Leone XIV

img_3848Papa Leone XIV, l’omelia della prima Celebrazione
La prima Messa celebrata dal Santo Padre all’interno della Cappella Sistina questa mattina

Nella mattinata di oggi, venerdì 9 maggio, il Pontefice Leone XIV ha presieduto la sua prima celebrazione con i Cardinali elettori, all’interno della Cappella Sistina.

Le prime parole
[Kalaritanamedia] Di seguito il testo dell’omelia, pronunciata in italiano dopo alcune parole in lingua inglese in cui il Santo Padre ha inizialmente invitato i cardinali a riconoscere quanto di meraviglioso ha donato loro il Signore e tutti, riprendendo così le parole del Salmo responsoriale. Per poi affermare: «Mi avete chiamato per portare la croce, alla benedizione di questa missione: so che posso contare su ognuno di voi, per camminare insieme a me e continuare insieme come Chiesa, come una comunità di amici di Gesù e di credenti, per annunciare la Buona Notizia».

L’omelia
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Con queste parole Pietro, interrogato dal Maestro, assieme agli altri discepoli, circa la sua fede in Lui, esprime in sintesi il patrimonio che da duemila anni la Chiesa, attraverso la successione apostolica, custodisce, approfondisce e trasmette. Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, cioè l’unico Salvatore e il rivelatore del volto del Padre. In Lui Dio, per rendersi vicino e accessibile agli uomini, si è rivelato a noi negli occhi fiduciosi di un bambino, nella mente vivace di un giovane, nei lineamenti maturi di un uomo (cfr CONC. VAT. II, Cost. Past. Gaudium et spes, 22), fino ad apparire ai suoi, dopo la risurrezione, con il suo corpo glorioso. Ci ha mostrato così un modello di umanità santa che tutti possiamo imitare, insieme alla promessa di un destino eterno che invece supera ogni nostro limite e capacità.

Pietro, nella sua risposta, coglie tutte e due queste cose: il dono di Dio e il cammino da percorrere per lasciarsene trasformare, dimensioni inscindibili della salvezza, affidate alla Chiesa perché le annunci per il bene del genere umano. Affidate a noi, da Lui scelti prima che ci formassimo nel grembo materno (cfr Ger 1,5), rigenerati nell’acqua del Battesimo e, al di là dei nostri limiti e senza nostro merito, condotti qui e di qui inviati, perché il Vangelo sia annunciato ad ogni creatura (cfr Mc 16,15). In particolare poi Dio, chiamandomi attraverso il vostro voto a succedere al Primo degli Apostoli, questo tesoro lo affida a me perché, col suo aiuto, ne sia fedele amministratore (cfr 1Cor 4,2) a favore di tutto il Corpo mistico della Chiesa; così che Essa sia sempre più città posta sul monte (cfr Ap 21,10), arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo. E ciò non tanto grazie alla magnificenza delle sue strutture o per la grandiosità delle sue costruzioni – come i monumenti in cui ci troviamo –, quanto attraverso la santità dei suoi membri, di quel «popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa» (1Pt 2,9). Tuttavia, a monte della conversazione in cui Pietro fa la sua professione di fede, c’è anche un’altra domanda: «La gente – chiede Gesù –, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?» (Mt 16,13). Non è una questione banale, anzi riguarda un aspetto importante del nostro ministero: la realtà in cui viviamo, con i suoi limiti e le sue potenzialità, le sue domande e le sue convinzioni. «La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?» (Mt 16,13). Pensando alla scena su cui stiamo riflettendo, potremmo trovare a questa domanda due possibili risposte, che delineano altrettanti atteggiamenti. C’è prima di tutto la risposta del mondo. Matteo sottolinea che la conversazione fra Gesù e i suoi circa la sua identità avviene nella bellissima cittadina di Cesarea di Filippo, ricca di palazzi lussuosi, incastonata in uno scenario naturale incantevole, alle falde dell’Hermon, ma anche sede di circoli di potere crudeli e teatro di tradimenti e di infedeltà.

