per allinearsi e misurare il miglioramento della loro prestazione economica misurata dal PIL. Dopo aver preso in custodia la loro economia, la sbalorditiva varietà dei popoli si sarebbe ridotta ad una classifica basata sul debito contratto e preteso e sulla ricchezza prodotta e immancabilmente depredata. Almeno dal secondo dopoguerra fino al suo declino con l’inizio del nuovo secolo, questa riduzione delle differenze culturali, sociali, naturali, che fanno dell’umanità un punto di osservazione plurale e cosciente della biosfera entro cui convive, ha tenuto banco, contaminando la gran parte delle culture politiche. Le merci e il loro consumo si son eretti a mezzo di comunicazione quando non a scopo dell’esistenza e si è creato uno spazio sociale transnazionale nel quale il tempo veniva ad essere in continua accelerazione. Rompere uno schema così potenzialmente inclusivo, eppure distruttivo, è il compito che Francesco si è dato ed è la misura dell’ostilità incontrata da un autentico capovolgimento di valori.
Le élite mondiali ed i media transnazionali si sforzano di dare credibilità ad una loro rappresentazione della civiltà industriale che garantisca in prospettiva il livello minimo dei diritti umani e delle condizioni ambientali, assicurando comunque per l’impresa la massimizzazione dei profitti. Ma non esiste misura per trovare un equilibrio tra i tre contendenti, se non la pratica di un conflitto in cui lavoro e natura stanno dalla stessa parte. Un conflitto giunto ad un punto di rottura che riguarda la messa in discussione radicale del sistema. Sono i fatti a dimostrare che il ricorso senza limiti al consumo di natura ed i danni provocati dallo sfruttamento del lavoro tramutano quello che viene spacciato per sviluppo – un termine ormai privo di significati positivi – nel lento declino della vita vegetale e animale. Di fatto, si tratta di un pezzo di archeologia ormai in decomposizione quanto l’antropocentrismo e tanto meno attrattivo per le nuove generazioni, quanto più logorato dall’ingiustizia sociale e dal danno alla salute che ne hanno accompagnato la parabola. Non solo nelle parole del papa, ma nelle stesse preoccupazioni della scienza, esso, da consunta utopia, cede ormai il passo ad un bisogno di sopravvivenza, che può sussistere solo in armonia con la natura e come tensione cosciente verso una storia in comune, fatta di innumerevoli relazioni ed interconnessioni, visibili o invisibili, di cui “niente ci risulta indifferente”. Siamo, insomma, ad una svolta storica, ad una scoperta e, dall’altro lato, ad un “necrologio” – come afferma Wolfgang Sachs – che non a caso non ci è dato di elaborare quanto prima possibile. Possiamo però chiederci perché e cercare di scorgere quale sia il passo in avanti compiuto dalla seconda enciclica, che, al di là di ogni dubbio, tratta esplicitamente di politica e di un soggetto politico da definire nelle stesse settimane in cui Trump non risulta un semplice incidente, dal momento che non solo negli USA, ma anche vicino a noi si manifestano compulsioni che si riflettono in lui come in uno specchio.