Questa immagine ci parla di un mondo che considera Gesù una persona totalmente priva d’importanza, al massimo un personaggio curioso, che può suscitare meraviglia con il suo modo insolito di parlare e di agire. E così, quando la sua presenza diventerà fastidiosa per le istanze di onestà e le esigenze morali che richiama, questo “mondo” non esiterà a respingerlo e a eliminarlo. C’è poi l’altra possibile risposta alla domanda di Gesù: quella della gente comune. Per loro il Nazareno non è un “ciarlatano”: è un uomo retto, uno che ha coraggio, che parla bene e che dice cose giuste, come altri grandi profeti della storia di Israele. Per questo lo seguono, almeno finché possono farlo senza troppi rischi e inconvenienti. Però lo considerano solo un uomo, e perciò, nel momento del pericolo, durante la Passione, anch’essi lo abbandonano e se ne vanno, delusi. Colpisce, di questi due atteggiamenti, la loro attualità. Essi incarnano infatti idee che potremmo ritrovare facilmente – magari espresse con un linguaggio diverso, ma identiche nella sostanza – sulla bocca di molti uomini e donne del nostro tempo.

Anche oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere. Si tratta di ambienti in cui non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo e dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito. Eppure, proprio per questo, sono luoghi in cui urge la missione, perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco. Anche oggi non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto.

Questo è il mondo che ci è affidato, nel quale, come tante volte ci ha insegnato Papa Francesco, siamo chiamati a testimoniare la fede gioiosa in Gesù Salvatore. Perciò, anche per noi, è essenziale ripetere: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). È essenziale farlo prima di tutto nel nostro rapporto personale con Lui, nell’impegno di un quotidiano cammino di conversione. Ma poi anche, come Chiesa, vivendo insieme la nostra appartenenza al Signore e portandone a tutti la Buona Notizia (cfr CONC. VAT. II, Cost. Dogm. Lumen gentium, 1). Dico questo prima di tutto per me, come Successore di Pietro, mentre inizio la mia missione di Vescovo della Chiesa che è in Roma, chiamata a presiedere nella carità la Chiesa universale, secondo la celebre espressione di Sant’Ignazio di Antiochia (cfr Lettera ai Romani, Saluto). Egli, condotto in catene verso questa città, luogo del suo imminente sacrificio, scriveva ai cristiani che vi si trovavano: «Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo» (Lettera ai Romani, IV, 1). Si riferiva all’essere divorato dalle belve nel circo – e così avvenne –, ma le sue parole richiamano in senso più generale un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato (cfr Gv 3,30), spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo. Dio mi dia questa grazia, oggi e sempre, con l’aiuto della tenerissima intercessione di Maria Madre della Chiesa».
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img_3866Papa Leone XIV: “La Pace sia con voi, cerchiamo insieme una Chiesa missionaria”
Le prime parole del nuovo Pontefice
8 Maggio 2025

Affacciatosi dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro, Papa Leone XIV ha pronunciato le sue prime parole.

«La pace sia con tutti voi! Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo risorto, il buon Pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anche io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel nostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, a tutte le persone, a tutti i popoli, a tutta la terra: la pace sia con voi!

Questa è la pace di Cristo risorto, una pace disarmata e disarmante, che proviene da Dio, che ci ama tutti, incondizionatamente. Ancora conserviamo nelle nostre orecchie, quella voce debole ma sempre coraggiosa, di Papa Francesco che benediva Roma. Il papa che benediva Roma, benediva il mondo e affermava che Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti e il male non prevarrà. Siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto, senza paura, uniti, mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti.

Siamo discepoli di Cristo, Cristo ci precede, il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di lui per essere raggiunta da lui e dal suo amore, aiutateci a costruire i ponti, con il dialogo, l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo, sempre, in pace. Grazie Papa Francesco! Voglio poi ringraziare tutti i confratelli cardinali per aver scelto me come successore di Pietro, per camminare insieme a voi per una Chiesa unita, cercando sempre la pace, la giustizia, per lavorare insieme a voi, donne e uomini, per proclamare il Vangelo, per essere missionari. Sono un figlio di Sant’Agostino, agostiniano. Possiamo tutti camminare insieme verso quella patria alla quale Dio ci ha preparato. Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, sempre aperta a ricevere tutti, come questa piazza, con le braccia aperte, tutti coloro che hanno bisogno del nostro amore.

A tutti voi, fratelli e sorelle, di Roma, d’Italia, di tutto il mondo, vogliamo essere una Chiesa sinodale, che cammina, che cerca sempre la pace, la carità, che cerca sempre di essere vicino a coloro che soffrono. Oggi, il giorno della supplica alla Madonna di Pompei. Nostra madre Maria vuole sempre camminare con noi, stare vicina, aiutarci con la sua intercessione e con il suo amore. Allora vorrei pregare insieme a voi, per questa nuova missione, per la Chiesa e per la pace nel mondo. Chiedendo la sua grazia».

Parole pronunciate prima della recita dell’Ave Maria insieme a tutta la piazza, prima di un saluto in spagnolo ai fedeli, con riferimento particolare alla comunità peruviana di Chiclayo, dove fu amministratore apostolico.
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(In spagnolo)
Y si me permiten también una palabra, un saludo a todos y en modo particular a mi querida diócesis de Chiclayo, en el Perú, donde un pueblo fiel ha acompañado a su obispo, ha compartido su fe y ha dado tanto, tanto, para seguir siendo Iglesia fiel de Jesucristo.

(Traduzione)
E se mi permettete una parola, un saluto a tutti e in modo particolare alla mia cara diocesi di Chiclayo, in Perù, dove un popolo fedele ha accompagnato il suo vescovo, ha condiviso la sua fede e ha dato tanto, tanto, per continuare ad essere Chiesa fedele di Gesù Cristo.
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Infine, la benedizione ai fedeli accorsi in piazza, che secondo le stime sono state oltre 150mila.
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Baturi: “Il nuovo Papa Leone XIV è principio e fondamento visibile dell’unità della Chiesa”
Le parole, ai microfoni di Radio Kalaritana, dell’Arcivescovo Monsignor Giuseppe Baturi
9 Maggio 2025

«Posso comunicare la gioia che pervade i nostri ambienti. Il Papa ci ha donato quel pastore che abbiamo chiesto con fiducia, insistentemente, il nuovo Pontefice che è principio e fondamento visibile dell’unità della Chiesa, dell’unità della fede e della comunione, della carità. Il Papa ha voluto da subito sottolineare che il saluto fondamentale è quello di Cristo risorto, che la pace raggiunga noi, i popoli, le nostre famiglie, la nostra casa. Vorrei davvero che questa pace del risorto potesse raggiungere tutte le comunità, tutti i fedeli, tutti gli uomini di Cagliari e d’Italia». Così l’Arcivescovo di Cagliari Monsignor Giuseppe Baturi ha salutato, in diretta su Radio Kalaritana, il nuovo Papa Leone XIV.

Le parole
La voce dell’Arcivescovo è giunta da Roma, ancora una volta diventata centro del mondo nel giorno in cui è stato scelto il successore di Pietro. «È bello che Papa Leone XIV – ha proseguito l’Arcivescovo – abbia voluto ringraziare la Madonna, che lo abbia voluto sottolineare subito. Ha voluto poi ricordare, da agostiniano, le parole di Sant’Agostino sull’essere vescovo per e l’essere cristiano con. A delineare un carattere del suo episcopato e penso del suo pontificato, l’essere per il popolo e camminare con il popolo. Camminare dandoci la mano, mano nella mano, così che il pastore collabora perché noi possiamo essere in una sola cosa, in una solidarietà, in una fraternità».

Poi un passaggio sulla scelta del nome, scelto dopo quasi 150 anni dall’ultima volta. E che riporta in superficie la figura di Leone XIII. «Leone XIII – ha precisato Baturi – è uno dei papi degli ultimi secoli che è stato eletto con minor numero di scrutini, appena tre. Era il successore di Pio IX, a lui si deve un’impostazione che colmava una lacuna fondamentale che aveva disallineato la Chiesa rispetto alla questione sociale. E che con il Rerum Novarum da uno scossone, tutti noi chiedendo a tutti i membri della Chiesa, ai politici, agli imprenditori e agli operai, di riconoscere una nuova questione che avanzava, ma di cui la Chiesa non deve avere paura. Ma non dimentichiamo che Leone XIII ebbe anche grande sensibilità liturgica. Capiremo la scelta man mano, sarà probabilmente lo stesso Papa a spiegarlo nell’incontro con la stampa o nella sua prima omelia. Per quanto riguarda il profilo di Papa Leone XIV, parliamo di uno statunitense con origini ispaniche e italiane, che sì sa parlare tante lingue, ma sa parlare soprattutto a tante culture».

E poi un piccolo ricordo personale sull’ultimo incontro avuto. «Poco tempo fa, all’inizio della primavera, avevamo avuto un incontro di lavoro importante, quindi d’altra parte essendo preposto proprio per il Dicastero dei Vescovi, era il riferimento naturale della Conferenza episcopale e quindi ho potuto apprezzare la sua capacità di ascolto. Un ascolto attento, nei nostri incontri la sua parola ci veniva detta dopo aver ascoltato l’esposizione del problema, a cui seguiva la puntualità delle sue osservazioni».

L’Arcivescovo ha poi precisato che sarà sua cura organizzare una Messa per il Papa, invitando le parrocchie e le comunità che vorrebbero già a farlo.
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