Nonostante non ci fosse angoscia nelle pagine di una Enciclica premonitrice che invita a “camminare cantando”, ma una carica avvincente al rinnovamento, non è bastata la sintonia con l’affermarsi del movimento degli studenti di Greta né il crescente protagonismo delle donne in ogni regione del mondo, per incrociare un linguaggio o una pratica che imprimessero correzioni all’agenda dei governanti. Probabilmente lo stesso Francesco, così ostinatamente coerente ad ogni sua esternazione pubblica, riconosce che la Laudato Si’ peccò di ottimismo e non ci sono stati gli effetti sperati. Oltretutto, sulla scena globale, se si fa eccezione per qualche movimento degli “ignudi” nelle campagne o nelle foreste, il mondo del lavoro nel complesso si è mostrato incerto o poco attivo, mentre nel disagio sociale la democrazia ha fatto passi indietro, lasciando il campo ad una politica ostile all’austerità, insensibile ai limiti della natura e orientata all’economia dello scarto. Così, la nuova leva di leader autoritari e le corporation globali non hanno affatto desistito nel loro percorso involutivo: anzi, hanno concordemente intuito che, con la fine dell’era fossile e la limitazione dell’estrazione delle risorse naturali, la sconfitta inferta negli ultimi decenni a danno del bene comune e delle classi meno abbienti si sarebbe potuta arrestare se non addirittura ribaltare. Per il capitalismo globalizzato è parso giungere il momento per rendere ancora più aspro il conflitto con la crescente massa dei salariati e più pressante l’alienazione degli ultimi, sia nei confronti del lavoro sia verso la natura. Nelle strette di un cambio di passo con la pretesa di una resa dei conti, si è fatta strada – non solo ai piani alti, ma in molte fasce di popolazione temporaneamente protette – un’interpretazione del futuro prossimo del tutto incompatibile con il pensiero del pontefice argentino: non ci sarebbe stato più spazio per tutti gli scartati sul pianeta; il simulacro del PIL e il ruolo della finanza avrebbero assicurata la competizione più ostile e avida nei mercati; perfino l’idea di sviluppo si sarebbe potuta mettere in dubbio, ma avrebbe resistito all’erosione purché la si colorasse “un poco di verde”. A ruota, i media si sono distinti, da un versante, nel negare che fosse necessaria una rottura per riprogrammare modi e finalità di una produzione che aggredisce salute, ambiente e vite, da un altro, nel far sparire nel silenzio le domande più coinvolgenti sulla portata dell’Antropocene e sul ruolo non settario delle religioni in un mondo dilaniato ed in decomposizione ed in un tempo che sta tragicamente venendo a mancare (interrogativi consegnati ad una reazione niente affatto scontata, così ben rimarcati e rappresentati da un riflesso bianco che avanza nel buio di un Venerdì di pioggia in una piazza San Pietro deserta…).
La posta oggi è alta; forse più di quanto lo fosse cinque anni addietro, perché la pandemia ha accorciato ancor più i tempi. Ed è pertanto in un contesto aggravato che dobbiamo valutare il “rilancio” di Bergoglio attraverso la nuova enciclica “Fratelli Tutti”. Fortunatamente, Landini, i metalmeccanici e il sindacato stanno ribattendo senza arretramenti all’offensiva di Confindustria in una partita apertissima, il cui esito sarebbe ancora più incerto se terreni di scontro tra loro disconnessi si frazionassero ulteriormente. Non arriverei certo qui a sostenere che ci debba essere un nesso tra due versanti – i contratti e la predicazione – ovviamente autonomi e indipendenti. Ma come non riconoscere che il mondo cui si rivolge Francesco abbia necessità di poter contare anche sulla riconversione della produzione verso valori d’uso condivisi e sulla dignità del lavoro, affinché si possa aver cura della Terra, del clima e della giustizia sociale? Basta leggere – e rileggere, se occorre – il testo firmato il 3 di Ottobre del 2020 nella Basilica di Assisi. Il papa riprende sul terreno esplicito dove si sarebbe dovuta collocare la politica – cosa che quest’ultima non ha fatto – l’intero discorso del cambiamento strutturale antropologico, economico, finanziario e sociale auspicato, ma platealmente eluso. Ovviamente non si ripete, ma articola su altri temi e terreni la stessa provocazione di un cambio d’era evocata un lustro prima. Una boccata d’aria per credenti, non credenti, movimenti popolari, democrazie, forze sociali, forze politiche impegnate in cantieri spesso smarriti: un messaggio ed una alleanza da non lasciarsi sfuggire, anche se risulterà complesso comporre il quadro entro cui superare e sconfiggere l’involuzione nazionalista, populista e xenofoba, che comprime gli scarti e le povertà che dilagano nella società mondiale.
Parlo di alleanza da costruire perché abbiamo a che fare più con una pietra angolare che non con un edificio già strutturato. La diagnosi papale dei mali del mondo è oggettiva ed esplicita, ma la “pars construens”, anche quando luminosa e circostanziata, resta debole. Manca un anello: non è un limite di pensiero o di intenti, è un guasto – forse irreparabile – nell’ordine delle cose: la fraternità e l’amore universale non hanno ancora la forza che ha animato i movimenti politici in nome della libertà e dell’uguaglianza. A meno che, con il capovolgimento che nella Lettera viene concepito come una nuova gerarchia nella triade libertà-uguaglianza-fraternità si riscopra un primato di sorellanza e fratellanza tra gli individui ed un rapporto nuovo tra loro e la natura mediato dal lavoro: un lavoro che, avrebbero detto Marx ed Engels di metà Ottocento , “produce l’accrescimento della natura umanizzata senza provocare la scomparsa della primordiale natura amica”, ovvero, un lavoro che si autolimita a creare valore d’uso in un mondo in cui la sufficienza soppianta l’efficienza e il profitto cessa di essere identificato col fare impresa.
Dopo le sconfitte, rimangono due certezze: rivalutare la memoria come fonte di valori inalienabili e dare titolo di rappresentanza al fondo del barile dell’ingiustizia sociale e ambientale. Non sorprende allora se si dichiara senza mezzi termini che “Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati”, con un attacco frontale al principio su cui si regge un sistema capitalistico sempre più raffinato e corroborato dalla tecnocrazia. E non ci si stupisce nemmeno quando viene ribadita “la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata”, riprendendo così, all’interno delle contraddizioni laceranti tra sistema d’impresa, società e natura, il contestatissimo art. 41 di una Costituzione di democrazia sociale come quella della nostra Repubblica. Tanto meno meraviglia il ricorso ad una “consapevole coltivazione della fraternità”, come antidoto alla restrizione della libertà quando questa appaga solo per possedere o godere e come inveramento di una uguaglianza, che, se è definita solo in astratto, viene in realtà minata dall’individualismo competitivo.
Affermazioni non proprio ordinarie e difficili da elaborare sui due piedi dai commentatori di routine, che ne sono usciti spaesati, preferendo parlare di sé, anziché di un contenuto davvero complesso. Ci hanno provato infatti subito da destra, dando al papa del comunista, (Marcello Veneziani), dal centro, citando la triade della Rivoluzione Francese come “ponte” tra Illuminismo e Cattolicesimo e lamentando una tardiva rivalutazione della tecnica (Massimo Cacciari) ed anche da sinistra, richiamando la sproporzione tra ricchezza delle denunce e scarsezza dei rimedi (Pietro Stefani).
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Oggi venerdì 30 ottobre 2020
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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
De Masi oggi alla “Scuola di cultura politica F. Cocco”. Il valore di una partenza
30 Ottobre 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
La “Scuola di cultura politica Francesco Cocco“ avvia oggi la sua attività con una lezione di uno dei più autorevoli e ascoltati intellettuali italiani, Domenico De Masi, e su un tema centrale del noostro tempo il c.d. lavoro veloce. Due segnali importanti: “docenze” ai massimi livelli e su argomenti incandescenti quanto all’attualità e alle […]
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Col MES il parlamento può decidere sulla sanità
30 Ottobre 2020
Alfiero Grandi su Democraziaoggi.
Sono stato contrario al Mes e al condizionamento esterno usato per mettere in riga gli italiani e costringerli ad accettare scelte altrimenti indigeribili.
L’episodio più grave è stata la modifica dell’articolo 81 della Costituzione che ha introdotto l’obbligo del “pareggio” di bilancio, dal quale ci si può scostare solo con un voto qualificato del parlamento […]
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Il blasfemo omicida, i giusti credenti. Quell’umile seme di pace
Andrea Riccardi
venerdì 30 ottobre 2020 su Avvenire.
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L’enciclica. Fratelli tutti, la via di Francesco per non cedere all’ingiustizia
Franco Cardini venerdì 30 ottobre 2020 su Avvenire.
L’enciclica è un capolavoro autenticamente tradizionalista, in senso sia cristiano sia universalistico, e profondamente rivoluzionario secondo la legge dell’Amore.
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